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“FORMIGONI, UNA VITA DI LUSSO SENZA PAGARE MAI”

Febbraio 15th, 2013 Riccardo Fucile

NESSUN   PRELIEVO IN BANCA, CONVOCAVA I FUNZIONARI IN UFFICIO PER CONSEGNARGLI GROSSE SOMME CASH

Una vita senza il bisogno del portafoglio. Come un nobile del secolo scorso.
Questo è Roberto Formigoni nel film che girano su di lui gli investigatori della polizia giudiziaria di Milano, tra champagne a scrocco nel ristorante e funzionari di banca «a disposizione», che vengono convocati spesso e volentieri al Pirellone – si legge nel rapporto – per chiacchiere «che avvenivano sempre in maniera riservata a “tu per tu”, “a quattrocchi”».
E in questi incontri riservati in un ufficio pubblico, di cui parlano gli stessi dirigenti bancari, «Formigoni consegnava loro denaro contante per importi compresi tra i 5 e i 20 mila euro… raccomandandosi di non farli transitare sul proprio contro corrente affinchè non vi fosse evidenza degli importi».
Soldi cash che servivano per finanziare il suo tenore di vita tra vacanze ai Caraibi e soggiorni in Sardegna.
Basta questo dato per ripiombare in un clima che sa di Tangentopoli, vent’anni dopo. In quegli stessi uffici giravano Piero Daccò e Antonio Simone, faccendieri, molto generosi con il politico, e si sa.
Ma quello che non si sapeva era il discredito che creavano quei «rompicoglioni», come dicono alcuni funzionari, ma costretti a servirlo, perchè Daccò – si legge nero su bianco in un verbale – «otteneva quello che voleva grazie alle imposizioni del presidente».
QUEI CONTI “SENZA OPERATIVITà€”
Dal 14 giugno a due giorni fa. Quasi sette mesi di indagini che hanno per epicentro Roberto Formigoni, investono Fondazione Maugeri e San Raffaele, sconfinano nelle segrete casse delle fiduciarie e sono custodite in 122 faldoni, 16 megabyt di documenti informatici.
Ma è lo screening approfondito sul tenore di vita del governatore lombardo, in cui i pm Laura Pedio e Antonio Pastore, contestando l’associazione a delinquere e la corruzione all’esponente del Pdl e a gran parte dei 17 indagati, a rendere logico e provato ciò che pare sconcertante: «Il quadro complessivo – si legge nell’informativa della Guardia di finanza – conferma la disponibilità  da parte di Formigoni di ingiustificate risorse finanziarie al di fuori dei normali rapporti bancari analizzati, ed evidenzia l’assenza di adeguati contributi finanziari da parte dello stesso Formigoni alle esose utilità  a sua disposizione».
Lo stile di vita altissimo «conteggiato» risale al 2003, e comprende «ville in Sardegna, imbarcazioni di lusso, cene da Sadler (noto ristorante milanese, ndr), viaggi in località  esotiche»: il tutto senza mai attingere – in nove anni, fino al 2011 – un euro dai suoi conti correnti.
Repubblica ha chiesto a Formigoni di esibire le ricevute, non ha mai avuto risposte, ma solo offese.
Oggi le risposte arrivano dalle carte giudiziarie.
Come poteva permettersi quel tenore di vita un esponente pdl di medio livello? Secondo un rapporto della Gdf, tutte le operazioni bancarie esaminate «sono avvenute al di fuori del circuito dei conti correnti di Formigoni» che «non presentano una normale operatività  dato che non si registrano nè prelievi bancomat, nè pagamenti pos, nè pagamenti con carte di credito, nè emissione di assegni».
“LA PASSIONE PER LO CHAMPAGNE”
Un esempio arriva dal verbale del ristoratore Claudio Sadler, reso il 27 luglio scorso: «Ho spesso sentito parlare di gite ai Caraibi e in luoghi esotici soprattutto negli ultimi cinque anni.
Ai viaggi, Daccò mi diceva, partecipava anche il presidente. Mi descriveva posti meravigliosi, ville con servitù e cuochi (…) Davo per scontato che fosse Daccò a pagare i conti perchè in tutti questi anni non ho visto altro che lui pagare i conti. Pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo. Avevamo ricevuto personalmente da Daccò la disposizione che i conti del presidente fossero a suo carico.
Del resto Formigoni, anche quando veniva senza Daccò, non si preoccupava affatto del conto e, una volta finita la cena, andava via. Ringraziava e andava senza neppure chiedere quale fosse l’importo.
Ordinava per altro con libertà , bevendo solo champagne del quale è particolarmente appassionato». In effetti, notano i detective della procura, «non risulta alcun pagamento dai conti di Formigoni a favore di Sadler», a differenza degli esborsi di Daccò: «177 mila e 860 euro» costano «le cene del presidente ».
Dalla sconfinata disponibilità  di contanti, di provenienza ignota, Roberto Formigoni attinge per soddisfare le continue richieste di denaro da parte della presentatrice tv ed ex fidanzata Emanuela Talenti. Sulla quale piovono 352mila euro, denaro in parte utilizzato per comprarsi casa.
