Febbraio 21st, 2021 Riccardo Fucile
OCCHIO DI LAGO E CIELLE, 8,4 MILIARDI TAGLIATI A SUO TEMPO ALL’ISTRUZIONE, L’ESAME DI STATO A REGGIO CALABRIA PERCHE’ SI PASSA PIU’ FACILMENTE: ORA E’ NEL GOVERNO DEI “MIGLIORI”
Noi sudditi di poca fede credevamo che il suo sorriso andasse spegnendosi ogni sera nel cielo catodico dei tg, mentre recitava, a metà con l’elettrica Anna Maria Bernini, il fervente mantra dell’identico nulla: “Anche oggi il presidente Berlusconi ha avuto ragione”.
Persuasi che quel suo lampo d’occhi lacustri, di denti candidi e di tailleur fucsia, fosse un bagliore al crepuscolo.
Non sapevamo che quella permanenza serale della sua cangiante permanente, era l’alba di una nuova stagione lungamente attesa. Quella dei competenti dell’Era Draghi.
Eccola, dunque. Mariastella Gelmini è tornata con il suo centesimo paio di occhiali. Sarà di nuovo ministro. E anche stavolta ci darà delle soddisfazioni.
A questo giro, per divertirci, non tormenterà più gli insegnanti, gli studenti e i bidelli della scuola pubblica, facili da strapazzare con tagli, dispetti, gomitate, come nella sua indimenticata stagione al dicastero dell’Istruzione, anni 2008-2011.
Ma dovrà vedersela con l’agglomerato balcanico della Regioni, dove ogni giorno si combatte la guerra vera al Covid-19, con il fuoco delle ordinanze, le ritirate in zona rossa, le varianti da inseguire, la trincea dei vaccini da scavare.
Oltre ai disastri economici, sociali, esistenziali da fronteggiare, anche al netto degli assembramenti e delle lotte per la sacrosanta libertà di skilift e di aperitivo. Vedremo cosa riuscirà a cavare da quell’abisso di tormenti per trasformarli in colpi di teatro e buon umore, mai come ora utili alla depressa nazione.
Se saprà ripetere quel meraviglioso inciampo del tunnel che credeva scavato tra il Cern di Ginevra e i laboratori del Gran Sasso, 732 chilometri nientemeno, dove secondo lei, ministra persino della Ricerca scientifica, correvano allegri i neutrini alla velocità della luce. Per vantarsene disse che il suo dicastero aveva contribuito a costruirlo con 45 milioni di euro. E quando il mondo si meravigliò di tanta ingenuità , non rise come tutti, ma licenziò il portavoce.
Erano i tempi in cui tormentava la scuola passeggiandoci dentro con l’esplosivo, accompagnata dalle squadre di pulizia di Giulio Tremonti: 100 mila insegnanti cancellati in un triennio, 8,4 miliardi di euro di tagli.
E intanto intasava convegni e giornali con gli elogi alla meritocrazia, le lodi all’impegno formativo, gli encomi alla scuola dei migliori, sebbene allestita nelle classi pollaio e con i grembiulini.
Stavano tutti per crederle, quando venne fuori che lei aveva fatto il contrario. E da giovane laureata in Giurisprudenza, era scesa da Brescia fino a Reggio Calabria per sostenere l’esame di Stato.
Quando venne scoperta la sua furbata, spiegò: “Al Nord bocciano il 70 per cento dei candidati. In Calabria nove su dieci vengono promossi”. Ma non l’aveva fatto per sè, figuriamoci. Bensì per i suoi genitori che erano poveri e stanchi: “Non potevano permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi. Mio padre era agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare”.
Sommersa di fischi, rimase imperturbabile, come solo le devote alla causa sanno fare. E di cause Mariastella ne ha addirittura due.
Una la porta al collo sotto al foulard, nella forma di un piccolo crocifisso di legno, l’altra nel cuore ed è l’immagine grande-grande di Silvio che le sorride. La prima coincide intimamente con la sua infanzia di Bassa bresciana, nata tra le nebbie di Leno, anno 1973, babbo sindaco democristiano, mamma maestra, all’orizzonte la luce malinconica del Lago di Garda.
La seconda con il destino alto suo e della Repubblica: “Quando il presidente scese in campo, svegliò in me la passione civile”. Era il 1994. Aveva 21 anni. Racconta: “La mia fu una scelta coraggiosa e trasgressiva. Tutti dicevano che Forza Italia era un partito di plastica. E mia madre era preoccupata da morire”.
