Giugno 4th, 2019 Riccardo Fucile
L”APPELLO DI CASINI: “EVITIAMO CHE GLI IRRESPONSABILI AL GOVERNO PORTINO L’ITALIA VERSO LA ROVINA”
C’è spazio al centro per i moderati e Matteo Renzi può riempirlo. Questo il senso dell’intervista di Pier Ferdinando Casini al Messaggero, in cui chiede una reazione per “evitare che gli irresponsabili al Governo portino l’Italia verso la rovina e che l’ondata di demagogia e pressappochismo travolga tutto”.
Per fare questo “noi dobbiamo coprire lo spazio immenso che si è creato al centro”, dice l’ex presidente della Camera, secondo cui è ora che i “moderati si mettano al lavoro per occupare questo spazio. Che nel Paese vale più del 10%”
“Io giro l’Italia e c’è tanta gente che chiede ai moderati di rimettersi in marcia – afferma -. Forza Italia ondeggia ormai tra il vassallaggio a Salvini e la voglia di rinascere facendo qualcosa di più decoroso. Nel Pd Zingaretti sta facendo un lavoro serio, che non sottovaluto. Ma ci sono tanti elettori che il Pd non lo votano”.
Guarda a Matteo Renzi? “Non so se Renzi ci sarà o meno, lo chiarirà lui. Però l’ex segretario del Pd è uno di quelli in grado di parlare ai moderati. Come Calenda, come molti che sono in +Europa, penso tra gli altri a Bruno Tabacci”. E anche in Forza Italia: “Nel gruppo dirigente di FI c’è chi non accetta di morire salviniano”.
(da agenzie)
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Gennaio 19th, 2018 Riccardo Fucile
CASINI CANDIDATO A BOLOGNA PER IL PD: RIUSCIRA’ LA DOTTA A REGGERE LA PORTATA RIVOLUZIONARIA DELL’EVENTO?
«Ho due figli, uno bello e uno intelligente», era solito dire il famoso rappresentante della corrente dorotea della Democrazia Cristiana sinistra extraparlamentare Antonio Bisaglia riferendosi a Pierferdinando Casini e Marco Follini.
Un giudizio sostanzialmente troppo severo perchè Follini alla fin fine non si è dimostrato tutta questa gran mente, se come cartina di tornasole dovessimo prendere la capacità di durare in politica.
La candidatura di Pierferdinando Casini a Bologna con il Partito Democratico invece dimostra che per lui il tempo è una bazzecola, un apostrofo rosa tra le parole dittatura e proletariato.
Per questo oggi non sorprende che Casini, lasciando indietro per un attimo i suoi studi sul materialismo storico di Labriola, scenda in campo per rappresentare le istanze del Sol dell’Avvenir in quel di Bologna.
Si tratta infatti della naturale conclusione di un percorso cristallino e sempre dalla parte dei lavoratori, delle loro necessità e dei loro bisogni.
Dopo la laurea in giurisprudenza diventa prima consigliere comunale e poi deputato proprio a Bologna, avvicinandosi al noto leader DC della sinistra Arnaldo Forlani, che lo inserirà nella direzione nazionale.
Nel 1993, quando leader del suo partito diventa il moderato Mino Martinazzoli, Pierferdinando Casini non accetta la svolta e propugna invece l’alleanza con veri comunisti come Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Umberto Bossi finchè alla fine non lascia e forma il Centro Comunista Democratico (CCD), scegliendo però di lavorare per l’affermazione del socialismo al Parlamento Europeo perchè il proletariato non ha nazione, internazionalismo, rivoluzione!
Nel 2001, sulle orme di Nilde Iotti e dopo la vittoria della sua coalizione, diventa presidente della Camera e l’anno dopo contribuisce alla nascita dell’Unione dei Comunisti (UDC) che tuttavia entra in rotta di collisione con gli altri leader, nel frattempo diventati troppo moderati per i suoi gusti.
Nel 2008 decide di correre da solo alle elezioni: il successivo, modesto risultato gli consente comunque di diventare l’ago della bilancia della politica italiana e di continuare a spostarne coerentemente l’asse a sinistra.
E così ecco il suo appoggio al governo del professor Mario Monti, noto intellettuale di sinistra, mentre nel frattempo si sposa con e divorzia da Azzurra Caltagirone, figlia del noto imprenditore filantropo e amico del popolo Francesco Gaetano.
