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SCUOLA, TAGLI PER TUTTI E PILLOLE DORATE PER POCHI: ALLA MOGLIE DEL DIRIGENTE MEDIASET 730.000 EURO DAL MIUR E 5 MILIONI TRA AGEVOLAZIONI E FONDI

Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile

GRAZIE AGLI ESPERTI NOMINATI DALLA GELMINI INCARICHI ALL’AZIENDA DELLA MOGLIE DI AMBROGETTI PER REALIZZARE “PILLOLE DEL SAPERE”

Mentre il governo prepara tagli alla Scuola per centinaia di milioni, grazie agli esperti scientifici nominati dalla Gelmini arrivano soldi a palate all’azienda di Ilaria Sbressa, moglie di Andrea Ambrogetti, direttore delle relazioni istituzionali di Mediaset e presidente dell’associazione del digitale terrestre.
Massimo Zennaro, ex portavoce della Gelmini, finito nella bufera per il comunicato sul Tunnel dei neutrini, il 22 dicembre del 2011, prima di lasciare il Ministero per andare a fare l’addetto stampa di Barbara Berlusconi, stanzia 1,3 milioni da destinare a prodotti multimediali per la scuola.
Una commissione mista Miur-Ansas decide di investirne 730 mila per comprare 19 “Pillole del sapere” realizzate proprio dall’azienda della Sbressa: un format di filmati della lunghezza di 3 minuti ciascuno, che aveva depositato in Consip, la società  del ministero dell’Economia che serve per ottimizzare e rendere più trasparenti gli acquisti della Pubblica Amministrazione.
Ma dalle intercettazioni sulla Bpm emerge che Antonio Cannalire, braccio destro di Massimo Ponzellini, avrebbe cercato di favorire l’entrata della Sbressa proprio in Consip, grazie ai suoi contatti con i dirigenti.
Cannalire aveva anche aiutato la Sbressa ad ottenere un finanziamento di 300 mila euro dalla Bpm, minacciando addirittura di morte un funzionario della Popolare.
Questo è un estratto dell’inchiesta di Sigfrido Ranucci che andrà  in onda domenica prossima a Report.

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LE PROMESSE MANCATE DELLA GELMINI LE BORSE DI STUDIO SALTATE

Giugno 18th, 2012 Riccardo Fucile

LA FONDAZIONE PER DISTRIBUIRE 30 MILIONI DI EURO AGLI STUDENTI PIU’ BRAVI NON E’ MAI DIVENTATA OPERATIVA…AL PALO ANCHE IL NUOVO PACCHETTO VOLUTO DAL MINISTRO PROFUMO PER GARANTIRE SOLDI E SCONTI SULLE TASSE UNIVERSITARIE

