Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA PROTESTA DEI SINDACI ITALIANI SUL CONGELAMENTO DEI FONDI DESTINATA ALLA RIQUALIFICAZIONE DELLE PERIFERIE
“Invieremo a tutti i cittadini residenti nelle periferie, casa per casa, il libro dei sogni infranti: un fascicolo in cui inseriremo i progetti previsti prima e tagliati dopo”.
È pronto a dare battaglia su tutti i fronti il sindaco dei sindaci, Antonio Decaro. Presidente dell’Anci e primo cittadino di Bari, annuncia la linea dura sul taglio dei fondi per le periferie: “Siamo pronti a fare ostruzionismo”.
Siete arrabbiati?
“Tutti i sindaci, da Nord a Sud, di ogni schieramento politico mi hanno chiamato: vogliono reagire. Gli staremo addosso tutti i giorni e in tutte le sedi finchè non ripristineranno i fondi”.
In tutto 2 miliardi e 100 milioni di euro. Quali erano i progetti dei Comuni per quel tesoretto?
“Tante opere piccole con un grande valore dal punto di vista sociale: piazze, parchi, marciapiedi, giochi. Con quei soldi interveniamo nei luoghi del degrado economico e sociale, quei quartieri che abbiamo costruito negli anni per dare una risposta all’emergenza abitativa senza realizzare nè i servizi nè gli spazi per la socializzazione. Per la prima volta nella storia di questo Paese si fa un investimento straordinario per intervenire nelle periferie e poi, di notte e in maniera furtiva, viene presentato un emendamento che taglia 1 miliardo e 600 milioni di euro che vuol dire 96 progetti e 326 Comuni. La periferia non è una voce di bilancio, è la vita delle persone”.
Come spiegherete ai cittadini che i progetti presentati non si faranno più?
“Non intendiamo assolutamente farlo noi. Vengano i rappresentanti del governo e del Senato a farlo. Provino loro a spiegare ai cittadini perchè il sindaco di Treviso non potrà più riqualificare la piazza e quello di Livorno non potrà più realizzare i sottopassi, il sindaco di Napoli non potrà più riqualificare strade e marciapiedi intorno a Scampia e quello di Palermo non avrà più fondi per le scuole di Brancaccio. Questa è una manovra di palazzo. I parlamentari, invece, escano e vengano per strada con i sindaci a parlare con i bambini, gli anziani, i disabili. E soprattutto i giovani visto che i nuclei familiari nuovi si vanno a insediare nelle zone periferiche dove i costi degli appartamenti sono più bassi rispetto al resto della città “.
Vi sentite traditi dal governo?
“Abbiamo rapporti quotidiani attraverso l’Anci con il governo, siamo andati in audizione a parlare del decreto Milleproproghe e nessuno ci ha detto che avrebbero tolto quei soldi. Hanno stracciato i contratti che i sindaci, con tanto di fascia tricolore, avevano firmato”.
Tutti, compreso il Pd, hanno votato il taglio al piano periferie.
“E adesso pongano rimedio. Ho scritto ufficialmente alla presidenza del Consiglio dei ministri per portare la questione nella Conferenza unificata, il tavolo dove il governo incontra Regioni, Comuni e Province. Siamo pronti a interrompere tutti i rapporti istituzionali con il governo e a fare ostruzionismo. Chiederemo anche al presidente della Repubblica di non firmare la legge. Altrimenti…”
Altrimenti cosa?
“Manderemo alle persone che vivono nelle periferie che erano interessate da questi progetti un fascicolo, un piccolo libricino dove metteremo i progetti che abbiamo concordato con i cittadini, il contratto sottoscritto da sindaco e presidente del Consiglio e alla fine l’emendamento che ha tagliato quel fondo e che ha tolto un pezzo di futuro a quella comunità , lo chiameremo il libro dei sogni infranti”.
Renzo Piano propone un “periferia pride”. Che ne pensa?
“Sicuramente una proposta interessante. Il bando periferia nasce da un’idea di Renzo Piano, come dice lui è una grande operazione di rammendo con tante piccole opere che sono punti di sutura per rimarginare le ferite urbane e gli errori del passato”.
