CASO REGENI: LE ANTICIPAZIONI SUL DOSSIER EGIZIANO, IL SOLITO PACCO CONFEZIONATO, NESSUNA AMMISSIONE
NON E’ VERO CHE IL GIORNALE AL-AKBAR HA AFFERMATO CHE GIULIO FOSSE SEGUITO DAI SERVIZI SEGRETI DEL CAIRO: E’ SICURAMENTE VERO, MA NON L’HA SCRITTO… SE IL DOSSIER E’ QUELLO CHE POTETE LEGGERE QUA, GLI AGENTI EGIZIANI POSSONO PURE STARSENE A CASA
Il commento più pertinente alle ennesime “anticipazioni” di un giornale vicino al governo egiziano, ripreso in maniera errata dai media italiani (“prime ammissioni: Regene era seguito dai servizi segreti egiziani”) è stato del senatore Luigi Manconi, presidente del Comitato per i Diritti Umani: “Non voglio commentare questa ennesima notizia, non è pensabile che ogni giorno ci siamo nuovi elementi, tutti implausibili e inattendibili. La sola cosa davvero importante è che alla magistratura italiana sia consegnato tutto, incondizionatamente, il materiale investigativo raccolto. Ovvero tabulati, intercettazioni, riprese video, interrogatori e perizie, non frammenti provenienti da varie fonti”
COSA HA SCRITTO IL QUOTIDIANO AL-AKHBAR
Ecco, secondo le anticipazioni del quotidiano Al-Akhbar sulla base di informazioni ricevute da fonti della sicurezza, tutti i particolari contenuti nel dossier su 66 giorni di indagini condotti dalla magistratura egiziana sulla morte di Giulio Regeni.
Dossier che martedì 5 aprile sarà consegnato al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, da una delegazione degli investigatori egiziani.
Stando a quanto si legge nel quotidiano egiziano, il fascicolo include “numerosi documenti e importanti informazioni documentate da fotografie ottenute dagli apparati di sicurezza egiziani”, così come “informazioni complete su Giulio da quando è arrivato al Cairo fino al momento della sua scomparsa e del ritrovamento del suo cadavere, sui suoi numerosi rapporti e sugli incontri con gli operai e i responsabili di alcuni sindacati, sui quali stava compiendo ricerche”.
IN REALTA’ E’ SOLO ARIA FRITTA
“Gli amici della vittima”
Agli inizi degli indagini il capo della procura del distretto di Giza, Ahmed Naji, ha ascoltato gli amici della vittima. Questi confermano subito che Regeni “il 25 gennaio era uscito per incontrare un suo amico in una zona nel centro senza fare mai ritorno”. Gli amici avrebbero tentato di contattarlo telefonicamente ma il suo cellulare era spento. Il procuratore Hussam Nsar raccoglie invece le deposizioni dell’amico “avvocato” che abitava con Regeni nello stesso appartamento e che ha riconosciuto il cadavere. Quest’ultimo “ha confermato di aver denunciato al commissariato di polizia di Al Daqqi della scomparsa di Giulio”. L’avvocato afferma quindi di avere ricevuto una chiamata nella quale gli si chiedeva di recarsi all’obitorio per il riconsocimento del cadavere di un giovane straniero.
“L’ultima persona in contatto con Giulio”
Gennaro Gervasio è stata l’ultima persona a rimanere in contatto con Giulio Regeni. Nel dossier viene scritto che “Gennaro ha perseguito il dottorato in scienze economiche nell’università britannica del Cairo e di fronte al procuratore Hussam Naser ha dichiarato di essersi messo d’accordo per incontrare il 25 gennaio la vittima nella zona di Bab Al Lauq per andare insieme alla festa di compleanno di un loro amico dottore. Ha detto anche di aver ricevuto una telefonata da Giulio che lo informava che sarebbe arrivato entro 25 minuti. Ma visto che ha fatto tardi all’appuntamento Gennaro è andato da solo alla festa dell’amico e ha aspettato fino alle 11 di sera la vittima, che non è arrivata. Preoccupato per l’assenza dell’amico, Gervasio “ha telefonato all’amica egiziana Nura, la quale a sua volta ha chiamato Mohammed, avvocato egiziano amico di Giulio. Mohammed va all’appartamento ma non trova Giulio e allora Gennaro chiama l’ambasciata (italiana) che informa le autorità egiziane. Le deposizioni di Gervasio, afferma il giornale, sono contenute in un verbale redatto il 27 gennaio dal commissariato di polizia di Al Daqqi.