Quella del 2012 doveva essere una maturità  all’insegna del merito.
Con 30 milioni di euro in borse di studio da assegnare agli studenti più bravi. Ma il progetto annunciato dall’ex ministro Mariastella Gelmini è rimasto sulla carta.
La novità  per il momento è stata accantonata, complice anche il cambio che ha portato al vertice del dicastero dell’Istruzione Francesco Profumo.
E così, mentre il nuovo pacchetto pensato dal neo responsabile per introdurre misure per premiare i migliori non è stato ancora discusso in consiglio dei ministri, per ora agli studenti non resta che puntare alla lode, che però quest’anno è quasi impossibile da raggiungere.
In una nota del ministero datata 11 settembre si leggeva: “Dal prossimo anno scolastico gli studenti che hanno sostenuto l’esame di Stato avranno la possibilità  di affrontare un ulteriore test nazionale che metterà  in palio borse di studio da 10mila euro, per un totale di 30 milioni. La partecipazione alle prove sarà  volontaria, ma potranno essere sostenute solo dagli studenti che conseguiranno alla maturità  un punteggio di almeno 80/100”. Il ministero si spingeva più in là , delineando alcune caratteristiche dei nuovi test: “Saranno elaborati dall’Invalsi e non valuteranno la preparazione strettamente scolastica degli studenti ma le competenze di base, dalla comprensione del testo alla logica”.
Il nuovo progetto doveva essere gestito dalla Fonazione per il merito, un organismo istituito dal decreto sviluppo approvato dal governo Berlusconi nel maggio 2011, con membri fondatori il ministero dell’Istruzione e quello dell’Economia.
Una fondazione per cui è già  stata autorizzata dal precedente esecutivo una spesa di 10 milioni di euro per il 2011 e di un milione all’anno a partire dal 2012.
Da qui, nelle intenzioni della Gelmini, si sarebbe partiti per arrivare, grazie anche ai fondi europei e al contributo di privati, ai 30 milioni di euro da distribuire agli studenti più meritevoli. E a ulteriori somme da utilizzare per prestiti agevolati agli iscritti alle università .
Ma di prestiti e borse di studio non se n’è più fatto nulla.
Così come della Fondazione per il merito, visto che non è più stato approvato lo statuto e il consiglio di amministrazione non è stato ancora nominato.
Dal ministero dell’Economia fanno sapere che nelle prossime settimane saranno poste le firme necessarie e da allora la nuova organizzazione sarà  operativa.
Per ora, però, il merito targato Gelmini è rimasto al palo. Così come quello voluto da Profumo. La bozza del suo ‘pacchetto merito’ è iniziata a circolare a fine maggio.
Tra le altre cose, è prevista a partire dall’anno prossimo la nascita della figura dello ‘studente dell’anno’, scelto da ogni scuola tra quelli che hanno ottenuto i voti più alti alla maturità , magari centrando la lode.
I migliori si aggiudicherebbero una borsa di studio, una riduzione del 30 per cento delle tasse del primo anno di università  e la tessera ‘IoMerito’ per avere sconti per musei, mostre e mezzi pubblici.
Il provvedimento sarebbe dovuto arrivare in consiglio dei ministri già  all’inizio di giugno. Ma le anticipazioni delle nuove norme hanno scatenato diverse polemiche.
Molto critico il Pd: gli esponenti democratici hanno parlato di visione troppo elitaria della scuola e Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione, ha indicato altre priorità  rispetto al merito: “Dovremmo occuparci innanzitutto della grande dispersione scolastica e migliorare le competenze dei nostri studenti, oggi sotto la media Ocse”.
Niente borse di studio quest’anno, quindi. E nulla di certe su quelle future.
Così agli studenti che il 20 giugno affronteranno la prima prova non resta che sperare nei 650 euro garantiti a chi raggiunge la lode.
Solo che quest’anno sarà  più difficile del solito aggiudicarsela, visto che è richiesta la media del 9 negli ultimi tre anni, senza voti sotto l’8 in pagella.
E, come se non bastasse, un 100 pulito al termine di scritti e orali senza i punti bonus a disposizione della commissione.

Luigi Franco
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CLASSI SOVRAFFOLLATE, DISABILI PENALIZZATI: ECCO I VERI NUMERI DELLA GESTIONE GELMINI

Dicembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

IL CRITERIO DI TRASPARENZA REINTRODOTTO DAL MINISTRO PROFUMO FA EMERGERE LE REALI PROPORZIONI DI QUANTO ACCADUTO NEGLI ULTIMI TRE ANNI… NEL 2008-2009 LE CLASSI CON OLTRE 25 ALUNNI ERANO L’11,6%, OGGI SONO IL 17,3%… QUELLE CON UN PORTATORE DI HANDICAP SONO PASSATE DAL 6 AL 7%

