Settembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
IL DECRETO FERMO PERCHE’ I GRILLINI NON SI METTONO D’ACCORDO SUI NOMI DEI DUE CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE E CONTE DEVE RINVIARE L’ANNUNCIO
Sono giorni che Giuseppe Conte è pronto per dare un annuncio. Importante per lui e per tutto il Governo perchè sblocca una partita industriale e politica di peso: la rinascita di Alitalia. Ma il premier è costretto sempre a rinviare. In attesa che i 5 stelle si mettano d’accordo tra di loro.
Il decreto interministeriale per la newco è pronto da settimane, ma i quattro ministri coinvolti – quello dell’Economia Roberto Gualtieri, il titolare dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli e quella del Lavoro Nunzia Catalfo – non possono apporre la loro firma perchè i grillini litigano tra di loro sui nomi da indicare per due posti nel nuovo consiglio d’amministrazione. E così slitta l’annuncio. E slitta anche la messa a punto del piano industriale.
Per la nuova Alitalia è tutto deciso. Ci sono i soldi, con una dotazione iniziale di dieci milioni e un plafond fino a tre miliardi, una società nuova di zecca e senza debiti, le figure apicali (Francesco Caio nel ruolo di presidente e Fabio Lazzerini amministratore delegato), persino il nuovo Statuto.
Insomma le basi per mettere in moto il lavoro dei manager di Stato chiamati a scrivere il piano industriale. Di tempo ce n’è perchè a disposizione ci sono trenta giorni, ma questi trenta giorni scattano dalla costituzione della newco. E però la newco non parte se il decreto non viene firmato.
Un cortocircuito, quello interno ai 5 stelle, che fonti di Governo di primo livello collegano alla crisi che i pentastellati stanno attraversando al loro interno. Sul tavolo di Patuanelli è arrivata una lunga lista, ma da quella lista vanno tirati fuori due nomi.
La grande frenata sul dossier Autostrade dice due cose.
La prima è il ritorno della grande partita delle nomine. Oggi tocca ad Alitalia, nelle prossime settimane toccherà ad altre 364 poltrone, dalle società collegate a Fs fino alla Zecca dello Stato.
E questa partita ripropone un tratto atavico: litigi, pre-accordi e accordi, incastri. Sia dentro i singoli partiti della maggioranza, sia nelle relazioni tra i partiti che esprimono il Governo.
La seconda è la misurazione della crisi di uno dei partiti di maggioranza, il Movimento 5 stelle appunto, dove oramai le diverse anime battagliano su ogni tema all’ordine del giorno. Il combinato disposto di questi due elementi blocca la partita più generale della nuova Alitalia. E al suo interno questa partita registra un rinvio delle questioni più calde, a iniziare da quella degli esuberi.
Il piano industriale ancora deve essere scritto, ma la convinzione che circola tra i manager chiamati a farlo è che bisognerà mettere in piedi un piano sostenibile con un fattore imprescindibile: Covid. Il mercato aereo non ha prospettive di rimbalzo nei prossimi mesi e la nuova Alitalia si trova a partire in un contesto ancora più complesso rispetto a quello che spetta solitamente a una compagnia che prova a tarare il peso del suo restyling.
Il rischio è quello di non riuscire a intercettare, in termini di rotte e numeri di aerei, il mood di un mercato vulnerabile, dove i grandi player possono contare su una solidità maggiore rispetto a una compagnia che punta su un nuovo piano industriale.