Coraggiosamente e trasgressivamente, Mariastella diventa la pupilla dell’ex ministro democristiano Giovanni Prandini, detto a quei tempi “Prendini”, inseguito da numerose Procure, riparato anche lui nel partito di plastica, dove secondo la novizia Mariastella “È alto il profilo etico della politica”. Che è a sua volta “la più alta forma di carità ”.
Veloce fu la sua gavetta, da consigliere comunale a Desenzano a coordinatrice lombarda di Forza Italia, passando per il memorabile incontro con il presidente, grazie alla mediazione del giardiniere di Arcore, un tale Giacomo Tiraboschi.
Da lì è un attimo sbocciare in Parlamento, nella celebre pattuglie delle devote — Carfagna, Santanchè, Prestigiacomo, Brambilla — titolari di un cospicuo potere nel sultanato di Arcore: “In Forza Italia — disse Mariastella — le quote rosa non servono. Il presidente tiene già tanto a noi”.
Da allora i rotocalchi e gli invidiosi non l’hanno più persa di vista. Compare accanto al presidente nel celebre giorno del Predellino, 18 novembre 2007, piazza San Babila, mentre Silvio sbriga in tre minuti di comizio/congresso la nascita del Popolo delle Libertà .
È sulla scalinata del Tribunale di Milano, l’11 marzo 2013, mentre canta l’Inno di Mameli con altri 150 deputati azzurri, per difendere il presidente da altre quote rosa che i giornali chiamano Olgettine, compresa la minorenne Ruby Rubacuori, e i giudici comunisti vogliono “ficcare il naso sotto le lenzuola del presidente”.
Salvo gli inciampi cognitivi, un matrimonio finito male e qualche fanta-intercettazione, la sua avventura in pubblico è tutta d’acqua dolce.
Per anni canta la messa quotidiana accanto a Sandro Bondi “umile, timido, immensa cultura”. È a suo agio tra le buie santità dell’Opus Dei e le bianche fatturazioni di Comunione e liberazione. Si addestra alla scienza sociale con Roberto Formigoni e a quella politica con Fabrizio Cicchitto.
Per il tempo libero si affida a un altro piduista, Luigi Bisignani. Ma sono solo istanti sottratti al presidente che difende con le unghie da un quarto di secolo: “Chi lo insulta, insulta gli italiani”.
Una fedeltà che a suo tempo Dell’Utri elogiò: “È lei il futuro di Forza Italia”. Neanche lui immaginando che sarebbe stato proprio Draghi a bersela.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO SCATENA L’IRONIA DELLA RETE: “LA STESSA DEL TUNNEL DEI NEUTRINI”
La campagna elettorale – mancano ormai poco più di due mesi alle prossime amministrative – passa anche (e come potrebbe essere altrimenti) attraverso i social. Mariastella Gelmini – capolista per Forza Italia a sostegno del candidato di centrodestra, Stefano Parisi – ha postato sul suo profilo Twitter un video per denunciare le «diecimila multe al giorno emesse dal Comune di Milano».
La deputata azzurra ha accusato il sindaco uscente, Giuliano Pisapia, di utilizzare i verbali come «strumento per fare cassa sulla pelle dei cittadini».
E, mentre sciorinava a favore di videocamera una multa-tipo, Gelmini ha rincarato la dose snocciolando pillole di programma: «Vogliamo un traffico fluidificato – ha ribadito – e autovelox solo dove servono».
L’ironia in Rete
E però, in Rete il cinguettio ha suscitato ironia per la scelta, non proprio ideale, del contesto.
Gelmini, infatti, condannava l’uso esagerato delle sanzioni di fronte a tre auto in sosta vietata.
Tanto è bastato per scatenare commenti del tipo: «Gentile signora Gelmini, chi parcheggia in divieto di sosta (come le auto dietro di lei!) non dovrebbe essere multato?».
E ancora: «Poveretta! Peccato che l’auto è in divieto di sosta».
Tra i più caustici, Pierfrancesco Maran. L’assessore comunale alla Mobilità , sulla sua pagina Facebook, non ha mancato di sottolineare: «Questa candidata davanti a tre auto in sosta irregolare dice basta multe. È la stessa del tunnel dei neutrini dalla Svizzera al Gran Sasso».
Nel suo commento, tutt’altro che clemente, faceva riferimento a una gaffe dell’allora ministra dell’Istruzione – era il 2011 – che, attraverso una nota diffusa dal dicastero di viale Trastevere, aveva plaudito alla «scoperta del Cern di Ginevra e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare», sui neutrini.
Nel documento si parlava della fantomatica costruzione di tunnel tra i laboratori del Gran Sasso e il Cern, alla quale l’Italia aveva contribuito con uno stanziamento di 45 milioni. La defaillance era subito diventata virale sui social, schizzando al secondo posto tra i trend topics, gli argomenti più discussi, di Twitter.
