BUGIE, SELFIE E VELINE: COSI’ I SOVRANISTI HANNO ORDITO LA GRANDE TRAMA DELL’INGANNO BARESE
FORZATURE ISTITUZIONALI, BUGIE, USO SPEGIUDICATO DEI MEDIA AMICI: TUTTO ERA PREVISTO E ORGANIZZATO
Non c’è niente di casuale nell’”operazione Bari” che la destra di Governo aveva organizzato per prendersi quest’estate la città: forzature istituzionali, bugie, uso spregiudicato dei media amici. Tutto era previsto. Tutto sta accadendo.
Oggi infatti da lontano questa città può sembrare – la definizione la prese ormai vent’anni fa Francesco Merlo da Curzio Malaparte, per raccontare chirurgicamente su questo giornale un Michele Emiliano appena eletto sindaco di Bari – «una sirena alla maionese con contorno di coralli», un pasticcio dove «i pesci non sono obbligati ad assomigliare i pesci», un posto matto, insomma, dove nessuno recita la parte che dovrebbe: il Governo non fa il Governo, usando lei istituzioni come un’arma elettorale; il centrosinistra non fa il centrosinistra, imbarcando transfughi e impresentabili.
Eppure in tutto quello che sta accadendo c’è un disegno molto preciso, cominciato la mattina del 27 febbraio scorso quando i parlamentari del centrodestra pugliese si presentano davanti al ministro Piantedosi per denunciare «la conclamata infiltrazione mafiosa all’interno dell’amministrazione comunale di Bari». «Conclamata infiltrazione mafiosa».
Fa niente che, nonostante quanto oggi sostenga la premier, mai c’era stato un precedente di questo tipo: arresti appena effettuati, commissione da insediare. Ma, evidentemente, non si poteva perdere tempo con il metodo. Da settimane il centrodestra aveva in mano i sondaggi, disastrosi, su Bari: si perde al primo turno. Nessuno tra i politici aveva intenzione di misurarsi. Che fare allora? «Sfruttiamo l’inchiesta e mettiamo in campo un nome di garanzia, costruendo una campagna elettorale sulla legalità» si dicono tra loro.
Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto pensa all’ex prefetta Antonella Bellomo, ora in pensione. «Ma non a caso proprio oggi l’ha nominata Emiliano in un organo regionale» si lamentano i consiglieri regionali del centrodestra il 5 marzo.
Un’altra ipotesi è il pm antiterrorismo, barese d’origine, Stefano Dambruoso. Ma chiede garanzie. E alzare polvere sul tema criminalità organizzata, può esserlo. Si muove il colonnello della Meloni, il sottosegretario Marcello Gemmato e con lui il vice presidente della commissione antimafia, Mauro D’Attis. Dalla Prefettura arrivano messaggi preoccupati ad altre istituzioni: «Siamo sotto pressione. Sarebbe il caso che Decaro facesse una chiacchiera con il ministro…».
Ma ormai non c’è più tempo e spazio. Bari va resa contendibile. E Decaro è da ridimensionare: sarà in lista alle europee, ed è il candidato naturale alla Regione, a una poltrona che piace molto a Fdi, e a Gemmato su tutti.
Si procede, quindi: Piantedosi decide di insediare la commissione. Lo comunica al sindaco ma ne sottovaluta la reazione. Decaro ne dà notizia per primo. I giornali della destra vanno all’attacco. Bari è su tutte le prime pagine con una notizia – l’inchiesta di fine febbraio – che appena qualche settimane prima era stata raccontata in poche righe. Ma c’è qualcosa che non va come deve: Decaro è animale di comunicazione e in una conferenza stampa ribalta il messaggio, si racconta come il cavaliere bianco contro il sistema, è un grande successo personale.
«Se prima perdevamo 70 a 30. Ora siamo 80 a 20» dicono i dirigenti baresi della destra. Accanto a Decaro c’è Michele Laforgia, avvocato penalista, garanzia di legalità, che si è candidato alle primarie ponendo proprio la questione morale nel centrosinistra, «ma ora non posso che essere che qui», dice abbracciando il sindaco, di cui è amico.
Non è un caso che all’improvviso “il caso Bari” sparisca dalle prime pagine dei giornali della destra. Puff, finito tutto. La Cgil chiama a raccolta la città: sabato mattina sono in diecimila per le strade, la folla sotto il palco si dispone a forma di boomerang. Sembra un segnale.
E invece poi per fortuna del Governo arriva Emiliano: dal palco (accolto da diversi mugugni) dice una frase politicamente folle, forse vera, forse falsa, chissà. E’ sera quando qualcuno fa circolare il video dell’intervento del Governatore.
Parte il fuoco di fila dei parlamentari della destra. Si riaccende il circo: «Trattativa Mafia-Pd» titolano i soliti giornali, usando tutti, curiosamente, la stessa espressione. Ancora prime pagine. Spunta poi la foto del sindaco con la sorella del boss, che poi non è proprio quella sorella, è una negoziante, e poi sì è vero, «anche Giorgia era stata fotografata con gli Spada» e aveva detto «non vorremo crocifiggere un politico per una foto, ne facciamo migliaia al giorno». Ma vabbè, sono dettagli, l’importante è fare casino, in fondo siamo a Bari. E i pesci non è detto che debbano assomigliare ai pesci.
(da repubblica.it)
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