Non è un caso se la newco sarà in mano allo Stato per almeno quattro anni. Un tentativo di sostenere il più possibile il nuovo corso, ma anche la consapevolezza che servirà tempo per trovare un partner industriale. E poi c’è la grande questione degli esuberi. Per essere appetibile e per tenere il ritmo del mercato non tutti gli 11mila lavoratori potranno fare parte della nuova avventura di Alitalia. L’ipotesi è di tirare dentro seimila di loro e lasciare gli altri cinquemila nella bad company. Per quest’ultimi sarebbero pronti sostegni sotto forma di cassa integrazione e e scivoli per la pensione. Ma i numeri dipendono dal piano. E il piano dipende dal decreto. E il decreto dipende dai posti in consiglio di amministrazione. La situazione è troppo ingarbugliata. E dagli annunci delle ultime settimane su un decreto “di fatto pronto” si è passati alla consegna del silenzio. Fino a quando tutti saranno d’accordo sui nomi.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 21st, 2020 Riccardo Fucile
SONO GIA’ MIGLIAIA I BIGLIETTI CANCELLATI PERCHE’ LA COMAGNIA AEREA NON HA AVVERTITO LA CLIENTELA CHE LE DESTINAZIONI NON SONO RAGGIUNGIBILI
Il Messaggero racconta un’altra “impresa” di Alitalia che è stata sussidiata con tre miliardi di euro dei cittadini italiani nell’ennesimo tentativo di rilancio dopo quelli falliti negli ultimi venti anni: il team guidato dal direttore generale Giancarlo Zeni ha venduto biglietti per voli che sono stati cancellati pochi giorni dopo la prenotazione.
Un danno grave per una compagnia che punta al rilancio in grande stile e che vede in queste ore il call center preso d’assalto dai viaggiatori imbufaliti.
I biglietti cancellati, a causa dell’ emergenza Covid, sarebbero già migliaia perchè la gestione Zeni ha inspiegabilmente evitato di avvertire la clientela che la maggior parte delle destinazioni servite non sono al momento raggiungibili.
E questo per le ben note restrizioni legate alle quarantene e al dilagare del virus nelmondo.
Così nei mesi di aprile, maggio e giugno il vettore ha continuato ad accettare le richieste, scommettendo su riaperture che poi non sono giunte. In altre parole, nonostante l’allarme lanciato dai sindacati interni, la pianificazione messa a punto a settembre scorso è rimasta inalterata.
Con conseguenze gravi sia sul fronte dei costi che su quello dell’immagine. Alitalia tenterà infatti di rimborsare con voucher (dopo aver percepito denaro sonante) i passeggeri di tutti i voli cancellati in extremis e caricare di super lavoro gli uffici interni, chiamati a gestire il dissenso, tanto per usare un eufemismo, di migliaia di utenti.
Quello che colpisce di più i sindacati è che questa strategia del “lasciar andare” viene portata avanti anche ora, alla vigilia cioè della nomina di un nuovo ad e del varo della Newco. Una iniziativa singolare che rischia, tra l’altro, di aggravare i conti, vista la mole di rimborsi che si sta accumulando.
Di fatto sarebbe stato più logico, in attesa del cambio al vertice, adottare una politica prudente, riducendo al minimo l’azzardo: un errore intollerabile per un manager che si dice esperto come Zeni. Il quale, tra l’altro, in questi giorni ha inspiegabilmente incontrato i vertici delle piccole compagnie italiane per discutere di slot, accordi commerciali, code sharing: iniziative che non rientrano nel perimetro dell’amministrazione straordinaria e che potrebbero indebolire ulteriormente la posizione del vettore e pregiudicare il nuovo piano industriale.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 26th, 2020 Riccardo Fucile
IL SOLE 24 ORE FA DUE CONTI: SIAMO ARRIVATI A 12 MILIARDI E 665 MILIONI
Gianni Dragoni sul Sole 24 Ore oggi fa il punto sul costo per tutti gli italiani del salvataggio infinito di Alitalia, mentre altri tre miliardi sono stati stanziati dal governo senza piani di sviluppo industriale. In 45 anni lo Stato ha speso finora 12,6 miliardi:
Il ministro Gualtieri ha rigettato il confronto fra i 3 miliardi e i soldi che il decreto stanzia per gli ospedali (stessa cifra) o la scuola (la metà ): «C’è la possibilità di costruire una newco con del capitale: non si possono confrontare i 3 miliardi di Alitalia con altre misure». In questo caso si tratta non di «deficit ma di saldo netto da finanziaziare: è equity che rimane dello Stato quindi io non sto pagando, lo Stato ci può persino guadagnare».