“L’insegnante tedesca”
Il dossier include anche la deposizione di “Giulian, una insegnante di lingua tedesca in un centro del Cairo che abitava nello stesso appartamento di Regeni”. La donna afferma di “non avere solidi legami con la vittima anche se condividevano lo stesso appartamento”. Giulian dice solo che “il 25 gennaio (giorno della scomparsa di Regeni, ndr) si era accorta che Giulio lasciava l’appartamento verso le 7:30 del mattino e di non aver saputo più niente fino al ritrovamento del suo cadavere”.
“L’attivista”
La procura ha ascoltato la testimonianza di Huda Kamel Diab, “attivista del centro egiziano per i diritti sociali ed economici, per conoscere i suoi legami con la vittima”. La donna afferma che “vista la natura del suo lavoro nel settore, aiutava Giulio nelle sue ricerche sul campo sui sindacati dei lavoratori indipendenti in Egitto. E afferma che organizzava incontri singoli con lavoratori per la compilazione delle schede necessarie per il perseguimento del suo dottorato. L’attivista ricorda che l’ultimo incontro avuto con Giulio risale a circa 6 giorni prima della scomparsa, durante il quale i due hanno discusso sul salario minimo degli operaì. Huda afferma inoltre che “in tutto si è vista per 6 volte” con la vittima.
“Il primo testimone” del ritrovamento del cadavere
Solo dopo che la procura ha concluso la raccolta delle deposizioni degli amici di Giulio, la polizia di Giza assieme agli apparati di sicurezza del ministero degli Interni riesce a identificare il nome dell’autista che ha scoperto il cadavere, presentato come “il primo testimone”. Si chiama Rami Jalal ed è noto con il nome di Khalid. E questo il suo racconto: “Ero diretto con il minibus ad Alessandria quando è esplosa la ruota anteriore mentre percorrevo il tunnel Hazem Hassan. Quando sono sceso per cambiare la gomma ho visto un cadavere sull’asfalto, mi sono spaventato e ho lasciato subito il posto. Ho telefonato a Mustafa, il proprietario del veicolo, e l’ho informato di quel che ho visto. Il proprietario ha chiamato uno della polizia che conosceva informandolo del ritorvamento del cadavere di un giovane. A questo punto il funzionario di polizia ha avvisato Al Najdah (il pronto intervento, ndr) e solo dopo ho saputo che il cadavere era di un giovane italiano”.
“Il proprietario del bus”
Anche Mustafa, il proprietario del minibus, viene ascoltato dalla procura. Conferma in tutto la deposizione di Khalid, l’autista.
“Il referto dell’autopsia” effettuata al Cairo
Nel dossier viene spiegato che “una volta che il dipartimento di medicina legale ha terminato di scrivere il rapporto sulle ferite riscontrate sul corpo di Giulio, la procura non ha voluto rendere pubblico il referto dell’autopsia” spiegando che “la segretezza delle indagini impongono di non renderlo noto”. Secondo quanto viene affermato nel dossier, “non sono state rese note nè la presenza di tracce di aggressione con un corpo contundente e neppure l’esistenza di tracce di scosse elettriche sul cadavere”, ma “la presenza di tagli alle orecchie”.
“Le telecamere nella zona dell’appartamento” in cui alloggiava Giulio
La procura “ha visionato le telecamere installate nel perimetro della zona dove si trovava l’abitazione di Giulio per determinare il percorso” effettuato dal giovane il giorno della sua scomparsa. I dati raccolti dalle telecamere non sono stati resi noti, spiega il dossier, “dopo che dalle indagini era emerso che il cellulare della vittima è stato chiuso nel perimetro della sua abitazione e che l’ultimo posto dove si trovava era in via Al Sudan, mentre l’ultima telefonata l’aveva fatta all’amico Gennaro”.
