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BERSANI E SPERANZA ENTRANO DALL’INGRESSO SECONDARIO PER EVITARE LA CONTESTAZIONE

Dicembre 7th, 2016 Riccardo Fucile

SOLO BOCCIA SFIDA LA BASE RENZIANA E SI PRENDE UNA SCARICA DI URLA E FISCHI

“Monetine? No, non lanciamo monetine anche perchè non le abbiamo. Ma Renzi deve mandare via la minoranza”.
Una renziana della prima ora, appostata sotto la sede del Pd prima dell’inizio della Direzione, aspetta il premier dimissionario per applaudirlo e per chiedergli di restare segretario del Pd.
Nello stesso tempo però una cinquantina di persone si sono radunate per contestare i democratici “che hanno voltato le spalle al partito” votando No alla riforma costituzionale.
Sono pronti a farsi sentire, ma la gran parte della minoranza dem entra dall’ingresso secondario e non si fa vedere.
Pier Luigi Bersani a bordo della sua auto dribbla i manifestanti appostati a largo Nazareno. Stessa mossa viene messa in atto da Roberto Speranza e Guglielmo Epifani che evitano l’entrata principale.
Anche Davide Zoggia, presente alla riunione della Direzione, riesce ad evitare i fischi. Solo il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia non si sottrae alle proteste: “Andate via, andate via, a casa, vergogna”, urla la folla mentre si sente anche qualche fischio.
Proteste anche al passaggio del bersaniano Nico Stumpo. “Elezioni, elezioni”, è invece il grido che si leva – con qualche applauso – al passaggio di Gianni Cuperlo, che nelle ultime settimane si è allineato al partito e al quale qualcuno ha detto: “Continua cosi'”.
Poco prima era stato invece l’esponente della maggioranza Emanuele Fiano a intrattenersi con alcuni militanti che gli chiedevano di andare subito alle urne: “Noi dimostriamo al Paese che abbiamo senso della responsabilità , adesso vediamo gli altri”.
Boccia tuttavia replica a chi poco prima lo ha contestato: “Io ci metto sempre la faccia e non intendo iniziare adesso a passare da una porta secondaria per entrare nella sede del mio partito a causa di ultrà  che non vogliono il congresso. È lesa maestà ? Pazienza, ce ne faremo una ragione. Io voglio solo il congresso come tanti altri democratici”.
Ma i peones continuano ad esporre cartelli con su scritto: “Renzi resta segretario”.

(da “Huffingtonpost”)

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BERSANI: “CONGRESSO NEL 2017 ED ELEZIONI NEL 2018, NO AL VOTO ANTICIPATO”

Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile

“RENZI SAREBBE CONTENTO SE ME NE ANDASSI”

Sconsiglia di “sfidare ancora il Paese”, e avverte che specialmente “chi governa non può farlo”, nonostante “temo ci sia in giro questa aria qua”.
Pier Luigi Bersani torna a dire che “non si vince sulle macerie di un Paese, specie quando si rischia di perdere sulle macerie” e dallo studio di diMartedì su La7 l’ex segretario Pd scandisce il suo no a elezioni anticipate: “Far votare il Paese con due leggi elettorali non coordinate non so come definirlo, specie da chi predica la governabilità . E’ un’eresia totale”.
“Bisogna rimettere il Paese su binari normali: le scadenze sono quelle normali: si vota nel 2018, il congresso del Pd si celebra a fine 2017”, ribadisce.
“Noi non mai chiesto le dimissioni di dimissione di Renzi, le ha volute dare lui, ci pensi Mattarella e il governo, per favore, corregga la linea politica economica e sociale. Il Parlamento si occupi di normalizzare il sistema elettorale”.
Alla dirigenza Dem, Bersani manda a dire: “Magari questi se lo sono dimenticato ma nell’85 al referendum sulla scala mobile il Pci perse con il 45 per cento e alle politiche prese 20 punti in meno. Aveva buon titolo il Pci a dire quel 45 per cento è roba mia ma non funziona così”.
“Renzi vuole che ce ne andiamo? Questo è chiaro. Se io togliessi l’incomodo sarebbe contento. Ma io non intendo farlo. A meno che il Pd non diventi il Pda, il partito dell’avventura, il partito di uno che mette se stesso davanti al Paese” portandolo al voto anticipato, ha aggiunto Bersani.
“Ricordo che quando cadde il governo Letta non è che siamo andati a votare… Io, che non stavo benissimo, sono corso ad abbracciare Letta e a dare la fiducia a Renzi. Non è che adesso che Renzi ha deciso di dimettersi deve venire giù l’Italia”, ha proseguito. “E’ ora che questo nuovo Pd capisca che bisogna allargarla la testa, creare un campo del centrosinistra, perchè se si ragiona solo con la testa del ‘capo’ non si va da nessuna parte”.
“La gente è andata a votare perchè aveva una cosa da dire, aveva da dire che era stufa”, spiega poi l’ex segretario Pd.
“Non è che sono contento o mi metto a festeggiare. Sono ossessionato da un anno, un anno e mezzo dal fatto che c’è appunto – osserva riproponendo una delle sue tipiche metafore – la mucca nel corridoio: nel profondo della società  c’è un distacco, troppa incertezza, diseguglianza, umiliazione del lavoro, distacco tra un pezzo della società  e un establishment che non ha più il segnale radar con quella società “.
“Abbiamo ottenuti tutti – torna a rivendicare l’ex segretario Dem – un risultato: preservare la Costituzione, che non può essere brandita da un governo dividendo un Paese. La Carta dei valori del Pd dice testualmente ‘chiudere la stagione delle riforme costituzionali imposte da governi a colpi di maggioranza’.
Chi ha votato No – afferma ancora – non si senta traditore del Pd. Adesso per 20 anni voglio vedere, dopo Berlusconi e questo referendum, quale governo oserà  impugnare la Costituzione per dividere”.