L’attuale governatore lombardo utilizza lo stesso meccanismo per pagare le quote di Forza prima e Pdl dopo, versando 8mila e 18 euro attraverso «un’operazione extraconto in contanti» che sfugge al circuito bancario.
Ma una vera passione, il governatore, sembra averla anche per le creme del viso.
Per acquistare un barattolo della Genescience (prezzo «tra i 150 e i 200 euro a confezione»), il segretario del Governatore, Mauro Villa si lascia scappare al telefono come Formigoni «la usi come colla per i manifesti».
Ne deve fare un continuo acquisto, ma anche in questo caso, secondo la procura, non si capisce da quale cassa riservata attinga, visto che anche per questa spesa dai conti dell’esponente del Pdl non esce un euro.
LA REGIONE ASSERVITA
Ma la svolta nelle indagini del pool coordinato da Francesco Greco emerge dal coro delle voci di chi era obbligato a obbedire non al bene comune, ma a Daccò&Simone. Luca Merlino, dal 1996 in Dg Sanità , spiega come funzionava il Caffè Sanità  nel verbale del 21 settembre 2012: «Botti (un altro funzionario, ndr) era molto contrariato della forte interferenza proveniente dal tavolo socio-sanitario.
Più volte Botti ha manifestato notevole fastidio per le insistenze di Pierangelo Daccò in merito alle necessità  della fondazione Maugeri.
Mi vergogno un po’ a usare quest’espressione ma più volte con Botti abbiamo definito Daccò un rompicoglioni ».
Ciò che più infastidiva Botti «era il fatto che le insistenze di Daccò si traducevano in pressioni politiche».
Il dato emerge anche da una nota del 2002 in cui Merlino parla esplicitamente di «forzature a posteriori» nelle delibere.
Interrogato dai pm dieci anni dopo spiega il senso: la richiesta di forzare «proveniva dal tavolo socio-sanitario e in particolare dal presidente Formigoni» e «se proprio la presidenza voleva garantire ulteriori erogazioni alla fondazione dovevano farlo con una scelta discrezionale e non costringendomi ad alterare i risultati derivante dall’applicazione dei criteri».
“DACCà’ OTTENEVA QUELLO CHE VOLEVA”
Merlino parla anche del direttore generale della Sanità , Carlo Lucchina e del braccio destro di Formigoni Nicola Sanese:
“È stato proprio Lucchina a dirmi che anche Sanese nutriva una certa insofferenza nei confronti di Daccò e che tuttavia era necessario assecondarne le richieste in quanto egli godeva di uno stretto rapporto d’amicizia con il presidente Formigoni (…). Lucchina ha sempre verificato con Formigoni che le richieste fatte da Daccò fossero condivise dal Presidente o a lui note. Il più delle volte il presidente confermava la sua adesione alle richieste e insisteva perchè fossero accolte (…) Se il Presidente appoggiava la richiesta di Daccò era difficile opporsi: un eventuale parere contrario della Dg sarebbe stato disatteso». Chiedono i pm: «Ma perchè Daccò otteneva sempre quello che voleva?» «(…) Lucchina mi ha riferito di imposizioni da parte del presidente nel corso di tavoli socio sanitari (…) La ragione per la quale Formigoni ha sempre sostenuto le richieste di Daccò è dovuta al fatto che Daccò gli garantiva delle utilità  nel senso di utilizzo di barche, vacanze costose, feste o cene fatte solo per celebrare l’immagine del presidente, case in Sardegna, eccetera».
LA GIUNTA ERA SOLO “FORMALE”
Maurizio Amigoni, direttore generale vicario della direzione generale sanità , ciellino, conferma: «Sicuramente eravamo tenuti ad ascoltare Daccò in quanto amico del presidente. Però su molte cose siamo riusciti a tamponare le richieste che venivano dal tavolo politico…
«. Nella catena di comando Formigoni-Sanese-Lucchina-Merlino, «la giunta deve dare la veste formale all’atto e quindi renderlo esecutivo con l’approvazione».
OPPORSI PUO’ COSTARE CARO
Tra i testi utili all’accusa c’è Carlo Borsani, ex assessore alla Sanità  per An: «Con il San Raffaele e Verzè non ho mai avuto un buon rapporto soprattutto dopo aver disposto la chiusura della loro clinica di Castellanza (che si occupava di recupero tossicodipendenti con prestazioni non consentite) all’inizio del mio assessorato.
Dopo il mio intervento nei confronti del San Raffaele, Formigoni mi ritirò la delega in materia di tossicodipendenza (…) Formigoni prendeva decisioni senza neppure informarmi, con un sostanziale esautoramento delle mie funzioni».
I RINGRAZIAMENTI A MAUGERI
Ieri scrivevamo di due biglietti di ringraziamento di Roberto Formigoni a Umberto Maugeri. Sono allegati alla relazione della polizia giudiziaria e «non sono un gesto di semplice amicizia – per altro disconosciuta dallo stesso Maugeri», ma il ringraziamento per 600mila euro, somma che «nell’ambito dell’accordo corruttivo con Daccò/Simone e Formigoni», Maugeri regala per le regionali del 2010. Formigoni ancora ieri parlava di «inchiesta senza fondamento », e che nelle carte «non c’è un atto corruttivo».