Lega e 5Stelle riscuotono consensi soprattutto nelle periferie; perchè allora, secondo lei, il governo ha fatto questa operazione?
“Inspiegabile, forse perchè gli servono i soldi per fare altre iniziative”.
Ma come si fa adesso con i progetti già avviati e i soldi impegnati?
“I Comuni sulla base di un contratto, non sulla base di una parola data che tra gentiluomini dovrebbe già valere come contratto, hanno preso impegni che sono giuridicamente vincolanti; abbiamo affidato progettazioni e lavori, chi paga ora i progettisti e le aziende che stanno eseguendo i lavori? Non abbiamo fondi, faremo un buco di bilancio. E qualcuno sarà chiamato a rispondere di danno erariale”.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 10th, 2018 Riccardo Fucile
SINDACI DELLA LEGA E DEL PD: TUTTI UNITI CONTRO IL GOVERNO
Non bastavano le proteste degli industriali e del tessuto produttivo del Veneto per gli effetti del decreto Dignità , ora a scagliarsi contro le scelte del governo pentaleghista sono anche i sindaci veneti. Tutti, indistintamente, dem, civici o leghisti, trafitti dal decreto Milleproroghe e dal conseguente congelamento dei fondi per le periferie.
Il 14 di agosto si incontreranno a Venezia per discutere, fare fronte comune e cercare di risolvere quello che definiscono “un problema di tutti al di là degli schieramenti”.
Capofila della fronda veneta del dissenso è Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia a capo di una coalizione civica di centrodestra, che sta addirittura rientrando in anticipo dalle vacanze. “Vista la gravità di quanto accaduto, ho deciso di interrompere le mie ferie qualche giorno prima per seguire la questione più da vicino, cercando un fronte comune con gli altri sindaci del territori”.
Ed è proprio questo il primo atto della protesta, una riunione convocata a Venezia alla vigilia di Ferragosto, durante la quale ogni primo cittadino metterà sul tavolo numeri e progetti che vengono spazzati via con l’ormai famoso emendamento 13.2 che differisce al 2020 l’efficacia delle convenzioni stipulate sulla base del bando periferie.
“Spero non sia la scelta definitiva e che nel passaggio alla Camera il testo del decreto, magari con un emendamento dello stesso governo, possa essere corretto. Conti alla mano, il provvedimento coinvolge 1.000 amministrazioni locali con oltre 25 milioni di cittadini, per un totale di 4,1 miliardi di euro di investimenti” dice Brugnaro, leader anche degli amministratori dei Comuni della provincia.
“Nella città metropolitana di Venezia – aggiunge il sindaco – ci sono convenzioni firmate con 13 sindaci dell’area metropolitana interessati, che rappresentano oltre 500 mila residenti che si aspettano che le promesse fatte vengano rispettate. Voglio sottolineare che le convenzioni sono già state sottoscritte e che la progettazione di tutti gli interventi è in fase avanzata: sono già stati contrattualizzati lavori per 1.635.186,96 euro, dei quali 1.153.312,54 euro già realizzati e pagati nella quota di 847.554,93 euro”.
Per quel che riguarda Venezia, meta turistica mondiale, rischiano di saltare importanti interventi come la manutenzione del Palazzo ex Casinò al Lido, per un impegno complessivo di 13.375.000 euro. “Intervento indispensabile per lo sviluppo della Biennale Cinema e della congressualistica”, specifica il sindaco. Ma ci sono anche la riqualificazione della Stazione Rfi di Porto Marghera per un costo totale di 7,6 milioni di euro, dei quali circa 3,8 milioni finanziati dal Bando e oltre 3,7 milioni da Rfi.
Non se la passano meglio le altre città venete. Verona, per esempio.
Il governo Renzi aveva stanziato 18 milioni per la riqualificazione di Veronetta, con il recupero di Palazzo Bocca Trezza e del Silos di Levante dell’ex caserma Santa Marta, con la realizzazione di uffici comunali, sale convegni e una serie di servizi per il terzo settore.