(da “Huffingtonpost”)

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TICKET SPERANZA-LETTA PER LA SFIDA AL CONGRESSO: LA CARTA DI BERSANI & C.

Dicembre 5th, 2016 Riccardo Fucile

RESA DEI CONTI DOMANI IN DIREZIONE

Sfidare Renzi al congresso prossimo venturo (se sarà  convocato prima delle urne) magari con un ticket Roberto Speranza-Enrico Letta, uno per il partito e l’altro per palazzo Chigi; con un occhio a Michele Emiliano come candidato di governo se l’ex premier di stanza a Parigi non dovesse accettare la sfida; accettare di buon grado la scelta di Renzi di dimettersi, «perchè questo è un segnale politico troppo grosso e noi abbiamo interpretato un sentimento vero del paese».
Al contempo provare a sedare le conseguenze di questo cataclisma politico, dimostrando responsabilità  nelle prossime delicate fasi istituzionali.
Bersani e compagni giocheranno così le carte di questa partita, che avrà  inizio martedì in Direzione.
Una partita in cui allo stato non si vedono i contorni, perchè gira pure voce che Renzi si dimetta da segretario, prospettiva che terrorizza molti dei suoi ma che ad altri fa pensare ad una ripartenza da zero come quella della sconfitta alle primarie del 2012 prima della rivincita su Bersani nel 2013.
Ora nel Pd parte la resa dei conti vera, «la vuole la nostra gente che è incazzata nera e vedremo come si arriverà  alle politiche», sibila un big di stretta fede renziana.
Le due fazioni Pd sono già  in guerra, il terremoto è esploso e si propagherà  in periferia.
Bersani è rimasto tutto il giorno a Piacenza a godersi i messaggi di prevista vittoria, mentre i suoi, Miguele Gotor, Roberto Speranza, Nico Stumpo, si godevano gli exit poll a casa di Guglielmo Epifani a Roma.
La prima uscita di Speranza è all’insegna dell’avevamo detto: «Nel campo del No c’è stato un pezzo irrinunciabile del centrosinistra. Noi lo abbiamo rappresentato dentro il Pd. Il risultato che si preannuncia dimostra che eravamo nel giusto».
Dunque da oggi non è più «Matteo deve restare a Palazzo Chigi», perchè va garantita «la stabilizzazione immediata del paese». No: se si dimette fa bene.
Dietro le quinte, va in scena pure un altro film. Tanto per cominciare lo schiaffo pronto per esser rifilato in varie forme al premier suona più o meno così: «Dopo le comunali ti avevamo detto che c’era un problema tra i nostri, non hai fatto niente, se non chiamare i sindacati in zona Cesarini per i contratti, quindi è colpa tua».
Bersani dice chiaro e tondo che «tanti elettori alle urne vuol dire che la gente ha voglia di dire delle cose». E che queste cose vanno capite bene.
Tradotto, ci vuole una «forte politica sociale, bisogna cambiare musica». Subito. Dopo la vittoria e l’uscita dall’angolo, nessuno parla più di scissione, tutti alla riscossa. Con il rischio però di restare isolati nel partito.
I dissidenti Pd oggi si vedranno per fare il punto e si preparano ad una dura lotta nella resa dei conti che andrà  in scena di qui in avanti.
Uno schema influenzato dal timore di esser additati come i colpevoli del disastro, «anche se è meglio essere additati come dei Bertinotti da vincenti che da perdenti», scherza uno di quelli che ha ritrovato il sense of humour.
E dalla paura di aver a che fare con un avversario sempre forte.
Perchè con il 40% dei voti dalla sua, Renzi è un soggetto politico in campo, che ha perso questa battaglia ma che tenterà  la rivincita congressuale.
La centrifuga delle correnti potrebbe riservare sorprese, Bersani e compagni predicano cautela, non si illudono di averla vinta facile, sanno che un ruolo importante per moderare le intemperanze del leader lo giocherà  Franceschini, l’unico in grado di influenzare Renzi grazie al centinaio di parlamentari di cui dispone.

Carlo Bertini
(da “La Stampa“)

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INTERVISTA A BERSANI: “BASTA CON IL BLAIRISMO, LO SANNO TUTTI CHE SANDERS AVREBBE VINTO”

Novembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

“SCONFITTA LA TERZA VIA CHE PARLAVA DI MERITO E OPPORTUNITA’, ERA UNA FASE DI CRESCITA ECONOMICA. ORA LA GENTE CHIEDE PROTEZIONE NON CHIACCHIERE”

“Che dico? Dico quello che sanno tutti, che Sanders avrebbe vinto. Trump è la sconfitta della sinistra blairiana, della terza via. Consiglio di mettere l’orecchio a terra su quel che sta accadendo”.
Pierluigi Bersani è seduto su un divanetto del Transatlantico. Ha voglia di parlare, anche perchè vede in quel che è accaduto la conferma delle sue preoccupazioni: “Con la vittoria di Trump non devo cambiare la scaletta dei miei interventi nemmeno di una virgola. C’era già  tutto. Sono mesi che dico: attenzione, la destra sta arrivando”.
Si spieghi meglio, Bersani.
Le cito Orazio. Si potrebbe dire: de te fabula narratur. Si sta parlando di te, questa storia parla di noi, dell’Italia dell’Europa. È almeno un anno che dico che viene fuori questa destra qua. Gran Bretagna con la Brexit, l’Austria, Ungheria, Canton Ticino e anche da noi in Friuli. Io dico: il centrosinistra si dia una mossa, esca dalla retorica blairiana e interpreti il bisogno di uguaglianza e protezione.
Analizziamo meglio il trionfo di Trump
È sconfitta mondiale della Terza via, della sinistra degli anni Novanta, che parlava di opportunità , eccellenze, merito. Quella era una fase di ottimismo e di crescita economica. Ora viviamo una fase di crisi e di insicurezza in cui la gente chiede protezione e una nuova destra la interpreta. Guardi che Trump lo hanno votato gli operai, i lavoratori perchè magari Obama ha salvato la fabbrica ma non hanno certezze che la fabbrica non vada in Cina. Non è difficile interpretare quel che è successo, con la destra che ti offre protezione per te e muri per gli altri.
Nelle sue parole sento anche dei messaggi in chiave italiana
Io dico che si deve uscire dal trip degli anni Novanta, uscire dalla retorica blairiana. E che la priorità  è proteggere quelli che hanno dei problemi se non si vuole aprire, anche qui, un’autostrada alla destra. Sanders avrebbe vinto, perchè non sta con due piedi nell’establishment. Chiedo io: ma che cosa è la sinistra se non uguaglianza, protezione, dire che questo mondo così come è non ci piace? O che i voucher non sono la strada per dare lavoro ai giovani? O andare in giro con Marchionne a parlare di merito e di opportunità ? Ci vogliamo porre il problema?
E invece?
Invece qui è stato trasformato il referendum in un giudizio di Dio, su tutto, sul governo… Guardate che questi sentimenti di cui stiamo parlando peseranno anche il 4 dicembre. Mica sono tutti costituzionalisti quelli che votano e mica tutti si interessano a questa benedetta navetta. Vogliamo affrontare il problema che abbiamo di fronte? Io insisto, la destra c’è in questo paese. O alziamo le nostre bandiere o arriva.
Ha usato più volte l’espressione establishment. Precisi meglio il riferimento al Pd.
Se pretendi di essere almeno un po’ di sinistra devi dare l’idea che questa società  non ti basta. Con l’establishment puoi parlare, puoi trattare ma non puoi averci due piedi dentro. Quello non è il nostro posto. E se lo fai apri dei varchi alla destra. Poi leggo che il problema sono io, dicono i vertici del Pd.
E lei che risponde?
Stupidaggini… Se il problema sono io sono pronto a mettermi una camicia di forza. Parliamo seriamente. Ho votato 53 fiducie, anche quando i provvedimenti erano molto diversi da quelli che avevo presentato in campagna elettorale. Invece di parlare di me perchè non la si fa finita con questo frou frou blairiano e ci si chiede come mai perdono Pordenone, Trieste, Monfalcone? Io sono preoccupatissimo perchè il Pd sta dando 24 ore al giorno di occasioni alla destra.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BERSANI: “SULL’ITALICUM NULLA DI SERIO, AL REFERENDUM VOTO NO”