Davide Carlucci, Piero Colaprico e Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)

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ALBERTINI ALL’ATTACCO DI FORMIGONI: “NON MI INQUIETI TROPPO O RACCONTO TUTTO E LO METTO A TERRA: E LUI SA DI COSA PARLO”

Gennaio 13th, 2013 Riccardo Fucile

L’EX SINDACO DI MILANO REPLICA ALLE ACCUSE DEL “GOVERNATORE GIRAVOLTA”…”CON ME I MODERATI AVREBBERO VINTO SENZA PROBLEMI E SENZA RACCONTARE FANDONIE”

“Non mi inquieti troppo perchè posso fare dichiarazioni che lo metterebbero a terra e lui sa di cosa sto parlando”.
E’ l’ ‘avvertimento’ lanciato da Gabriele Albertini, in corsa per la presidenza della Regione Lombardia, al governatore Roberto Formigoni che lo ha accusato di puntare a poltrone che si aggiungerebbero a quella di eurodeputato.
Lanciando l’ ‘avvertimento’ a Formigoni, l’ex sindaco ha sottolineato: “I colloqui che hanno riguardato alcuni argomenti molto vicini a lui sono avvenuti nel mio ufficio e sappiamo di cosa sto parlando. Non parliamo di poltrone perchè non credo abbia argomenti apprezzabili da rappresentare”.
Albertini ha aggiunto che “per il resto non ho altri motivi di conflitto con lui. Ha fatto la scelta sbagliata di abbandonare il campo e di ‘rientro’ per ragioni, a mio avviso, di potere e non di obiettivi, valori e proiezione futura. E’ un politico di professione, non so perchè si è offeso quando ho detto la verità “.
Albertini ha poi parlato delle sue prospettive nella corsa al Pirellone. “Sto facendo i salti di gioia, mi sento un gigante” ha detto commentando un sondaggio che nella corsa per la poltrona di presidente della Regione gli dà  il 10-11 per cento dei consensi elettorali.
“Se da solo – ha aggiunto – un Albertini qualsiasi, senza partiti e senza altro che le modeste energie di cui dispone, è già  in queste condizioni prima ancora di aver cominciato la campagna elettorale, devo dire che mi sento un gigante”.
L’ex sindaco, oltre a ricordare di non essere nè ministro uscente, nè segretario di partito, ha detto di essere rimasto “colpito dal fatto che sembrerebbe che io abbia più voti dalla sinistra moderata che dalla destra”.
Per il candidato al Pirellone e in corsa al Parlamento nella lista Monti “questo indica che colossale errore abbia fatto il mondo dei moderati”, con l’asse Pdl-Lega anche in Lombardia, “perchè con il sottoscritto, avremmo potuto vincere senza problemi e senza dividerci, connotando il Pdl per quello che dovrebbe essere: un partito europeista, veramente moderato, che non racconti fandonie e non sviluppi demagogia ma che creda nella responsabilità  di dire il vero”.

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NON GRADISCE LE DOMANDE DELLA PARODI E FORMIGONI URLA ALLA SEGRETARIA: “VAI A SPACCARLE LA FACCIA O TI LICENZIO”

Novembre 17th, 2012 Riccardo Fucile

OSPITE IN TV SU LA7, L’EX GOVERNATORE DA’ IL PEGGIO DI SE’

Scenataccia di Roberto Formigoni, dietro le quinte del programma pomeridiano de La7, in onda poi oggi, venerdì, alle 14.
La trasmissione di solito va in diretta, ma occasionalmente è stata registrata in mattinata, proprio per impegni del governatore della Lombardia.
Terminata l’intervista con Cristina Parodi e i giornalisti della sua squadra, Formigoni è uscito furente dallo studio.
E – davanti almeno a una decina di persone – si è rivolto alla sua addetta stampa, Gaia Carretta, gridando: «Tu adesso stai qui e spacchi la faccia a Cristina Parodi e a questa banda e a questi giornalisti!»
Rivolto poi ad un’autrice del programma, Francesca Filiasi, ha aggiunto: «Avete fatto solo cagate!».
Ancora rivolto alla sua addetta stampa: «E se non lo fai, sei licenziata!».
SIPARIETTO
Il governatore era visibilmente adirato poichè, secondo lui, troppo parte dell’intervista era stata dedicata alle vicende giudiziarie della Regione, mentre – secondo presunti accordi – sarebbe dovuta essere sulle vicende del Pdl e sulle elezioni in Lombardia. Insomma secondo Formigoni troppo tempo era stato dedicato alle inchieste che lo vedono coinvolto a vario titolo.
I «giornalisti» a cui si riferiva il governatore, sono i protagonisti della rubrica «Fratelli D’Italia» (giornalisti stranieri che fanno domande all’ospite di turno, insieme alla Parodi) e in questa occasione erano: Constanze Reuscher   (tedesca), Ivan Carbalho (Usa) e la soprano (non giornalista) cinese Sofia Hui Zou.
La puntata è andata regolarmente in onda.
Quando Cristina Parodi è stata avvisata dell’insolito siparietto nei camerini, ha sgranato gli occhi davvero sbalordita. Aveva fatto solo il suo mestiere.
PARODI: «SORPRESA»
Dopo che Cristina Parodi è venuta a conoscenza dell’accaduto, ha così commentato: «Non ho assistito alla scena, ma cio che mi è stato riferito mi ha lasciato sorpresa. È stata una reazione eccessiva, anche perche l’intervista si era conclusa con una stretta di mano e un sorriso».
Nessuna trappola dunque. «Ma no, solo domande naturali di giornalisti stranieri. Mi ha davvero stupito perchè tutti noi abbiamo solo fatto il nostro lavoro».
Le era mai capitato prima? «No, solo qualche tensione in studio, per esempio con Sgarbi o con la Biancofiore, ma fuori dallo studio mai nulla. Io ho massimo rispetto per Formigoni e il suo ruolo istituzionale, ma se lui accetta di sottoporsi a domande da parte di giornalisti, è ovvio che poi si debba rispondere a tutto. Non ci sono stati nè tranelli nè imboscate. Ci sono rimasta proprio male».
La verità  è che forse ormai molti politici non hanno più voglia di confrontarsi e di rispondere alle domande di giornalisti.
«Beh certo l’opinione che i politici hanno dei giornalisti non è alta. Invece è importante che la gente ascolti quello che hanno da dire i politici. La teoria di Grillo per cui non si va a parlare in tv mi pare assai poco democratica. Ha fatto bene il Formigoni politico navigato a venire: è doveroso confrontarsi».