Classi pollaio, disabili stipati in aule superaffollate e anche in più d’uno per classe. Ecco i numeri che inchiodano la Gelmini.
Dal 2008 le proteste di insegnanti e genitori contro le misure del governo Berlusconi contro la “scuola” sono state un crescendo – classi stracolme di alunni e disabili penalizzati – ma dopo ogni “caso” scoperto dalla stampa, puntualmente, arrivava la smentita del ministero che recitava sempre lo stesso copione e parlava di accuse “destituite di ogni fondamento”.
Nel frattempo, però, i numeri venivano meticolosamente occultati: niente più “sintesi dei dati” sulla scuola e niente più pubblicazioni con numeri, grafici e tabelle che potessero svelare il reale impatto della cosiddetta riforma Gelmini sulla scuola italiana.
Si andava avanti solo con dichiarazioni dell’ufficio stampa.
“Non è prevista l’abrogazione del tetto per il numero degli alunni nelle classi con studenti disabili. Il limite era, e resta, di 20 alunni per classe”, recita la Gelmini lo scorso 30 giugno.
Ma le denunce di aule strapiene, disabili in classi troppo numerose e spesso in compagnia di altri portatori di handicap nella stessa aula continuavano.
Situazioni che in teoria la normativa vigente non ammette. Ma che per racimolare qualche posto in organico tutti tolleravano: il ministero, i direttori regionali e i provveditori.
Gli unici che pativano erano gli stessi alunni e gli insegnanti, costretti a gestire situazioni molto complesse.
Ma senza i numeri nessuno poteva parlare. La recente glasnost avviata dal ministro Francesco Profumo svela le reali proporzioni dell’intervento gelminiano sulla scuola nostrana.
Quest’anno, le classi sono mediamente più affollate di tre anni fa e quelle fuorilegge sono in rapida ascesa.
Una norma del 1992 stabilisce che per assicurare una adeguata sicurezza in caso di incendio l’affollamento massimo delle classi deve essere di 26 persone: 25 alunni e un insegnante.
Nell’anno scolastico 2008/2009 le classi con più di 25 alunni erano l’11,6 per cento. Tre anni dopo, nel 2011/2012, le classi sovraffollate ammontano al 17,3 per cento: quasi sei punti in   più.
Nella scuola dell’infanzia una classe su tre è over 25, al superiore si scende a una su quattro.
E i disabili?
La normativa stabilisce, come del resto ha recentemente chiarito l’ex ministra, che nelle classi con un portatore di handicap il numero degli alunni dovrebbe al massimo essere pari a 20.
Il motivo è semplice: in classi sovraffollate l’inserimento degli alunni disabili diventa più complicato.
Tre anni fa, le classi con un disabile e con più di 20 alunni erano poco meno di 11 su cento: il 10,8 per cento.
Tre anni dopo, il tasso sale al 13,4 per cento con record alla scuola media, che fa segnare un 23 per cento abbondante.
La normativa appena citata non contempla neppure l’ipotesi di infilare in una classe più di un disabile.
E non c’è bisogno di spiegarne il motivo. Eppure le situazioni che vedono due e tre portatori di handicap nella stessa classe sono più frequenti di quanto si pensi, specialmente da quando in viale Trastevere è passata la ministra di Leno.
Dal 6 per cento dell’anno 2008/2009 si è passati al 7 per cento: qualcosa come 25 mila classi in cui un solo insegnante di sostegno spesso non basta.

Salvo Intravaia
(da “La Repubblica“)

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BERLUSCONI DICE DI AVERE I NUMERI, ALTRI SOSTENGONO CHE ORMAI LI DA’: ANCHE LA CARLUCCI DICE ADDIO AL PDL

Novembre 7th, 2011 Riccardo Fucile

IL PREMIER AGGRAPPATO ALLA TAVOLETTA DEL NAUFRAGO INSISTE A NEGARE CHE LA NAVE STIA AFFONDANDO… ANCHE GABRIELLA CARLUCCI PASSA ALL’UDC: “NEL 1994 HO CAMBIATO LA MIA VITA PERCHE’ CREDEVO IN FORZA ITALIA, ORA IL PDL E’ TROPPO DISTANTE DAI PROBLEMI REALI DEL PAESE”