Novembre 7th, 2016 Riccardo Fucile

“SU QUEL FOGLIETTO DI CARTA C’E’ SCRITTO STAI SERENO”… “I CORI FUORI, FUORI ALLA LEOPOLDA? ARROGANZA E SUDDITANZA”

“Provo grande amarezza, perchè vedo un partito che sta camminando largamente su due gambe: arroganza e sudditanza. E cosi’ non si va da nessuna parte”.
Lo ha detto Pier Luigi Bersani, parlando delle contestazioni alla minoranza del Pd nel corso della Leopolda, a Firenze.
“Ci vuole libertà , responsabilità , autonomia, democrazia, schiena dritta. Non arroganza e non sudditanza – ha aggiunto Bersani, a margine di un convegno alla Facoltà  di Giurisprudenza di Palermo -. Non mi interessano i tifosi leopoldini che urlano ‘fuori, fuori, fuori’, ma tutti gli altri che stanno zitti. Questo non va bene. Sono abituato a una politica diversa. Io non voglio niente, vorrei poter dire la mia finchè è consentito parlare”.
Quanto all’accordo siglato da Gianni Cuperlo per modificare l’Italicum, Bersani resta della propria posizione.
“Un partito che è al governo e ha la maggioranza in Parlamento e pone la fiducia sull’Italicum non può certo cavarsela con un foglietto fumoso. Penso che Renzi voglia tenersi mano libere, altrimenti ci sarebbe stato qualcosa di serio”.”
“Il ‘no’ al referendum è un modo per far saltare l’Italicum – ha aggiunto -, il resto sono chiacchiere. Su quel foglietto c’è scritto stai sereno, ma io voto no”.
“Questa storia che il Pd fa tutto da solo si sta dimostrando debole, abbiamo perso tutti i ballottaggi. Bisogna costruire un area ulivista di centrosinistra, il Pd deve essere una infrastruttura non può essere il pigliatutto con la logica de comando”, ha aggiunto l’ex segretario.

(da “Huffingtonpost”)

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BERSANI: “IL PD DI RENZI È FINITO, IL PARTITO DEL 40% NON ESISTE PIU'”

Ottobre 22nd, 2016 Riccardo Fucile

“IL NO AL REFERENDUM? MEGLIO STARE CON GRILLO CHE CON VERDINI”

“Il film delle europee e del 40% è finito. Quella era solo un’amichevole e i voti di destra sono arrivati per questo. La Ditta per me è il centrosinistra, di cui il Pd deve essere la principale infrastruttura. Dobbiamo fertilizzare quello che sta attorno a noi, promuovere associazioni che stanno un po’ dentro e un po’ fuori”.
Lo afferma l’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in un’intervista a Repubblica in cui propone di “far eleggere il segretario del Pd dagli iscritti e lasciare le primarie di coalizione per la scelta del candidato premier”.
“Per fare un congresso in modo serio avremmo dovuto partire almeno sei mesi fa. A Roma dopo la sconfitta non si è fatta neanche una riunione e non si è dimesso nessuno. In mezza Italia siamo troppo permeabili a fenomeni che come minimo chiamerei di trasformismo. Prima del congresso – sottolinea Bersani – ci vuole un appuntamento nazionale per cambiare lo statuto: una volta si chiamava conferenza di organizzazione, se adesso vogliono trovare un nome inglese a me va bene anche chiamarlo Leopold”.
Sulla legge elettorale, “non pensino di dire a me cose tipo stai sereno. La verità  è che definiscono l’Italicum una legge ottima e la maestra mi ha insegnato che meglio dell’ottimo non c’è nulla”, commenta Bersani.
Quanto al referendum, “a domanda secca, tra Grillo e Verdini io scelgo il primo. Noi non dobbiamo demonizzare, ma essere sfidanti e competitivi – prosegue – con le ragioni di quell’elettorato. E aggiungo: con quello che sta accadendo nel mondo a destra, il M5S ha dato una mano tenere il sistema in equilibrio, portando l’insofferenza sul terreno parlamentare”

