BERSANI ORA PUNTA SU UN CATTOLICO: CON MARINI C’E’ ANCHE MATTARELLA
IN CORSA I DUE EX POPOLARI, ENTRO MARTEDI’ UN SOLO NOME
La pista per il Quirinale curva adesso verso il nome di un cattolico.
Della “rosa” avanzata ieri con i petali Giuliano Amato, Pietro Grasso, Anna Finocchiaro e Franco Marini rimane solo quello dell’ex segretario del Ppi ed ex presidente del Senato.
«Una traccia debole», confidano gli ambasciatori del Partito democratico.
Ma l’unica sulla quale è possibile intavolare una trattativa col centrodestra. Marini è gradito al Pdl. Con qualche riserva.
Ecco perchè il lavoro, ieri, è continuato esaminando anche il profilo di Sergio Mattarella, giudice costituzionale, 72 anni, fuori dal Parlamento da due legislature.
Bersani ha visto ieri Massimo D’Alema e Pier Ferdinando Casini.
Colloquio guardingo il primo, più disteso il secondo.
A tutti il segretario, quando si parla dei candidati già in campo, continua a ripetere il suo mantra: «Sono perfetti. Manca forse la novità e un pizzico di fantasia».
Con D’Alema ha speso il nome della Finocchiaro, una candidata donna alla quale è difficile dire di no per l’ex presidente del Copasir.
Con Casini invece, tirando fuori un foglietto e una penna, hanno esaminato i pro e i contro dei mille papabili finiti nel toto-Colle.
Nell’ottica della larga condivisione, visto l’interlocutore.
«Guarda che sarebbe una follia eleggere il presidente della Repubblica con la maggioranza semplice. In questa situazione? Ma ti rendi conto», ha spiegato il leader dell’Udc.
Bersani ha risposto: «Come sai, farò di tutto per una scelta gradita alla quasi totalità delle Camere». L’impressione ricavata da Casini, però, è che il segretario democratico giochi a carte coperte.
Questa impressione sta agitando il Pd e preoccupando Silvio Berlusconi che attraverso i suoi contatti con l’altra sponda si è fatto una certa idea sulla «novità » bersaniana.
Il Cavaliere teme di veder rispuntare Romano Prodi.
Un candidato che certo non rappresenta le larghe intese. Semmai, una spaccatura parlamentare.
Ma che nell’ottica del Pd può servire, in caso di mancata intesa, ad attrarre i voti del Movimento 5stelle.
D’Alema, che si sente in piena corsa (e i placet non gli mancano), ha fatto capire a Bersani qual è la posta in palio: non solo la possibilità di dare un governo al Paese, anche la tenuta del Pd che da giorni sembra sul punto di esplodere.
«È una partita che non ammette errori», è la posizione dell’ex premier.
Il quale ha invitato Bersani a prendere atto che il suo tentativo di formare un governo oggi non è solo congelato, ma più debole.
Anche Casini ha parlato del futuro esecutivo con il segretario.
«Più il capo dello Stato è marcato a sinistra, più sarà complicata la tua impresa di andare a Palazzo Chigi». Per questo si è virato sul nome di un cattolico. Ma anche Prodi lo è.
In una prospettiva del tutto diversa da quella caldeggiata dal capo dell’Udc, però.
I fedelissimi di Bersani, del resto, non abbandonano i contatti con i grillini.
Per verificarne la febbre interna sulla fiducia.
E per sondarne gli umori sull’elezione del capo dello Stato.
Ieri si è affacciato, in qualche conciliabolo, il nome dell’ex leader referendario Mario Segni.
Il “rottamatore” della Prima repubblica piace a Gianroberto Casaleggio, con il quale si sente spesso. È pronto a firmare i punti programmatici che i grillini hanno consegnato a Bersani nella fase delle consultazioni.
Ma Pd e Pdl frenano: «Non è un’ipotesi realistica», dicono in coro. Sapendo che il vero candidato di Casaleggio e Grillo, “quirinarie” a parte che servono a indicare il nome di bandiera, rimane il Professore di Bologna.
Per il momento, Grasso appare bruciato per la sua inesperienza politica.
La fase è troppo complicata per farla gestire al presidente del Senato entrato in Parlamento per la prima volta 40 giorni fa.
Finocchiaro sconta i dubbi del Pdl che le preferiscono D’Alema.
Ma ieri il suo nome è stato rilanciato da Bersani sia nell’incontro con l’ex presidente del Copasir, sia nel faccia a faccia con Casini.
Su Amato invece pesano i veti incrociati interni ai partiti.
Martedì sarà il giorno decisivo per il patto sul nome condiviso, a 48 ore dall’inizio del voto nella seduta comune. Quella è la data limite.
Alla fine, giura chi vive da dentro il Pd la partita, rimarranno solo due candidati: uno per le larghe intese, l’altro per la resa dei conti della Seconda repubblica.
L’eterna sfida a sinistra di questa stagione.
D’Alema contro Prodi, Prodi contro D’Alema.
Goffredo de Marchis
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply