Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile
HA GIA’ FATTO VACCINARE 80 MILIONI DI AMERICANI CON DOPPIA DOSE, A FINE MESE MANTERRA’ LA PROMESSA DEI 100 MILIONI DI VACCINATI… ANCHE IL 55% DEI REPUBBLICANI LO APPROVA
La promessa di Joe Biden che aveva fatto sognare nel giorno della sua proclamazione a 46° presidente degli Stati Uniti, era stata quella di vaccinare 100 milioni di americani nei primi 100 giorni del suo mandato, e ci sta riuscendo dato le quasi 80 milioni di somministrazioni complete anche della seconda dose fatte fino ad ora.
I primi 100 giorni di attività rappresentano una sorta di cartina al tornasole dei risultati ottenuti da ogni presidente Usa.
Joe Biden si avvicina alla fine dei primi 100 giorni di presidenza, che scadono a fine mese, con una popolarità che sfiora il 60%, esattamente del 59%, con ben venti punti in più di quelli che aveva Donald Trump arrivato allo stesso traguardo.
Leggermente meglio di lui aveva fatto Barack Obama, con il 61%, peggio George W.Bush che era al 55%, mentre Ronald Reagan conserva il record della popolarità più alta, il 67%, alla fine dei primi tre mesi di presidente.
Il sondaggio del Pew Reserach Center, indica come alla radice dell’alto tasso di popolarità di Biden vi sia il successo della campagna vaccinale, promossa dal 72% degli americani, l’88% degli elettori dem e il 55% di quelli repubblicani.
Ma un’altra componente importante è stato il pacchetto di 1,9 trilioni di dollari, che ha fatto arrivare assegni da 1400 dollari a tutti i contribuenti con redditi inferiori a 75mila dollari, che è appoggiato dal 67% degli americani.
(da agenzie)
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Aprile 14th, 2021 Riccardo Fucile
DRAGHI HA DETTO QUELLE PAROLE SU IMPUT USA: UN PRIMO “SILURO” PER FAR CAPIRE AD ERDOGAN CHE DEVE LASCIARE LA LIBIA
È stata quanto mai dura la risposta del presidente turco Recep Tayyip Erdogan al
presidente del consiglio Mario Draghi. Quest’ultimo, nel corso di una conferenza stampa, nei giorni scorsi aveva chiamato “dittatore” il leader del paese mediorientale.
Da Ankara è arrivata la replica di Erdogan: “Le dichiarazioni del primo ministro italiano – si legge in una sua dichiarazione riportata dall’agenzia Anadolu – che ha definito il presidente turco dittatore, sono impertinenti e maleducate”.
Le parole non sono di circostanza ma aprono “ufficialmente” la crisi diplomatica con l’Italia. Il tutto, dopo il viaggio del Ministro degli esteri italiano Luigi di Maio in Turchia.
E non è solo un caso, spiegano ambienti del deep state tricolore: “Gli Stati Uniti vogliono stabilizzare la Libia e l’Italia di Mario Draghi è il partner prescelto per l’operazione. Erdogan nei giorni scorsi ha ricevuto il primo “siluro” via conferenza stampa sganciato dalla presidenza del Consiglio su input degli americani e adesso risponde al fuoco con la ‘contraerea’”.
Insomma, il “dittatore di cui c’è bisogno” ha mangiato la foglia, ha capito dove Italia e Stati Uniti vogliono andare a parare e non è intenzionato a starsene con le mani in mano. Soprattutto dopo il viaggio di Luigi Di Maio a Washington: “Condividiamo la preoccupazione per la presenza di forze straniere” in Libia, ha detto Di Maio dopo avere incontrato il sottosegretario di Stato Blinken.
Parole che evidentemente non sono state ben accolte nel paese anatolico dove Erdogan, a maggior ragione dopo l’incontro di Washington tra Ministri degli Esteri, ha tutti i motivi per cominciare a sospettare che quelle del presidente del Consiglio italiano non siano state parole “dal sen fuggite” ma facenti parte di una strategia ben precisa di matrice statunitense per buttarlo fuori prima dalla Libia e poi tentare di detronizzarlo in patria influenzando le prossime elezioni spalleggiando i partiti di opposizione.