Questa dichiarazione non è rassicurante. Sommiamo i 3 miliardi a quanto Alitalia è già costata allo Stato e alla collettività in 45 anni. Il punto di partenza è lo studio di Mediobanca, che ha calcolato in 7,4 miliardi i costi diretti di Alitalia dal 1974 al 2014.
Quel valore aggiornato a oggi è pari a 7,62 miliardi. Aggiungiamo i 75 milioni versati da Poste a fine 2014 per 1’operazione Etihad, i 900 milioni «prestati» nel 2017 dal governo di Paolo Gentiloni, si arriva a 8,6 miliardi, più 145 milioni di interessi, non rimborsati.
A fine dicembre 2019 il governo M5S-Pdha assegnato al nuovo commissario, Giuseppe Leogrande, altri 400 milioni, come «prestito» semestrale, che non verrà restituito, nè saranno pagati gli interessi per quasi 20 milioni.
Aggiungiamo l’ultimo colpo: i 3 miliardi per la Newco, più altri 350 milioni, residuo del decreto «Cura Italia» di marzo. Si arriva a 12 miliardi 515 milioni. Ancora: almeno 100 milioni per gli oneri della cigs nei tre annidi commissariamento.
In totale Alitalia è costata 12 miliardi e 615 milioni. Cioè 210 euro a testa per ogni italiano, neonati (e contaminati) compresi.
(da agenzie)
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Maggio 25th, 2020 Riccardo Fucile
SERVE UN NUOVI PIANO DI AZIONE: TRE HUB PER UNA COMPAGNIA CON 100 AEREI E RASK A 6 CENTESIMI NON HA SENSO, VANNO RIDOTTI A UNO
L’avventura privata di Alitalia è terminata. Cinque amministratori delegati, quattro commissari, due bad companies, 1,6 miliardi di “prestiti ponte” e otto tentativi di vendita si concludono nella nazionalizzazione
Venduto come una necessità strategica, il salvataggio pubblico è un atto politico. Alitalia, non è, come ha detto la ministra De Micheli, “uno strumento di attrazione trasportistica internazionale delle persone per farle tornare in Italia”, qualunque cosa ciò voglia dire.
I dati parlano chiaro: Alitalia ha una quota di mercato risibile e in caduta; malgrado ciò i turisti in Italia sono aumentati del 50%.
La rinascita dalle ceneri delle varie LAI, CAI e SAI obbedisce a logiche di palazzo più che a dettami economici. Ma, data l’ingenza dell’investimento statale, è nel nostro interesse che he la nuova Alitalia riesca a vincere le sfide che l’attendono; in questo articolo cercherò di esporre i principali problemi che la compagnia pubblica dovrà affrontare.
Un passato improduttivo.
La buona notizia è che, per la prima volta, Alitalia inizia con un capitale adeguato, tre miliardi di euro; quella meno positiva è che, almeno in tempi recenti, la compagnia ha accumulato solo ingenti perdite, bruciando quasi un miliardo e mezzo a livello di EBITDA.
Confrontare la performance di Alitalia con altri vettori è difficile a causa della scarsità di dati emessi dalla compagnia, specialmente per quanto riguarda due misure-chiave per capirne il funzionamento: CASK e RASK, di cui sono disponibili solo i valori del 2017. Il primo acronimo significa Cost per Available Seat/Km e indica il costo sostenuto per far volare un sedile per un km; il secondo, invece, guarda al lato vendite.
Revenue per Available Seat/Km è l’ammontare ottenuto dal far volare un passeggero per un km. Di sotto si vede un raffronto tra Alitalia e alcune compagnie europee: Aer Lingus e Iberia sono due legacy di dimensioni comparabili, mentre Vueling e EasyJet sono competitori sui mercati a corto raggio.