Il resto è cronaca. Casini appoggia il governo Letta, con l’obiettivo programmatico della socializzazione dei mezzi di produzione e accetta a malincuore, lui così restìo ad accettare poltrone, la presidenza della Commissione Esteri, della quale si pone alla guida con piglio deciso e attenzione ai problemi del proletariato internazionale.
Appoggia anche il governo Renzi, del quale apprezza il Marx Act per il miglioramento e la stabilizzazione delle condizioni dei lavoratori italiani.
Il suo fidato Gian Luca Galletti diventa ministro dell’Ambiente, venendo poi confermato nel governo di Paolo Gentiloni, già esponente del Movimento Lavoratori per il Socialismo (MLS), gruppo maoista di cui era segretario regionale per il Lazio (questa è vera, ndr). Pierferdinando Casini lascia l’UDC e fonda i Comunisti per l’Italia e per l’Europa, diventando successivamente presidente della Commissione Banche, la cui conduzione ferma e decisa oltre che chiaramente a favore del popolo gli spalanca le porte della candidatura a Bologna.
Ora la parola passa alla Dotta: sarà in grado di reggere la portata rivoluzionaria di Casini o preferirà ritirarsi nell’individualismo borghese che l’ha funestata?
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 23rd, 2017 Riccardo Fucile
“IL VERO DANNO ALLA FIGLIA L’HA FATTO IL PADRE”
Per Casini è una caccia alle streghe. “Non sarebbe stato meglio convocare Carrai sulla sua mail a Ghizzoni? “Sono problemi che riguardano un imprenditore e un banchiere, non la Commissione”.
E il comportamento di Maria Elena Boschi, secondo lei, è una pressione? “Le pressioni sono state smentite dallo stesso Ghizzoni”. Risponde così il presidente della Commissione Banche Pier Ferdinando Casini, intervistato dal Corriere della Sera.
Un ministro che si interessa a una banca non è, di per sè, una pressione?
“Ghizzoni non è mica psicolabile. E poi un politico che non si interessa a una banca che rischia di lasciare nei guai migliaia di cittadini e un territorio intero non fa bene il suo lavoro”, afferma Casini, secondo cui “il vero danno alla figlia l’ha fatto il padre”.
“Mi pare – aggiunge – che oramai siamo alla caccia alle streghe. Ora le contestano anche i viaggi come ministro: se si facessero le pulci così a tutti i politici non ne sopravvivrebbe nemmeno uno”.
“I rischi da me paventati si sono dimostrati profetici: le ventate della campagna elettorale sono entrate prepotentemente in Commissione”, ora, avverte “molto dipende dalle indicazioni che riusciremo a dare al legislatore con la relazione finale.
Credo che alcuni temi siano già scolpiti nella pietra: l’opportunità di creare una magistratura specializzata in materia finanziaria, l’eccessiva pluralità di organismi vigilanti e autorità che emanano normative nel settore, una comunicazione più trasparente tra banche e clienti e, soprattutto, un rapporto più fluido tra gli organi di vigilanza, perchè tra Banca d’Italia e Consob non tutto ha funzionato come doveva”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
“E’ UNA COMMISSIONE INUTILE E DEMAGOGICA”, PER QUESTO NE E’ IL PRESIDENTE
“Un impasto di demagogia e pressappochismo che, al di là delle migliori intenzioni, non produrrà nulla di buono per le istituzioni”: così Pierferdinando Casini giudicava la commissione sulle banche qualche tempo fa.
Viste le premesse, non suona strano che sia stato proprio lui ad essere nominato a capo della commissione che avrà il compito di guidare l’inchiesta parlamentare sugli istituti di credito.
Marco Palombi racconta l’eterno ritorno dell’ex presidente della Camera berlusconiano così:
Il compito affidato alla potestà , alla canizie, alla consumata esperienza del nostro è, in sostanza, quello che il Conte zio dava al Padre provinciale nei Promessi sposi:“Sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire”. E, se ci scappa, permettere ai seguaci del segretario dem di dare qualche colpetto ai nemici. Scrive, non senza ragioni, il blog di Beppe Grillo: “Lui, amico di Cesare Geronzi, genero del banchiere Francesco Gaetano Caltagirone, socio della Fondazione Carisbo, azionista di Intesa, indirizzerà i lavori: è un atto di guerra al Paese reale”.