(da TPI)
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Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
CRESCE IL CONSENSO DI ALTRI 4 PUNTI NEI CONFRONTI DEL PRESIDENTE USA … IL 60% APPROVA ANCHE LE SUE MISURE NEL CAMPO ECONOMICO
Continua a crescere il consenso per il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Il 72 per cento degli americani dichiara di apprezzare la gestione della pandemia da parte del presidente democratico.
E’ quanto emerge da un sondaggio condotto da Abc/Ipsos e che rivela un aumento dell’apprezzamento rispetto all’ultima rilevazione, quando il grado di soddisfazione era al 68 per cento.
Inoltre tre americani su quattro apprezzano anche le modalità decise dall’Amministrazione Biden per la distribuzione dei vaccini contro il Covid-19.
L’ultimo rapporto dei Centri Usa per il controllo e la prevenzione delle malattie afferma che il 35 per cento degli americani ha ricevuto almeno una dose del vaccino.
Nella sua prima conferenza stampa giovedì, Biden ha promesso di raddoppiare il suo obiettivo iniziale di somministrare 200 milioni di dosi di vaccino entro i suoi primi 100 giorni in carica
La maggioranza degli americani, il 60 per cento, secondo Abc/Ipsos approva anche il piamo messo a punto da Biden per gestire la crisi dell’economia americana messa in grave difficoltà dalla pandemia. Schiacciante il sostegno all’interno del suo partito.
Nove democratici su 10 che approvano infatti la gestione di Biden della crisi della sanità pubblica (96%), la distribuzione dei vaccini contro il Covid (92%) e la risposta all’emergenza economica (89%)
Forte anche il sostegno degli indipendenti: rispettivamente il 74%, il 77% e il 63%.
Per quanto riguarda i repubblicani, il 53% approva la gestione della distribuzione dei vaccini contro il Covid-19 decisa dall’Amministrazione Biden
Meno della metà giudica positivamente la sua risposta complessiva alla pandemia (44%) e la sua gestione della crisi economica (23%).
(da agenzie)
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Marzo 26th, 2021 Riccardo Fucile
“VOGLIO ARRIVARE A 200 MILIONI DI VACCINATI ENTRO I PRIMI 100 GIORNI DEL MIO MANDATO”
“L’obiettivo è quello di somministrare 200 milioni di dosi di vaccino anti-Covid nei primi 100 giorni del mio mandato. So che è ambizioso, ma possiamo farcela”. Lo ha detto, nel corso della prima conferenza stampa dall’insediamento, il presidente Usa, Joe Biden.
Nonostante l’emergenza legata alla pandemia, sul fronte economico ci sono “segnali di speranza” ma, ha precisato, “c’è ancora molto lavoro da fare”.
Stime di crescita
Secondo Biden, molti osservatori hanno “rivisto al rialzo le stime di crescita per quest’anno, indicando una crescita superiore al 6%. Ci sono però troppi americani ancora senza lavoro, c’è molto lavoro ancora da fare”, ha detto nel corso della sua prima conferenza stampa da quando si è insediato alla Casa Bianca.
Attacco a Trump sull’immigrazione
Fino ad ora il Covid è stato al centro dei pensieri e delle azioni della nuova amministrazione ma lo stesso Biden ha aggiunto che “sono stato eletto per risolvere problemi. L’immigrazione e il controllo delle armi da fuoco sono problemi di lungo termine che inizio ad affrontare”.
Proprio sul tema immigrazione, Biden ha criticato il predecessore Donald Trump: rispondendo a una domanda sull’emergenza al confine con il Messico, ha detto che non volterà le spalle ai bambini non accompagnati al confine e non li lascerà patire la fame. “Nessun’altra amministrazione lo farebbe, eccetto Trump”, ha detto.
La ricandidatura
“La stragrande maggioranza del flusso di immigrati che attraversano il confine è rimandata indietro. Quello che stiamo cercando di fare è ricostruire il sistema di immigrazione. Il balzo di migranti c’è ogni anno”, ha aggiunto Biden rivelando poi l’intenzione di ricandidarsi alle presidenziali del 2024.