(da “Huffingtonpost”)

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LITE ALLA BUVETTE TRA BERSANI E LA RENZIANA ASCANI

Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile

“IN DIREZIONE ME LI HAI FATTI PROPRIO GIRARE”

«L’altra sera in Direzione me li hai fatti girare eh!».
E’ uno dei momenti più distesi di una litigata – piuttosto a senso unico – tra Pierluigi Bersani e la deputata Anna Ascani, apostrofata malamente dall’ex segretario alla buvette della Camera di fronte al bancone, mentre i due erano circondati da deputati e giornalisti.
Pietra dello scandalo, l’intervento della giovane renziana in Direzione più di una settimana fa, quando lei lo criticò per essersene uscito il giorno prima con l’intervista al Corriere, dove pronunciava il suo no al referendum costituzionale.
Invece di prendere la parola e spiegare le sue ragioni nell’organismo di partito.
Con l’aria di quello che si toglie un boccone che non va giù da giorni, Bersani mena fendenti, non solo perchè «quell’intervento in direzione non mi è piaciuto», ma anche con attacchi diretti, « a chi dice che io divido il Pd lo sbrano», dice rivolto alla Ascani. Alla quale ad un certo punto, parlando dell’atteggiamento dei giovani, rinfaccia pure «e poi a te ti ho trovato io».
«Invece mi ha trovato Enrico Letta», gli ribatte lei. «Anche Enrico l’ho trovato io». «No, l’ha trovato Nino Andreatta, non tu», è la fine del battibecco.
Andato avanti per qualche minuto, partendo appunto dalle parole spese dalla Ascani in Direzione al Nazareno, quando disse, «dall’ex segretario del mio partito, mi aspetto che quello che deve dire lo dica nella sede della Direzione, non fuori».
Sul punto Bersani le fa notare stizzito che è quello che faceva anche Renzi quando a suo tempo non interveniva mai in quella sede.
«E infatti ho criticato anche lui per questo», gli ribatte colpo su colpo la Ascani.
Facce perplesse di altri spettatori involontari e imbarazzate quelle dei compagni di partito dietro di loro, Nico Stumpo e Luciano Nobili, dirigenti del Pd.
E subito la voce del litigio si sparge tra i banchi dei deputati di varia fede seduti sugli scranni in aula a votare.
Un altro sintomo di come nel Pd volino gli stracci.

Carlo Bertini
(da “La Stampa”)

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“NON CE NE ANDIAMO, SENNO’ VINCE RENZI”: INTERVISTA ALLA PASIONARIA DI BERSANI

Ottobre 12th, 2016 Riccardo Fucile

CHIARA GERONI: “RENZI HA SNATURATO IL PD, IL PARTITO E’ SENZA IDENTITA'”

