Ottobre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
LEI ACCUSA IL PAE DI AVERLA DIFFAMATA, IL PAE RISPONDE: “TROVA UNA SCUSA PER IL CALO DEI CONSENSI”
Michela Vittoria Brambilla, leader del Movimento Animalista, ha preso parte nei giorni scorsi ai lavori della prima Assemblea Pubblica del suo partito.
Ma come ogni bravo leader si trova a dover tenere a bada tutti quelli pronti a saltare sul carro del vincitore per un posto in Parlamento.
Uno di questi è — scrive la Brambilla su Facebook — nientemeno che Stefano Fuccelli, il leader del PAE, il Partito Animalista Europeo.
La parlamentare di Forza Italia definisce Fuccelli e il suo compagno di partito Enrico Rizzi due “diffamatori seriali”.
Secondo la Brambilla infatti già da alcuni anni Fuccelli starebbe facendo pressing per ottenere un posto da candidato nelle liste di Forza Italia. Di recente, dopo la nascita del Movimento Animalista il presidente del PAE si sarebbe offerto come “vicepresidente del Movimento Animalista con facoltà decisionale” garantendo all’onorevole Brambilla che avrebbe provveduto a tenere a bada tutti coloro che non sarebbero adeguati alla linea del partito.
I problemi nascono però quando l’amica degli animali di FI rifiuta la proposta di Fuccelli e di Rizzi, che a luglio pare abbia contattato un senatore di Forza Italia per potersi candidare alle regionali siciliane del 5 novembre.
Una volta ricevuta la risposta negativa la Brambilla scrive che Fuccelli e Rizzi hanno messo in moto la macchina del fango e si sono messi a seminare zizzania “concentrando la sistematica campagna denigratoria sul Movimento animalista e su Silvio Berlusconi”. Secondo la Brambilla nessuno più di Rizzi e Fuccelli ha contribuito “ad alimentare il clichè degli animalisti estremisti e settari, pieni di livore, pronti a divorarsi a vicenda dopo aver proclamato obiettivi comuni. Penso che abbiano danneggiato la nostra causa quasi più di un esercito di doppiette, della lobby vivisezionista, degli antianimalisti che sbraitano alla radio e in tv”.
La replica del PAE: la Brambilla è arrabbiata per il crollo nei sondaggi del Movimento Animalista
La risposta del PAE non si è fatta attendere. Secondo il PAE la nota della parlamentare animalista è dai contenuti diffamatori e non affronta il vero nodo della questione. Il punto centrale della vicenda non è, scrive il PAE, la richiesta di un posto al sole per Fuccelli e Rizzi ma la fine che hanno fatto i soldi dal Coordinatore nazionale del Movimento Animalista, Alessandro Mosso, per salvare un centinaio di capre.
Secondo il PAE, che ha presentato querela per truffa aggravata nei confronti di Mosso quei soldi non sono stati utilizzati per il benessere degli animali.
Ma la faccenda si complica quando si scopre che sarebbe stato Fuccelli a rifiutare un posto all’interno del Movimento Animalista e non la Brambilla a negarglielo.
E sostiene di avere le prove e le registrazioni delle telefonate per poter smentire le affermazioni dell’Onorevole.
Evidentemente adesso ha cambiato idea perchè nello stesso giorno del mio messaggio, il 21 giugno, esattamente un’ora dopo l’On. Brambilla si affretta a rispondermi con un nuovo messaggio con su scritto “…L’organismo di dirigenza in cui ti avevo proposto di entrare, ovvero la Consulta dei Presidenti, è quello più importante e rappresentativo oltre che operativo, vedi un po, ciao“, non avendo dato conferma il giorno successivo, il 22 giugno, ricevo un altro messaggio sempre dall’On. Brambilla con su scritto”…E per quanto riguarda la tua persona, la tua esperienza e le tue aspettative, è evidente che il movimento animalista è la tua casa naturale.”.
La mia replica di chiusura definitiva è stata “…Sono d’accordo che il Movimento Animalista poteva essere la mia casa naturale ma sono alcuni inquilini che rovinano tutto. Per questo ti ho fatto un grande in bocca al lupo” .
Insomma se la Brambilla accusa il PAE di aver tentato la scalata al suo Movimento Fuccelli replica dicendo che quel posto gli era stato offerto ma che lui, in nome di ideali più alti, ha rifiutato.
Ma c’è di più: secondo Fuccelli la Brambilla sta solo cercando di risollevare le sorti del suo Movimento, che secondo alcuni non meglio precisati sondaggi è accreditato dell’1% dei consensi.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 13th, 2013 Riccardo Fucile
L’ACCUSA E’ DI PECULATO E ABUSO D’UFFICO… I FATTI RISALGONO AL 2010 E VENNERO DENUNCIATI DAL “FATTO”
Abuso d’ufficio e peculato. Con queste accuse l’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla è stata iscritta nel registro degli indagati.
Sotto la lente della procura di Milano — pm Maria Letizia Mannella — è finito l’uso personale degli elicotteri di Stato da parte dell’ex titolare di Via della Ferratella.
Due in particolare i voli contestati, quelli del 9 dicembre 2009 e del 13 marzo 2010, raccontati nel novembre del 2010 dal Fatto Quotidiano, che ricevute e bilanci alla mano, documentò almeno due spostamenti del ministro effettuati con voli di Stato e procedure particolari senza nessuna “comprovata necessità istituzionale”.