La politica estera degli Usa –
In materia di politica estera ci sono più fronti aperti per gli Usa. A partire da quello delicatissimo dell’Afghanistan: “Sarà difficile attuare la scadenza del primo maggio per ritirare le truppe. “Lasceremo l’Afghanistan, la domanda è quando, ma la mia intenzione è non stare ancora tanto. Non posso immaginare le nostre truppe lì ancora nel 2022”, ha spiegato. Poi sulle tensioni con la Corea del Nord dopo il lancio di due missili ha aggiunto: “Ci stiamo consultando con alleati e partner: ci sarà una risposta se Pyongyang sceglierà un’escalation. Ma sono pronto anche a qualche forma di diplomazia, a condizione di una denuclearizzazione”.
“Xi Jinping? Intelligente ma non democratico”
Biden ha poi parlato della Cina e ha spiegato di volere con Pechino “non uno scontro ma una concorrenza leale”. E sul presidente Xi Jinping ha aggiunto: “Lo conosco da tempo, è una persona intelligente ma non ha nulla di democratico”.
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2021 Riccardo Fucile
STRAVOLTO LO SCENARIO POLITICO SE LULA DECIDESSE DI PRESENTARSI… ACCERTATE LE ACCUSE COMPLETAMENTE FALSE CHE BOLSONARO E LA SUA GANG CRIMINALE AVEVANO POSTO IN ESSERE PER ELIMINARLO DALLA CORSA PRESIDENZIALE QUATTRO ANNI FA
L’annullamento delle condanne a carico dell’ex presidente della Repubblica del Brasile Luiz Inacio “Lula” da Silva da parte della Corte suprema rimuovono i limiti rispetto a una candidatura del leader del Partito dei Lavoratori (Pt) alle prossime elezioni presidenziali, previste per ottobre 2022.
La notizia giunta a sorpresa è destinata a stravolgere lo scenario politico brasiliano già caotico a causa della discutibile gestione della pandemia di Covid-19 e del relativo piano di immunizzazione da parte del governo di Jair Bolsonaro.
Appena poche ore prima che la decisione del giudice Edson Fachin fosse divulgata, un sondaggio dall’istituto Intelligence ricerca e consulenza (ex Ibope), mostrava infatti un vantaggio di 12 punti percentuali di Lula, ancora molto amato dalle fasce più deboli della popolazione, sul presidente in carica in caso di scontro diretto alle elezioni presidenziali.
E adesso la possibilità di tornare a candidarsi porta le lancette indietro di alcuni anni, quando cioè, nel 2018, Lula fu estromesso dalla campagna elettorale in cui pure era considerato in vantaggio contro Bolsonaro a causa proprio delle condanne annullate ieri.
Lo scenario sociale, politico, economico e giudiziario è completamente diverso. Il giudice Fachin ha annullato le condanne relative alle inchieste dell’operazione anti-corruzione Lava Jato, per incompetenza territoriale e materiale del giudice federale del Paranà¡, Sergio Moro, che si era espresso sul caso.
Al pool Lava Jato di Curitiba era infatti permesso di giudicare relativamente solo ai casi di corruzione legati al filone principale del giro di mazzette che coinvolgeva i vertici della compagnia petrolifera statale nazionale Petrobras. Non Lula quindi.
La decisione di Fachin, ristabilisce un concetto fondamentale del diritto e dà ragione dopo 4 anni alla difesa di Lula che, sin dall’avvio delle indagini chiedeva un trasferimento del processo. Con l’annullamento ora il processo dovrebbe essere nuovamente istituito e ricominciare delle indagini preliminari a Brasilia. Tuttavia prima di una condanna dovrebbe intervenire la prescrizione.
L’ipotesi di un nuovo processo
Soprattutto in un nuovo processo mancherebbero le prove per condannare di nuovo Lula per corruzione. Le condanne per Lula erano già destinate all’annullamento. La decisione della Corte suprema arriva infatti in mezzo a una bufera causata dalla diffusione di messaggi scambiati tra i procuratori di Curitiba, tra cui l’accusatore di Lula Deltan Dallagnol, il giudice Moro che aveva condannato Lula e altri magistrati più o meno coinvolti nei processi da cui è emerso che l’ex presidente Lula è stato condannato con prove e accuse completamente false, costruite ad arte in combutta tra procura e giudice giudicante.