“Abbiamo 18 milioni che ballano. Per noi sono risorse importanti. Uno di questi progetti, poi, è fatto in accordo con l’Università . Mi sono sentito con i sindaci di Venezia, Padova e Treviso. Ci vedremo nei prossimi giorni” afferma il sindaco Federico Sboarina, sostenuto da Lega, Forza Italia e Fdi.
Sergio Giordani, sindaco dem di Padova, è già al lavoro: “In una notte mi trovo a poter perdere 18 milioni che ci erano stati garantiti. Mettiamo una pezza e facciamo in modo che non sia la vittoria di questo o quel partito ma un risultato di tutti portato a casa per i cittadini. Abbiamo studiato, basterebbe una conferenza Stato-Regioni, in un’ora si può sbloccare una cosa che non mette in crisi centinaia di territori, è una scelta politica e spero prevarrà la ragionevolezza, diversamente ovviamente nè io nè i miei colleghi di tutta Italia potremo stare zitti e fermi”.
Jacopo Massaro, sindaco di centrosinistra di Belluno, è ancor più duro: “L’impatto è devastante, noi abbiamo già fisicamente speso 1 milione e 200 mila euro e stiamo impegnando un’altra quindicina di milioni di euro. Avevamo in programma la riqualificazione di un’area degradata sul Piave, la riconversione di piazzale Stazione e di due palazzi storici da trasformare in edifici con affitti calmierati: 15 interventi per 35 milioni di euro”.
Mario Conte, il nuovo sindaco di Treviso eletto in quota Lega, rischia di dover spiegare ai suoi cittadini che salta l’intero piano per la riqualificazione di piazza Martiri Belfiore con il rifacimento delle strade e della fognatura, la realizzazione del collegamento ciclabile e pedonale tra viale Brigata Marche e via Tommaso Salsa, il grande progetto della ciclabile Selvana-Fiera con parcheggi e aree ristori.
Questi ma anche altri interventi a favore di bambini e disabili. “Vicenza ha presentato tutti i progetti per 18 milioni (l’ex centrale del latte di San Bortolo, il recupero delle serre di parco Querini solo per citarne alcuni)” spiega Francesco Rucco, sindaco leghista di Vicenza. E aggiunge: “Sono già partiti i lavori, per alcune opere abbiamo anche già incassato il 20 per cento. La nostra preoccupazione è che ci chiedano la restituzione delle somme. Ecco perchè il problema trasversale e riguarda tutti noi sindaci”.
Anche Rovigo, con il suo sindaco leghista Massimo Bergamin, rischia di perdere due milioni che sarebbero serviti per il recupero dell’ex ospedale Maddalena e per la riqualificazione del quartiere Commenda.
(da agenzie)
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Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
L’ANNO SCORSO SI E’ ARRIVATI ALLA CIFRA RECORD DI 12,67 MILIARDI PER “SANZIONI E AMMENDE”
I Comuni arrivano a incassare la cifra record di 1,7 miliardi di euro con le multe ma la spesa per la manutenzione delle strade intanto cala.
Questo il risultato di un’analisi pubblicata oggi dal Sole 24 Ore sulle entrate degli enti locali, che spiega che l’anno scorso i Comuni hanno raggiunto la cifra record di 1,67 miliardi per «sanzioni e ammende», come recita la classificazione del ministero dell’Economia in una voce che per il 90% raccoglie le classiche multe stradali e per il resto sanzioni di altro tipo.
Rispetto a 12 mesi prima, l’aumento è del 18%, ma anche nel 2016 la stessa voce aveva registrato un +4% dopo la crescita del 9% dell’anno prima.
Le multe, insomma, sono una delle poche voci in piena salute nella colonna delle entrate comunali. Ma attenzione, la loro geografia è parecchio diversificata.
L’80,3% degli incassi arriva nei Comuni delle Regioni centro-settentrionali
In questa speciale classifica a incassare più soldi pro capite sono i comuni di Firenze, Bologna e Milano, seguiti a sorpresa da Padova, Siena, Treviso e Pisa. Al quindicesimo posto compare anche Roma Capitale. Ma non è tutto oro quello che luccica:
A spingere gli incassi effettivi, accanto all’aumento dei verbali, è intervenuta infatti anche una certa accelerazione delle riscossioni effettive.