Il voto sul Rendiconto, in programma martedì a Montecitorio, assume sempre di più i contorni di un appuntamento cruciale per il governo. Non solo.
L’esecutivo potrebbe trovarsi a fare i conti anche con una mozione di sfiducia delle opposizioni. Silvio Berlusconi, però, non mostra tentennamenti.
«Abbiamo verificato in queste ore, con numeri certi, che la maggioranza c’è», ha assicurato collegato telefonicamente con la convention di Azione Popolare.
Ma intanto il Pdl perde un altro pezzo, importante, perchè si tratta di una delle fedelissime della prima ora, l’ex-showgirl Gabriella Carlucci.
La deputata passa all’Udc: «Aderisco a questo partito che fa parte del Ppe, perchè spero che i moderati possano trovare nuove strade».
Così la parlamentare in una nota in cui annuncia l’addio al Pdl e afferma:« Ho con passione contribuito alla crescita di Forza Italia dal 1994 nel campo delle attività  culturali e dal 2001 in Puglia dove con spirito di servizio mi dedico, tra l’altro, alla cura dei problemi amministrativi del Comune di Margherita di Savoia dove sono Sindaco. Ho cambiato la mia vita, con grandi sacrifici familiari, perchè ho creduto nella politica, ma non in quella che da qualche tempo non riesce a preoccuparsi di quanto drammaticamente sta accadendo e ritengo che un Governo di larghe intese possa essere l’unica soluzione per salvare il Paese».
E dire che il Premier aveva detto: «Nonostante le defezioni che mi auguro possano rientrare, siamo ancora maggioranza», aggiunge il presidente del Consiglio, mentre da più parti e anche da alcuni dei suoi gli arrivano inviti a fare un passo indietro, a «non arroccarsi» alla fortezza del Pdl, a fare attenzione ai numeri «troppo risicati».
Se il governo dunque sembra appeso al pallottoliere, il Cavaliere è comunque convinto di avere ancora la maggioranza.
Per questo insiste sul fatto che non esiste alcuna alternativa a questo esecutivo se non il voto, ribadendo il suo «no» a governi tecnici o di larghe intese.
Se l’opposizione votasse contro o facesse ostruzionismo sulle misure chieste dall’Ue, è l’avvertimento di Berlusconi, «si assumerebbe una chiara responsabilità ».
Al contrario di quanto afferma il premier, per il capogruppo del Pd, Dario Franceschini, l’esecutivo non ha più i numeri: «Il problema non è il voto di martedì sul Rendiconto nè quello che avverrà  nelle prossime ore – spiega il deputato -. Berlusconi non ha più la maggioranza alla Camera, o si dimette o presto i parlamentari che vogliono un governo di emergenza per salvare il Paese voteranno la sfiducia per poterlo far nascere».
Lo stesso Pier Luigi Bersani conferma a In mezz’ora che l’opposizione presenterà  una mozione di sfiducia anche e soprattutto se dovesse essere approvato il Rendiconto.
Il leader Pd chiude poi all’ipotesi di un governo tecnico guidato da Gianni Letta o da Renato Schifani: «Sarebbe un governo di centrodestra e non si vede come potrebbe fare quello che non ha fatto il governo Berlusconi», spiega Bersani.
Frena sulla mozione di sfiducia il leader dell’Idv Antonio Di Pietro. «Prima dobbiamo avere i numeri e poi presentare la mozione di sfiducia. In questo momento non è tanto in discussione la mozione di sfiducia del centrosinistra ma la presa d’atto dello sfaldamento del centrodestra», chiarisce l’ex pm.
Un invito alla cautela arriva a Berlusconi da Claudio Scajola. «I numeri in Parlamento sono diventati molto risicati – avverte l’ex ministro intervistato da Maria Latella -, siamo riusciti ad andare avanti un anno in un momento difficilissimo per la crisi economica, oggi questi numeri, con le ulteriori uscite, sembrano non esserci più, allora il mio invito a Berlusconi è che o riesce a mantenere le redini del governo oppure deve farsi lui stesso protagonista di un cambiamento».
Critiche al nostro Paese arrivano intanto dalla Francia.
L’Italia ha un «problema di credibilità , è vero. Bisogna lottare contro questa sfiducia», ha detto il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, affermando a Radio Europe 1 che è necessario vigilare sull’impegno del governo italiano sulle riforme.