Ma il più cattivo nel riepilogare le molte virtù di Pierferdy è Filippo Ceccarelli su Repubblica:
È difficile riepilogare 40 anni e rotti di presenza sulla scena pubblica. Ma già la longevità e ancor più l’adattabilità del personaggio, specie al cospetto dell’odierna e degradata classe politica, spiegano come il personaggio sia ritenuto buono per qualche incarico e per qualche poltroncina; soprattutto quando occorre smussare, prendere e perdere tempo, inventarsi soluzioni che scontentino quante meno persone possibili. Questa sua attitudine arrivò addirittura a farlo ballare per 24 ore come possibile successore di Napolitano. O almeno: lo voleva Alfano, altro democristoide ma più giovane e sprovveduto, al posto di Mattarella.
Ma Casini, il cui marcato accento bolognese fa suonare i suoi toni sempre un po’ più enfatici ed accalorati del dovuto, lo dissuase: «Ma dà i, Angelino, che non ce la facciamo, credimi, è meglio così, io sono contento perchè per un giorno la storia mi ha fatto una caressa, ma vedi che la candidatura Mattarella avanza come un treno, spostiamoci in tempo!».
Con Renzi va bene, al referendum Pierfurby ha votato Sì con la motivazione: «Bisogna dare una mano a questo ragazzo».
Con Berlusconi pure va bene, l’ha salutato di recente a Malta, a una riunione del Ppe: «Stai bene, vecchio mio!».
Ai suoi tempi Bossi non lo sopportava e infatti lo chiamò, fantasticamente: «Carugnit de l’uratori». Ma pure i leghisti sono cambiati.
La definizione più severa è del suo ex amico e democristiano (non democristoide), Marco Follini: «Esprime un rassicurante vuoto di pensiero che non dovrebbe accompagnarsi al pieno della sua prosopopea».
Insomma, un grande acquisto per la Commissione Banche Rotte.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 17th, 2017 Riccardo Fucile
“LA PARTE PIU’ ILLUMINATA DEL CENTRODESTRA NON SEGUA I BOATI. UNA VOLTA IL CENTRODESTRA AVEVA BEN ALTRA POSIZIONE”
“Il nostro paese invece di andare avanti torna indietro ed emerge la barbarie di chi sull’immigrazione vuole fare campagna elettorale”. Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, ora alla guida della commissione Esteri del Senato, centrista, invita ad approvare lo Ius soli: “Mi appello prima ancora che all’umanità all’intelligenza. La parte più illuminata del centrodestra non segua i boati”.
Casini, il centrodestra è compatto contro la cittadinanza ai figli di immigrati. Sbagliano?
“Quando ero presidente della Camera, eletto con i voti del centrodestra, mi schierai per lo Ius soli. E allora non ci furono boati da stadio contro. Anzi a più riprese molti si mostrarono disponibili a ragionare su un fatto di civiltà che non può essere spacciato come questione che riguarda l’invasione di migranti che da Lampedusa sta subendo il nostro paese. Qui stiamo parlando di legare a un comune destino e a un sentiment nazionale bambini che giocano coi nostri figli, che hanno la pelle di colore diverso ma che parlano il dialetto bolognese o quello milanese, che frequentano le nostre scuole, che si sono diplomati “.
Alfano, leader di un partito cattolico, ci sta ripensando, nonostante la Chiesa sia per dare diritti ai migranti?
“Io da tempo canto fuori dal coro, perchè non mi sento legato ad alcun partito che non siano le mie idee. Ritengo che tutti i dubbi siano comprensibili, ma si spiegano solo in chiave elettorale. Poichè negli ultimi anni il tema dell’immigrazione è diventato un tema su cui si vincono o si perdono le elezioni, però… “.
Però?
“Non ci rendiamo conto della realtà . La Lega che ha provocato il caos al Senato per anni ha gestito il ministero dell’Interno e il ministro leghista Roberto Maroni, che è persona seria, non ha applicato la ricetta di Salvini semplicemente perchè è inapplicabile, fatta solo per essere venduta nel supermarket della campagna elettorale, ma la stessa di Alfano e di Minniti”.
Dopo la zuffa nell’aula del Senato, il leghista Centinaio dice che il Carroccio si opporrà fino allo scontro fisico.