L’amarezza ha il volto della pasionaria Chiara Geloni, giornalista, già  direttore della tv del Pd in epoca Bersani: “È un periodo in cui è difficile sentirsi capiti”.
A che ti riferisci?
Ho appena visto l’apertura del vostro sito, con le parole di Saviano. Lui dice: inconcludenti, ricordate Ecce bombo. Un’altra delle amarezze di questi giorni.
Parliamo di questa amarezza che, immagino, sia di fondo per come è diventato il Pd
Ho letto questo grandioso e tragico pezzo di Ezio Mauro. Dice che Renzi ha snaturato il Pd, che il partito è senza identità , disarmato, che ha abbandonato i suoi valori e c’è una montante marea di destra. Ora, se questo il punto, dico: si potrà  riconoscere che chi lo critica ha qualche ragione? Chi ha tenuto fermo un punto di vista, in questa fase di conformismo, di marcia trionfante del renzismo, forse, non è da disprezzare. C’è nel Pd una posizione che in condizioni difficilissime cerca di salvare un’esperienza, un’esperienza in grave pericolo come dice Ezio Mauro.
Da giornalista a giornalista, andiamo al punto. Tu hai la sensazione o la convinzione che, in fondo, Renzi vi vuole cacciare?
Beh… Accadono cose che sono oggettivamente umilianti. Prova a immaginare, durante altre segreterie, il sito del giornale di partito che ospita articoli dove c’è scritto che Bersani vuole solo far cadere Renzi e di tutto il resto non gli importa nulla, gli account di parlamentari e dirigenti che fanno tweet con offese personali o minacce di non ricandidatura. Io quando tweettavo durante le primarie venivo accusata perchè non ero imparziale, ma dal mio account nè da direttore di Youdem nè dopo ho mai offeso nè minacciato nessuno.
Ce l’hai con Rondolino?
L’hai detto tu, io non faccio nomi. Ma questo è il clima. Ma l’hai sentito l’intervento di Renzi di ieri? Aveva il tono di sfida di uno che non è lì per dire: abbiamo un problema, risolviamolo. Ma di uno che diceva: vi ho dato questo, quello, ora vi do anche questo così vi tolgo gli alibi e vediamo che fate. Non è il modo di pacificare un partito diviso. E mi ha colpito che prima della riunione nessuno avesse la minima idea di cosa avrebbe detto il segretario, nemmeno i suoi. Una mediazione non si fa così. In un partito ci sono canali aperti, ci si ascolta, si crea un clima, si cerca un punto di caduta. E il partito che accetta questo metodo? Orfini dopo la relazione ha detto “non ho nessun iscritto a parlare”. Sai perchè? Non sapendo fino all’ultimo cosa avrebbe detto Renzi nessuno, neanche i suoi, sapeva che tono prendere, che parte recitare…
Concordo nell’analisi. Renzi ha preso a schiaffi la sua sinistra. E c’è un conformismo devastante. Però ti aggiungo. Su queste premesse, uno che dissente, si alza e gli dice: bello mio, ti voto contro, faccio i comitati del no e il 5 dicembre vediamo chi dei due sta in piedi. Invece la minoranza crede ancora in un accordo. O no?
Per come sono andate le cose avanti, una ricomposizione è difficile. Certo Cuperlo e Speranza, che pure sono andati al cuore del problema senza fare sconti, hanno lasciato aperto un filo di comunicazione. Però a questo punto… Io vedo che molte persone sul territorio hanno già  deciso e non è facile che tornino indietro.
Stefano Di Traglia, l’ex portavoce di Bersani, ha fatto il comitato del no.
Democratici per il no non è un comitato, è una rete. Stefano mi ha invitato e c’ero anch’io a quella riunione. C’erano molti iscritti ed ex iscritti al Pd.
A me questo travaglio pare un po’ inconcludenza. Vivaddio, D’Alema almeno l’ha letta da subito, dicendo “quello non cambia l’Italicum, l’Italicum si abbatte con il no” e gira l’Italia organizzando il no.
La differenza è che D’Alema non ha votato la riforma, non è parlamentare, è un cittadino che esprime liberamente le sue opinioni. Come me.
Un cittadino che però fa imbestialire il premier. Ma il punto è che ormai nel Pd ci sono due mondi, segnati da sfiducia, una diffidenza direi quasi antropologica. Renzi è il nemico in casa che snatura il Pd, gli altri sono dei ferri vecchi da rottamare. Questa rappresentazione la condividi?