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CALANO GLI STIPENDI DEGLI INSEGNANTI ITALIANI (- 1%) MENTRE IN EUROPA CRESCONO DEL 7%

Ottobre 16th, 2011 Riccardo Fucile

LE PALLE DELLA GELMINI SULLA   RIFORMA DELLA SCUOLA CHE AVREBBE DOVUTO PREMIARE I DOCENTI…BASSA LA SPESA PER L’ISTRUZIONE, APPENA IL 4,8% DEL PIL: SIAMO AL 29 POSTO SU 34 NAZIONI…MANCANO ISPEZIONI E VALUTAZIONI

Italia fanalino di coda per la spesa nella scuola, gli stipendi degli insegnanti e il numero di laureati, ma ai primi posti per le ore passate sui banchi e anche per le ridotte dimensioni delle classi, per lo meno sulla base del rapporto allievi/insegnanti.
È la fotografia fatta dall’Ocse nello studio sul sistema scolastico dei principali Paesi che l’organizzazione stila annualmente.
Gli stipendi di prof e maestri italiani sono notoriamente tra i più bassi d’Europa.
Ma il guaio è che la situazione non accenna a migliorare. Anzi.
Mentre gli stipendi dei colleghi degli altri paesi aumentano, quelli degli insegnanti del Belpaese diminuiscono.
Dal 2000 al 2009 – rileva il rapporto sull’educazione diffuso dall’Ocse – gli stipendi nella scuola italiana sono diminuiti dell’1%, mentre nel resto dei paesi Ocse hanno registrato aumenti medi del 7%.
Non solo. Un insegnante della scuola media nel Belpaese deve attendere 35 anni di servizio per ottenere il massimo salariale, quando la media Ocse ne prevede invece 24.
E comunque, in generale, i docenti italiani guadagnano il 40% in meno rispetto ad altri connazionali con lo stesso grado di istruzione.
Un maestro alle prime armi guadagna poco più di 25mila dollari l’anno, quando la media Ocse si attesta sui 26.512 dollari.
A fine carriera guadagnerà  37mila dollari (42.784 media Ocse).
Ammontano a 27.358 dollari invece gli stipendi annuali dei prof delle scuole medie (28.262 media Ocse) e superiori (29.472).
A fine servizio questi docenti possono aspirare al massimo a 41.040 dollari l’anno o a 42.908 dollari a seconda che insegnino alle medie o alle superiori.
Una cifra decisamente inferiore alla media Ocse, che rispettivamente si attesta a 45.664 e 47.740 dollari.
I docenti però continuano a essere tanti: in Italia c’è un insegnante ogni 11 alunni, il rapporto medio dei Paesi Ocse è 1 a 16.
Quanto alla spesa destinata all’istruzione, nel 2008 in Italia era pari al 4,8% del Pil: 1,3 punti percentuali sotto la media Ocse (6,1%).
Un dato che posiziona il nostro Paese al 29esimo posto sui 34 Paesi che aderiscono all’Organizzazione.
Tra l’altro, solo l’8,6% della spesa totale in istituti di istruzione è stata fornita da fonti private, la metà  rispetto alla media Ocse.
Tra il 2000 e il 2008, la spesa nella Penisola per la scuola primaria, secondaria e post-secondaria non universitaria è aumentata solo del 6% contro la media Ocse del 34%, facendo segnare il penultimo incremento tra i Paesi avanzati.
Il numero di giorni di istruzione (172) è tuttavia inferiore alla media Ocse (185), così come le ore di insegnamento (757 contro 779 alle elementari e 619 alle medie contro 701).
Al tempo stesso con un totale di 8.316 di ore di istruzione previste per il ciclo dell’obbligo l’Italia è al primo posto contro una media Ocse attorno a 6.800 ore.
Inoltre le classi in proporzione al numero di insegnanti sono piccole (10,7 alunni per maestro contro 16 alla scuola primaria e 11 studenti per prof contro 13,5 alle medie). L’Ocse sottolinea anche che la Penisola è uno dei rari Paesi a non richiedere ispezioni nelle scuole o auto-valutazioni (solo Messico, Grecia e Lussemburgo fanno altrettanto) e quindi ha meno meccanismi per assicurare la qualità  degli istituti, i punti di forza e di debolezza.
Il rapporto evidenzia anche la scarsità  di laureati: sono il 14% della popolazione adulta (solo Turchia e Brasile ne hanno meno) e il 20% della fascia di età  25-34 anni contro 37% della media Ocse (il che relega l’Italia al 34esimo posto su un totale di 37 Paesi considerati).
Il loro tasso di occupazione è del 79% contro l’84% Ocse, ma è di 28 punti più alto rispetto a chi non ha concluso gli studi superiori.
Nel corso della sua vita, inoltre, un laureato in Italia può guadagnare oltre 300mila dollari in più rispetto a un diplomato (contro la media Ocse di 175mila dollari), uno dei livelli massimi dell’Ocse (va meglio solo a portoghesi e americani).
La laurea insomma «paga» in Italia.
Basta non essere donne, perchè in questo caso, nella Penisola come in Brasile, le laureate guadagnano solo il 65%, se non meno, dello stipendio dei colleghi. .