“Evocare lo scontro fisico ricorda lo squadrismo fascista. Abbiamo fatto tutti una pessima figura. Ma il punto è che dobbiamo rimane fermi alla questione e aprire gli occhi ai nostri concittadini: proprio se si vuole essere inflessibili contro criminalità e clandestinità , e occorre esserlo, tanto più bisogna fare delle differenze. Se fai di tutta l’erba un fascio, porti all’esasperazione una generazione che è integrata. Prima che all’umanità faccio appello all’intelligenza. La legge sullo Ius soli è peraltro una norma di Ius soli temperato dallo Ius culturae, scolastico “.
Va approvata In fretta e con la fiducia?
“Siamo già in ritardo. Però ci vuole ampio dibattito. Ma certo non ci si può fare impastoiare dall’ostruzionismo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 11th, 2017 Riccardo Fucile
MOLTO SUD E TANTE VECCHIE GLORIE… E IL MINISTRO GALLETTI FA IL CARLO CONTI
Sarà il clima sanremese, ma a un certo punto Pier Ferdinando Casini decide di continuare il suo intervento seduto sulle scale, alla Maria De Filippi.
Look casual, in maglione blu e senza cravatta, preferisce non parlare dal podio ma camminare avanti e dietro sul palco, con il microfono in mano.
“Non ho incarichi e non li voglio”, dice, definendosi un iscritto qualsiasi che ha giusto qualche suggerimento da dare.
Di fatto, però, è lui il padre di “Centristi per l’Europa”, il nuovo movimento che è stato battezzato oggi al teatro Quirino di Roma e che nasce dalla costola del’Udc, dopo il divorzio con Lorenzo Cesa sul sostegno al referendum del 4 dicembre.
Sala piena, clima sobrio, molto Sud in platea e qualche striscione, come quello della delegazione di Bronte, “la città del pistacchio”, si precisa per i meno avvezzi.
Con Casini in questo progetto c’è Giampiero D’Alia, a cui viene affidato il ruolo di coordinatore, e il ministro Gianluca Galletti che per l’occasione fa il bravo presentatore (“Faccio un po’ il Carlo Conti della situazione”, scherza).
Il simbolo non è stato ancora depositato ma dovrebbe essere in campo già alle prossime amministrative.
C’è un concetto, però, che ripetono tutti, a scanso di equivoci: “Nessuna intenzione di fare un nuovo partitino”.
“Noi — spiega il ministro dell’Ambiente – siamo qui con un’ambizione molto più grande, quella di riunire tutti i moderati italiani sotto una stessa casa”.
Aggiunge D’Alia: “Noi vogliamo costruire un partito insieme ad altri che la pensano come noi, che hanno la stessa visione di società . E’ un percorso che è all’inizio”. “Questo movimento può essere un lievito”, è invece l’immagine scelta da Casini.
Tuttavia, nessuno dei possibili interlocutori (Ncd, Idea, Popolari per l’Italia, Scelta civica, Ala) è in platea ad ascoltare come nasce questa nuova creatura e, soprattutto, cosa vuole diventare da grande.
Ci sono invece vecchie guardie come Francesco D’Onofrio, o parlamentari con Ferdinando Adornato, i senatori Luigi Marino e Aldo Di Biagio.
Dovevano chiamarsi centristi per l’Italia, poi hanno deciso che il cuore della loro azione va cercato in Europa.
“Questo movimento — spiega Casini — nasce con un atto di sfida perchè oggi chiamare un movimento ‘per l’Europa’ significa essere dei pazzi considerando l’impopolarità dell’Europa”.
Il suo suggerimento, tuttavia, è quello di non parlare dell’Ue “in maniera retorica” perchè “i voti così non si prendono”.
“Il vostro compito — dice con un atteggiamento più da zio che da fondatore — è chiedere che ci sia una spinta profonda verso una nuova Europa” perchè ora si è di fronte a “un bivio”: “se va avanti si salva, ma se rimane ferma non può che andare indietro e a quel punto — osserva – non ce ne sarà per nessuno, neanche per la Francia e la Germania”.
Non a caso, dunque, la colonna sonora della mattinata è l’Inno alla gioia, che parte a mo’ di stacchetto ogni volta che cambia l’interlocutore sul palco.
Oltre ai big, prendono la parola anche una laureata di Salerno, il vice presidente dei giovani Popolari europei, un militante di Bergamo e il sindaco di Rosarno. Il suo è uno tra gli interventi più applauditi, soprattutto quando parla dell’emergenza immigrazione.