La conferma si avrà dopo il 30 aprile, quando saranno approvati i rendiconti dell’anno scorso, ma qualche progresso non è una sfida impossibile visto che fino al 2016 le città hanno mostrato una scarsissima capacità di incassare davvero i verbali: Napoli è riuscita a raccogliere davvero meno di 20 euro ogni 100 di sanzioni scritte nello stesso anno, Roma si è fermata al 25,2% e solo Milano è riuscita ad arrancare fino al 40,6 per cento.
(da agenzie)
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Giugno 6th, 2017 Riccardo Fucile
“FACCIAMO TESORO DI QUESTA ESPERIENZA”
“L’amministrazione è stata impreparata e non ho visto umiltà “.
Così Sergio Chiamparino, governatore della regione Piemonte ed ex sindaco di Torino, commenta gli incidenti di Piazza San Carlo in un’intervista al Corriere della Sera.
Le istituzioni hanno dato prova di non saper governare la situazione, si è mostrato impreparato, mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini e di chi era arrivato per vedere la partita. Il sistema Torino non ci ha fatto una bella figura
Sulle responsabilità Chiamparino invita l’amministrazione ad avere umiltà :
Ci vorrebbe l’umiltà di capire cosa non ha funzionato senza preoccuparsi innanzitutto di cercare capri espiatori. Magari sbaglio ma non mi sembra di averla vista. E mi dispiace molto
Il governatore del Piemonte, tuttavia, invita a non colpevolizzare una singola persona.
Non è che si può mettere in croce una sola persona, è chiaro gli errori sono stati molti e ben distribuiti. Da quando viviamo sotto la minaccia costante dell’Isis, la vendita di alcolici, l’accesso e le vie di uscita dalle piazze durante avvenimenti affollati dovrebbero sempre essere guardati sotto una luce trasversale
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 16th, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO IPR PER IL SOLE24ORE
Due sindache, entrambe del M5S, ma ai poli opposti della classifica.
La prima cittadina di Torino, Chiara Appendino, vince la Gonvernance Poll 2017, il sondaggio realizzato da Ipr Marketing per Il Sole 24 Ore sul gradimento dei politici locali da parte dei cittadini.
Quella di Roma, Virginia Raggi, sprofonda in penultima posizione, al 103esimo posto. Peggio di lei solo Maria Rita Rossa, sindaca piddina di Alessandria, fanalino di coda per il quarto anno consecutivo.
Sul podio. In particolare, Appendino realizza una crescita di 7 punti e mezzo rispetto al consenso ottenuto nel giorno dell’elezione (a giugno 2016) e ottiene il 62%.
Al secondo posto si piazza il sindaco di Firenze del Pd Dario Nardella con il 61%, mentre spicca in terza posizione con il 60,5% l’ex grillino Federico Pizzarotti, alla guida del Comune di Parma, uscito definitivamente dal Movimento a ottobre scorso dopo un braccio di ferro durato cinque mesi.
Sala trentesimo. Buono il piazzamento al quarto posto di Damiano Colletta, il primo sindaco non di centrodestra di Latina dal 1993, e a pari merito di Luigi De Magistris, primo cittadino di Napoli che risale dalle posizioni di coda delle ultime edizioni del sondaggio.
Sorprende inoltre il decimo posto del sempreverde Clemente Mastella, eletto a giugno sindaco di Benevento, mentre Beppe Sala a Milano è solo trentesimo, con il 55% dei consensi, più di tre punti in meno rispetto al risultato del suo predecessore Giuliano Pisapia.
Appendino-Raggi a confronto.
Ma il dato più stridente, come accennato all’inizio, è la caduta verticale di Raggi nella Capitale: una flessione inarrestabile verso il basso che le fa perdere circa un terzo del consenso ottenuto alle elezioni della scorsa primavera (-23,2%) e la pone al penultimo posto con il 44% di cittadini romani soddisfatti.
È proprio il confronto fra Torino e Roma ad offrire gli spunti più interessanti per i Cinque Stelle.
La distanza fra le due sindache ribalta il risultato delle urne, a suo tempo molto più generoso con Raggi che con Appendino, e misura le profonde divergenze nei metodi di conduzione delle due città : più graduali i cambiamenti della sindaca del capoluogo piemontese, che però ha ricevuto in dote un Comune ben amministrato.