Maria Egizia Fiaschetti
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 24th, 2015 Riccardo Fucile
PERQUISIZIONI ALL’ATENEO: ACQUISITA LA DOCUMENTAZIONE SU ELISA GREGORINI, GIA’ ASSISTENTE DELLA PARLAMENTARE DI FORZA ITALIA
Due visite nel giro pochi giorni.
E una voluminosa documentazione sequestrata negli uffici del rettorato dell’Università di Brescia.
Gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dal pm Silvia Bonardi, stanno indagando sul contratto di assunzione di Elisa Gregorini, l’ex segretaria di Mariastella Gelmini entrata nell’università bresciana — come raccontato da ilfattoquotidiano.it — con l’incarico di segretaria del rettore per l’“internazionalizzazione” dell’ateneo.
Gregorini, consulente dell’Agenzia italiana del farmaco presieduta dal professor Sergio Pecorelli, è stata assunta nel novembre 2014 anche dall’università di Brescia, il cui rettore è il medesimo professore.
Il fascicolo è stato aperto per abuso d’ufficio.
L’interesse degli inquirenti è mirato a stabilire l’effettiva mansione svolta dalla dottoressa Gregorini, assunta nell’ambito del progetto di internazionalizzazione dell’ateneo “per lo sviluppo e il consolidamento di relazioni pubbliche internazionali”, ma dietro cui si potrebbe celare — secondo la Procura — un semplice incarico di segretaria per cui esistono già risorse interne, tanto che il contratto nei mesi scorsi aveva destato l’interesse dell’Ispettorato per la funzione pubblica e della Corte dei conti.
Tra i partecipanti al concorso bandito dall’ateneo bresciano, oltre all’ex segretaria del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, ci sarebbero stati candidati con profili di alto livello con precedenti esperienze anche in organismi internazionali.
I finanzieri hanno sequestrato la documentazione e la corrispondenza interna sulla gara vinta dalla Gregorini e nel corso delle acquisizioni, avvenute a più riprese negli uffici del rettorato, sarebbero stati sentiti diversi funzionari amministrativi dell’università .
Il lavoro svolto da Elisa Gregorini secondo il bando di concorso dev’essere condotto “in stretta relazione con il rettore e con la governance d’ateneo” e sarebbe seguito direttamente dal prorettore con delega all’internazionalizzazione Maurizio Memo, ordinario di farmacologia.
Il professor Memo ha stilato su richiesta della Procura una relazione, consegnata al magistrato, relativa agli incarichi affidati alla Gregorini, qualificata come “figura professionale con competenza in relazioni pubbliche”.
Tra i fascicoli di cui si è occupata la consulente dell’Aifa figurerebbero eventi e incontri a cui hanno partecipato il rettore Pecorelli e il prorettore Memo: il convegno “Introducing Expo Milan 2015: Feeding the planet, energy for life” a cui è intervenuto a Miami in Florida il professor Pecorelli il 12 marzo 2015; l’intervento dei docenti Pecorelli e Memo a un convegno del King’s College di Londra; la partecipazione del professor Pecorelli e della delegazione bresciana al forum internazionale del 4 giugno 2015 nel sito milanese di Expo dal titolo “International cooperation for sustainable development: the contribution of the University of Brescia”, tutti eventi in relazione ai quali Elisa Gregorini avrebbe curato aspetti meramente logistici ed organizzativi.
L’indagine, riferiscono fonti investigative, si starebbe estendendo a tutti i contratti di collaborazione attivati dall’università negli ultimi anni.
Andrea Tornago
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
“VERIFICHE SU EVENTUALE INCOMPATIBILITA’ ALL’INCARICO” PER ELISA GREGORINI: SCELTA DA UNA COMMISSIONE D’ATENEO COME SEGRETARIA DEL RETTORE
Fino al 2013 è stata consulente dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, con un compenso di 45mila euro all’anno.
Nel 2014, dopo l’esperienza nell’agenzia governativa presieduta dal professor Sergio Pecorelli, viene assunta anche all’Università di Brescia, il cui rettore è il medesimo docente.
Elisa Gregorini, ex segretaria particolare di Mariastella Gelmini al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il 28 novembre 2014 è stata scelta da una commissione d’ateneo come segretaria del rettore con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa da 30mila euro all’anno.