D’altra parte, è chiaro chi da questi parti è considerato il “nemico” politico: i populismi, l’antipolitica, Salvini e Meloni e, ovviamente il M5s.
Casini non le manda a dire, soprattutto al leader della Lega. “A vederlo in tv con i moon boot per far vedere che è stato nei luoghi del terremoto – attacca – fa venire il latte alle ginocchia. E’ un incompetente, ci fa rimpiangere Bossi. Quando dice usciamo dall’euro non sa di cosa parla”, “non ha ancora capito che sta lavorando per Grillo e che Grillo sarà l’unico che andrà all’incasso”.
E a proposito di M5s, pur rivendicando uno storico garantismo, Casini incalza anche sull’esperienza romana.
“Per le modalità con cui sta governando la Raggi, chiunque — sottolinea – sarebbe stato preso a calci nel sedere. Ma per la Raggi ci sono sempre giustificazioni”.
Ed è proprio per non far “risucchiare le forze moderate dall’estremismo”, come dice Galletti, che nasce “Centristi per l’Europa”.
“Deve nascere un movimento politico — afferma ancora più chiaramente l’ex presidente della Camera – per bloccare l’avanzata in Italia e in Europa del populismo, è necessario fare appello all’unità dei moderati, non è possibile che ci siano divisioni davanti a legioni di barbari che se vincono non ce ne sarà per nessuno”.
Se, tuttavia, sono molto chiari i nemici politici, meno chiaro e chi siano gli amici. Un’ambiguità che pare voluta, visto che Casini manda messaggi sia a Berlusconi da una parte che a Renzi dall’altra. Messaggio al Cavaliere: “Un partito come Forza Italia fino a qualche anno fa era al 30%, oggi è un successo se i sondaggi lo danno al 13” ed “è chiaro che se alla fine di tutte queste riflessioni Berlusconi andrà a fare le liste con Salvini vorrà dire che Salvini assume la leadership di quello che un giorno era il centrodestra”.
Messaggio al segretario del Pd: “Da Renzi voglio capire una cosa: se il Jobs Act lo ha fatto solo per promuovere la sua immagine tra i moderati o se questi contenuti li rinnega. Perchè se dovesse accettare di costruire una coalizione sbracata a sinistra” per esempio con Pisapia che quei provvedimenti li ha avversati, “vorrebbe dire che ci siamo sbagliati tutti e che Renzi adesso, in una situazione di oggettiva difficoltà , rifiuta l’alleanza con quei moderati che gli hanno fatto vincere le elezioni e va verso una deriva. Che Dio gliela mandi buona”.
L’idea, insomma, sembra essere quella di collocarsi al centro della scena politica e cercare di capire con chi sarà possibile dialogare nei prossimi mesi.
Certo, molto dipenderà dalla legge elettorale. Da queste parti hanno un’idea abbastanza precisa: “Serve il premio alla coalizione perchè — spiega Galletti – questo permetterà alla prossima legislatura di avere un elemento di governabilità indispensabile”.
Quanto al sistema proporzionale, Casini osserva: “Per anni abbiamo sempre sostenuto la proporzionale e arriva proprio adesso che i grandi partiti non ci sono più. E’ fuori tempo massimo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 4th, 2016 Riccardo Fucile
ALTRO CHE MODERATI: LE DIVISIONI TRA SI’ E NO SCATENA LA RISSA INTERNA
Il meno originale di tutti discute di scissione dell’atomo, qualche maligno sfiora l’insulto parlando di pidocchi con la tosse mentre invece chi conosce uomini e cose la definisce per quella che è: una guerra tra bande, magari piccole, ma pur sempre bande. È la faida interna all’Udc, il partito di Pierferdinando Casini, fedele alleato dei governi di Silvio Berlusconi che con Salvatore Cuffaro aveva in Sicilia il suo inesauribile granaio di voti.
Archiviata la stagione berlusconiana, con Cuffaro che entrava nel carcere di Rebibbia dopo la condanna definitiva per favoreggiamento alla mafia, ecco che l’Udc — o meglio quello che ne rimaneva — si è avvicinato al Pd, non mollando neanche per un secondo il suo posto al tavolo della maggioranza sia a Roma che a Palermo.