Più d’impatto le scelte di Raggi che però, unite ad alcuni errori clamorosi nella scelta della sua squadra, hanno reso ancora più difficile il compito di governare una metropoli con problemi enormi — dai trasporti, alla pulizia, alla manutenzione delle strade, alla sicurezza — ereditati dalle giunte precedenti.
(da agenzie)
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Gennaio 15th, 2017 Riccardo Fucile
UNO DEI PROFESSORI CHE NEL ’94 STAVA A FIANCO DI BERLUSCONI POTREBBE DIRE SI’ A CANDIDARSI NELLA SUA CITTA’
Da presidente del Senato a primo cittadino di Lucca.
Fra qualche giorno Marcello Pera, uno dei professori che nel ’94 stava al fianco di Silvio Berlusconi, potrebbe sciogliere la riserva e dire sì a chi gli ha proposto di scendere in campo come candidato sindaco della sua città .
Una ridiscesa in campo dalla porta di ingresso della sua cittadina toscana.
Chi conosce Pera e lo sente ogni giorno rivela alla Stampa che il «professore» avrebbe preso in «seria» considerazione l’ipotesi della candidatura perchè «ogniqualvolta faccio due passi per le vie del centro in tanti mi chiedono di candidarmi come sindaco».
La sua popolarità , è il ragionamento che in queste ore si sta facendo fra i partiti del centrodestra, «supera il perimetro dei moderati e potrebbe investire anche fette di elettorato di sinistra».
L’idea
Ecco su quali basi starebbe nascendo l’ipotesi di puntare sull’ex presidente di Palazzo Madama. Il ritorno di Pera passa da un lungo letargo iniziato nel gennaio del 2013.
A pochi giorni dalla chiusure delle liste Pera decide di congedarsi dalla politica: «Mi faccio da parte senza mendicare e senza rivendicare».
In una intervista ad Ugo Magri sulla Stampa mette a verbale che era la fine di una stagione politica: «Esce di scena la prima generazione di Forza Italia, quella che aveva creduto di poter realizzare insieme a Berlusconi la rivoluzione liberale in questo paese».
Un passo indietro definitivo che lo allontana dai palazzi della politica e dall’entourage del Cavaliere per più di due anni.
Nel febbraio del 2016 al letargo si aggiunge l’addio alla Capitale e il ritorno nella sua casa di Lucca: «A Roma ho già dato, sono io che torno con le mie carabattole a Lucca».
Gli studi di filosofia restano la grande passione, ma Pera non perde di vista la politica e, in particolare, «quel ragazzotto di Firenze che guida Palazzo Chigi».
Sottovoce l’ex presidente del Senato inizia a pensare che «Renzi è il nuovo Berlusconi, l’unico in grado di realizzare la rivoluzione liberale».
Il sostegno al Sì
Ad agosto scorso Pera decide di scendere in campo per il Si al referendum costituzionale al fianco di un altro professore della prima stagione di Forza Italia, Giuliano Urbani: «Abbiamo fatto una riflessione: perchè perdere questa occasione? Questa riforma non è peggiore da quella firma da Calderoli».
È attivissimo in tutto lo stivale, si reca a Londra al Carlton Club per sponsorizzare le modifiche della costituzionali «perchè la riforma sulla quale voteremo ha il pregio di eliminare il bicameralismo paritario».
Il suo è un tour de force fino al 4 dicembre. Nelle settimane della campagna referendaria Pera partecipa ad alcune iniziative organizzate dal leader di Ala Denis Verdini a favore della riforma costituzionale.
L’intenzione è quella di far nascere un polo dei liberali all’indomani della vittoria del Si. Padre nobile dell’operazione, appunto, lo stesso Pera.
La debacle del 4 dicembre non impedisce Verdini, che stima l’intelligenza e la preparazione di Pera, di puntare sul professore per un ruolo di ministro nel governo Gentiloni.
Nessun commento
In quei giorni frenetici Pera non si scompone. I cronisti lo rincorrono, ma lui non proferisce verbo.