L’obiettivo del piano criminale denunciato lo scorso anno in un’inchiesta giornalistica del giornale “The Intercept” era quello di evitare la candidatura e la vittoria di Lula da Silva, e favorire l’elezione del suo sfidante, Jair Bolsonaro.
La tesi del giornale era stata poi confermata dall’acquisizione legale dei messaggi da parte della Corte suprema che ha avviato a sua volta un’inchiesta su richiesta della difesa di Lula per provare che il giudice Moro e il procuratore Dallagnol abbiano architettato il complotto.
Sfumano le teorie ‘antipetiste’
Questa circostanza cambia radicalmente lo scenario rispetto al 2018. Mentre all’epoca molti cittadini erano stati portati a credere in una possibile colpevolezza di Lula per corruzione ora le indagini della Corte suprema ne provano il contrario.
Provano inoltre l’esistenza di un piano portato avanti di pezzi del settore giudiziario, politico, imprenditoriale del paese di eliminare Lula dalla competizione elettorale. Elemento destinato a rafforzare certamente la posizione di Lula che, dopo l’odissea giudiziaria e 580 giorni di carcere potrebbe mostrarsi come un martire agli occhi dell’elettorato.
L’accanimento dei giudici della Lava Jato contro il Partito dei lavoratori, favorito dal sostegno complice della stampa nazionale impegnata in una campagna contro i governi di Lula e Dilma Rousseff, aveva visto nascere il così detto sentimento ‘antipetista’. Ora le basi di questa teoria vengono meno. Anzi, mostrano il partito di Lula come la vittima di una campagna illegale.
La parabola di Bolsonaro
Altro elemento innovativo rispetto al 2018 è credibilità politica di Jair Bolsonaro. Mentre nel 2018 Bolsonaro si presentava come alternativa anti-sistema, il nuovo rispetto alla vecchia politica in grado di allontanare il governo dai meccanismi del compromesso parlamentare per favorire un governo di tecnici, dopo due anni ha mostrato esattamente il contrario.
L’accordo siglato a gennaio con i partiti di centro dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, lo scambio di favori e l’allargamento a esponenti centristi nel governo e sottogoverno ne sono la prova. Inoltre negli ultimi mesi è emersa una incapacità di fondo del governo nella gestione della politica economica.
Di certo l’elemento più dannoso per Bolsonaro è tuttavia la gestione della pandemia che sta attirando pesanti critiche sul governo, accusato a livello domestico e internazionale di essere riduzionista, negligente e non intenzionato a difendere la vita adottando misure di contenimento del virus.
Previsioni di campagna elettorale
Lo scenario politico-elettorale caotico dipende di fatto solo da Lula che dovrà decidere se candidarsi o se guidare la transizione politica nel suo partito e della sinistra puntando a un successore. A caldo, dopo l’annullamento delle sentenze, Lula ha preferito lasciare tutte le opzioni sul tavolo, sottolineando di voler puntare all’unione delle forze di centro sinistra su un unico nome.
“In questo momento la mia testa non ha tempo per pensare a una candidatura”, ha dichiarato il 10 marzo. La campagna elettorale è destinata a essere dura, violenta e fortemente polarizzata. Facilmente prevedibile è una radicalizzazione di Bolsonaro, con l’obiettivo di aggrapparsi alla linea più intransigente delle sue controverse e reazionarie politiche, in grado di mantenere stretto a sè lo zoccolo duro del suo elettorato.
Per il quotidiano “Folha de San Paolo” questo rappresenta una preoccupazione per i mercati, inquieti per un eventuale spinta populista in grado di favorire un’agenda più elastica in tema di spesa pubblica per cercare di ottenere i favori della popolazione più povera, pesantemente colpita dalla pandemia. Il tutto a discapito di un’agenda liberale che sempre più sotto i colpi della pandemia e della difficoltà di gestione, rischia di non decollare mai.