Maria Volpe
(da “Il Corriere della Sera“)

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“LEGA, NON FARE LA ZITELLA”: COSI’ FORMIGONI RISPONDE A BOSSI CHE AVEVA DETTO: “IN LOMBARDIA VINCIAMO NOI, IL SISTEMA FORMIGONI E’ FINITO”

Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile

SCAMBIO DI CORTESIE TRA EX INCIUCISTI… FORMIGONI AUSPICA UN CENTRODESTRA UNITO SUL NOME DI ALBERTINI, LA LEGA PUNTA SU MARONI

«In Lombardia vinciamo noi». Lo ha detto giovedì mattina Umberto Bossi, fiducioso sul risultato della Lega alle prossime regionali.
«Formigoni – ha aggiunto poi, rispondendo alle domande dei cronisti – è l’immagine di un sistema che sta cambiando».
Il governatore uscente invece continua a ribadire il suo progetto per il centrodestra unito alle elezioni regionali in Lombardia.
Nella sua newsletter quotidiana ha lanciato una sorta di appello alla Lega: in copertina appare infatti l’immagine di una ragazza con gli occhiali seduta – si presume a una festa – con aria imbronciata, vestita di verde, il colore dei leghisti, sotto un titolo dello stesso colore che recita: «Lega, non fare la zitella – Alle regionali della Lombardia il centrodestra sia unito».
Per Formigoni, il candidato da proporre resta Gabriele Albertini.
Qualche giorno fa, il Carroccio aveva protestato con Sel, annunciando querele, per una serie di manifesti che raffiguravano un bacio fra Formigoni e Maroni, entrambi con la coppola in testa.
La capogruppo di Sel al Consiglio regionale della Lombardia, Chiara Cremonesi, a questo punto si chiede: «La Lega, dopo Sel, ora querelerà  anche Formigoni? Oppure userà  due pesi e due misure, come ha già  fatto per la mafia in Lombardia?».

(da “Il Corriere della Sera”)

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LOMBARDIA: IL PDL A RIMORCHIO DELLA LEGA ALLE PRIMARIE, IN RIBASSO LE QUOTAZIONI DI ALBERTINI

Ottobre 30th, 2012 Riccardo Fucile

MA FORMIGONI NON CI STA: “NO AI DIKTAT LEGHISTI, SPAZIO ALL’EX SINDACO”

Il dopo Formigoni inizia con una nuova lite tra il governatore e il coordinatore regionale del Pdl. Mario Mantovani lancia la proposta di scegliere il candidato del centrodestra alle regionali il 16 dicembre, con le primarie nazionali pidielline.
Lo scopo dell’iniziativa che sarà  formalizzata mercoledì al segretario del partito, Angelino, Alfano è rinsaldare l’alleanza con la Lega.
«Un percorso ineludibile – spiega Mantovani, che è stato chiamato ancora una volta a rapporto ad Arcore da Silvio Berlusconi – Ci vogliono grandi ideali, ma anche grandi numeri: l’uno non può fare a meno dell’altro».
Quanto all’ipotesi di candidare l’ex sindaco Gabriele Albertini, il senatore berlusconiano non si sbilancia: «Non l’ho ancora sentito e mi auguro di sentirlo presto. È un buon nome, ma bisogna che la Lega sia favorevole. E proprio attraverso le primarie può emergere un candidato su cui possa convergere anche il Carroccio».
L’interessato, però, prende altro tempo.
Il vicegovernatore Andrea Gibelli della Lega «condivide» il percorso indicato da Mantovani.
«Per vincere in Lombardia – sottolinea – c’è bisogno della Lega, visto che i numeri non sono noccioline». Non prima di aver ribadito: «Il nostro candidato è Roberto Maroni».
A sfasciare tutto, ancora una volta, è Roberto Formigoni. Che prima su Twitter e poi con dichiarazioni a raffica boccia la linea del Pdl lombardo.
«Il Pdl sosterrà  la candidatura di Albertini, i giochi sono praticamente fatti – sentenzia il governatore – Il Pdl non accetterà  il diktat della Lega che continua a dire avanti con Maroni, non ci sono altre candidature e Albertini ha un profilo stimato oltre Milano. La Lega ha mandato in crisi l’alleanza e ha tradito i patti del 2010 che ci impegnavano fino al 2015 e l’accordo che avevamo sottoscritto con Alfano e Maroni. Il candidato sarà  un uomo del Pdl, se poi la Lega vorrà  appoggiarlo sarà  la benvenuta. Non possono pretendere di avere il candidato».
Formigoni respinge senza appello anche l’ipotesi proposta da Mantovani di scegliere il candidato attraverso le primarie.
«Bisogna vedere se ci sono i tempi – attacca – In Lombardia si può votare anche il 16 dicembre. La politica deve diventare più veloce. Io lavoro perchè si voti il 16 dicembre e credo che il governo, impegnato a dare all’estero un’immagine diversa dell’Italia, sia interessato a dare un’immagine di efficienza».
Il governatore azzarda addirittura che se la data del voto anticipato fosse quella preferita da lui, quelle del Pdl per scegliere il candidato premier «si sposteranno di una settimana».
La scelta del candidato del centrodestra per il dopo Formigoni resta un percorso a ostacoli.
L’argomento è stato al centro di un nuovo faccia a faccia tra Mantovani e Silvio Berlusconi nella sua villa di Arcore. La finestra per andare alle urne, secondo quanto riferito da Formigoni, è dal 16 dicembre al 27 gennaio.
Il Pdl lombardo, invece, punterebbe a votare a febbraio e ad allargare al massimo la coalizione. Non solo alla Lega e ai Pensionati, ma anche all’Udc. Mentre l’area del partito vicina a Formigoni preme per abbandonare definitivamente l’alleanza con il Carroccio e aprire al centro.
Per questo motivo, per capire in quale direzione penderà  l’ago della bilancia delle future alleanze, e quindi il candidato più adatto a rappresentarle, bisognerà  aspettare anche l’esito del voto in Sicilia.
Oltre, naturalmente, sia alla decisione dei vertici nazionali del Pdl attesa per domani sulle primarie nazionali, che quella del prefetto Gian Valerio Lombardi sulla data del voto in Lombardia.
Nel frattempo, Formigoni fa sapere che potrebbe candidarsi anche a premier: «Sto valutando, lo annuncerò su Twitter»