Un incarico che non ha convinto l’Ispettorato per la funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio, che ha chiesto chiarimenti al direttore generale dell’ateneo bresciano: secondo l’Ispettorato — si legge nella lettera inviata dal viceprefetto Caterina Pipia — l’Università di Brescia avrebbe fatto un ricorso “improprio” al contratto a tempo determinato (più oneroso rispetto a un’assunzione) senza tener conto della legge 165/2001 che “vieta l’istituzione di uffici di diretta collaborazione alle dirette dipendenze dell’organo di vertice”, quando non si tratti di rappresentanti politici.
Poco tempo prima, tra l’altro, un concorso per un posto analogo di “Capo di gabinetto del Rettore” con contratto a tempo indeterminato era andato a vuoto.
Tanto che all’inizio di marzo sull’assunzione della segretaria Gregorini ha aperto un’inchiesta anche la Corte dei Conti, chiedendo al direttore generale dell’Università di Brescia Enrico Periti una “documentata e dettagliata relazione” che dia conto anche delle “verifiche su eventuali incompatibilità all’incarico”.ù
Elisa Gregorini è molto più che una segretaria.
Laureata in “relazioni pubbliche”, dal 2007 è il braccio destro di Mariastella Gelmini, allora coordinatrice regionale lombarda di Forza Italia, poi ministro dell’Istruzione dell’ultimo governo Berlusconi.
Anche al dicastero di viale Trastevere ad accompagnarla c’era la dottoressa Gregorini, segretaria particolare del ministro fino al 2011 e membro del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Miur.
Dal 2012 Gregorini è consulente dell’Aifa — si legge sul sito dell’Agenzia — per il progetto “Qualità ed equivalenza del farmaco”, finalizzato a valutare la “corrispondenza quali-quantitativa in principi attivi e forma farmaceutica tra farmaci”: lei vi lavorava però sempre come “esperta in pubbliche relazioni”.
Anche se il suo incarico all’Università di Brescia si inserisce nell’ambito di uno specifico “progetto di internazionalizzazione” dell’università , le mansioni richieste sono quelle — si legge sul bando pubblicato sul sito dell’Ateneo — di “assistenza segretariale e organizzativa” da svolgere “in stretta relazione con il Rettore”.
Non è la prima volta che l’Ispettorato per la funzione pubblica si occupa dell’Università di Brescia, in particolare del rettore Sergio Pecorelli.
Nel dicembre del 2014 era stato proprio il viceprefetto Pipia a chiedere chiarimenti all’ateneo bresciano — in seguito a un esposto firmato da docenti e ricercatori — sulla permanenza in carica del rettore nonostante avesse superato i 70 anni e fosse stato collocato in pensione il 31 ottobre 2014.
Nonostante le contestazioni — la questione è finita sul tavolo del procuratore di Brescia Tommaso Buonanno e del procuratore regionale della Corte dei Conti — il rettore Pecorelli sta introducendo importanti modifiche nell’ateneo bresciano.
L’incarico di Elisa Gregorini ad esempio è legato al progetto “Health and Wealth”, voluto nel luglio del 2013 dal prof. Pecorelli come “nuova mission dell’ateneo” che ha portato persino alla modifica del logo.
L’ateneo lombardo ora è diventato una “università tematica per la salute e il benessere delle persone nell’ambiente” e i suoi progetti strategici ruotano intorno alle seguenti parole chiave: “longevità , ambiente, stili di vita, tecnologie per la salute e il benessere”.
Temi affini a quelli di cui si occupa la fondazione privata del rettore in campo medico-farmaceutico, la Healthy Foundation (il vicepresidente è Maurizio Casasco), già strettamente legata all’università bresciana e impegnata nello “sviluppo della ricerca scientifica, dell’educazione, dell’informazione e dell’assistenza per la salute fisica e mentale delle persone, il sociale e l’ambiente” nonchè nella “promozione di stili di vita sani”.
Andrea Tornago
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 30th, 2014 Riccardo Fucile
ENZO JACOPINO POLEMICO CON NAPOLITANO
“A me piace rispettare le persone da vive anzichè da morte. Non riesco a stare zitto, dovete perdonarmi“.
E’ il polemico commento che Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha pronunciato sulla lettera del presidente della Repubblica in omaggio a Giorgio Almirante, ricordato in un convegno alla Camera dei deputati in occasione dei 100 anni della sua nascita.
Iacopino, moderatore della conferenza organizzata dalla fondazione Giorgio Almirante, ha ricordato con toni commossi lo storico leader del Msi: “Ricordiamo una persona che per noi è stata amico, fratello e nel mio caso anche un po’ papà probabilmente“.
E ha sottolineato che, a dispetto dei suoi onerosi impegni come quelli inerenti alla discussione sull’equo compenso per i giornalisti, non si è sottratto all’evento-tributo al politico: “Io non credo che ci sia impegno istituzionale che si possa non rinviare se si ha la volontà di testimoniare rispetto per una persona o per un uomo che ha segnato per molta parte della vita di questo Paese come ha fatto Giorgio Almirante. Ci sono doveri e sentimenti che prevalgono e che debbano prevalere”.