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SORPRESA, CALANO I BOCCIATI: COSI’ LA GELMINI HA NASCOSTO IL FLOP DELLA LINEA DURA

Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile

SMENTITI I COMUNICATI DEL MINISTERO: DAL 2008 SEMPRE IN FLESSIONE… SUL SITO DEL MIUR POCHE NOTE STRINGATE INVECE DEI RISULTATI INTEGRALI DEGLI SCRUTINI

Calano i respinti alle scuole superiori: dal giugno 2008 al giugno 2011 sono scesi quasi del due per cento.
La “linea della severità ” annunciata da Mariastella Gelmini esce ridimensionata dalle scelte dei professori, lo si scopre leggendo i dati dell’ultima stagione approdati in viale Trastevere, mai resi pubblici e ora consultati da Repubblica.
È dal 2008 che il Miur non ha più pubblicato ufficialmente, ovvero sul sito del ministero, i risultati integrali degli scrutini di fine anno limitandosi a stringati comunicati stampa. Adesso si scopre che negli anni del Governo Berlusconi non c’è mai stata alcuna crescita dei bocciati alle medie superiori: niente pugno di ferro dei professori contro gli studenti riottosi e pelandroni.
È una storia travagliata e piena di censure quella degli scrutini di fine anno ai tempi della Gelmini.
L’ultima pubblicazione completa e senza errori sugli esiti di fine anno risale al luglio del 2007, quando a Palazzo della Minerva sedeva Giuseppe Fioroni.
L’anno dopo, con il cambio del ministro, arriva la prima sorpresa: un clamoroso refuso aritmetico fa schizzare in alto il numero complessivo dei bocciati.
Il 13 settembre del 2008, quattro mesi dopo l’insediamento della Gelmini, il ministero comunica infatti che “dopo le verifiche di fine agosto il totale degli studenti non promossi per l’anno 2007-2008 si attesta al 16,2 per cento del totale, mentre nell’anno scolastico 2006-2007 i bocciati furono il 14,2 per cento”.
Nel conteggio, già  allora, c’era qualcosa che non quadrava.
“A giugno – spiegava il comunicato ufficiale – gli studenti promossi sono stati il 59,4 per cento del totale, i non ammessi sono stati il 13,8 per cento e quelli con giudizio sospeso il 26,8 per cento”.
Proseguiva la nota: “Circa il 6 per cento degli studenti che hanno effettuato le prove di verifica a fine agosto sono stati bocciati portando la percentuale dei non ammessi al 16,2 per cento”.
Però il 5,9 per cento – che è quel “circa il 6 per cento” – di bocciati a settembre sul 26,8 di rimandati a giugno determina l’1,6 per cento di respinti.
Se si somma questa quota al 13,8 dei bocciati a giugno la percentuale complessiva di respinti arriva al 15,4 per cento. E non al 16,2.
In quella stagione di partenza, ecco, i dati già  non tornavano e, comunque, erano inferiori di uno 0,8 per cento a quelli dichiarati.