Il ruolo dei militari
Tuttavia c’è da attendersi che tra Lula e Bolsonaro compaiano altre alternative. In questo contesto a garantire l’agenda liberale sarebbe il governatore dello stato di San Paolo, Joao Doria, che già da mesi lavora per scalzare Bolsonaro dal cuore dei mercati e delle imprese. Artefice dell’avvio della campagna vaccinale, Doria ha sin dal principio sostenuto che solo il vaccino sarebbe stato in grado di garantire la ripresa delle attività economiche. Ora che la sua previsione si mostra come una solida realtà in molti paesi, potrebbe portargli ulteriori vantaggi. Cruciale per gli equilibri politici elettorali sarà l’appoggio del partito occulto delle Forze armate. Mai così dominatori dello scenario politico dopo la dittatura, i militari potrebbero decidere di puntare di nuovo sul cavallo vincente pure di mantenere il proprio potere. E non è certo che questo sia Bolsonaro.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
RIPRISTINATI I DIRITTI POLITICI… NEL 2018 ERA IN TESTA AI SONDAGGI E IL SUO GIUDICE E’ DIVENTATO POI MINISTRO CON BOLSONARO
Il giudice della Corte suprema, Edson Fachin, ha annullato tutte le condanne penali dell’ex presidente Lula da Silva, ripristinando i suoi diritti politici e rendendolo di nuovo idoneo a correre contro Jair Bolsonaro nel 2022.
“Con la decisione, sono state dichiarate nulle tutte le sentenze emesse dalle 13/a sezione federale di Curitiba e gli atti saranno trasmessi al tribunale del Distretto federale”, si legge in una nota della Corte suprema.
Lula era in testa a tutti i sondaggi quando venne condannato nel 2018, dalla giustizia federale del Paranà per l’operazione Lava Jato
Fachin ha stabilito che la giustizia del Paranà non aveva la competenza giuridica richiesta per analizzare le azioni criminali. Il giudice ha anche stabilito che i rispettivi casi vengano inoltrati alla giustizia del distretto federale.
I casi, ha stabilito Fachin, passano ora quindi alla Giustizia federale. La difesa di Lula sosteneva che i processi fossero segnati dalla parzialità dell’accusa e dall’ex giudice Sergio Moro nella conduzione delle indagini.
Ci sono state varie denunce di irregolarità nelle prove, che sarebbero in alcuni casi state fabbricate, accuse negate dai procuratori e da Moro. Lula, a causa di questo processo, era stato arrestato e aveva perso i diritti politici, non potendosi più candidare mentre mancavano pochi mesi alle elezioni, poi vinte dall’ex militare.
Lula, 75 anni, si è sempre dichiarato innocente e vittima di una persecuzione politica da parte del pool dell’inchiesta e dell’ex giudice Sergio Moro che, dopo averlo, è diventato ministro della Giustizia del governo di Bolsonaro.
Lo scorso 9 febbraio, la Corte suprema aveva concesso alla difesa di Lula di accedere ai messaggi intercorsi tra i pm di Curitiba e Moro. I messaggi sono emersi nel 2019 durante l’operazione Spoofing, l’inchiesta sull’hackeraggio dei telefoni e degli account di messaggeria Telegram dell’ex giudice Moro, del pm Deltan Dallagnol e di altri esponenti del pool della procura che indagavano su Lula.
(da agenzie)
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Gennaio 21st, 2021 Riccardo Fucile
A THULASENDRAPURAM PERSONE FESTANTI, TRA FIORI, DOLCI E PREGHIERE
Festeggiamenti nel villaggio indiano di Thulasendrapuram nel giorno del giuramento della vicepresidente Usa, Kamala Harris, discendente del villaggio, che entrerà nella storia come la prima donna, di colore e di discendenza dell’Asia meridionale, a ricoprire il ruolo.
Nella cittadina natale di suo nonno materno, Thulasendrapuram, a circa 350 chilometri da Chennai, persone festanti si sono preparate alle celebrazioni. “Ci sentiamo molto orgogliosi che un indiano sia stato eletto vice presidente d’America”, ha detto Anukampa Madhavasimhan, che fa l’ insegnante.