Ed è proprio tra Palermo e Roma che adesso va in onda la ferocissima guerra intestina tutta interna agli ultimi eredi dello Scudo crociato.
Dopo una battaglia a colpi di carte bollate, ieri il segretario Lorenzo Cesa ha deciso di sospendere e deferire ai probiviri Giampiero D’Alia, presidente del partito.
La faida esplosa con il referendum
Il motivo? Ufficialmente il segretario si è adirato per una dichiarazione in cui l’ex ministro sentenziava: “L’Udc? È morta, stiamo parlando del nulla”.
La classica goccia, dato che in realtà il piccolo partito di centro si è spaccato già mesi fa sull’altare delle riforme costituzionali.
A Roma Cesa e i suoi sono sicuri: voteranno No al referendum del 4 dicembre.
A Palermo D’Alia e i siciliani sono certissimi: voteranno Sì al referendum costituzionale, appoggiati in questa scelta dal padre nobile Casini.
Un approccio bipolare che — dopo settimane di dichiarazioni acide — ha prodotto alla fine l’extrema ratio e cioè la sospensione di D’Alia.
È a questo punto che i neo Dc siciliani hanno provato per una volta il piacere dell’estrema fronda.
Giovanni Ardizzone, solitamente misurato presidente dell’Assemblea regionale Siciliana, si è appellato ai religiosissimi Rocco Buttiglione e Paola Binetti, e poi ha metaforicamente incendiato la sagrestia. “Un partito che in Sicilia stringe rapporti con cocainomani e mafiosi sospende una persona per bene come D’Alia, senza vergogna alcuna. Dispiace il vostro assordante silenzio”.
I cocainomani e i mafiosi
A più di qualcuno saranno fischiate le orecchie, ma a chi si riferiva Ardizzone di preciso? Paola Binetti è imbarazzata: “Il collega Buttiglione ed io — dice — abbiamo scelto la strada del silenzio operativo, per schierarci non con questo o quel leader, ma per lavorare intensamente alla difesa dell’unità ”.
Silenzio operativo dunque, mentre a dettagliare le dichiarazioni di Ardizzone, arriva Adriano Frinchi, segretario siciliano dell’Udc: “Cesa è segretario dell’Udc dal 2005, praticamente da sempre, ma non ha mai preso posizioni così estreme come la sospensione e il deferimento ai probiviri per parlamentari coinvolti in vicende di droga o di mafia”.
Segretario, qualche nome? “Penso per esempio a Cosimo Mele, parlamentare coinvolto in note inchieste per droga, ma anche a Salvatore Cintola, ex assessore al Bilancio di Cuffaro, il cui nome era contenuto in altre indagini per spaccio di stupefacenti”.
L’ombra lunga di Cuffaro
E i mafiosi? Frinchi non si sottrae: “Cuffaro è stato mai deferito ai probiviri quand’era sotto processo? Non credo. Poi basta andare a guardare l’archivio di qualsiasi giornale per rendersi conto di tutti gli esponenti dell’Udc che in passato hanno avuto problemi simili senza che nessuno muovesse un dito”.
L’elenco in effetti è sterminato mentre un dito e anche qualcosa di più è stato mosso anche per Frinchi, eletto segretario dal congresso siciliano dell’Udc, ma non riconosciuto dai vertici nazionali, che hanno spedito sull’isola un commissario: il senatore Antonio De Poli.
“Insieme a lui — racconta Frinchi — hanno anche nominato un vice commissario, Ester Bonafede, che ha preso la tessera ad ottobre e la cui storia è nota a tutti”.
Ex assessore del governo Crocetta, Bonafede è infatti una cuffariana di strettissima osservanza: dietro la faida interna all’Udc si allunga dunque l’ombra di Totò Vasa-Vasa (bacia-bacia, per la sua attitudine a baciare qualsiasi cosa fosse a portata di smack)?
“Abbiamo avuto sentore che ci siano stati movimenti di questo tipo — racconta Frinchi — Nei territori, nelle province, quelli di Cuffaro sono di nuovo operativi. Per loro l’Udc è un contenitore appetibile”. È in questo modo, quindi, che deve essere letta l’operazione di Cesa? Un allontanamento dal centrosinistra per poi riportare l’Udc in mano a Cuffaro?
L’ex governatore: “E’ D’Alia che fa gli accordi col Pd”
Il diretto interessato, manco a dirlo, smentisce.