Alla fine però il partito di Verdini resta fuori dell’esecutivo e Pera non rilascia alcuna dichiarazione, nonostante per un attimo si sia visto al ministero dell’istruzione. Eppure Palazzo Orsetti non è il dicastero di viale Trastevere.
A Lucca in tanti puntano le fiches sull’ex presidente del Senato. Da Fi a Fratelli d’Italia, lo stato maggiore del centrodestra locale sarebbe pronto a convergere sul nome di Pera.
Dubbioso soltanto il Carroccio «per il suo Si al referendum renziano».
Mentre da Arcore il Cavaliere avrebbe fatto filtrare un messaggio per gli alleati: «Lì Marcello è stimatissimo, sarebbe la nostra carta vincente».
Giuseppe Alberto Falci
(da “La Stampa”)
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Novembre 27th, 2016 Riccardo Fucile
NELLE AMMINISTRAZONI GRILLINE TIENE BENE SOLO PARMA
Mantova scalza Trento e si piazza al primo posto. E’ infatti Mantova la provincia italiana dove si vive meglio.
La città lombarda scalza Trento, che era al primo posto senza interruzioni dal 2011 nella classifica annuale di ItaliaOggi-Università La Sapienza sulla qualità della vita e che ora deve accontentarsi del secondo posto.
Altro nuovo ingresso sui gradini più alti del podio è Belluno, terza, in salita dall’ottava posizione.
Scivolano, quindi, Pordenone (da terza a quarta) e Bolzano (da seconda a ottava). L’ultimo posto è di Crotone, sebbene, rispetto alle altre province meridionali, presenti elementi di discontinuità .
Qui, infatti, il tenore di vita è accettabile. E la provincia è addirittura ricompresa nel gruppo delle più virtuose nelle dimensioni criminalità e popolazione.
Responsabili, quindi, della maglia nera sono affari e lavoro, ambiente, disagio sociale e personale, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero.
La precede Siracusa (era al 104 posto).
A deludere sono anche le grandi aree urbane, che arretrano tutte, rispetto allo scorso anno, ad eccezione di Torino (che sale di 6 posti).
Ma se Milano e Napoli perdono rispettivamente 7 e 5 posizioni,Roma ne perde 19 (31 in confronto al 2014), posizionandosi su livelli di qualità di vita insufficienti. A livello di macro-aree, Nord-est e centro reggono meglio il colpo della crisi, di contro soffre il Nordovest e in particolare il Sud e le Isole, dove si è persa traccia di quel cluster di province individuato qualche anno fa, nel quale il livello era superiore a quello prevalente nelle altre province meridionali.
I dati nelle amministrazioni grilline.Se si butta un rapido sguardo alle amministrazioni M5s, la vera novità politica nel panorama italiano degli ultimi anni, è curioso osservare come paradossalmente soltanto Parma, la “Stalingrado” rinnegata da Grillo, dove Federico Pizzarotti ha deciso di abbandonare l’M5s dopo le sospensioni, abbia fatto un significativo passo in avanti passando dal 13esimo posto del 2015 al sesto posto del 2016. L’altra amministrazione grillina da alcuni anni, ovvero Livorno, sprofonda invece passando dal 40esimo posto al 52esimo.
Se poi si guarda alle nuove grandi amministrazioni (da metà di quest’anno, dunque difficilmente giudicabili) Torino del sindaco Chiara Appendino guadagna qualche punto passando da 76 a 70 in classifica mentre Roma sprofonda (da 69 a 88).
La qualità della vita a Roma è peggiorata in un solo anno.
Secondo la classifica stilata annualmente, in base ai dati della ricerca dell’Università La Sapienza per ItaliaOggi, la Capitale è infatti passata dal sessantanovesimo posto del 2015 all’ottantottesimo di quest’anno, posizionandosi su livelli di qualità della vita gravemente insufficienti.
Per quanto riguarda la criminalità è al centoseiesimo posto tra le città sicure (era al 102 nel 2015).