Andrea Montanari

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REGIONE LOMBARDIA, AVANTI UN ALTRO: ARRIVA UN NUOVO INDAGATO, L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE RAIMONDI ACCUSATO DI CORRUZIONE

Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile

E’ DI AREA COMUNIONE   LIBERAZIONE, PRIMO DEGLI ELETTI PDL A BERGAMO… DIVENTANO COSI’ QUINDICI I CONSIGLIERI INDAGATI

E siamo a quindici, su ottanta consiglieri.
Si estende a macchia d’olio, nel mare in burrasca che sta travolgendo per via giudiziaria la Regione Lombardia, l’inchiesta sulla discarica di amianto di Cappella Cantone (Cremona) coinvolgendo ora anche l’assessore regionale all’Ambiente del Pdl Marcello Raimondi, indagato per corruzione come i due esponenti della «Compagnia delle opere» di Bergamo, il braccio economico di Comunione e liberazione, perquisiti martedì dalla Gdf di Milano.
È il quindicesimo consigliere lombardo a finire sul registro degli indagati, il secondo assessore della giunta Formigoni dopo Domenico Zambetti, arrestato giorni fa per aver pagato i voti della ‘ndrangheta.
Primo degli eletti a Bergamo, Raimondi è legato a Comunione e liberazione, movimento di cui fa parte Roberto Formigoni.
Anche il governatore è indagato per corruzione, ma nell’inchiesta sulla Fondazione Maugeri per i benefit in viaggi, soggiorni lussuosi ai Caraibi e uso di yacht ricevuti, secondo i pm, dall’amico Pierangelo Daccò, il faccendiere «apriporte» in Regione per la struttura sanitaria pavese e socio del ciellino doc Antonio Simone, altro amico del governatore, ex assessore alla Sanità  negli anni 90 e poi consulente in legislazione sanitaria. Raimondi è coinvolto nell’indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dei sostituti Paolo Filippini e Antonio D’Alessio perchè avrebbe tentato di accelerare l’iter amministrativo per l’autorizzazione della discarica culminato nella delibera numero 1.594 approvata dalla giunta regionale il 20 aprile 2011 su proposta diretta del governatore Formigoni.
Una delibera che superava la legge regionale e l’opposizione della Provincia di Cremona, che temeva che i rifiuti pericolosissimi potessero inquinare la falda acquifera.
Atto peraltro mai pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione.
Sono una decina gli indagati di questa inchiesta approdata da Brescia a Milano per competenza territoriale dopo l’arresto a novembre 2011 dell’ex assessore e poi vice presidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani (Pdl), pizzicato con una mazzetta da centomila euro sganciata dall’imprenditore Pierluca Locatelli proprio per ottenere l’autorizzazione ad aprire la discarica di Cappella Cantone.
Tra i nomi iscritti a Milano per concorso in corruzione ci sono alcuni dei dieci arrestati dalla procura di Brescia (Nicoli Cristiani, Locatelli e sua moglie Orietta Pace Rocca) ai quali Robledo-Filippini-D’Alessio hanno aggiunto quelli del presidente della Cdo di Bergamo Rossano Breno (dimessosi ieri dopo essere stato perquisito) e l’ex suo vice Luigi Brambilla, che si dimise quando il suo nome emerse dagli atti dell’inchiesta bresciana.
Sono accusati di aver preso da Locatelli circa 210 mila euro (25 mila in contanti, il resto per consulente fittizie) come «pagamento delle promesse corruttive» e di aver poi fatto da «mediatori presso i pubblici ufficiali della Regione» favorendo «atti contrari ai doveri d’ufficio».
Se i soldi a Breno e Brambilla, secondo l’impostazione dei pm, dovevano servire a pagare i politici, per ammansire i funzionari regionali, sui quali si sta indagando, l’imprenditore contava invece sui buoni uffici dei vertici della Cdo e del movimento cattolico.
Per questo avrebbe eseguito gratuitamente lavori di ristrutturazione per un milione di euro nella scuola della Fondazione Imiberg di Bergamo legata a Cl.
Ai pm l’imprenditore ha dichiarato di aver pagato anche se «l’autorizzazione era un atto dovuto» e «legittimo».
Di Raimondi, soprannominato «Nano ghiacciato», parlavano al telefono, intercettato, Brambilla e Andrea David Oldrati, anche lui consulente di Locatelli.
È il 18 maggio 2011, giorno in cui l’Arpa deve fare un sopralluogo nella discarica. «Vedo “Nano ghiacciato” stamattina» e «gli dico che va tutto bene e gli do l’ennesimo input sulla velocità », dice Brambilla.
Due giorni dopo, Brambilla e Oldrati commentano la resistenza fatta da funzionari regionali, alcuni dei quali sono stati interrogati dai magistrati milanesi: «Il nemico è quella banda di funzionari – dice Brambilla – comunque il “Nano Ghiacciato” mi ha detto che in 11 anni di Regione non ha mai visto una resistenza così da parte dei funzionari».

