CANTA CHE TI PASSA … E LA RAI PAGA 30 MILIONI A SANREMO PER FARCI IL FESTIVAL
STIPULATA LA CONVENZIONE TRIENNALE CON IL COMUNE DI SANREMO… LA RAI PAGA 30 MILIONI DI EURO, SPESE DI PRODUZIONE ESCLUSE, PER UN FESTIVAL IN COSTANTE CALO DI ASCOLTI…
Alla fine, anche con il Comune commissariato, Sanremo è salva. Anche per i prossimi tre anni potrà mungere quattrini a “mamma Rai”, in un’escalation di richieste economiche sempre più elevate, inversamente proporzionali agli ascolti del festival.
Già la precedente convezione per il quinquennio 2004/2008 era costato alla Rai 8 milioni e 400mila euro, più altri 10 milioni di extra budget per sostenere, nello stesso periodo, una serie di manifestazioni nella città dei fiori.
Per un totale di circa 4,5 milioni l’anno, a fronte di un insuccesso di audience dietro l’altro, pur alternando Baudo, Bonolis, Panariello e compagnia cantando nella conduzione e nella direzione artistica.
Per la serie “al peggio non c’è mai limite”, qualche sera fa il commissario prefettizio sanremese ha stipulato con la Rai una nuova convenzione triennale sulla “modica” base di 9 milioni 23mila 679 eurini più Iva l’anno.
Moltiplicate per tre anni e siamo oltre i trenta milioni di euro e, si badi bene, solo per tenere il festival a Sanremo, spese di produzione escluse, per capirci.
Quindi tutto il complesso di compensi, spese tecniche, trasferte, alloggi, diarie a carico della Rai, per tanti altri milioncini di eurini.
Chi si lamenta degli sperperi e di che direzione prendono i quattrini del canone è servito. Questo in una città dove è quasi impossibile per un Sindaco finire un mandato, senza doversi dimettere per uno scandalo o per una crisi, quando gli va bene.
Quando gli va male finisce pure in galera.
Questo dopo pochi giorni in cui il consiglio comunale della città dei fiori è stato sciolto per la mancata approvazione, nei termini consentiti dalla legge, degli equilibri di bilancio, dopo un numero incredibile di liti, di crisi rientrate, di abbandoni, di scambi di accuse, di fuoriuscite, insomma il solito “casino” più che Casinò sanremese.
Ora l’incubo che l’Italia rimanesse senza festival è finito, gli italiani possono dormire sonni tranquilli e stappare lo spumantino: anche quest’anno avranno le voci nuove, i big e i blog, le giovani speranze lottizzate dalle case discografiche e le vecchie cariatidi rimesse in sesto per l’occasione.
Uno spettacolo da sbadiglio perenne che dura ore, tra intervalli, pubblicità , tappulli penosi, ospiti esteri a peso d’oro.
Una nota positiva ve la possiamo anticipare: hanno abolito il dopofestival, potete andare a dormire prima se già non vi siete appisolati sul divano.
Quest’anno tocca a Bonolis, se andrà male, l’anno prossimo toccherà di nuovo a Pippo Baudo, non sappiamo quale sia la peggiore disgrazia, vedete voi.
Sono come PdL e Pd, rappresentano l’alternanza, una volta uno, la prossima l’altro, non ve la cavate voi che sperate nel rinnovamento dei presentatori.
Gianni Brera aveva definito il festival “un male necessario”, un rito italico intoccabile, ma almeno a quei tempi partecipavano i migliori cantanti e cantautori italiani e la parte musicale era predominate.
Ora partecipano le terze linee e i reduci di El Alamein ( con tutto il rispetto per questi ultimi) e si sentono chiacchiere inutili per ore, invece che bella musica.
Se volete inserirvi nel dibattito sull’eutanasia, il festival può essere un momento di riflessione ponderato: almeno in questo caso, potete sempre dichiararvi disponibili a “staccare lo spinotto”… perchè Sanremo (purtroppo) è Sanremo.
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