È palese un problema: Alitalia ha guadagni da low cost che fa voli a corto raggio e costi da legacy che segue un modello“hub & spoke”.
Continuare il paragone sul lato costi è difficile, perchè oltre alla scarsità di dati si aggiungono diversi metodi contabili; comunque è possibile fare un raffronto per macro-aree, da cui si nota che i costi per carburante e personale di Alitalia sono grosso modo simile a quello delle due major e alla media IATA. In altre parole, c’è margine di miglioramento in quella miriade di voci di spesa che includono manutenzione, infrastrutture, IT, sales e via dicendo.
Una precisazione: anche ipotizzando di ridurre i costi in maniera spropositata, portandoli magari a livello di Aer Lingus, Alitalia rimarrebbe comunque in perdita o, nel migliore dei casi, a malapena profittevole. Perchè qui si trova il secondo — e secondo me cruciale – problema della compagnia.
Un decennio di strategie sbagliate.
L’Alitalia dei “Capitani coraggiosi” nasce dalle ceneri del progetto che la vedeva basata a Malpensa. È interessante pensare a cosa sarebbe successo con Linate chiuso e Alitalia parte di un gruppo con KLM, ma la storia insegna che la nuova Compagnia Aerea Italiana ripartì col Piano Fenice, centrato sul mercato nazionale e, in particolar modo, sulla navetta Roma-Milano, con i risultati che abbiamo visto.
Errare humanum est, sed perseverare diabolicum: in più di un decennio Alitalia non è riuscita a far altro che riproporre alternative del piano Fenice.
Cambiano i dirigenti sul palco e le soubrette che dirigono la claque, ma la realtà rimane la stessa: tre hub (MXP, LIN, FCO) e maggioranza dei passeggeri su voli nazionali, in competizione con le low cost e l’Alta Velocità . Con l’eccezione di SAS — che viene da anni di risultati asfittici — nessun’altra compagnia legacy europea ha una strategia simile.
Una congiuntura sfavorevole.
Non c’è mai un buon momento per aprire una nuova compagnia aerea, ma questo è di sicuro uno dei peggiori. La pandemia Covid-19 finirà , ma ha avuto l’effetto di precipitare una crisi le cui avvisaglie si vedevano da un po’.
Il settore è cresciuto tanto (persino troppo: i posti disponibili sono cresciuti del triplo rispetto al PIL pro-capite mondiale), e lo shock della pandemia ha gelato il mercato del trasporto aereo. IATA prevede un ritorno ai livelli del 2019 solo nel 2023. Lanciarsi nel momento in cui tutti tirano i remi in barca sarà molto difficile.
Un nuovo piano.
Alitalia ha bisogno di un nuovo piano di azione. La compagnia ha bisogno di rivedere i suoi costi e — soprattutto – la sua strategia. Tre hub per una compagnia con cento aerei e RASK a 6 centesimi sono due di troppo; il resto d’Europa insegna che, per sopravvivere e crescere, serve creare un hub singolo, su cui attrarre traffico in transito, abbandonando delusioni di grandeur e cercando, invece, i profitti.
Alitalia dovrebbe accentrarsi su Fiumicino e creare una compagnia in cui long e mid haul pesano per circa metà dei passeggeri, con una quota rilevante di transiti, come fanno Aer Lingus a Dublino e Iberia a Madrid.
Solo così si potranno abbattere i CASK e incrementare RASK. Ma per far ciò occorre indipendenza, autonomia: cose che l’Alitalia pubblica non avrà .