Scende al cinquantottesimo posto, dal 42 del 2015, per quanto riguarda i parametri di disagio sociale. Scende di sette posti anche per quanto riguarda i servizi scolastici. Passa dall’ottavo al decimo posto nella classifica del sistema salute e dal 94(del 2015) al 103 del 2016 per il tenore di vita.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 16th, 2016 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI CENTRODESTRA VUOLE SCAVARE CON I SOLDI PUBBLICI ALLA RICERCA DI UN TESORO INESISTENTE MENTRE IL CENTRO STORICO NECESSITA DI INTERVENTI
Niente caccia al tesoro finanziata con soldi pubblici. Il ministero dei Beni culturali è stato chiaro.
Il tesoro di Alarico è una leggenda e la soprintendenza di Cosenza non deve spendere uomini e mezzi per dare la caccia ai fantasmi.
Una delusione per il sindaco Mario Occhiuto, che al fantomatico bottino di ori e argenti sepolto forse insieme al re dei Goti nel 408-410 a.c, nei pressi dei fiumi Crati e Busento, ha sempre creduto.
Ma soprattutto ha sempre sperato di riuscire a trovarlo, per trasformarlo in un brand che desse lustro alla città .
Un sogno, divenuto progetto amministrativo, che lo tiene impegnato da tempo e in cui ha coinvolto anche il soprintendente dei beni culturali di Cosenza, Mario Pagano, che – entusiasta – qualche mese fa ha firmato una convenzione che coinvolge il suo ente in una nuova campagna di scavi.
Peccato che per storici e storiografi il tesoro sia poco più di una leggenda e non esista traccia attendibile della sepoltura del re dei Goti in Calabria.
L’unico a parlarne – ricordano – è Jordanes, che a 150 anni dalla morte di Alarico riprende quanto scritto al riguardo da Cassiodoro.
Un po’ poco – sostiene la comunità scientifica – per dare il via a una fantasiosa campagna di scavi, mentre il centro storico langue in attesa di interventi.
Dello stesso parere sembra essere il direttore generale del ministero dei Beni culturali, Caterina Bon Valsassina.
Con una lettera durissima, la dg ha intimato l’immediato stop a qualsiasi forma di collaborazione, invitando il soprintendente Pagano a dedicarsi a ben altre attività , come una relazione sulla “situazione dei beni architettonici, storico- artistici e paesaggistici del territorio di competenza”.
Una bocciatura senza appello, che al sindaco non è andata giù. Lui al tesoro crede davvero e lo vuole trovare.
Al progetto, lavora quanto meno dal 2012, quando in accordo con il consorzio Cultura e innovazione, presieduto dall’ex ministro dei trasporti Alessandro Bianchi, ipotizzava di allestire sezioni dedicate ad Alarico e al suo tesoro all’interno del Museo dei Bretti. Senza reperti però, perchè mai ne sono stati trovati.
Negli anni a seguire, per volontà del sindaco sono arrivate iniziative, dibattiti, monete di cioccolata sul fantomatico tesoro, un’imbarazzante brochure dell’amministrazione che ricorda la passione che per Alarico aveva il capo e ideologo delle SS Heinrich Himmler, il progetto di un museo da 7 milioni di euro e infine una prima campagna di scavi: iniziata e finita nel giro di due giorni perchè le ricerche sono partite senza nessuna autorizzazione.
Semplici intoppi per Occhiuto, che ha dovuto aspettare un anno ancora.
Al sovrintendente Pagano invece l’idea della caccia al tesoro è piaciuta, tanto da firmare una convenzione che non solo autorizza scavi e ricerche, ma assicura persino uomini, mezzi e collaborazione.
O almeno si riprometteva di farlo prima che dal ministero arrivasse questo secco stop. Ma neanche questo ha fatto rassegnare il sindaco. Per lui è tutto un complotto. Per questo si è rivolto a Franceschini.
È convinto – si legge in una nota ufficiale – che “si stia tentando di inquinare in modo surrettizio una progettualità tanto ambiziosa, sulla base di interesse politico di infimo livello, nonchè sulla base di ottusità divulgate da una minoritaria parte di un mondo accademico”.
Dal ministro, Occhiuto vuole un via libera alla sua “caccia al tesoro”, del resto – ricorda – già sdoganata dal sottosegretario ai Beni culturali Dorina Bianchi.