Elicotteri dei carabinieri per gli spostamenti, autoambulanze e automediche per garantire le condizioni di sicurezza necessarie al volo.
Il tutto per raggiungere, è il caso del 13 marzo, il suo comitato elettorale a Rimini.
Senza contare l’ingente uso di risorse pubbliche: solo nel 2009 il ministro aveva speso 157mila euro in viaggi contro un budget previsto di 27mila.
Nella scorsa legislatura la vicenda era finita anche agli atti di una interrogazione parlamentare degli onorevoli Ferrante e Della Seta che prendeva ampi stralci proprio dall’articolo del Fatto per chiedere conto al ministro delle sue abitudini e oggi ricompare – come raccontato da Repubblica — nella richiesta di atti che il pm — unico modo per far proseguire le indagini — ha inoltrato al Tribunale dei Ministri.
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Settembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
SI FECE PROMUOVERE MINISTRO DEL TURISMO (CARICA ABOLITA PER LEGGE) CON UN DECRETO AD PERSONAM E CELEBRO’ L’EVENTO CON UNA SCRITTA CUBITALE SUL PALAZZO DEL DICASTERO… POI UN CONCORSO INTERNAZIONALE PER “FONDERE” LE LETTERE IN UN’OPERA D’ARTE: COSTO 100.000 EURO
Bertolt Brecht scrisse una poesia che si intitolava “La scritta invincibile”.
Raccontava di un soldato socialista della Guerra mondiale, rinchiuso in un carcere italiano, che con un lapis copiativo aveva scritto sul muro della cella: “Viva Lenin”.
Per quanto i secondini facessero, ripassando le lettere con la calce o raschiandole con un coltello, o imbiancando il muro, la scritta riappariva sempre: “Invincibile”, appunto.
Anche oggi c’è una scritta a suo modo invincibile.
Non esalta Lenin, non è vergata in lapis copiativo, non ha la forza evocativa di quella di Brecht, ma resiste.
È la scritta “ministro del Turismo”, in lega di metallo scintillante d’oro e alta alcune decine di centimetri, che per qualche tempo abbellì (si fa per dire) la facciata del palazzo di via della Ferratella in Laterano, sede del Dipartimento del Turismo.
Badate bene: Dipartimento e non ministero, perchè il ministero del Turismo per legge non esiste, cancellato 19 anni fa da un referendum, e quindi non c’è neanche un ministro.
Michela Vittoria Brambilla, signora dotata di un ego assai robusto, incaricata di seguire gli affari turistici nel passato governo di Silvio Berlusconi, referendum o no, si sentiva però ministro a tutto tondo e per far valere il titolo che si sentiva addosso, ingaggiò una sua personale battaglia.
Tanto brigò che il suo sghiribizzo fu accolto in una specie di decreto ad personam, l’ennesimo di un governo specializzato in materia.
Ottenuta la nomina, la signora pretese pure senza badare a spese che la sua sudata impresa fosse celebrata non con una semplice targa ottonata da appendere nell’atrio, ma con una costosa e vistosa scritta luccicante, “ministro del Turismo”, una specie di insegna da esporre proprio sotto le finestre del suo ufficio, cosicchè non solo automobilisti e passanti, ma lei stessa potesse ogni tanto rimirarla soddisfatta.
Per mesi quelle lettere dorate si videro benissimo dalla strada sottostante e nessuno osò rimuoverle finchè il governo fu in piedi.
Quando nel novembre di un anno fa Berlusconi cadde e la Brambilla si avviò con la velocità della luce verso l’oblio, sembrò logico che le cose tornassero in ordine e quella pretenziosa insegna, figlia del capriccetto di una ex potente, fosse smontata e infilata in qualche sottoscala.
E invece no: come il “Viva Lenin” di Brecht, la scritta brambillesca rifiorisce.
Forse credendo di far bene, forse per semplice piaggeria, al Dipartimento del Turismo ci fu tra i dirigenti chi ebbe la stuzzicante idea di riciclare le lettere dorate: perchè non utilizzarle per una composizione artistica?
Se ne potrebbe fare una scultura, suggerì qualche entusiasta, un’opera che abbellirebbe gli uffici.
Nello stesso periodo all’Ente del turismo (Enit) il direttore Paolo Rubini, sopravvissuto all’uscita di scena della sua amica Brambilla, per promuovere l’Italia nel mondo aveva avuto un’altra strepitosa pensata invitando artisti indiani, cinesi, brasiliani, russi, coreani, a esibirsi in dipinti e sculture che raffigurassero l’Italia così come la pensavano.
Prendendo i classici due piccioni con una fava, la scritta della Brambilla — pensarono — avrebbe dovuto essere esposta nelle sale e nei corridoi di via della Ferratella assieme a queste opere.
Fu indetta regolare gara, importo 100 mila euro circa, 70 mila per le opere straniere più ammennicoli vari, 30 mila per la scritta brambillesca all’uopo ricomposta.
La gara fu vinta da una ditta romana dei Parioli con un’ardita composizione raffigurante un albero stilizzato, un “albero della conoscenza” niente meno, con il logo Ue (Unione europea) a mo’ di terreno, la I di Italia come fusto e le lettere dorate “ministro del Turismo” rami e foglie. Ora, però, in un soprassalto di resipiscenza, al Dipartimento del Turismo ritengono che 30mila euro non saranno la fine del mondo, ma non è un buon motivo per spenderli in quel modo.