Seguo il Pd da 20 anni, e da sempre è un partito plurale. Quello che c’è di nuovo è che ora non c’è la volontà  di tenerlo insieme. Si procede per strappi e c’è un problema di rispetto: il “lanciafiamme”, il “certi voti non servono”, “c’è Verdini”, “se non ci siete voi c’è chi mi vota”. C’è stato un momento in cui tutto poteva cambiare, una grande occasione. Quando eleggemmo Mattarella, Renzi capì che su un candidato “Nazareno” il Pd si sarebbe spaccato, chiamò la minoranza e cercò una proposta condivisa di tutto il Pd. E la minoranza mica ha detto ok per finta, mica ha organizzato la vendetta per i 101. Da quel momento, dopo quella prova di lealtà , Renzi poteva davvero diventare il leader di tutto il Pd, rappresentarlo tutto nonostante le asprezze precedenti. Invece dopo 15 giorni ha buttato fuori i parlamentari che non erano d’accordo sull’Italicum dalla commissione affari Costituzionali.
Mi dai ragione. Renzi capisce solo i rapporti di forza. Lì andava sotto e ha mediato. Gli si poteva votare contro altre volte: jobs act, riforme. Invece è prevalso il riflesso unitario.
La fai facile tu. È che se decidi di stare in un partito… Il mio non è un riflesso da centralismo democratico, è una convinzione profonda che il Pd sia la risposta giusta per l’Italia. Secondo te è un’alternativa uscire dal Pd? Per fare cosa? Secondo me se esci fai un doppio danno. Gli regali il 100 per cento del partito e affondi un progetto, il Pd, che con tutti il limiti serve ancora al paese.
Il problema è che, sui territori, il Pd è diventato un’altra cosa. È già  il partito della Nazione. O sbaglio
Si fa fatica a riconoscerlo, ma io non lo do per perso.
Dunque, tutti dentro anche il 5 dicembre. Cuperlo ha detto che se vota no si dimette.
Lucido e amaro. Spero che non dia corso al suo annuncio. Che non si dimetta da deputato. Tanti democratici per il no devono essere rappresentati, io voglio essere rappresentata nel Pd.
Che cosa c’è di sinistra in questo Pd?
C’è Cuperlo no? Lui, Speranza, le nostre idee. La rottamazione vince se lasciamo il Pd, non se restiamo.
E se vince il sì?
Renzi potrebbe essere tentato di capitalizzare la vittoria e portarci al voto in primavera. Poi, sai, dipende da come vince. Se vince 52 a 48 magari poi perde le elezioni, sarebbe un azzardo. C’è una questione di fondo che lui sottovaluta: le amministrative dimostrano che tutti questi voti di destra non arrivano a compensare i voti di sinistra che il Pd lascia per strada. Non ne parla nessuno, però il Pd ha perso parecchi milioni di voti.
Secondo te Bersani andrà  in giro a fare campagne e comizi per il no?
Comizi non credo, farà  dibattiti e dirà  la sua.
Tu hai scritto il libro Giorni bugiardi. Sono ancora bugiardi i giorni che si vivono nel Pd
Sì, i Giorni bugiardi continuano. Quel clima l’ho rivissuto più volte, almeno altre due: quando è caduto Letta, poi in piccolo quando è caduto Marino. Di nuovoun partito che non riesce mai a comporre i conflitti rimanendo comunità . Deve sempre uscire umiliato qualcuno: Marini, Prodi, Bersani, Letta, Marino…
Chi sarà  la prossima vittima della bugia?
Prima o poi la vittima sarà  lui.
Renzi?
Sì, quando vai avanti per prove di forza ci può essere il momento in cui la vittima sei tu. Fatti un giro a Montecitorio: la situazione è mossa rispetto a qualche mese fa. Molti si guardano intorno, si interrogano su che succederà . C’è molto conformismo di facciata verso il capo ma non senti l’amore per il leader.
Che senti?
Timore. Renzi ha una certa presa sul partito. Sai, da palazzo Chigi hai argomenti per far valere le tue ragioni che altri segretari non hanno avuto…
Quando lo vedi in tv, che pensi?
Che è sempre lì… Prima dice “sbaglio a personalizzare”, poi tutti i giorni è in tv o in radio… Ma forse sbaglio io, quello è il vero punto di forza.
Da pasionaria a pasionaria: dai un consiglio alla Boschi.
Essere più spontanea, trasmette una certa rigidità .
Ci andresti a cena con Lotti?
Se non c’è Verdini volentieri.
L’ultimo: a Renzi.
Di rilassarsi. Lo vedo un po’ ansiogeno ultimamente. Dovrebbe essere un po’ più…
Un po’ più?
C’è una parola… Ecco: sereno. No?