Probabilmente un’altra stoccata a Giorgio Napolitano, che non ha partecipato al convegno, ma ha inviato un’epistola in ricordo del leader missino, missiva letta da Giuliana de’ Medici, figlia di Donna Assunta Almirante.
Nel corso dell’incontro, Iacopino ha ricordato molti episodi della vita del politico, esprimendo un sentimento di riconoscenza personale e professionale.
Non sono mancate allusioni pungenti alla politica attuale: “Quando Giorgio prefigurava la necessità di riforme istituzionali agli inizi degli anni ’80, e adesso tutti arrivano e parlano di riforme istituzionali. ipotizzando il presidenzialismo, all’epoca potevi perfino giudicarlo un visionario”.
Il presidente dell’Ondg ha poi citato il calabrese Giuseppe Santostefano, e Stefano e Virgilio Mattei.
E su Sergio Ramelli ha osservato: “Ci sono voluti 40 anni perchè il sindaco di Milano si ricordasse che lo avevano ammazzato. Io so per consapevolezza diretta che senza di lui la insopportabilmente lunga catena di dolore di questo Paese sarebbe stata ancora più lunga e dolorosa”.
Iacopino ha anche raccontato l’imputazione a carico di Almirante, accusato nel 1972 di aver ricostituito il partito fascista, non senza una frecciata polemica alla magistratura milanese.
Non è mancata la citazione di Giorgio Albertazzi e Nino Benvenuti, anche loro tra il pubblico : “Nella loro vita non hanno mai risentito del flusso delle maree”.
E infine il tributo conclusivo: “Non so dove sia oggi Almirante. Da cattolico francamente una speranza ce l’ho, anche se lui era un po’ discolo. Ma quale che sia il luogo, c’è sicuramente un girone riservato agli onesti e quel posto gli spetta, perchè noi, amici tutti, abbiamo buona coscienza. E possiamo andare orgogliosi di questo”
Gisella Ruccia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
LE ELARGIZIONI DELLA COOP COVECO, IMPEGNATA NELL’APPALTO… ZOGGIA CHIARISCE: “SOLDI REGISTRATI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE E PER UNA CONSULENZA”
Il foglio che pubblichiamo qui accanto è considerato dai pubblici ministeri veneziani una prova contro l’ex europarlamentare di Forza Italia Lia Sartori, in carica dal 1999 al 2014.
Il foglio infatti indica il pagamento al politico del centrodestra di una somma pari a 25 mila euro da parte del Coveco, società cooperativa impegnata nella costruzione del Mose e parte del CVN, il Consorzio Venezia Nuova.
La cosa interessante non è tanto il fatto che una coop rossa finanzi un politico berlusconiano, siamo ormai abituati anche a di peggio e comunque in questo caso era Giovanni Mazzacurati del CVN, secondo i pm, a usare il Coveco come un ufficiale pagatore, ma il fatto che oltre alla Sartori nell’elenco figurano anche due politici del Pd: il consigliere regionale Sergio Reolon, allora in corsa per essere rieletto presidente della Provincia di Belluno.
Accanto al nome di Reolon sono segnati 10 mila euro come ‘ contributo volontario candidato’.
Soprattutto nell’elenco spicca un politico di livello nazionale: Davide Zoggia, già presidente della Provincia di Venezia, ma poi nominato nel 2009 (fino all’avvento di Renzi) responsabile enti locali del Pd, infine eletto deputato e divenuto celebre come uno dei fedelissimi di Pierluigi Bersani.
Sul foglio sono riportati tre pagamenti nei suoi confronti: “40. 000 euro contributo volontario candidato Zoggia” e poi due fatture da 7. 428, 72 euro ciascuna e pagate a Davide Zoggia che dovrebbero esser e state pagate il 28 luglio 2009.
È stato trovato a casa dei genitori di Elena Scacco, una dipendente del Consorzio Nuova Venezia, che lo aveva scritto su richiesta di Pio Savioli, l’uomo che si occupava dei pagamenti per conto della cooperativa rossa che fa parte del CVN, il Coveco.
Secondo le testimonianze raccolte quelle somme provenivano dalle sovrafatturazioni per operazioni inesistenti fatte da Coveco al CVN.
I manager avevano dato disposizione che fosse scritto tutto su “carta mangiabile” però gli investigatori l’hanno trovato.