Oltretutto per la scultura ministeriale e le altre opere non c’è proprio più posto.
Già piccolo prima, a forza di tagli il Dipartimento turistico è stato ridotto a poco più che un avamposto, i dirigenti portati da 12 a 5, i piani per gli uffici da 6 a 2.
La ditta romana che ha lavorato, però, vuol essere pagata e siccome l’“albero della conoscenza” è pure ingombrante, vorrebbe sapere dove piazzarlo.
Volete scommettere che la brambillesca scritta invincibile rispunterà ancora?
Daniele Martini
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PROGETTO E’ FERMO, MA I MANAGER VENGONO PAGATI
Michela Vittoria Brambilla ci aveva preso gusto.
Dopo essersi baloccata con Italia.it, il criticatissimo e secondo molti osservatori inutile portale del turismo costato la bellezza di circa 7 milioni di euro, l’ex ministro del Turismo stava raddoppiando con un altro giocattolo, una specie di giornale on line.
Un gingillo pesante e caro, altri 4 milioni e mezzo di euro, con una redazione bella folta di 20 giornalisti: un direttore, 5 redattori a tempo pieno, 10 redattori specializzati nel web e 4 redattori in lingua (inglese, francese, tedesco e spagnolo).
Al momento e per fortuna i quattrini per lanciare l’iniziativa sono stati spesi solo in parte e in altra parte semplicemente impegnati, ma c’è il rischio che alla fine debbano essere tirati fuori tutti quanti, nonostante la Brambilla abbia dovuto traslocare dal suo ufficio ministeriale di via della Ferratella in Laterano a Roma.
E nonostante il giornale del turismo non sia proprio in cima ai pensieri di operatori del ramo e manager delle vacanze.
La gara per il lancio del quotidiano da sovrapporre al por-tale è stata espletata e c’è un vincitore, un raggruppamento di 3 imprese: Monrif Net Srl-Zeppelin group Srl-Paesionline Srl.
La prima è una società di cui è presidente e amministratore un giovanotto, il ventitreenne Matteo Monti Riffeser della famiglia di editori della Nazione, Resto del Carlino e Giorno.
La seconda è un’azienda di Bolzano che si occupa di vendita di software e la terza è una società dei Castelli romani, amministrata da un certo Luca Cotichini, specializzata in guide turistiche e offerte di pacchetti vacanza on line presentati da appena un anno anche in tedesco, spagnolo e francese.
Monrif e le altre due aziende per ora sono ferme sulla porta perchè il nuovo giornale è finito in una specie di limbo.
La seconda classificata nella gara, la società Unicity, ha ritenuto che la commissione giudicante avesse commesso irregolarità nella valutazione delle offerte e quindi ha fatto ricorso al Tar del Lazio. La sentenza è prevista a breve.
Anche se i giudici amministrativi dovessero decidere di rimettere in discussione la graduatoria, però, la sentenza di per sè non potrebbe fermare il giornale della Brambilla che continuerebbe a progredire quasi per forza d’inerzia, magari anche a dispetto di dio e dei santi, drenando altri quattrini pubblici.
Solo il nuovo ministro, Piero Gnudi, potrebbe far ritornare nel cassetto il costoso progetto, magari dando l’indicazione di smontare il giocattolo al direttore generale delle Politiche turistiche del ministero, Roberto Rocca.
Facendo così capire anche con questa decisione di voler far calare il sipario sulla precedente gestione della politica turistica, contrassegnata da decisioni estemporanee e spesso clientelari e da strappi continui.
A partire dalla scelta di commissariare l’Enit, l’ente del turismo, per arrivare alla decisione di nominare un direttore, Paolo Rubini, con un curriculum vuoto di incarichi in ambito turistico, ma in cui spicca la sua attività di collaboratore della Brambilla nel lancio dei Circoli berlusconiani della libertà .
Dall’idea di far nascere una società per la convegnistica, Convention Bureau, capace in appena tre mesi di mangiarsi più di 500 mila euro, alla scelta del ministro di affidare la guida di questa nuova struttura allo stesso direttore dell’Enit assegnandogli un secondo stipendio di altri 130 mila euro.
Tutte faccende molto criticate e ora al vaglio, tra l’altro, della Corte dei Conti e sulle quali anche il Pd vorrebbe fare chiarezza.
A questo proposito il deputato Ludovico Vico ha avanzato una proposta di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle responsabilità amministrative nella gestione della politica turistica, dell’ente del turismo, del Dipartimento del ministero e sull’operato dell’ex capo di gabinetto, Claudio Varrone.
Dei circa 4 milioni e mezzo di euro in ballo per il giornale on line della Brambilla, al momento è stato speso più di 1 milione e mezzo.
Quattrini serviti soprattutto per pagare gli stipendi a 5 “Project manager” voluti dall’ex ministro, suoi conoscenti o stretti collaboratori politici, ingaggiati con un contratto della durata di 3 anni.
I 5 “manager” dovrebbero occuparsi di tecnologie e innovazione, di comunicazione digitale e social network, della promozione e del coordinamento delle redazioni locali e del media designer.
Ma considerato che per ora il giornale non c’è, probabilmente non si stanno ammazzando di lavoro, e considerato anche l’impegno dei “project manager” da solo non è sufficiente a far girare un portale, nel frattempo è stata allestita una redazione volante con altri professionisti definiti “Junior web content editor”, cioè redattori che scrivono, selezionano, mettono e tolgono i contenuti dalle pagine on line.