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA A BERSANI: “IO TRATTATO COME UN ROTTAME. L’ITALICUM CAMBIA? CHIACCHIERE”

Ottobre 9th, 2016 Riccardo Fucile

“NON VOGLIO UN GOVERNO DEL CAPO”: DOMANI LO STRAPPO IN DIREZIONE

 «È un anno che l’Italia mangia solo pane e riforme, ora basta». Pier Luigi Bersani ha deciso. Con sofferenza pari solo alla preoccupazione per il futuro del Paese l’ex segretario del Pd è rassegnato ad ufficializzare il suo No al referendum, domani in direzione nazionale: «Renzi proverà  a stanarmi con una proposta sull’Italicum? Chiacchiere. Lo riteneva ottimo e perfetto, tanto che lo approvò con la fiducia. E ora non mi venga a dire che darà  l’incarico a Zanda e Rosato di trovare un sistema migliore. Non mi si può raccontare che gli asini volano. Vediamo in direzione, ma io non mi aspetto nulla».
Uno strappo che il leader della minoranza considera inevitabile, non tanto per il merito di una riforma votata anche dalla sinistra dem, quanto per le prospettive politiche disegnate dal «combinato disposto» con l’Italicum.
È un Bersani deluso e turbato quello che alle 23 di venerdì era ancora lì a ragionare e a sfogarsi nel gremito Auditorium Sant’Ilario, durante un confronto con Giuliano Pisapia organizzato dall’associazione Alice: «Se parlo fuori è perchè nel Pd non si può. In un anno e mezzo non ho mai avuto occasione di discutere di riforme nel partito. E dire che un po’ ci capisco».
Si sente messo da parte, come D’Alema?
«Anche con me non sono andati per il sottile, sono stato trattato come un rottame. Non ho ragioni per difendere D’Alema, ma deve esserci un limite a questa cosa volgare del vecchio e nuovo, che riguarda le idee e i protagonisti di una stagione. Nell’Ulivo c’erano anche idiosincrasie e liti furibonde, ma perbacco c’era una cosa da tenere assieme e c’era il rispetto, tanto che D’Alema propose Veltroni segretario e Prodi presidente della Commissione europea».
Luca Lotti ha mancato di rispetto all’ex premier?
«Quando questo Lotti dice a D’Alema che è accecato dall’odio per una poltroncina va fuori dal seminato. C’è un limite, perchè se sei dove sei c’è sempre qualcuno che ti ci ha portato. Invece ora tutto quello che c’è prima è da sputarci su… Così vai a sbattere»
Davvero non pensa alla scissione?
«Noi abbiamo cercato di salvare il salvabile, ma a volte trattenersi è molto difficile. E anche adesso dico quel che dico perchè un pezzo del nostro popolo non vada via, restando vittima di cattivi pensieri. Non puoi sempre farti vedere con Marchionne e Polegato»
Non le basta che Renzi abbia spersonalizzato?
«Perchè riconoscesse l’errore c’è voluto Jim Messina, ma Jim Bettola glielo va dicendo da mesi gratis – scherza Bersani parafrasando il nome del guru americano con quello della sua cittadina di origine –. Tu che sei il premier non puoi dire al mondo che il tuo Paese è davanti al giudizio di Dio, sull’orlo di un abisso, perchè così dai adito a tutte le speculazioni. Perchè alzi la posta sulla Costituzione? È un precedente gravissimo. Abbassiamo i toni e rassicuriamo il mondo. È solo una cosa italo-italiana»
Per i renziani lei non parla del merito perchè ha già  deciso di votare No.
«Riformiamo il Titolo V? Bene. Meno navetta tra le due Camere? Ottimo. Ma non stiamo cambiando il sistema, quindi voliamo basso, non carichiamo la molla spaccando l’Italia e il centrosinistra».
Non è esagerato l’allarme sulla tenuta democratica?
«È il tema prioritario, e la legge elettorale è la cartina di tornasole. Aver impugnato la Costituzione quasi in direzione di un meccanismo plebiscitario è consono a una semplificazione troppo drastica»
Però scusi, la riforma non cambia la forma di governo.
«Da sola no, ma in combinazione con la legge elettorale la cambia radicalmente. Si va verso il governo di un capo, che nomina sostanzialmente un Parlamento che decide tutto, anche con il 25% dei voti».
Se la riforma passa, potrà  ridiscutere l’Italicum…
«Ci credo poco. In tutta Europa si cercano sistemi in grado di rappresentare quel magma che c’è, e noi ci inventiamo il governo del capo? C’è da farsi il segno della croce. Nella legge elettorale bisogna metterci dentro un po’ di proporzionale, invece che prendere tutta altra strada per sapere alla sera del voto chi comanda».
Ha già  la testa al congresso del Pd?
«Al congresso sosterrò la tesi che non si può tenere assieme segretario e premier. Vorrei che il Pd si accorgesse dei rischi, separasse le funzioni e mettesse questo gesto a disposizione di un campo largo di centrosinistra».
E Alfano, Verdini, il partito della nazione?
«Qualcuno sta rompendo i ponti con la tradizione convinto di prendere i voti della destra, ma non ci metto la firma su una prospettiva così. Se passa il Sì, temo che Renzi prenda l’abbrivio e vada dritto con l’Italicum. Ma non sono disposto a mettere in mano il sistema a quella roba inquietante che sento venir su dal profondo del Paese».
Sente aria di elezioni e teme che il sistema finirà  in mano a Grillo?
«A turbarmi non è Grillo ma l’insorgenza di una nuova destra in formazione, aggressiva, non liberale, protezionista, che, da Trump a Orbà¡n, cerca le sue fortune. Il ripiegamento della globalizzazione ha portato un aumento bestiale delle disuguaglianze. La sinistra deve trovare una nuova piattaforma di base di diritti del lavoro. La ricetta? Welfare, fedeltà  fiscale, basta bonus e voucher».
Lei e Pisapia sarete nella stessa alleanza alle prossime elezioni?
«C’è una urgenza estrema di organizzare un campo largo di centrosinistra».
Un tweet su Ignazio Marino assolto?
«Se il modo ancor l’offende, francamente non ha tutti i torti».

Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)

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