I pm contestano solo i 25 mila euro alla Sartori anche se nell’elenco ci sono versamenti più ampi (ma probabilmente esclusi dagli accertamenti penali perchè registrati e legali) come per esempio i 100 mila euro dati alla Fondazione Studium Marcianum creata dall’allora Patriarca di Venezia Angelo Scola.
A prescindere dalla loro qualificazione da parte dei pm i versamenti ai politici del Pd sono politicamente sensibili.
Reolon al Fatto dice: “Non ricordo quel versamento di 10 mila euro e non mi risulta tra quelli registrati. Anche i contributi per le provinciali devono essere registrati. Quindi sarà stata un’intenzione del Coveco poi non attuata. Comunque il Mose non c’entra perchè non potevo fare nulla per loro. Io ho lavorato alla Lega delle Cooperative e Coveco fa parte della Lega”.
Così Zoggia risponde al Fatto: “I contributi delle provinciali non vanno denunciati a differenza di quelli per l’elezioni della Camera. I 40 mila euro mi sono stati dati con delibera del CoVeCo. per la campagna elettorale delle provinciali del 2009. Sono stati registrati ovviamente anche nel conto corrente della campagna. Quanto alle due fatture, io dal giugno 2009 al dicembre 2009 ho continuato a svolgere l’attività di commercialista perchè non ero più presidente della Provincia ma solo consigliere provinciale. Divento responsabile enti locali del Pd nel dicembre 2009. La prestazione risale al periodo in cui non ero nè presidente della Provincia nè responsabile enti locali”.
Non riscontra nessun conflitto di interessi?
“No. Mi pare non ci sia nessuna contestazione penale, Co. Ve. Co. non faceva mica solo il Mose”.
Se poi gli si chiede qualche dettaglio sulle prestazioni fatte in cambio dei 15 mila euro, Zoggia si innervosisce: “Ritengo di averle dato la risposta. Ho fatto consulenza varia, sono un commercialista: controllo di contabilità , cose varie dal punto di vista fiscale”.
Chi le ha dato il mandato?
“Non ricordo”.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 14th, 2013 Riccardo Fucile
NEL PAESE DEI MONUMENTI LA MATERIA SPARISCE DAI PROGRAMMI DI MOLTE SCUOLE
Le colpe dei Padri ricadono sui figli, si sa.
Così pagheremo per generazioni l’idea scellerata di affidare l’Istruzione a un ministro come Mariastella Gelmini. Tra le eredità più pesanti di quel passaggio fatale si deve contare l’ulteriore estromissione della Storia dell’arte dalla formazione dei cittadini italiani del futuro.
Nonostante la raccolta di oltre 15 mila firme, nonostante l’appoggio esplicito del ministro per i Beni culturali Massimo Bray, nonostante la disponibilità di quasi 2500 precari prontissimi a insegnarla, la ministra Maria Chiara Carrozza non è per ora riuscita a rimediare al grave errore di chi l’ha, purtroppo, preceduta.
Fortemente ridotta negli Istituti tecnici, la Storia dell’arte è stata del tutto cancellata in quelli Professionali: dove è possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo.
E nei Licei artistici non si studierà più nè il restauro nè la catalogazione del nostro patrimonio artistico.
Inoltre si chiudono tutte le sperimentazioni che rafforzavano l’esigua presenza della Storia dell’arte negli altri licei (compresi i classici, da sempre scandalosamente a digiuno di figurativo).
Numeri alla mano, più della metà dei nostri ragazzi crescerà in un radicale analfabetismo artistico.
Non si tratta di una svista, nè di un caso. È stata invece una scelta consapevole, generata dal disprezzo per le scienze umanistiche in generale e da una visione profondamente distorta del ruolo del patrimonio storico artistico del Paese: che non si salverà finchè gli italiani non torneranno prima a saperlo leggere.
Insomma, oggi non riusciamo a trovare qualche diecina di milioni per insegnare la Storia dell’arte: domani ne dovremo spendere centinaia o migliaia per riparare ai danni prodotti dall’ignoranza generale che stiamo producendo.
Perchè un italiano dovrebbe essere felice di mantenere, con le sue sudate tasse, un patrimonio culturale che sente lontano, inaccessibile, superfluo come il lusso dei ricchi? È una domanda cruciale, e se davvero si vuol cambiare lo stato presente delle cose, è da qua che bisogna partire.
Per la maggior parte degli italiani di oggi, il patrimonio è come un’immensa biblioteca stampata in un alfabeto ormai sconosciuto. E non si può amare, e dunque voler salvare, ciò che non si comprende, ciò che non si sente proprio. Per non parlare della nostra classe dirigente: la più figurativamente analfabeta dell’emisfero occidentale.