Contagiata dalla passione per Alarico, Bianchi ha pubblicamente auspicato che “la ricerca della tomba del re dei Goti di Alarico diventi un progetto sperimentale e innovativo per l’analisi capillare del territorio “.
La medesima ricerca che negli stessi giorni il suo ministero bocciava.
A Franceschini l’ardua sentenza.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 18th, 2016 Riccardo Fucile
A NARDODIPACE MANCANO SCUOLE E NEGOZI, NON C’E’ PIU’ NEMMENO IL SINDACO
L’arancione è il colore di Nardodipace. Sono le tute dei forestali della Regione Calabria. Se ne contano poco meno di 160 su un totale di 1300 abitanti, praticamente ce n’è uno in ogni famiglia.
La misera economia del paese, aggrappato ai monti delle Serre, è praticamente tutta qua. Le attività commerciali si contano sulle dita di una mano: tre bar e un negozio di alimentari.
Completano il quadro una stazione dei carabinieri e una scuola dove ci sono solo tre classi: una per l’asilo, una per l’elementare e una per la media. Così da trent’anni Nardodipace è uno dei paesi più poveri d’Italia.
La prima volta che vinse la maglia nera fu nel 1989, all’epoca venne certificato un reddito medio annuo di 3 milioni di lire, Portofino che risultò il comune più ricco arrivava a 35 milioni di lire.
«Non c’è artigianato, l’agricoltura è solo di sussistenza, di industria non ne parliamo proprio. Non so se siamo il paese più povero di sicuro siamo i più emarginati», così sintetizza la realtà Antonio De Masi che di Nardodipace è stato sindaco per dieci anni a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio.
«Anni fa – spiega – si puntò tutto sul pubblico impiego, sulla forestazione in particolare, la speranza era che da quell’assistenzialismo si potesse rendere la comunità sempre più autonoma, creando attività private, cooperative. Non è andata così».
Quando la povertà di Nardodipace finì sui giornali di mezza Europa, un giovane del paese, Antonio Cavallaro, emigrato a Bologna per studiare, ci fece la sua tesi di laurea: «Costruzione mediatica della povertà ”»
Oggi vive a Catanzaro ma in paese continua a tornarci appena può.
«Paradossalmente – ci dice – la situazione all’epoca non era particolarmente disastrosa. C’erano sei classi di scuola media, diversi negozi ed era ancora aperta la sede del vecchio Pci dove i ragazzi si riunivano. Oggi non c’è più niente, non la sezione di un partito, un’associazione, nulla».
Non c’è neanche il consiglio comunale. L’anno scorso il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose.
L’ultimo sindaco Romano Loielo è stato arrestato, mentre era in carica, per truffa all’Unione europea.
Era già successo nel 2011 quando il ministero dell’Interno sciolse il Comune per l’assunzione a tempo determinato di altre decine di forestali che avrebbero dovuto valorizzare i boschi di proprietà comunale.
«Il progetto – si legge nella relazione – non solo non ha raggiunto gli obiettivi previsti, ma ha rappresentato l’occasione per consolidare un sistema clientelare, nel quale possono proliferare gli interessi malavitosi».
Ma Nardodipace ha un altro record negativo che gli è valso il nome di «paesino dell’amianto».
Dopo le alluvioni del 1953 e del 1972 l’abitato venne interamente ricostruito. Peccato però che le «nuove» abitazioni siano state realizzate con i tetti in eternit.
Così da decenni circa l’80% degli abitanti vive con l’amianto sulla testa. Eppure nel 2002 sembrava che la riscossa di Nardodipace fosse arrivata grazie a un ritrovamento del tutto casuale.
Un incendio nel bosco portò alla luce quella che viene definita la «Stonehenge» italiana, una serie di monoliti risalenti a seimila anni fa.
Un sito archeologico che avrebbe potuto portare turisti e quindi un po’ di economia. A coltivare quel sogno è rimasta solo Graziella.
Sul sito del Comune c’è il suo numero di telefono, è l’unica a conoscere e raccontare i segreti di quelle pietre, l’offerta per farsi accompagnare è libera.
Ma «questa estate – ci dice – sono venuti solo due gruppi».
Gaetano Mazzuca
(da “La Stampa”)
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