Al momento nel cassetto quindi ci sono ancora circa 3 milioni di euro.
Tre milioni che forse potrebbero essere utilizzati altrimenti e meglio per promuovere l’Italia turistica nel mondo.
Daniele Martini:
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 6th, 2011 Riccardo Fucile
ALTRO CHE RIMBORSO SPESE PER CURARE IL PORTALE ITALIA.IT… ORA ESCONO FUORI VARI CONTRATTI DI COLLABORAZIONE TRIENNALI: IL MINISTRO POTEVA NON SAPERE?
Il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla è una che se la lega al dito.
Per questo aveva deciso di querelare il Fatto Quotidiano per una serie di articoli riguardanti le assunzioni al dicastero di suoi fedelissimi.
Dicendo, tra l’altro, che i collaboratori erano a titolo gratuito.
Oggi però Fabio Amato sul giornale di Padellaro e Travaglio ci racconta tutta un’altra storia:
Siamo nel novembre 2010: il Fatto denuncia la sovrapposizione evidente tra lo staff delle iniziative movimentiste del ministro — Tv della Libertà (chiusa con 14,5 milioni di euro di debiti), Giornale della Libertà (cessato), Circoli della libertà , Promotori della libertà — e quello del dicastero da lei diretto.
Una decina di persone passate dai movimenti pidiellini al ministero tra cui spiccano i due consulenti del ministro: Edoardo Colombo, animatore del blog iper-berlusconiano “Il giulivo ”, e soprattutto Luca Moschini, già vice della Brambilla in Confcommercio giovani, già responsabile regionale dei Circoli, oggi curatore tanto dei siti politici del ministro (sono almeno quattro) che di quelli a iniziativa pubblica (turistia4zampe. it, yidalinihao. com, italia.it).
Un mese più avanti, a metà dicembre, la Corte dei conti decide di aprire un’istruttoria per verificare la natura, la durata e l’oggetto di quelle consulenze e appurare le reali competenze dei beneficiari. Il dubbio dei magistrati contabili è che alcuni tra i collaboratori del ministero siano pagati con soldi pubblici per fare attività di natura politica, con conseguente danno erariale.
Il ministro insorge di fronte alla possibile accusa e di lì a poco annuncia querela contro questo giornale.
Alla fine di citazioni ne arriveranno due:
Una a titolo personale (500 mila euro), l’altra per il “danno d’immagine” causato alla Struttura di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia (1 milione).
Qui cominciano le bugie ministeriali.
Sdegnata, alla vigilia del Natale 2010 la rossa di Calolziocorte detta alle agenzie una nota durissima, che tra i suoi passaggi reca anche la seguente affermazione: “Quanto, infine, ai signori Luca Moschini ed Edoardo Colombo, appare sufficiente evidenziare che gli stessi prestano la loro collaborazione in favore degli Uffici, facenti capo al Ministro del Turismo, a titolo totalmente gratuito, e non hanno, perciò, percepito, nè percepiscono, alcun compenso a carico dei predetti Uffici”.
La frase riappare otto mesi più tardi nella citazione che l’Avvocatura dello Stato recapita al Fatto giusto in tempo per le vacanze estive.
Si legge infatti a pagina 26 dell’atto che “i due menzionati collaboratori del ministro (Moschini e Colombo) prestano la propria attività a titolo assolutamente gratuito (salvo ovviamente un rimborso spese)”.
Spiacerà all’Avvocatura dello Stato sapere che si è prestata a scrivere falsità : Edoardo Colombo e Luca Moschini risultano infatti essere sotto contratto con Promuovi Italia Spa, controllata dell’Enit (l’Ente del Turismo).
Non proprio un rimborso spese: 152 mila euro a testa in tre anni per il lavoro di consulenza sul portale italia.it.
Contratti di collaborazione stipulati nel marzo 2010, scadenza 21 marzo 2013. Il ministro poteva non sapere?
No: Promuovi Italia è una società per azioni a capitale pubblico, ma non per questo ha il diritto di fare ciò che vuole.
I contratti non fanno eccezione: sono l’emanazione diretta di una convenzione tra la società — che normalmente si occupa di strumenti per il lavoro nel settore turistico —e il Dipartimento del ministero.
Convenzione sollecitata dallo stesso ministro Brambilla nel gennaio dello stesso anno. Si chiama “delegazione interor ganica”.
Tradotto: il ministero trasferisce a Promuovi Italia — dietro rimborso — il peso burocratico della gestione dei contratti. Ma se ne prende i benefici — cioè il lavoro — perchè, si legge tanto nella convenzione che nei contratti, i collaboratori risponderanno direttamente al dipartimento.
Dalla firma in poi, in sostanza, Promuovi Italia non sa niente e nessun potere può esercitare, se non l’adempimento degli obblighi formali.
Questa formula non vale solo per Moschini e Colombo:
Tra marzo e luglio la Guardia di finanza fa la spola tra ministero e Promuovi Italia per portare avanti l’istruttoria della Corte dei conti.
Ne esce con i contratti di sei persone, tutte nominate dagli articoli del Fatto dello scorso novembre: Nicola Fortugno, Roberta Bottino, Loredana Maritato, Diletta Grella, Valentina Zofrea e Nadia Baldi. Tv e Promotori Libert�
Tutti hanno in comune la provenienza: Tv o promotori della Libertà .