Strattonata dalle esigenze politiche, ridotta a fiche elettorale, è facile pensare che la compagnia aerea pubblica continuerà sulla strada attuale. Ed è altrettanto facile prevedere che, di qui a qualche anno, ci troveremo ancora a parlare di “crisi Alitalia”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile
40-50 AEREI CONTRO I 113 ATTUALI… ALTRA INIEZIONE DI LIQUIDITA’, NON BASTANO I 500 MILIONI GIA’ STANZIATI
Il Corriere della Sera annuncia che la Nuova Alitalia nazionalizzata dal governo Conte Bis partirà già a maggio con una flotta più che dimezzata e un’alleanza internazionale ancora da decidere tra il blocco Delta Air Lines-Air France Klm e quello Lufthansa-United. Racconta Leonard Barbieri:
È stata una videoconferenza a tratti anche tesa quella tra iministri Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) e Paola De Micheli (Infrastrutture e Trasporti) e Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Si è parlato del trasporto aereo nazionale e soprattutto di Alitalia.
Patuanelli ha spiegato che la flotta della compagnia sarà «fortemente ridimensionata», ma senza fornire numeri: la newco partirà prima della conclusione dell’emergenza sanitaria, cioè a maggio.
A quanto si apprende si ragiona su 40-50 aerei (contro i 113 attuali). Il vettore tricolore – in amministrazione straordinaria dal 2 maggio 2017 – avrà bisogno di ulteriore liquidità : non basterà la gran parte dei 500 milioni di euro previsti dal «Cura Italia».
I sindacati hanno chiesto un «progetto coraggioso» con«forti investimenti dello Stato, come stanno facendo gli altri governi europei». «Siamo contrari al ridimensionamento della flotta e chiediamo che nel nuovo perimetro ci siano non solo l’aviation, ma anche la manutenzione e l’handling, senza escludere alcun lavoratore», dice Fabrizio Cuscito,segretario nazionale della Filt Cgil.
Questo dovrà essere accompagnato da una «revisione del sistema tariffario e una riforma delle regole di concorrenza partendo dai contributi aeroportuali», aggiunge Claudio Tarlazzi, segretario generale di Uiltrasporti.
Nel 2018, ha riportato un’inchiesta del Corriere, questi incentivi soprattutto alle low cost ammontavano a 226,1 milioni di euro.
Tra blocchi dei Paesi, restrizioni e crollo della domanda a causa del coronavirus Alitalia trasporta oggi circa 4.000 passeggeri al giorno, -94% rispetto a un anno fa, stando alle cifre raccolte da diversi operatori aeroportuali.
Tagliate pure le rotte (da oltre 90 a una ventina), in servizio effettivo ci sono 37 aerei.
Intanto da ieri sono in vendita i biglietti per i voli della continuità territoriale sarda sulle tratte da Cagliari, Alghero e Olbia per Roma Fiumicino e Milano Malpensa (fino alla riapertura di Linate). Con una precisazione: i collegamenti su Alghero e Olbia si potranno avviare se riaprono i due scali sardi chiusi per ora fino al 13 aprile.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
LO STATO HA SCELTO ANCORA UNA VOLTA DI METTERA UNA PEZZA A UN POZZO SENZA FONDO
Alla fine i contributi a pioggia ad Alitalia sono arrivati, come previsto. Non sono bastati i miliardi di euro già investiti nella compagnia di bandiera, che sarebbe ormai tecnicamente fallita da tempo.
Il Governo in piena crisi Covid19, con ospedali al collasso ed economia in ginocchio, ha scelto di stanziare fondi nell’unico soggetto che non dovrebbe meritarne più, con una strategia che ricorda quella della sanatoria delle case abusive di Ischia inserita all’interno del Decreto Genova.
Per dare un’idea dell’importo, è sufficiente pensare che con 600 milioni di euro, le Regioni avrebbero potuto realizzare oltre 7500 posti di terapia intensiva (è stimato un costo di circa 80.000 euro per postazione), aumentare il numero di borse di studio per gli specializzandi o il numero di personale sanitario operativo.
Purtroppo l’ennesimo stanziamento di sussidi a beneficio di Alitalia rappresenta il problema più importante di questo Paese: la mancanza di programmazione a lungo termine.