Giuseppe Guastella
(da “Il Corriere della Sera”)

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“HA CREDUTO DI ESSERE DIVENTATO IL CAPO”: E ADESSO CL VUOLE IL DIVORZIO DA FORMIGONI

Ottobre 17th, 2012 Riccardo Fucile

NEL MOVIMENTO TANTI LAVORANO PERCHE’ NON NASCA UNA LISTA CON IL SUO NOME

Se proprio volessimo cercare una metafora dei rapporti tra Roberto Formigoni e Comunione e Liberazione potremmo scegliere quella legata al nuovo grattacielo della Regione Lombardia.
Optando per un palazzo di 39 piani il Celeste ha ribadito la sua propensione per la verticalità  mentre la filosofia dei ciellini resta, nonostante tutto, ancorata a una visione orizzontale della vita e della società .
Il distacco tra Cl e Formigoni quindi non parte dagli ultimi episodi, si alimenta di un’insofferenza che data molto più addietro.
Oggi diversi esponenti di Cl arrivano a sostenere che se fosse stato per loro Formigoni sarebbe diventato presidente del Senato e non avrebbe dovuto ricandidarsi alla guida del Pirellone. Secondo questa ricostruzione sarebbe stato Silvio Berlusconi a volerlo ancorare a Milano e a precludergli la Capitale.
Sia opportunistico o meno ricordarlo, l’episodio è sintomatico perchè è rivelatore di una volontà  di prendere le distanze dal Celeste che ormai sembra conoscere poche eccezioni.
Trovare un ciellino che tifi per Formigoni è difficile.
E non è certo un caso che intervenendo da Gad Lerner lo scorso lunedì sera Mario Mauro, capogruppo pdl a Strasburgo e ciellino onni-rispettato, non abbia minimamente preso in considerazione l’ipotesi di una lista Formigoni e abbia invece esplicitamente indicato come candidato al Pirellone un non ciellino, Gabriele Albertini.
Un modo per dire «noi abbiamo già  dato e stare fermi un turno non ci può far che bene».
La verità , infatti, è che il movimento sta tentando disperatamente di non pagar dazio, di chiudere la parentesi formigoniana così come si licenzia un allenatore che ha vinto tanto ma è diventato ingombrante.
Tutti quindi in questi giorni lavorano per recuperare la giusta distanza.
Non solo dal governatore della Lombardia («che come Lucifero a un certo punto ha creduto di esser diventato il capo di Cl») ma anche da Berlusconi che se fosse per i ciellini non dovrebbe nemmeno pensare di potersi candidare alle politiche del 2013.
In questo affannoso recupero di autonomia la lettera di Julià¡n Carrà³n, il successore di don Giussani, uscita il 1 maggio su Repubblica è citata e stracitata. In molti la sanno a memoria.
Il passaggio chiave è laddove Carrà³n contrappone «testimonianza» ed «egemonia» e implicitamente accusa Formigoni di essere rimasto vittima della seconda.
La volontà  di potenza che ha preso il posto dei legami orizzontali con la società .
Eppure la forza di Cl sta proprio nella sua capillarità , nelle reti di welfare minimo che ha saputo costruire. Se la globalizzazione ti lascia da solo, Cl no.
Se sei un avvocato troverai la tua associazione, se la tua famiglia è vittima del disagio troverai chi la soccorre.
Ma a differenza della Caritas i ciellini hanno sempre tramutato l’empatia sociale in una macchina capace di produrre preferenze e consenso da negoziare con il mondo politico per ottenere gli obiettivi del movimento.
Chi ha partecipato da dentro alla macchina elettorale di Cl racconta come fosse organizzata stile Pci vecchia maniera, tutti sapevano perfettamente le cinquine da votare e da far votare e quasi sempre i risultati confermavano le previsioni.
Una macchina che finora ha conosciuto solo una defaillance, alle ultime comunali di Milano quando Cl non è riuscita a impedire all’arancione Giuliano Pisapia di vincere.
I dietrologi sostengono che non sia stato casuale e che il Celeste non amasse Letizia Moratti e preferisse non averla tra le scatole in previsione dall’Expo ma la verità  non è stata mai acclarata e comunque al momento opportuno Pisapia non ha onorato la presunta cambiale.
Il rapporto di Cl con la politica ha conosciuto molti passaggi.
La venerazione per la figura di Giulio Andreotti, la creazione di un vero e proprio braccio operativo – il Movimento popolare – successivamente soppresso, l’appoggio incondizionato al Cavaliere e il lungo ciclo formigoniano.
Non si può dire che nessuna di queste esperienze si sia rivelata alla fine esaltante.
Certo ha permesso al movimento di consolidarsi, di ottenere prebende, di reclutare manager e professionisti ma alla fine ha obbligato Cl a un’ordinaria manutenzione del consenso che ne ha appannato l’immagine e ne ha logorato la capacità  di produrre innovazione politica.
Lo stesso modello di organizzazione sembra conoscere dei limiti oggettivi tanto che alla fine produce buoni quadri ma non leader.
Non stupisca quindi che oggi nel mondo cattolico c’è chi monta il paragone con la comunità  di Sant’Egidio per sostenere che il modello leggero dei romani è più efficace e li ha dotati di un leader più in sintonia con i tempi come il ministro Andrea Riccardi.
Nessuno dentro Comunione e Liberazione contesta i risultati della Lombardia, riconoscono tutti a Formigoni di aver governato bene e di aver dato seguito ad alcune idee-chiave del movimento come la sussidiarietà , la difesa della scuola privata, il sistema dei voucher, ma ciò non impedisce di aspettarne con trepidazione l’uscita di scena. Camillo Langone sul Foglio di ieri ha rivolto addirittura un appello a Carrà³n «a staccare la spina», a lasciare esplicitamente la Celeste Zavorra al suo destino.
In molti dentro Cl si vantano di lavorare perchè non nasca una lista Formigoni, giudicata un’autentica fesseria che poteva venire in mente solo a un uomo che ha dimenticato la testimonianza ed è carico di volontà  d’egemonia.
Verrà  il giorno in cui, senza che canti nessun gallo, anche i manager da lui nominati lo disconosceranno ma del resto è destino dei potenti che accada così. I primari ciellini in Lombardia sono almeno trenta e si parla di almeno 3 mila medici appartenenti al movimento. Come riusciranno a garantirli tutti?
onostante un ciclo politico di 17 anni al potere della più importante regione italiana non esiste un filone di «ciellelogi», come invece esiste una nutrita schiera di «legologi».
La spiegazione più semplice è che il Carroccio tutto sommato è un partito facile da interpretare mentre il singolare intreccio di fede, welfare e politica rappresentato dal movimento dei seguaci di don Giussani non si presta.
Nei confronti di Cl però non mancano i nemici giurati: c’è chi l’accusa di non avere una contabilità  trasparente, c’è chi la paragona a una vera e propria setta con i suoi adepti e a Milano negli ambienti sanitari, bancari e universitari c’è una corrente di avversione che accusa Cl di pianificare le carriere, organizzare assunzioni ad hoc, far scivolare la pratica comunitaria in vero e proprio clientelismo molecolare.
«Siamo un ascensore sociale» ebbe a dire qualche tempo fa un giornalista ciellino.
«Se anche l’amicizia in Italia diventa un reato io emigro» gli fa eco un parlamentare, che per spiegare il funzionamento della rete di monitoraggio e assistenza racconta come don Giussani una volta si era recato in Sicilia e aveva conosciuto dei produttori di vino ad Alcamo.
Tornato a Milano aveva dettato i compiti ai suoi: «I nostri amici siciliani fanno un vino fantastico e noi dobbiamo aiutarli a venderlo».
A rendere stabile l’aiuto alle imprese è nata la Compagnia delle Opere che ha conosciuto nel tempo un discreto successo, si è imbattuta in più di qualche disavventura giudiziaria (come quella di ieri a Bergamo) ma non è quella macchina da guerra che spesso viene dipinta.
Solo per avere un termine di paragone aderiscono alla Cdo 36 mila imprese mentre l’associazione degli artigiani di matrice cattolica, la Confartigianato, ne rappresenta 700 mila.