Tutti nel 2010 hanno avuto contratti con Promuovi Italia, ma hanno lavorato, in base alle convenzioni, alle dirette dipendenze del dipartimento del Turismo o delle sue strutture.
Di questi, Diletta Grella ha ancora un contratto con Promuovi Italia: 171 mila euro in tre anni, firmato il 22 marzo 2010.
In quel periodo ha già due incarichi: è referente dei Promotori della Libertà — il suo cellulare appare ad hoc su Facebook tre giorni prima, in vista di una manifestazione pro Pdl — ed è sotto contratto con il ministero: 18 mila euro per il periodo settembre 2009-agosto 2010.
Del resto, nemmeno si può dire che l’inchiesta della Corte dei conti abbia a oggi sortito qualche effetto sulla gestione dei collaboratori del ministro Brambilla.
A scorrere l’ultima lista disponibile sul sito della Presidenza del Consiglio, a giugno di quest’anno i fedelissimi della Libertà erano ancora tutti al lavoro al ministero del Turismo.
Anzi, rispetto a novembre ce n’era qualcuno in più.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 26th, 2011 Riccardo Fucile
LA LEGGE IMPONE UNA DRASTICA RIDUZIONE DEI DIRIGENTI, IL MINISTRO LI TIENE IN VITA
In questi giorni di stangate e rigore, di forbici che tagliano ovunque, tranne che nei pressi della Casta, la storia dell’Aci e del fantomatico decreto firmato dal ministro Brambilla diventa ancor più interessante.
L’Aci è infatti un “ente pubblico non economico”, con circa un milioni di iscritti e partecipazioni in parecchie società : Sara assicurazioni, Ala assicurazioni, Aci Mondadori, Ventura e altre ancora.
Insomma, l’Aci non è una robetta da niente, e il suo presidente Enrico Gelpi ogni anno intasca un’indennità da circa 300mila euro.
Ai suoi tre vicepresidenti, invece, ne spettano circa 100 mila.
A vigilare sulla correttezza di questo ente pubblico, è il ministero Michela Vittoria Brambilla, poichè l’Aci è soggetta al controllo del ministero del Turismo.
La stessa Brambilla che vede Eros Maggioni , il suo compagno, sedere al consiglio direttivo dell’Aci Milano.
La Brambilla avrebbe dovuto controllare, quindi, la regolarità delle elezioni e, soprattutto, l’applicazione dell’art.6 comma 5 del decreto legge 78/2010, che prevede la riduzione dei costi degli apparati pubblici e avrebbe dovuto ridurre il Consiglio Generale da 43 a soli 5 membri.
Ma questo non è mai accaduto.
Il Consiglio Generale dell’ente è scaduto a dicembre 2010, ma le nuove elezioni previste dallo statuto non si sono mai viste.
Rischiava anche il Comitato Esecutivo, una specie di doppione dunque ulteriore fonte di costi da eliminare.
A otto mesi dal novembre 2010, nulla è cambiato.
L’avvocato potentino Giuseppe Nolè, presidente della federazione italiana karting – associazione sportiva interna ad Aci Csai – a maggio diffida l’Aci a rispettare le norme: chiede nuove elezioni e riduzione dei costi e dei componenti.
Scrive anche al ministero, finchè si vede recapitare una lettera, con l’intestazione “Presidenza del Consiglio dei ministri”. Il contenuto è doppiamente interessante.
Si scopre che l’8 settembre la Brambilla, invece di prendere provvedimenti per la mancata riduzione dei costi, passa la palla al Consiglio di Stato, chiedendo un suo parere. Un conto è eleggere 43 membri, un altro è eleggerne solo 5 e quindi, nel frattempo, le elezioni rischiano di slittare.
E infatti: la data delle elezioni si avvicina e – in assenza del parere, sebbene lo Statuto dell’Aci prevedesse le elezioni, – si giunge alla scadenza del mandato per l’intero consiglio generale.
Come dire: la democrazia interna, il diritto dei soci a eleggere i propri rappresentanti, si sospende d’incanto.
Il 16 dicembre 2010, l’Aci modifica alcuni articoli dello Statuto, e differisce a marzo 2012 la scadenza del Consiglio generale: una proroga di ben 14 mesi.
La delibera viene trasmessa al Gabinetto del Ministro Brambilla. E qui viene il bello.
Il gabinetto del ministro istruisce la pratica per un decreto di approvazione.
È la stessa presidenza del Consiglio a scrivere, nella lettera indirizzata a Nolè, che “il Gabinetto dell’Onorevole Ministro ha seguito direttamente la vicenda predisponendo i relativi atti”.
Sappiamo quindi, da una fonte ufficiale, che questa vicenda è stata seguita direttamente dal ministro. Ecco come.
Negli atti del ministero si legge che l’Aci ha modificato gli articoli 6, 13 e 18 dello Statuto.
Con questa modifica, in teoria, si sarebbe sanata una grave irregolarità , l’omesso svolgimento delle elezioni. A mettere un sigillo sull’operazione, arriva il decreto, istruito dal gabinetto della Brambilla che, da vigilante sull’Aci, firma l’atto il 23 dicembre 2010. Per essere una “vigilanza”, c’è qualche distrazione di troppo, visto che il testo degli articoli 13 e 18 del vigente Statuto, approvato con decreto 23 dicembre 2010, è identico al testo precedente .