Dalla mancata vendita ad Airfrance per ragioni “strategiche” al fallimento della cordata CAI, sono decine i fallimenti a costo pubblico che hanno scelto di intestarsi i governi che si sono susseguiti negli ultimi 12 anni.
La crisi di Alitalia è iniziata quando la società , un tempo pubblica, ha dovuto scontrarsi con le regole del mercato europeo e, per la prima volta, con la concorrenza sulle tratte nazionali, liberalizzate dall’Unione Europea. Essendo incapace di gestire la concorrenza, Alitalia ha perso passeggeri e quote di mercato.
Oggi i voli di Alitalia rappresentano circa l’8 per cento della quota del mercato da e per l’Italia. Per fare qualche confronto: Ryanair rappresenta il 22.6 per cento, Easyjet il 12.2 per cento.
Persino Lufthansa batte la compagnia di bandiera italiana in quota di mercato. Negli ultimi 12 anni Alitalia ha già sprecato quasi dieci miliardi di euro pubblici. Paradossalmente con questi soldi, lo Stato Italiano avrebbe potuto comprare AirFrance-KLM, Lufthansa, SAS, Finnair, Norwegian e Turkish Airlines. Tutte quante queste compagnie insieme.
L’importo stanziato all’interno del decreto di emergenza, probabilmente permetterà alla compagnia di sopravvivere per altri due o tre mesi, dopodichè però, si tornerà alla situazione di origine.
Una situazione che vede i contribuenti italiani pagare per gli errori di manager ed azionisti evidentemente incapaci di far sopravvivere un’azienda.
Un trattamento di disparità e di profonda discriminazione rispetto alle migliaia di imprenditori ed investitori italiani che ogni giorno rischiano i propri capitali e la propria reputazione per portare a termine iniziative aziendali.
Un giorno ci guarderemo indietro e i miliardi saranno diventati quindici, venti. Una cifra che, assegnata agli stessi dipendenti della compagnia, avrebbe permesso a questi di poter essere formati e accompagnati verso nuove posizioni professionali.
Ancora una volta lo Stato italiano ha scelto di non guardare lontano, e di mettere una pezza, il cui valore, oggi, non sarà calcolabile solo in moneta, ma, probabilmente, anche in vite umane.
(da TPI)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
600.000 EURO DI CATERING LUCULLIANI E NON SI PAGAVA LA TREDICESIMA PER RISPARMIARE
Daniele Martini sul Fatto Quotidiano racconta oggi il mini-pasto dei piloti di Alitalia: una mela dal diametro di appena due falangi dell’indice, una fettina trasparente di pomodoro e una di melanzana, un panino avvolto nel cellophane e non più grande del mignolo, verdurine anemiche miste in una ciotolina, due fettine esangui di bresaola con fogliette verdi di qualcosa che un tempo somigliava alla rucola.
Non male, soprattutto in confronto ai banchetti e ai catering da applausi a cui erano abituati manager e vertici:
Da “Radio Pista” gli erano arrivate voci di catering luculliani ordinati a suo tempo dai manager italo-arabi per celebrare le nuove“strategy”, costati nel complesso 600 mila euro, e divorati dai nuovi capi, i quali, come Maria Antonietta a Versailles con la folla fuori che issava i forconi, non si vergognavano di strafare nonostante fosse chiaro a tutti che la compagnia stava perdendo inesorabilmente quota.
Come se la tragedia non li riguardasse, mai sfiorati dal dubbio che mentre ai dipendenti veniva imposto di tirare la cinghia forse loro potevano rinunciare almeno a qualche ostentazione. Qualche giornale l’aveva anche scritto di quei catering fuori luogo, ma il pilota, un tetragono aziendalista, non ci voleva credere.