“D’Alia — dice — mi cita come alla guida di una corrente e interprete di una linea politica: nulla di più falso, come sanno anche le pietre”.
L’ex governatore ribadisce “per l’ennesima volta che non faccio, nè potrei fare politica attiva: sono interdetto dai pubblici uffici. Su una cosa però sono completamente d’accordo con Gianpiero D’Alia — dice sarcastico l’ex governatore, tornato libero nel dicembre del 2015 dopo cinque anni di carcere — Quando afferma che con lui l’Udc è al governo nazionale e regionale con il Pd e che è con Crocetta dal 2012, in quanto sostenitore della maggioranza di governo alla Regione. È vero, le cose stanno così: è stato proprio D’Alia a volere Crocetta alla presidenza della Regione e i siciliani non solo lo sanno bene, ma se ne ricorderanno al momento giusto”.
D’Alia: “Cuffaro resti pure con la famiglia Addams del centrodestra”
Parole che per D’Alia, però, suonano come una conferma.
“Devo ritenere — dice l’ex ministro — che le affermazioni di Cuffaro non siano frutto di casualità , visto che in Sicilia nulla accade per caso neanche il 2 novembre e soprattutto sembrano confermare un suo impegno politico, una vera e propria militanza. Ma questi sono affari suoi e dei suoi amici della famiglia Addams del centrodestra siciliano alla quale da ieri si è aggregato un altro poveretto da Arcinazzo”, che sarebbe poi il comune laziale da dove proviene Cesa.
“Su di una cosa — continua sempre D’Alia — posso convenire con Cuffaro: la sfiga dei siciliani nella scelta dei presidenti di Regione degli ultimi 15 anni almeno”.
Presidenti sempre espressi o appoggiati dall’Udc, che potrà anche implodere ma non abbandonerà mai una solida postazione nella maggioranza di governo.
Qualsiasi esso sia.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 27th, 2015 Riccardo Fucile
I REVISORI DEI CONTI: “IN DUBBIO LA SOPRAVVIVENZA DEL PARTITO”
Conti in profondo rosso, l’Udc rischia di scomparire.
Il partito del presidente della Commissione Esteri del Senato Pierferdinando Casini è sull’orlo del baratro.
Ne dà conto Paolo Bracalini sul Giornale, che riporta quanto ha scritto la società di revisione dei conti dell’Udc, la Moore Stephens: “Tale circostanza indica l’esistenza di una incertezza rilevante che può far sorgere dubbi significativi sulla continuità aziendale del Partito”.
La “circostanza” sarebbe il buco nel bilancio del partito da due milioni.
Scrive il Giornale:
Non solo si è prosciugato il rubinetto dei contributi statali, da più di 4,6 milioni nel 2013 a 31mila euro, spiccioli.
Ma il partito di Casini sembra aver perso anche l’appoggio dei munifici amici che lo avevano sponsorizzato negli anni precedenti.
Le «contribuzioni liberali» per Casini and company nell’ultimo anno si sono drasticamente ridotte, dal milione mezzo di euro dell’anno prima (tra donazioni di persone fisiche e aziende) ai miseri 57mila euro del 2014, più o meno i soldi versati dagli stessi eletti dell’Udc tra Parlamento e consigli regionali.
Non arriva più il solito assegno a sei cifre da Francesco Gaetano Caltagirone, suocero di Casini e storico finanziatore dell’Udc.
Si dice che il costruttore abbia altri passioni politiche al momento (simpatie renziane, e poi Alfio Marchini per il Campidoglio).
Il segretario Udc Lorenzo Cesa non si scompone più di tanto: “Tutti i partiti sono destinati a fallire. Senza i contributi dello Stato, ormai, nessuno riesce più a tenersi in piedi”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 29th, 2015 Riccardo Fucile
RITORNANO I FANTASMI DC… L’ACCORDO SAREBBE QUELLO DI “BRUCIARE MATTARELLA” E ALLA SESTA VOTAZIONE ELEGGERE IL CENTRISTA
E se lo stallo nascondesse il pacco del Nazareno?
Il sospetto diventa feroce con il passare dei minuti. Matteo Renzi sta incontrando i capigruppo del Pd e alla Camera è l’ora del surplace.
Amato e Mattarella sono appaiati, in un tempo sospeso, entrambi votati alla sconfitta. Ed è a questo punto che un ex ministro berlusconiano decide di vivacizzare il deserto dei tartari di Montecitorio e racconta una storia.