Le modifiche riguardavano gli articoli 12 e 19, che nel decreto non vengono neanche menzionati.
Se non bastasse, bisogna ricordare che un decreto, per essere efficace, deve essere pubblicato.
Ebbene: dal 23 dicembre a oggi, sulla Gazzetta Ufficiale, di quel decreto non c’è traccia, dunque è tuttora inefficace. ma c’è di più: l’Aci lo mette sul proprio sito web e – addirittura – dichiara che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 2011. Falso.
Eppure l’Aci è tenuta a rispettare le norme sulla trasparenza degli atti.
E il ministero dovrebbe vigilare sulla sua correttezza. Non è ancora tutto.
Il fantomatico decreto viene utilizzato, ufficialmente, in un altro atto pubblico: il 27 giugno, l’Aci, lo utilizza per difendersi, in una vertenza con l’Agcm. Un decreto che, di fatto, non c’è, ma nessuno fa una piega.
Tanto meno la Brambilla.
E ancora: Se il decreto non è efficace, gli organi Aci – che continuano a lavorare senza essere stati eletti – dovrebbero essere decaduti. Se così fosse, l’ente dovrebbe essere commissariata.
Da chi? Sempre dalla Brambilla, che però ha avallato tutta l’operazione, con il suo decreto, scritto sì, ma inefficace.
A questo punto non si capisce chi controlla chi.
Neanche i parlamentari possono controllare la situazione. Da mesi, il senatore dell’Idv Felice Belisario, chiede un chiarimento al governo, ma dalla Brambilla, nonostante diverse interrogazioni parlamentari, non è mai arrivata una risposta. Nel frattempo è arrivata la risposta del Consiglio di Stato che, a luglio, ha emesso il proprio parere.
Il parere non sposta di una virgola il pasticcio del decreto non pubblicato. Ma almeno offre un indirizzo: la riduzione degli organi – quindi l’applicazione dell’art.6 comma 5 del decreto legge 78/2010 – per l’Aci può anche non essere applicata, in quanto facendo parte del Coni, risponde alle regole delle federazioni sportive.
A dirla tutta, le categorie sportive dell’automobilismo riconosciute non costituiscono, con i loro rappresentanti, il Consiglio Generale ed il Comitato Esecutivo della propria federazione sportiva Aci.
Il Consiglio di Stato, però, aggiunge un altro “dettaglio”: le cariche collegiali e monocratiche degli enti pubblici devono essere ricoperte a titolo onorifico: non può essere erogata alcuna indennità di carica.
Se l’interpretazione venisse accolta, il Presidente dell’Aci non potrebbe più percepire l’indennità da circa 300 mila euro, i tre Vicepresidenti quella da 100 mila annui, ma nè l’Aci, nè la Brambilla, a questa parte del parere, sebbene ufficialmente chiesto al Consiglio di Stato, hanno mai mostrato alcun interesse.
Tutto è rimasto com’era.
Antonio Massari
da (“il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 24th, 2011 Riccardo Fucile
A VILLA REALE VA IN ONDA LA “SCEMEGGIATA” DELL’APERTURA DELLE SEDI DISTACCATE DI ALCUNI MINISTERI, FUORI ESPLODE LA CONTESTAZIONE AL GRIDO DI “BUFFONI”…L’EX SOCIALE ALEMANNO ORA SI INDIGNA, QUELLI DI “NOI SUD” PRETENDONO MINISTERI ANCHE IN MERIDIONE, MARONI DISERTA… APPESE ALLE PARETI LE FOTO DI NAPOLITANO E DEL SENATUR DI 20 ANNI FA
Eccoli qui i ministeri spostati al nord, dopo i tanti proclami e le mille polemiche .
Piccole sedi distaccate, intendiamoci, dei dicasteri dell’Economia, della Semplificazione Normativa e delle Riforme.
Gli uffici, con tanto di targhe, li hanno inaugurati stamani all’interno di un’ala della Villa Reale di Monza.
Mentre il ministro Michela Vittoria Brambilla ha annunciato, presto, anche una sede distaccata del Turismo.
Bandiera dell’Unione Europea, tricolore e crocifisso e, appese alle pareti, la foto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quella di Umberto Bossi anni ’80 pre-corna e la statua di Alberto da Giussano.
Centocinquanta metri quadrati, quattro uffici, destinazione “pensatoio” per rilanciare l’economia.
Ecco il tanto atteso decentramento ministeriale, fiore all’occhiello della Lega di fronte alla base.
Niente computer nè telefono per il momento.
Si tratta di spazi adibiti ad uffici a cui i cittadini si potranno rivolgere per comunicare con i governo “senza fare chilometri per niente”, come ha precisato il sindaco di Monza Marco Mariani.
Prima di varcare la porta delle sedi, il ministro delle Riforme Umberto Bossi, ha parlato ai giornalisti e ai presenti, stretto attorno ai colleghi Roberto Calderoli, Michela Brambilla e Giulio Tremonti.
Presenti alla cerimonia anche alcuni rappresentanti delle istituzioni tra cui Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte, Davide Boni e Andrea Gibelli, in rappresentanza della Regione Lombardia.
“Le scrivanie le abbiamo pagate di tasca nostra”, ha sottolineato Calderoli. “Sono costate circa 340 euro l’una” (da una ditta di Catania…n.d.r.).