Il pilota ricorda che due anni fa, proprio negli stessi giorni in cui decisero di non pagare la tredicesima ai dipendenti per risparmiare, la flotta aziendale dei capi fu rinnovata con una quarantina di vistosi suv Cherokee.
Come quando successe che una signora presentata come una super-manager dai nuovi padroni arabi volle dare un tocco di classe al look delle assistenti di volo della compagnia italiana imponendo a tutte, comprese compassate signore a due passi dalla pensione, di presentarsi con labbra dipinte rosso fuoco e calze color verde prato. E specificando pure cosa dovessero indossare sotto come intimo.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile
L’ACCUSA PIU’ GRAVE E’ AVERE FALSATO IL BILANCIO
«Oggi Roma è più pulita, oggi lo Stato suggella due anni di lavoro, oggi finalmente viene fuori lo scempio vero scoperto sulla più grande bancarotta di Stato. Ci ho messo il cuore, hanno tentato di fermarmi in tutti i modi al Ministero. Ma io avevo con me la GdF ed il dott. Martinazzo»: con questo post su Facebook Gaetano Intrieri un paio di giorni fa ha espresso tutta la sua soddisfazione per l’avviso di conclusione indagini sul crac di Alitalia.
I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza, falso in atto pubblico.
Ventuno gli indagati: dirigenti, componenti del consiglio di amministrazione, commissari e consulenti che nel corso di quasi tre anni, dal 2014 al febbraio del 2017, si sono alternati alla guida della società .
A rischiare il processo, gli ex ad Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo e Cramer Ball, l’ad di Etihad James Hogan, ma anche l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, e la vice presidente di Confindustria Antonella Mansi perchè passati dal consiglio di amministrazione di Alitalia.
Tra gli indagati c’è Enrico Laghi a cui viene contestato, tra le altre cose, di aver raccontato il falso al ministero dello Sviluppo economico quando ha accettato l’incarico di commissario dell’azienda.
L’accusa più grave è quella che riguarda il falso in bilancio, perchè secondo i magistrati manager e consiglieri di amministrazione che si sono avvicendati avrebbero fornito «falsamente dati di segno positivo difformi dal vero, consentendo il progressivo aumento dell’esposizione debitoria». In questa maniera, secondo i pm, «cagionavano o comunque concorrevano a cagionare il dissesto della società , anche aggravandolo».
Nello specifico, la Guardia di Finanza ha individuato plusvalenze fittizie per 136 milioni e 700 mila euro nel 2015 e per 83 milioni nel 2016. In questa maniera hanno potuto attestare «falsamente di rispettare le previsioni del piano industriale 2015-2018».
La vigilanza non è riuscita a intervenire in tempo perchè alcuni di loro (Mustier, Laghi e Mansi) avrebbero raccontato bugie sulla effettiva situazione «economica patrimoniale o finanziaria della società » all’Enac, «occultando con mezzi fraudolenti fatti che avrebbero dovuto comunicare». Le accuse principali ai consigli di amministrazione che si sono succeduti tra il 2015 e il 2017, spiega oggi Repubblica, sono due.
Nel 2015 avrebbero iscritto a bilancio per 21 milioni due coppie di “slot”, «i diritti di atterraggio e ripartenza sulla tratta Roma-Londra», scrivono i magistrati, che in realtà valevano molto di più. E questo il cda, secondo la magistratura, lo sapeva bene.
In mano avevano un accordo con Etihad in cui si stabiliva che quegli slot valevano 60 di milioni e che sarebbero stati ceduti a Etihad. Da dove veniva fuori quella cifra? Da una perizia, scrivono i pm, «peraltro redatta da personale della stessa Alitalia» e che era, per la Procura, pacificamente concordata. A meno che il cda di Alitalia non fosse anche in grado di leggere nel futuro.
