CASSESE, IN CORSA DAL SECOLO SCORSO
SERVITORE DELLO STATO E DEI PRIVATI, I POTERI FORTI SE LO CONTENDONO… BACCHETTAVA I DPCM DI CONTE MA TACE SU QUELLI DI DRAGHI
C’era ancora la liretta e già era la carta segreta da giocare per il Colle, che gli è poi sempre sfuggito. Ma Sabino Cassese, giurista sopraffino e sempreverde, pure stavolta è dato in corsa a dispetto degli 86 anni suonati che gli consigliano, per garbo, di schermirsi: “Qualcuno ha fatto il mio nome per il Quirinale? Se lo tolgano dalla testa” ha detto, anche se, vai a sapere, con quanta sincerità.
Pochi giorni prima di spegnere le ultime candeline, ha comunque fatto intendere di essere pronto a tutto. “Ho orari da metalmeccanico. Lavoro otto ore al giorno, domeniche incluse e non faccio le vacanze”.
Insomma, il leone di sempre, come è stato fin dagli esordi in quel di Salerno, quando a 17 anni, dopo aver masticato senza problemi il liceo, aveva vinto il concorso per entrare alla Normale di Pisa stracciando i concorrenti: laurea a 21 anni per poi spiccare il volo verso lidi più ambiziosi e amicizie importanti.
Come quella con Luigi Sturzo che “tradì” per Enrico Mattei e un posto in prima classe all’Eni con uno stipendio da leccarsi i baffi per l’epoca e la giovane età.
E poi una lunga carriera universitaria, che ha affiancato al ruolo di conferenziere in mezzo mondo per cinquant’anni, per tacere dei libri scritti, ovviamente un’infinità, e del ruolo di editorialista dal Corriere della Sera in giù.
Ma è stato pure ministro della Funzione pubblica quando a Palazzo Chigi c’era Carlo Azeglio Ciampi, già suo compagno di studi a Pisa, che poi da presidente della Repubblica lo nominò nel 2005 giudice alla Corte costituzionale.
Nel mezzo, una miriade di incarichi pubblici su chiamata di Palazzo Chigi o di qualche ministero per riformare questo e quello: dalla gestione del patrimonio immobiliare pubblico alle partecipazioni statali, passando per il contrasto alla corruzione.
Ma è stato generosissimo anche con i privati e loro con lui: ha servito Olivetti, Autostrade, Assicurazioni Generali, Lottomatica, Banco di Sicilia.
Poi la Consulta e più di recente altri ruoli da civil servant: fino al 2017 è stato presidente della Scuola dei Beni Culturali e per un soffio gli è da poco sfuggita la guida della Scuola nazionale dell’Amministrazione.
Ma che importa. Chiusa una porta si potrebbe aprire un portone, e che portone: del resto, per citar le sue parole, nella vita ci vuole “culo”, “nel senso di metterlo sulla sedia applicandosi con costanza”.
E Cassese, quanto a culo, non ha pari. Per questo è sempre accreditato per il Quirinale, che di riffa o di raffa non ha mai smesso di frequentare: due dei suoi allievi più brillanti e prediletti sono il figlio del Capo dello Stato, Bernardo Giorgio Mattarella, e l’erede del presidente emerito, Giulio Napolitano.
E poi c’è Marta Cartabia, altra protegé entrata nella sua nidiata e che soddisfazione vederla prima nominare dall’allora Re Giorgio alla Consulta e oggi Guardasigilli.
Alla corte di Mario Draghi che Cassese, manco a dirlo, adora sicché ha posto fine alla deriva degli incompetenti, leggasi la masnada a cinque stelle che Giuseppe Conte si è preso in carico disonorando la pochette e, va senza dire, l’élite di cui il professore è massimo interprete.
Sarà per questo che Cassese non ha mai digerito l’ex premier, figurarsi i suoi dpcm d’emergenza con cui avrebbe umiliato la democrazia. E che importa se Draghi ha fin qui varato una tombola di decreti che il Parlamento è costretto ad approvare senza neppure il tempo di averli letti: Cassese benedice, anzi se potesse ci metterebbe la firma. Basta saper attendere: alle 9 del mattino, fa sapere, è sempre pronto in giacca e cravatta.
(da Il Fatto Quotidiano)
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