CASO BATTISTI, IL DILEMMA DI TEMER, IN BRASILE L’EX TERRORISTA HA MOLTO AMICI, L’ESTRADIZIONE NON E’ AFFATTO SCONTATA
IL GOVERNO DEL PRESIDENTE BRASILIANO E’ IMPOPOLARE, SOLO IL 10% DEI CITTADINI E’ SODDISFATTO, IL PREMIER E’ ACCUSATO DI CORRUZIONE E NON HA INTERESSE A FARSI ALTRI NEMICI
Un dilemma in più, per un presidente perennemente in bilico. Michel Temer ha sul suo tavolo il dossier internazionale più scottante di questi tempi: dipende infatti da lui l’estradizione in Italia dell’ex terrorista Cesare Battisti.
Il governo italiano ha fatto e sta facendo tutte le pressioni del caso; un lavoro costante, svolto senza alzare troppo la voce, e che si ritiene non sia stato affatto compromesso dal rilascio di Battisti deciso da un giudice federale di San Paolo. Il fermo sulla frontiera con la Bolivia, del resto, era per un delitto minore (esportazione di valuta) l’ex terrorista è oggi più monitorato che prima e quindi non si temono nuovi pericoli di fuga.
La palla, quindi, è tutta nelle mani di Brasilia.
Temer ha voluto prendere tempo per ascoltare i suoi consiglieri legali, che gli hanno detto che dal punto vista politico non ci sarebbe alcun impedimento nel rivedere la decisione presa nel 2010 da Lula da Silva, che aveva ribaltato il parere favorevole all’estradizione della Corte Suprema.
Se la linea dettata allora fu quella della supremazia della politica sulla magistratura, Temer non farebbe che confermare quest’indicazione di massima e questo non dovrebbe creare attriti con il massimo tribunale.
E allora, ci si chiede, perchè aspettare tanto, perchè rimandare ancora quel piano che, secondo la stampa locale, sarebbe già stato studiato nei minimi dettagli con un aereo militare pronto a prelevare Battisti già a Corumbà e portarlo direttamente a Roma?
Le ragioni possono essere diverse, ma su tutte c’è la necessità di cautela massima da parte di un politico che si trova, sul fronte interno, costantemente nell’occhio del ciclone.
Temer è coinvolto direttamente nel ciclone degli scandali di corruzione che stanno investendo la politica brasiliana e nei prossimi giorni il Parlamento dovrà decidere su una seconda denuncia piovuta contro di lui.
Il suo governo, nato dal ribaltone dell’impeachment di Dilma Rousseff, è molto impopolare; secondo gli ultimi sondaggi lo appoggia meno del 10% dei brasiliani. Non che estradare Battisti sia una scelta impopolare, la maggioranza dei brasiliani non conosce a fondo la vicenda, ma quando tutto intorno a te traballa anche un piccolo passo può sembrare complicato.
Da tenere in conto, poi, anche lo sciovinismo presente da sempre nella politica estera brasiliana; la tentazione, cioè, di far quadrato rispetto alle esigenze, pur legittime, di altri Paesi.
Mentre Temer pensa e riflette, cresce intanto il tam tam della «claque» di Battisti, molto forte negli ambienti della sinistra brasiliana vicina al Partito dei lavoratori e ai sindacati.
Fra di loro c’è l’ex senatore Eduardo Suplicy, diventato suo amico personale, che mette ancora oggi la mano sul fuoco sulla sua innocenza.
«Ho maturato, dopo averlo visitato in carcere e per le testimonianze che ho raccolto in questi anni, la convinzione che non ha commesso gli omicidi che gli si sono stati attribuiti e per i quali non si è potuto difendere. Il Brasile deve difendere la decisione presa da Lula».
Domani i pro-Battisti si riuniranno in un patio dell’Università di San Paolo per ribadire la loro solidarietà al «companheiro Cesare».
Lui, nel frattempo, è tornato a casa a Cananèia, piccolo centro di dodicimila abitanti a quattro ore di macchina da San Paolo. Ieri lo si è visto tranquillo, birra in mano, prima di imbarcarsi all’aeroporto di Campo Grande.
La primavera sta arrivando in Brasile, Cananèia è un’isola a ridosso del mare e nelle giornate di sole si può già fare il bagno; se volesse, Battisti si può godere così dei momenti di libertà provvisoria, in attesa che Temer risolva il suo dilemma.
(da “La Stampa”)
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