Il nonno di Harris si è trasferito a Chennai, la capitale dello stato del Tamil Nadu, decenni fa. Anche la madre della vice di Biden, scomparsa nel 2009, è nata in India, prima di trasferirsi negli Stati Uniti per studiare all’Università della California, ha sposato un uomo di origine giamaicana e hanno chiamato la loro figlia Kamala, parola in sanscrito che significa fiore di loto.
Prima dell’inaugurazione, si sono tenute preghiere speciali per il suo successo nel tempio della città durante le quali la divinità indù Ayyanar, una forma di Shiva, è stato lavato con latte e adornato di fiori dal sacerdote.
In vista delle elezioni statunitensi di novembre, anche gli abitanti dei villaggi di Thulasendrapuram avevano organizzato una cerimonia al tempio per augurare buona fortuna a Harris. Dopo la sua vittoria, hanno acceso fuochi e distribuito dolci e fiori come offerta religiosa
I poster di Harris delle celebrazioni di novembre adornano ancora i muri del villaggio e molti sperano che arrivi alla presidenza nel 2024. Il presidente eletto, Joe Biden, ha eluso le domande sul fatto che cercherà la rielezione o si ritirerà . “Per i prossimi quattro anni, se sostiene l’India, diventerà presidente”, ha detto G Manikandan, che ha seguito il percorso politico di Harris e nel suo negozio espone con orgoglio un calendario da parete con le foto dei componenti del tandem democratico.
Martedì, un’organizzazione che promuove il vegetarismo ha inviato pacchetti di cibo per i bambini del villaggio come regali per celebrare il successo di Harris.
(da Open)
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Gennaio 20th, 2021 Riccardo Fucile
LA GRANDE INTERPRETAZIONE DELLA POPSTAR
Tutti in piedi con la mano sul petto durante l’inno nazionale americano cantato da Lady Gaga alla cerimonia di insediamento di Joe Biden.
La popstar è stata accompagnata nella sua esibizione dalla banda dei Marine. Lady Gaga – nella sua interpretazione intensissima dell’inno – ha sfoggiato una mise rossa e nera, dall’ampia gonna a campana.
Sulla giacca un enorme colomba dorata e una pettinatura con treccia che ricorda quella della principessa Leia di Star Wars. Prima di lasciare il podio, ha salutato Joe Biden, Kamala Harris e l’ex presidente Barack Obama.
Ieri, in un tweet, la celebre cantante aveva espresso la speranza che l’insediamento fosse “un giorno di pace per tutti gli americani. Un giorno di amore, non di odio. Un giorno per l’accettazione, senza paura”. E durante le prove dell’esibizione aveva visitato il Congresso e incontrato i soldati della Guardia nazionale chiamati a vigilare che non si ripetessero i disordini del 6 gennaio
(da agenzie)
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Gennaio 20th, 2021 Riccardo Fucile
“C’E’ MOLTO DA RISANARE IN QUESTO INVERNO DI PERICOLO”
“È un nuovo giorno in America”. In una cerimonia di inaugurazione blindata, Joe Biden ha giurato come 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Pochi minuti prima ha prestato giuramento la sua vice, Kamala Harris, prima donna e prima afroamericana a ricoprire l’incarico. Ad aprire la cerimonia Lady Gaga con l’inno nazionale americano, seguita da una performance di Jennifer Lopez.
“Questa è la giornata dell’America, della democrazia, della storia, della speranza”, ha detto Biden nel suo primo discorso da presidente in carica.
“La nostra democrazia è forte […] dobbiamo essere uniti contro l’astio, l’estremismo, la violenza”, ha dichiarato il presidente, lanciando un appello all’unità . “Chiedo a tutti gli americani di aiutarmi a unire il Paese. Metterò tutta la mia anima per riunire la nazione”.
“Sarò il presidente di tutti gli americani, mi batterò anche per coloro che non mi hanno sostenuto”, ha proseguito.
“Per superare le sfide future serve unità ”, ha ribadito Biden. “Voltiamo pagina, tutti insieme. Torniamo ad ascoltarci con rispetto, dobbiamo respingere la cultura della faziosità . Dobbiamo essere diversi rispetto al passato, siamo molto meglio di quello che abbiamo visto”. È ora di mettere fine a questa “guerra incivile”.
(da agenzie)
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