Lo storico dell’arte francese Andrè Chastel scrisse che al Louvre gli italiani si riconoscevano dal fatto che sapevano come guardare un quadro: e lo sapevano perchè, a differenza dei francesi, lo studiavano a scuola.
Ma proprio ora che i francesi provano ad adottare il nostro modello, noi lo gettiamo alle ortiche.
E se non ci pensa la scuola, è illusorio pensare che lo facciano altre agenzie (potenzialmente) educative.
Nei media, nei programmi televisivi, nei libri per il grande pubblico non c’è posto per una Storia dell’arte che non sia il vaniloquio da ciarlatani sull’ennesima attribuzione farlocca, o sulle mostre di un eventificio commerciale che si rivolge a clienti lobotomizzati e non a cittadini in formazione permanente.
Educare al patrimonio vuol dire far viaggiare gli italiani alla scoperta del loro Paese, indurli a dialogare con le opere nei loro contesti, e non in quelle specie di tristi giardini zoologici a pagamento che sono quasi sempre le mostre.
Renderli capaci di leggere il palinsesto straordinario di natura, arte e storia che i Padri hanno lasciato loro come il più prezioso dei doni.
Perchè non dirottare la gran parte dei soldi pubblici spesi per far mostre (in gran parte inutili, anzi dannose) in borse di viaggio attraverso l’Italia per studenti capaci e meritevoli, di ogni ordine e grado?
Ma tutto questo non si può fare se manca quel minimo di alfabetizzazione che solo la scuola può dare. E che — paradossalmente — gli insegnanti eroici della scuola dell’infanzia e della scuola primaria offrono spesso molto bene, costituendo un patrimonio di conoscenze che viene poi totalmente dissipato alle superiori.
Nel 1941, nell’ora più nera della storia europea, il grande storico dell’arte Bernard Berenson seppe distillare pagine profondissime, e sconvolgentemente profetiche, sul destino della storia dell’arte.
In quei mesi, egli intravide un mondo “retto da biologi ed economisti, come guardiani platonici, dai quali non verrebbe tollerata attività o vita alcuna che non collaborasse a un fine strettamente biologico ed economico”.
Egli previde anche che “la fragilità della libertà e della cultura” avrebbe potuto aprire la strada a una società in cui ci sarebbe stato spazio per “ricreazione fisiologica sotto varie forme, ma di certo non per le arti umanistiche”.
Meno di un secolo dopo ci stiamo arrivando: anche se la Gelmini, nemmeno un Berenson poteva prevederla.
Tomaso Montanari
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Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
“SI SPECCHI NEI SUOI FARI E GUARDI COME SI E’ LAUREATA”…”PATETICO E IPERTROFICO”…. “LEI E’ QUELLA DEI NEURINI DEL GRAN SASSO”
Scontro al cardiopalmo tra Aldo Busi e Mariastella Gelmini nel corso del talk show di approfondimento “Piazzapulita”, su La7.
La miccia della polemica: i guai giudiziari del Cavaliere.
L’ex ministro dell’Istruzione prima polemizza col conduttore Corrado Formigli, accusato di essere parziale, poi apre le cateratte della sua filippica pro-Berlusconi e sottolinea: “Non ce la caviamo con la ‘legge uguale per tutti’, perchè poi vediamo che non è così“.
Insorge Busi, che rammenta: “Non si può andare oltre la legge uguale per tutti, l’articolo 3 della Costituzione è fondamentale. Lei non può dire queste cose. Berlusconi è condannato con sentenza definitiva? Se ne vada fuori dai coglioni il più presto possibile. E con lui i suoi coriferi. Via! Solo così il Paese ha speranza di rinascere. Lei non può andare contro la Costituzione. Non glielo permetto. Taccia. Ne ho sentite abbastanza stasera”.
Le parole dello scrittore sono accompagnate da applausi scroscianti del pubblico, ma la Gelmini ribatte: “Lei non ha neanche compreso cosa io ho detto. E’ sempre così ipertrofico e quindi quando non attira l’attenzione, non è contento”.
“Io ho un pensiero” — replica Busi — “non sono un’eroina barocca del Lago di Garda come lei“. “Guardi, non faccia lo Sgarbi” — afferma l’esponente del Pdl — “perchè non le viene neanche bene. Quindi, stia buono”.
“Io sono Aldo Busi e ho un pensiero” — rincara lo scrittore — “lei si specchi nei suoi fari. Non guardi me. Guardi come si è laureata“.
Ancora un’altra “standing ovation” del pubblico e nuova replica della Gelmini: “Mi sono laureata con 100 su 110, lavorando. Lei è veramente patetico”.