In entrambe le stanze destinate a Bossi e allo stesso Claderoli, sono stati attaccati alcuni arazzi e quadri che raffigurano il giuramento di Pontida e la battaglia di Legnano, momenti-icona del movimento oltre al Tricolore, alla bandiera dell’Unione Europea e alle foto del leader del Carroccio.
Gli uffici saranno operativi a partire dal mese di settembre, ma i cittadini, uniti al Pd e all’Udc lombardo, non hanno atteso quella data per protestare con manifesti, fischi e cori: “No ai ministeri, è una buffonata”.
Anche il sindaco Alemanno è furibondo, ma non è certo il solo.
Arturo Iannaccone, leader di Noi Sud e deputato di Popolo e Territorio, va giù pesante.
“Dopo l’apertura a Monza degli uffici distaccati dei ministeri, abbiamo avuto la conferma di un esecutivo succube della Lega. Nei prossimi giorni ci aspettiamo un segnale chiaro dal Governo con l’individuazione al sud di quattro sedi distaccate dei ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, del Turismo e delle Politiche Agricole”.
Commenta il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa: “Gli italiani sono costretti ad assistere all’intollerabile inconcludenza di questo Governo, impegnato solo a litigare al suo interno e a produrre pagliacciate questa”.
I più contenti saranno i monzesi che ora sanno dover poter portare a pisciare il cane.
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Giugno 22nd, 2011 Riccardo Fucile
E ANCHE BRIATORE COMMENTA: “INCREDIBILE CHE SILVIO ABBIA POTUTO FARE SOTTOSEGRETERIA LA SANTANCHE”… QUANDO A TAVOLA FELTRI PARLAVA MALISSIMO DI BERLUSCONI
Luigi Bisignani i giudizi non se li risparmiava.
E spesso diceva quello che pensa anche in modo crudo.
Questo è quanto si può, al minimo, dire leggendo le intercettazioni pubblicate oggi da Repubblica nelle quali il faccendiere discute di tutti i maggiori personaggi che ruotano intorno alla politica italiana.
Cominciamo da Michela Vittoria Brambilla:
Bisignani parla con suo figlio, Renato, che ha passato la giornata all’autodromo per il Gran Premio di Monza.
È il 12 settembre 2010. Bisignani jr racconta di essersi presentato alla Gelmini come «il figlio di Luigi».
Il ministro dell’Istruzione, «carina», si è subito interessata, Renato riporta le sue parole: «Peccato che suo padre non me l’ha detto, se l’avessi saputo mi sarei preso io cura di lei, le avrei fatto fare un giro».
Bisignani jr continua: c’era « il figlio di Ignazio (probabilmente la Russa) non mi sono azzardato a salutarlo perchè non mi piace per niente».
Il padre chiede: «E invece Ignazio non c’era? ». Renato risponde di no e prosegue con il gossip: «La conosci la ministra rossa, quella del turismo?».
Bisignani senior: «No, è una stronza, brutta, un mostro, mignotta come poche, la più mignotta di tutte».
Niente a che vedere con la Gelmini, secondo il figlio: «Invece Stella, devo dire, veramente carina». Il faccendiere concorda: «Mi ha mandato il messaggio prima di te, pensa. Subito me l’ha mandato!».
C’è spazio anche per Daniela Santanchè:
Il sottosegretario Pdl è infatti un personaggio fisso del sistema Bisignani.
Per questo torna spesso nelle intercettazioni. Specialmente in quelle con Briatore, amico sia di “Gigi” sia di Daniela.
Il 18 agosto, dopo aver definito l’Italia «un paese senza timoniere», Briatore dice: «Guarda io la conosco da 30 anni, lei anche se fa una roba per te, la fa in funzione che te un giorno fai il doppio per lei (…) Quello che mi fa strano è che il presidente l’ha messa lì».
Ciò che colpisce gli inquirenti è la capacità “informativa” di Bisignani: «Te la racconto io quella storia lì… E tutto il casino che è stato fatto perchè lei andasse lì».
La telefonata ha un finale sentimentale, Briatore: «Adesso con Sallusti è ufficiale, la roba». Bisignani sempre informatissimo: «Che poi lì si incazza Feltri come una pantera di sta cosa».
Con “il Giornale”, Bisignani ha un rapporto altalenante.
Nel pieno della campagna su Fini e la casa di Montecarlo, di cui non gradisce la virulenza e teme gli esiti politici, dice: «Ne abbiamo due o tre da zittire».
E il 9 agosto 2010, del “Giornale” e del suo direttore in quei giorni, Vittorio Feltri (tornerà a “Libero” due mesi dopo), discute con Enrico Cisnetto, editorialista del quotidiano. «Lui ha in testa di candidarsi in politica appena Berlusconi schioda», dice Cisnetto.
«Secondo me — aggiunge — alcuni passaggi che lui (Feltri ndr.) fa sono pienamente finalizzati a creare problemi a Berlusconi, perchè poi, quando si è messo a tavola a parlare di Berlusconi, ne parlava talmente male… Se avessi avuto un registratore, mandavo la cassetta al Cavaliere. Sarebbe svenuto. Cosa non ha detto».
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Giugno 1st, 2011 Riccardo Fucile
LA LEGA HA CHIESTO AL PREMIER DI ANNUNCIARE DA SUBITO CHE NON SI RICANDIDERA’…LA REPLICA: “NON MOLLO, E ORA TREMONTI DEVE ALLARGARE I CORDONI DELLA BORSA”
“Troppi impegni per il mio funerale», si finge allegro il premier, «per cui ho dovuto rimandarlo…».