“Adesso vi spiego come stanno le cose”. È infervorato, impaziente, incazzato. La notizia che Pierferdinando Casini, imbolsito leader del piccolo centro, marito di Azzurra Caltagirone, è stato ricevuto a Palazzo Chigi è passata quasi inosservata.
Perchè è Casini il protagonista della storia.
Il senatore democristiano, sotto le insegne di Udc più Ncd, fa tuttora parte della rosa che piace a Berlusconi. Non solo Amato, quindi.
Di più, il candidato moderato è lui. “Non fatevi depistare da quei due, hanno un accordo di massima su Casini ed è solo questione di tempo, dopo la quarta votazione”. Casini? Possibile? E tutti gli altri?
Le rivelazioni dell’ex ministro sembrano marziane, cioè provenienti da Marte.
“A dicembre si sono incontrati Lotti, Guerini e Romani. Tutto è cominciato lì. Nella loro discussione Casini ha avuto da subito il profilo migliore, il più affidabile e solido per il patto del Nazareno e di tutto quel che ne consegue”.
Ossia garantire l’agibilità politica a Silvio decaduto dal Parlamento.
Oggi tutti i riflettori, le telecamere, i registratori, gli smarphone sono puntati sul catafalco di Montecitorio, come viene chiamata la cabina elettorale per i grandi elettori del capo dello Stato.
Ma è proprio in questi momenti, con lucidità e calma, che bisogna appuntarsi una data: 20 febbraio.
Il giorno in cui il governo riprenderà la delega fiscale con il decreto che salva Berlusconi con la fatidica norma del 3 per cento per condonare gli evasori fiscali. Ecco, il punto.
Al Quirinale chi avrà il quintale di peli sullo stomaco necessario per firmare una robaccia del genere? Risposta dell’ex ministro: “Casini è l’unico”.
Continua: “Renzi ha chiarito con Berlusconi che Pier non può essere però digeribile alla quarta votazione. Il Pd non capirebbe mai. Prima bisogna creare le condizioni per lo stallo e poi aspettare”.
In questa chiave, la candidatura di Casini diventa più di una suggestione. Del resto, i due soci del patto del Nazareno hanno sinora depistato e creato solo confusione.
Così lo stallo di ieri diventa una pantomima per far finta di piegarsi a vicenda con il gioco dei veti.
Poi il nome di Casini potrebbe essere gettato sul tavolo nella fase decisiva. Forse sabato. Addirittura all’inizio della prossima settimana.
Diciamo dal sesto scrutinio in poi, dopo aver impallinato Mattarella, al quarto e al quinto.
Tutto dipende dalla tenuta di Berlusconi nella trattativa.
Al punto che, in Transatlantico, si appalesa Fabrizio Cicchitto, oggi alfaniano, e sornione confida: “Pare che Berlusconi stavolta faccia sul serio”.
Casini è la via centrista al Nazareno, garante per B. e Renzi e di tutto il sistema che contiene il giannilettismo, dal faccendiere Bisignani in su.
Un ulteriore segnale per quel Partito della Nazione che devasta i sogni delle minoranze di Pd e Forza Italia.
Non a caso il mostro dal volto moderato dovrebbe emergere dalla palude dello stallo, con la scusa di riportare un cattolico al Quirinale dopo i tre lustri dei due laici, Ciampi e Napolitano.
Fantapolitica? Vista la fonte, no.
Ma il Pd, seppur sfiancato dai giochini di Renzi, reggerebbe un’operazione del genere? C’è solo da attendere.
Quel che è certo è che da mesi Casini è andato a Canossa da Silvio Berlusconi proprio in funzione della successione a Giorgio Napolitano.
Hanno fatto pace a Palazzo Grazioli e il leader dell’Udc si è sdraiato sulle condizioni poste da Berlusconi.
Attualmente il suo nome è il meno esposto di tutti e questo favorisce colloqui e conversazioni riservate.
Lotti e Guerini, per conto di Renzi, custodiscono in segreto il ricorso all’opzione “Pier”.
Sul Quirinale si sta giocando una partita strana e pesante, mai vista prima.
Su Montecitorio cade il buio e passa uno sconsolato deputato di sinistra: “Peggio di Amato c’è solo di Casini”.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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