“Lei è quella dei neurini del Gran Sasso” — osserva Busi — “ministro della Cultura… ma vada a lavorare, che è meglio“
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 31st, 2013 Riccardo Fucile
“GRILLO HA L’APPOGGIO DELLA GOLDMAN SACHS E DEL FINANZIERE SOROS”… “CINQUE ANNI FA UNO COME GRILLO NON ANDAVA DA NESSUNA PARTE, ORA VA A FAR COLAZIONE ALL’AMBASCIATA AMERICANA”
“Gli Americani certamente non volevano Prodi come presidente della Repubblica e hanno fatto su Grillo qualche pressione“.
Sono le parole di Luigi Bisignani, intervistato in esclusiva da Gianluigi Nuzzi nel suo ultimo appuntamento col ciclo “Le Inchieste”, su La7.
Il faccendiere milanese racconta alcuni passaggi del suo libro-intervista “L’uomo che sussurrava ai potenti”, nel quale parla anche dell’interesse degli Stati Uniti per il Movimento 5 Stelle.
“Uno come Grillo cinque anni fa non andava da nessuna parte e ora è andato a far colazione all’ambasciata americana. E’ la stessa attenzione che c’era stata verso Di Pietro all’inizio di Mani Pulite. Certamente gli Americani” — continua — “hanno interesse a indebolire l’area dell’euro, l’euro e l’Italia. E il M5S è stato fondamentale per non fare eleggere Prodi, che è il più europeista dei candidati”.
Bisignani afferma anche che un appoggio notevole al M5S è dato dalla Goldman Sachs e dall’ex lupo della finanza George Soros.
Ma la sconfitta della nomina di Prodi è anche merito di Berlusconi: “Ha fatto una mossa decisiva e geniale quando ha deciso di non mandare in Parlamento a votare Pdl e Lega, perchè c’era un bel gruppetto di ciellini dei due schieramenti che avrebbero votato certamente Prodi. In quel modo non si sono più potuti confondere i voti”.
Bisignani ne ha per tutti: dai “questuanti” che sono ricorsi a lui per promozioni o raccomandazioni agli autori della congiura ai danni di Berlusconi (o meglio “una banda di sbandati e disperati”, come Alfano, Sacconi, Lupi e Schifani, per i quali “Berlusconi è l’unico salvacondotto e l’unica garanzia di stipendio“).
Sferzante il giudizio su Ferruccio De Bortoli, direttore del ”Corriere della Sera”: “Era un amico, è stato un po’ vigliacco. Pochi giorni fa ha detto che dal 2007 mi ha visto quattro volte. E invece lo conosco da trent’anni e l’ho incontrato da decine, decine e decine di volte”.
Il faccendiere milanese parla anche dei suoi rapporti con Giulio Andreotti, del quale era il pupillo, con Licio Gelli, con Marcello Dell’Utri.
E su Gianni Letta dichiara: “E’ sempre stato un uomo delle istituzioni, il Pdl e Forza Italia non lo hanno mai amato. Enrico Letta certamente non ha il carisma dello zio, forse in futuro ne avrà ”.
A riguardo, Bisignani si esprime sul governo Letta: “Berlusconi è convinto di aver fatto un’operazione con cui diventa De Gasperi e invece gli hanno organizzato la forca, il trappolone“.
E spiega: “Nell’ultimo momento della trattativa per formare il nuovo governo Berlusconi andò da Enrico Letta con Angelo Alfano e a Gianni Letta. Tornò a Palazzo Grazioli, convinto di aver ministro in piedi un governo di 18 ministri, di cui 5 del Pdl. Ma poi si rese conto” — continua -”che invece i ministri erano diventati 22 e quelli del Pdl erano sempre 5. Gianni Letta non mi ha detto niente, forse è in conflitto d’interessi col nipote“. Bisignani parla anche del suo ruolo di “suggeritore di nomine”: ” Sono sempre cinque o sei persone quelle che poi determinano la nomina di un generale o di un banchiere. Il sistema è sempre lo stesso, vale anche per la nomina dei direttori dei giornali. E’ un lavoro scientifico”.
E rivela: “Durante il governo Berlusconi, quelle persone erano Gianni Letta, Giulio Tremonti, il segretario del Pd, il presidente della Repubblica. Berlusconi no, non si è mai occupato di nomine”.
Nel finale, il “consigliere” di Gianni Letta, così come l’ha definito Berlusconi, azzarda una previsione: “Ci sarà un’implosione del Pd e del Pdl. Si andrà a nuove elezioni, probabilmente il Cavaliere rifarà Forza Italia e forse vincerà di nuovo“
(da “il Fatto Quotidiano“)
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