“La banda”
“Il 20 marzo scorso la procura riceve denunce su rapimenti di persone in alcune zone del Cairo”. Le indagini, si sosterrebbe nel dossier egiziano, portano all’identificazione degli autori dei reati: Fareq Said Abdul Fattah Ibrahim, Salah Ali Said Mohammed, Mustafa Bakr Awaz Ibrahim, Saad Tareq Saad Abdel Fattah, Rasha Saad Abdel Fattah Ismail, Ali Jaber Ahmed Afifi e Ala’a Jaber Ahmed Afifi. Sette nomi contro i quali viene emesso mandato di “cattura e comparizione”.
“Nel tentativo di arrestare alcuni di loro – prosegue il dossier – mentre erano a bordo di un bus la cui descrizione era stata fornita da vittime della banda, questi hanno aperto il fuoco contro gli agenti per evitare la cattura.
Nella sparatoria sono morti tutti i cinque” componenti della banda.
Nel “sopralluogo effettuato nel bus, accanto ai cadaveri, sono stati trovati un fucile automatico, una pistola calibro 9 e diversi bossoli di proiettili”. Gli inquirenti egiziani “hanno ascoltato le dichiarazioni di 9 delle vittime della banda eliminata ed è emersa la veridicità di quanto commesso dai cinque accusati: rapimento di persone con la forza, indossando divise di ufficiali della sicurezza nelle zone nuova Cairo e città di Nasr”. La procura di nuova Cairo “ha mostrato le foto degli accusati alle vittime che le anno riconosciute”, riporta ancora il quotidiano.
“La sorella del capo della banda”
La procura spicca mandati di cattura e comparizione contro il resto della banda di “killer”, tra cui “la sorella di Tareq Said Abdel Fattah”, ritenuto il capo della banda, ucciso nella sparatoria nel bus. La donna si chiama Rasha e vive nella zona di Shabra Al Kheimah. “Durante la perquisizione nella sua abitazione sono stati trovati gli effetti personali della vittima (Giulio)”, la donna avrebbe “confessato di aver nascosto tutti quegli oggetti di suo fratello defunto Tareq”. Anche un altro fratello del capobanda, Mohammed, avrebbe “ammesso di sapere che quegli oggetti erano il frutto di rapimenti”.
“Gli effetti personali”
Ed ecco la lista degli “effetti personali” trovati nell’abitazione della sorella del “principale responsabile della banda”, secondo la versione del Cairo: “Una borse 24ore di colore rosso con sopra la bandiera nazionale italiana contenente un portafogli di pelle color marrone dentro la quale era un passaporto intestato a Giulio Regeni di 28 anni, un tesserino dell’università americana e uno dell’università di Cambrige, una carta Visa e due cellulari. Tra gli oggetti sequestrati nell’appartamento ci sarebbero anche “un portafogli di cuoio da donna con la scritta Love, una somma di 5mila sterline (egiziane pari a poco meno di 500 euro), un pezzo di hashish del peso di 15 grammi, un orologio da polso femminile di colore nero e tre occhiali da sole”.
NULLA DI NUOVO
In pratica non ci sarebbe alcuna novità o ammissione, nessuna trasparenza o cambio di rotta.
Le testimonianze erano già note, gli oggetti non sono di Giulio, i cinque uccisi potrebbero essere stati fatti fuori con una esecuzione sommaria (come affermato dallo zio di una vittima), video non ce ne sono, tabulati completi nemmeno.
COSA CHIEDERANNO GLI INQUIRENTI ITALIANI
Intanto emerge che gli inquirenti italiani chiederanno ai colleghi egiziani di acquisire i tabulati telefonici e il traffico di celle di una decina di persone tra cui amici e conoscenti di Regeni.
L’obiettivo è ricostruire gli spostamenti compiuti dal ricercatore italiano nei giorni precedenti alla scomparsa.
Oggi in Procura si è tenuto un vertice tra il pm Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, e il team di investigatori (Ros e Sco) rientrati dall’Egitto nei giorni scorsi.
(da “La Repubblica”)
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