CALANO I CONSUMI MA L’ITALIA AUMENTA GLI INVESTIMENTI SUL GAS. GLI ESPERTI: “SI RISCHIANO SPESE INUTILI”
“CONSUMI DIMINUITI DEL 19% IN TRE ANNI, IL RIGASSIFICATORE DI PIOMBINO FUNZIONA AL MINIMO, INUTILE FARNE UN ALTRO”
L’Italia investe troppo in gas? Sembrerebbe di sì, almeno a giudicare dal report pubblicato dal think tank Ieefa (Institute for Energy Economics and Financial Analysis), che ha messo sotto la lente di ingrandimento le politiche energetiche messe in campo dall’Italia negli ultimi anni. Dall’analisi emerge una contraddizione abbastanza palese. Da una parte ci sono i consumi di gas, che nel 2024 sono diminuiti del 19% rispetto al 2021 e verosimilmente continueranno a calare anche in futuro, soprattutto grazie all’efficientamento energetico degli edifici e allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Dall’altra, ci sono i piani di espansione delle infrastrutture – quasi tutti approvati durante la crisi del gas del 2022 – che puntano a triplicare la capacità di rigassificazione dell’Italia, portandola dai 16,1 miliardi di metri cubi del 2022 ai 47,5 miliardi di metri cubi del 2026.
Il consumo scende, gli investimenti salgono
Secondo il report in questione, le politiche italiane sul gas non sono «al passo con la realtà del mercato» e rischiano di «incoraggiare un’eccessiva spesa in conto capitale per infrastrutture di gas e Gnl (gas naturale liquefatto – ndr) non necessarie». Detta in altre parole, l’Italia sta mettendo soldi su gasdotti e rigassificatori che rischiano di non essere usati. «È essenziale riconoscere dove sta andando il mercato prima di impegnarsi in nuovi investimenti. Il rigassificatore di Piombino, ad esempio, ha avviato le operazioni nel 2023 e nel 2024 il suo tasso di utilizzo è stato del 18%», spiega a Open Ana Maria Jaller-Makarewicz, Lead Energy Analyst di Ieefa e autrice del report. Secondo le previsioni, nei primi tre mesi del 2025 il nostro Paese aumenterà la capacità di importazione di Gnl del 22%, grazie all’apertura della nuova nave rigassificatrice di Ravenna, con una capacità di 5 miliardi di metri cubi. «Questo investimento», si legge nel report del think tank americano, «non è congruo con il calo della domanda nazionale per il Gnl riscontrato negli ultimi anni».
Le ambizioni dell’Italia sul gas
Molti degli investimenti citati dal think tank americano sono stati approvati dal governo Draghi nel 2022, anno della crisi del gas innescata dalla guerra tra Russia e Ucraina. Quegli stessi progetti sono stati poi spesso abbracciati e ampliati dall’esecutivo di Giorgia Meloni, che ha più volte detto di voler trasformare l’Italia in un «hub energetico europeo». Da febbraio 2022, mese in cui è iniziata l’invasione russa, la capacità nazionale per la rigassificazione è cresciuta di 7,5 miliardi di metri cubi, grazie all’ampliamento del rigassificatore galleggiante Toscana e all’installazione di un nuovo impianto (molto contestato) a Piombino.
A questi si aggiunge poi l’imminente lancio del rigassificatore di Ravenna e quello, previsto per il 2026, di un nuovo terminale a Porto Empedocle. Per tagliare definitivamente ogni importazione di gas russo, l’Italia sta valutando anche di aumentare la capacità del terminale di Gioia Tauro: un progetto proposto per la prima volta nel 2005 e poi archiviato. Con tutti questi investimenti, nel 2026 l’Italia potrebbe arrivare a triplicare la capacità nazionale per la rigassificazione del Gnl rispetto ai livelli del 2022. «Dinanzi alle previsioni di calo dei consumi italiani ed europei di gas nei prossimi anni, vi è il rischio che questo incremento della capacità si riveli superfluo», si legge nel report Ieefa. E tutto ciò avviene a un costo tutt’altro che trascurabile: il solo terminale di Ravenna, per citare un esempio, ha un costo stimato di circa un miliardo di euro.
Obiettivi climatici a rischio
A beneficiare di tutti questi progetti è soprattutto Snam, primo operatore europeo nel trasporto di gas. In Italia, la controllata di Cassa Depositi e Prestiti detiene circa il 28% della rete di distribuzione del gas metano. Nel 2024, Snam è diventata una delle primissime aziende del settore ad anticipare le scadenze europee e pubblicare un piano di transizione in cui spiega come intende azzerare le emissioni entro il 2050, in linea con gli obiettivi del Green Deal. Tra gli analisti di Ieefa, però, c’è qualche scetticismo a riguardo. «Il piano strategico 2025-2029 di Snam delinea un investimento totale di 10,9 miliardi di euro per aumentare le infrastrutture di trasporto e stoccaggio di gas liquefatto», fa notare Ana Maria Jaller-Makarewicz. Allo stesso tempo, continua l’esperta, «non ci sono chiare indicazioni di investimenti in progetti di energia solare o eolica».
Al di là della questione economica, infatti, gli investimenti nelle infrastrutture per il gas rischiano di portare l’Italia fuori strada rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sottoscritti in Europa. Pur essendo meno impattante sul clima rispetto a petrolio e carbone, il gas resta a tutti gli effetti un combustibile fossile, ossia una di quelle fonti di energia che l’Italia dovrebbe impegnarsi a eliminare e sostituire con le rinnovabili. La stessa Agenzia internazionale dell’energia considera il gas un «transition fuel» e scrive che dovrebbe avere «un ruolo limitato nella transizione dal carbone alle rinnovabili». Eppure, a giudicare dai piani di Snam e dalle politiche del governo, il gas continuerà a giocare un ruolo tutt’altro che limitato nelle politiche energetiche italiane. Una strategia che stride con la direzione del mercato e che rischia di far rimanere indietro l’Italia nella lotta ai cambiamenti climatici.
(da agenzie)
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