Dario Di Vico
(da “Il Corriere della Sera“)

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FORMIGONI FAVORI’ LA COMPAGNIA DELLE OPERE: L’ACCUSA: “MAZZETTE PER UNA DISCARICA”.

Ottobre 17th, 2012 Riccardo Fucile

NUOVA INDAGINE SULLA GIUNTA FORMIGONI

L’aveva voluta Roberto Formigoni in persona, scavalcando quanto approvato dal Consiglio regionale.
Ora, quella delibera della giunta della Regione Lombardia che autorizzava la Cavenord di Pierluca Locatelli a smaltire amianto, è fulcro dell’inchiesta milanese che ha messo sotto accusa per corruzione i vertici bergamaschi della Compagnia delle Opere, braccio economico di Comunione e liberazione: il presidente Rossano Breno (anche membro del Cda della Banca Popolare di Bg) e il vicepresidente Luigi Brambilla per fatti “in data prossima al settembre 2011”.
Ieri, le società  da loro amministrate, la Mediberg e la Custodia srl sono state perquisite dal nucleo tributario della Guardia di finanza su disposizione dei pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio, coordinati dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo.
Nel decreto si legge che la perquisizione è stata decisa sulla base della “deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n°1594 del 20 aprile 2011”, oltre che alla luce di un interrogatorio di Locatelli, secretato, del 31 gennaio scorso; della documentazione acquista presso la fondazione Imiberg; delle “fatture emesse da Custodia srl nei confronti di Locatelli in forza di obbligazioni contrattuali”.
Ha avuto un peso, inoltre, un’intercettazione ambientale di Locatelli, nell’ottobre 2011 “nel corso della quale si apprendeva che la Cavenord costata 7 milioni di euro per il gruppo Locatelli, grazie alla discarica di amianto avrebbe consentito l’erogazione di un mutuo di 15 milioni di euro”.
Breno e Brambilla, della Compagnia delle Opere, per l’accusa sono dei mediatori tra Locatelli e funzionari regionali, un po’ come, per il settore sanità , Piero Daccò e Antonio Simone, coindagati di Formigoni per presunti grandi favori alla Fondazione Maugeri.
Emerge un “diretto coinvolgimento di Breno e Brambilla affinchè gli amministratori della Regione Lombardia con cui erano ‘in contatto’ favorissero con atti contrari ai doveri d’ufficio gli interessi imprenditoriali di Locatelli e l’ottenimento dell’Autorizzazione regionale per l’apertura di una discarica di amianto…”.
Gli uffici della Mediberg e della Custodia, si legge ancora nel decreto, li hanno utilizzati “per stringere accordi criminosi con Locatelli nonchè per emettere documentazione contabile e contrattuale con cui giustificare il pagamento di illecite somme di denaro da parte di Locatelli, ovvero per incassare denaro contante quale pagamento delle promesse corruttive”.
In cambio del loro “pressing” sulla Regione, i vertici bergamaschi della Compagnia delle Opere avrebbero ricevuto da Locatelli “centinaia di migliaia di euro” e lavori gratuiti alla scuola ciellina della Fondazione Imiberg.
Locatelli è stato arrestato nel novembre 2011 per aver dato una mazzetta da 100 mila euro all’allora vicepresidente del Consiglio regionale Nicoli Cristiani( Pdl) anche lui finito in carcere insieme al funzionario dell’Arpa, Giuseppe Rotondaro.
Locatelli, in un interrogatorio, secondo quanto ci risulta, sostanzialmente ha anche dichiarato di aver dato una tangente a Nicoli per non avere problemi con funzionari regionali.
Nel testo della delibera regionale a favore di Cavenord, si legge che fu approvata “su proposta del presidente Roberto Formigoni”.
Un provvedimento che ha letteralmente aggirato i limiti posti dal Consiglio regionale sui materiali inertizzanti, quando ha approvato il piano cave in provincia di Cremona. Quei “paletti”, dunque, non avrebbero consentito l’autorizzazione di cui aveva assoluto bisogno Locatelli.
Ma il governo lombardo, su input di Formigoni, ha approvato quell’autorizzazione firmata dal dirigente competente Dario Sciunnach, con un parere positivo, a quanto pare, dell’ufficio legale del Pirellone.
Non senza il travaglio, però, di alcuni funzionari dell’ufficio dell’assessorato all’Urbanistica e al Territorio.
Secondo quanto risulta al Fatto , un dirigente in particolare, sentito in procura come testimone, ha riferito di aver dato parere negativo: a suo avviso non poteva essere concesso il via libera a Locatelli, senza passare attraverso un nuovo voto del Consiglio regionale.
Quel dirigente ha cambiato ufficio prima del sì della Giunta.
E la delibera, contrariamente al regolamento che ne prevede la divulgazione, non è stata pubblicata sul sito della Regione.

Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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FORMIGONI DUE, LA VENDETTA: “QUESTA LEGISLATURA E’ AL TERMINE, ELEZIONI TRA UN MESE E MEZZO/ TRE MESI, MARONI NON PUO’ ESSERE CANDIDATO”

Ottobre 16th, 2012 Riccardo Fucile

“ORIGINALE CHE IL CAPO DI UN PARTITO CHE PRIMA DICE CHE LA GIUNTA HA LAVORATO BENE E CHE IL GIORNO DOPO LA FA CADERE, PRETENDA DI ESSERE IL CANDIDATO PRESIDENTE”

“Questa legislatura regionale è giunta al termine”.
Il presidente della Regione, Roberto Formigoni, ha iniziato così il suo discorso nell’aula del Pirellone davanti al Consiglio regionale.
Formigoni ha ricordato la decisione dei consiglieri Pdl di rimettere le dimissioni nelle mani del capogruppo Paolo Valentini, una decisione, ha detto, che “pone termine in tempi rapidissimi a questa legislatura”.
“Intendo dare vita a una giunta rinnovata di persone esterne alle politica nei prossimi giorni, quindi questa è l’ultima settimana di vita di questo Consiglio regionale che in tempi brevissimi dovrà  eliminare il listino dalla legge elettorale”, ha proseguito il governatore.
“Alla decisione assunta dai consiglieri del Pdl, mi auguro ne segua una analoga da parte di almeno altri 15 consiglieri per porre termine in tempi rapidissimi a questa legislatura – ha aggiunto il governatore – Ribadisco il mio personale apprezzamento per questo gesto di grande responsabilità  da parte del Pdl che testimonia anche la determinazione di volere continuare a fare politica”.
A margine del Consiglio, Formigoni ha poi risposto alle domande dei giornalisti sulla candidatura di Roberto Maroni alla presidenza lombarda.
“Ritengo – ha spiegato il Celeste – un tantino irrituale che il capo di un partito che prima ha detto che la giunta ha lavorato bene e poi ha deciso di farla cadere, possa pretendere di essere il candidato presidente”.
Mentre sui tempi del voto ha ribadito che si potrà  tornare alle urne entro Natale o al massimo a metà  gennaio – anche con l’attuale legge elettorale – e che la decisione finale spetta al prefetto.
Subito dopo il governatore Formigoni, l’intervento di Luca Gaffuri, capogruppo del Pd nel Consiglio regionale della Lombardia, per affermare che i consiglieri democratici assicurano “di essere assolutamente disponibili ad associare le loro firme per le dimissioni a quelle del Pdl la prossima settimana, o anche oggi, per porre fine alla legislatura”.
Sulla stessa linea i consiglieri di Sel e Idv. Anche l’Udc, con il capogruppo Gianmarco Quadrini si è associato dicento: “Dobbiamo ritagliarci il tempo per approvare una legge elettorale giusta e approvare il bilancio – ha aggiunto – e poi andare al voto prima possibile”.
Dal fronte della Lega ha preso la parola il capogruppo Stefano Galli: “Credo – ha annunciato – che nelle prossime ore una proposta della Lega sulla riorganizzazione della nuova Giunta verrà  fatta”.
Spicca un’assenza, nell’aula del Consiglio regionale lombardo, che discute della fine anticipata del quarto mandato del governatore Roberto Formigoni.
E’ quella di Nicole Minetti, consigliera regionale del Pdl, a processo per il caso Ruby, che è stata al centro di polemiche per tutta la legislatura iniziata nel 2010.
La Minetti, eletta nel listino bloccato che proprio adesso anche Lega e Pdl vogliono eliminare prima dello scioglimento del Consiglio, è in congedo per motivi personali così come un altro consigliere.

(da “La Repubblica“)

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