La battuta è rivolta a quanti profitterebbero volentieri del suo «momento no» per sfilargli il patrimonio politico.
Berlusconi resiste, e addirittura sfida gli aspiranti eredi.
Che in questo caso non sono i figli accorsi a Roma per consolarlo della sberla elettorale e delle altre (giudiziarie) in arrivo, ma sono anzitutto Tremonti e la Lega.
I due «asset» che fanno gola sono il partito e il governo.
Silvio-Paperone non intende rinunciare nè all’uno nè all’altro. Se li vuole tenere ben stretti entrambi. Anzi, più i pretendenti si fanno avanti convinti di cogliere l’attimo, più lui s’ntigna; le pressioni per fargli mollare l’osso stanno producendo (finora) l’effetto contrario.
Ne sa qualcosa il super-ministro dell’Economia, al quale Berlusconi ha rivolto una battuta plateale e sgarbata, un modo pubblico di metterlo in riga («Non è Tremonti che decide sulla riforma del Fisco»).
Sono seguiti momenti di tensione che una nota serale del premier tenta di stemperare. Non sarebbe in fondo la prima volta che Tremonti minaccia di prendere cappello e di andarsene.
E d’altra parte, come poteva passare inosservato, ieri mattina a Palazzo Chigi, quel piccolo corteo che vedeva in testa Bossi, dietro di lui Calderoli e Maroni, in fondo al gruppo Tremonti?
Poi il Senatùr se n’è andato e gli altri si sono chiusi in un salottino. Qualcuno assicura che Berlusconi sia stato contattato via telefono mentre tornava da Bucarest, ma il dettaglio ha relativa importanza perchè è come se Silvio fosse stato presente all’incontro nella persona di Gianni Letta, suo «alter ego».
Fonti dirette raccontano che al Cavaliere viene sollecitato un passo indietro.
Non domattina, ma quando si chiuderà la XVI legislatura.
In pratica a Berlusconi si chiede di annunciare, solennemente e fin d’ora, che non si ricandiderà come premier per fare largo al futuro.
E chi prenderebbe il suo posto? La persona ideale sarebbe Tremonti, è saltato fuori nel pourparler.
Al quale Tremonti il capo del governo dovrebbe conferire da subito un ruolo tale da spazzar via ogni dubbio sulla successione: di vice-premier unico o, più probabilmente, in tandem con Calderoli (pare che Maroni non sia interessato).
Questo è ciò che narra l’altissima fonte governativa.
Aggiungendo dettagli sapidi sulla reazione berlusconiana. Tutt’altro che disponibile. Anzi, decisamente stizzita.
«Annunciare adesso la data del mio ritiro? Non ci penso nemmeno. Quando dovrà esserci il cambio sarò io a deciderlo, non lo stabilirà nessun altro», è il leitmotiv del Cavaliere.
Bossi gli ha giurato al telefono che lui non ne sapeva nulla, che nessun tentativo di golpe è stato autorizzato «contro il mio amico Silvio».
Comunque «la Lega mi ha chiesto un faccia-a-faccia lunedì prossimo, vedremo se in quella sede avranno il coraggio di sollevare formalmente la questione dei vice-premier», è la confidenza serale concessa da Berlusconi a chi chiedeva lumi.
Per Berlusconi tutto dovrebbe restare così. Le elezioni sono state un tonfo, ma perchè cambiare?
«Adesso facciamo la riforma del fisco, recuperiamo consensi e vedrete che l’entusiasmo della sinistra si sgonfierà ».
Di allargare la maggioranza a Casini non avverte il bisogno, «i numeri in Parlamento li abbiamo», e poi l’Udc si porterebbe dietro Fini, «piuttosto morto» fa gli scongiuri il premier.
Che in apparenza sembra più flessibile sul partito, più disposto a mescolare lì le carte.
Forte in queste ore è la spinta per conferire l’eredità Pdl ad Alfano.
Il ministro della Giustizia lascerebbe la poltrona a Lupi per diventare segretario politico.
Verrebbe affiancato dai due attuali coordinatori (il terzo, Bondi, si è dimesso). Verdini avrebbe mansioni organizzative, per La Russa verrebbe individuata una competenza «ad hoc».
Nascerebbe una specie di direttorio con dentro tutte le anime del partito.
Tifano per Alfano quasi tutti i quarantenni che Berlusconi creò a sua immagine e somiglianza. Tra i fautori più convinti spicca Michela Vittoria Brambilla, che diversamente da altri ha il «know-how» della presenza sul territorio.
Ma pure la Gelmini, spesso descritta in competizione col «gemello» Alfano, è dalla parte sua. Idem Frattini e l’intero gruppo di LiberaMente.
Correva voce di un «no» della vecchia guardia, preoccupata del salto generazionale.
In realtà sono d’accordo Cicchitto (che ha peso notevole nel «politburo» berlusconiano) e Quagliariello; danno via libera Augello, Matteoli e Alemanno; non si mette di traverso Formigoni, nonostante coltivi ambizioni sconfinate in proprio. Insomma, in apparenza tutti d’accordo tranne Verdini.
Il quale si sente scavalcato e tradito, lui che ha salvato il governo con la campagna acquisti dei Responsabili.
E molti temono che Berlusconi farà leva proprio su Verdini per stoppare l’«intifada». Resistere, resistere, resistere…
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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