La cifra indicata nella perizia — 21 milioni — viene infatti contabilizzata a bilancio tre giorni prima del deposito della consulenza. Come facevano a conoscerla, si chiedono i magistrati? Certo è che per Alitalia è un grande affare. Qualche mese dopo, infatti, vendono gli slot a Etihad per 60 milioni e in queste maniera riescono a iscrivere a bilancio una plusvalenza da 39 che consente ai conti di essere più presentabili. In realtà , il grande affare lo fa Etihad che compra per 60 quello che, stando ai consulenti dei pm, valeva in quel momento 4-5 volte di più.
E oggi? Alitalia, racconta Sergio Rizzo su Repubblica, è l’unica compagnia al mondo ad avere due amministrazioni straordinarie contemporaneamente aperte:
La prima delle quali sta per compiere 12 anni, ed è una specie di assicurazione sulla a vita per intere categorie professionali. Fra gennaio e giugno 2019 se ne sono andati 946 mila euro per spese legali e consulenze, al ritmo di un paio di milioni l’anno. Ma dal 2008 si devono ancora chiudere 7 filiali delle 60 in giro per il mondo, in Paesi problematici come Libia, Nigeria e Venezuela. E i commissari dicono che serviranno ancora due anni almeno.
Poi la vendita degli immobili rimasti, ma che — a quanto pare — nessuno vuole se è vero che in quattro anni l’offerta minima è stata ridotta a quasi metà . Infine, il contenzioso: immenso. Ben 107 cause revocatorie, 34 per le somme pagate dopo l’insolvenza, quindi le pendenze con il personale. Così la data prevista per la “definizione dei contenziosi”, senza cui la prima amministrazione straordinaria non si può archiviare, viene definita dai commissari semplicemente: “Non stimabile”. Poi c’è la seconda amministrazione straordinaria, e sarà un nuovo film.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 7th, 2020 Riccardo Fucile
NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2019 PERDITE PARI A QUELLE DELL’INTERO 2018
Nei primi nove mesi del 2019 Alitalia ha accumulato perdite della gestione industriale pari a quelle dell’intero 2018.
Il margine operativo lordo (Mol) dei nove mesi è negativo, pari a -114 milioni, rispetto ai -120 milioni dell’intero 2018.
Lo scrive oggi Gianni Dragoni sul Sole 24 Ore, spiegando che il risultato emerge dai dati economico-finanziari relativi al periodo gennaio — settembre 2019 trasmessi dalla compagnia all’Enac il 14 novembre scorso.
Sono dati riservati, di cui Il Sole 24 Ore ha preso visione. La relazione inviata dai commissari non indica il conto economico completo, ma solo i dati della parte alta, dai ricavi fino al margine industriale (Mol o Ebitda).
Non ci sono i dati sotto questa linea, cioè ammortamenti, oneri finanziari, eventuali partite straordinarie, tasse e l’ultima riga del conto economico con il risultato netto.
La perdita totale della compagnia pertanto è molto più alta rispetto a quella a livello di Mol. Secondo stime interne, anticipate dal Sole 24 Ore il 23 novembre scorso, nel 2019 c’è stato un peggioramento di circa 100 milioni dei conti e nell’anno appena terminato Alitalia dovrebbe aver consuntivato una perdita netta di circa -600 milioni.
I dati ufficiali dei primi nove mesi del 2019 confermano il forte peggioramento. Facendo un confronto di questi dati con le precedenti relazioni trimestrali pubblicate dai commissari, emerge che nei primi nove mesi del 2018 il Mol era negativo per -37 milioni. Dunque il Mol di -114 milioni dei nove mesi del 2019 mostra un peggioramento di 77 milioni nella gestione industriale.
E l’ultimo trimestre dell’anno è un periodo negativo. Il Mol è stato -84 milioni nell’ultimo trimestre del 2018, secondo la relazione trimestrale pubblicata. Ipotizzando lo stesso risultato negli ultimi tre mesi del 2019, Alitalia avrebbe un Mol per tutto il 2019 intorno a -200 milioni, rispetto ai -120 milioni del 2018.
(da “NextQuotidiano”)
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