L’anno successivo, il 23 giugno 2009, il ministero lancia un comunicato che riporta i dati delle bocciature di fine stagione nelle prime quattro classi delle superiori: 13,6 per cento. E nel 2010, il 12 giugno, si torna a parlare dell’argomento.
“Scuola, Miur: primi dati su esito scrutini, più severità “, recita una nota ministeriale.
Si legge: “Per quanto riguarda i risultati degli scrutini relativamente alle prime quattro classi delle scuole superiori, i dati disponibili segnalano un incremento significativo dei non ammessi. Rispetto all’11,7 per cento dei non ammessi alla classe successiva del precedente anno scolastico, quest’anno nelle stesse scuole la percentuale sale al 13,1 per cento”.
Ma l’anno prima, in verità , si parlava di un 13,6 per cento.
Errore anche questo?
Infine, il dato dei bocciati di giugno del 2010-2011 nelle prime quattro classi delle medie superiori, mai reso pubblico da viale Trastevere.
Parla dell’11,9 per cento di non promossi a giugno.
Sono quasi due punti percentuali (1,9%) in meno rispetto al 2007-2008, il primo anno di insediamento della Gelmini.
E da allora i dati dei bocciati a giugno sono sempre stati in calo progressivo.

Salvo Intravaia
(da “La Repubblica”)

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IL PORTAVOCE DELLA GELMINI, DOPO LA GAFFE SUL TUNNEL, DIVENTA CONSULENTE DI BARBARA BERLUSCONI

Ottobre 3rd, 2011 Riccardo Fucile

CONSERVA ANCHE LA CARICA DI DIRETTORE DEL MINISTERO A 150.000 EURO L’ANNO

Dopo sei giorni il tunnel tra la Svizzera e l’Abruzzo («732 chilometri senza nemmeno un autogrill», il commento più gentile) ha trovato una via d’uscita.
Come è noto si è dimesso Massimo Zennaro, portavoce di Mariastella Gelmini, conservando   l’altro incarico che aveva al ministero dell’Istruzione, quello di responsabile della direzione per lo studente, una delle più importanti.
Ma soprattutto, e questa è la novità , da pochi giorni avrebbe accettato anche di fare da «superconsulente» per Barbara Berlusconi.
La primogenita del premier e di Veronica Lario, impegnata nel cda del Milan, avrebbe infatti chiesto a Zennaro di seguirla per lanciare la sua immagine dal punto di vista culturale. Paparazzatissima quest’estate per il suo flirt con il calciatore del Milan Alexandre Pato, fresca di separazione da Giorgio Valaguzza (padre dei suoi due bimbi Alessandro ed Edoardo), Barbara, 26 anni, non ha mai nascosto il suo interesse per il mondo culturale.
Infatti già  prima della sua laurea in Filosofia si era detta disponibile a muovere i primi passi nel mondo dell’editoria, e più precisamente alla Mondadori.
Poi, e la cosa l’ha amareggiata non poco, l’ipotesi è sfumata.
Lei ha aderito al progetto della galleria «Cardi Black box», gestita con i suoi due amici/soci Niccolò Cardi e Martina Mondadori.
E subito dopo la laurea è arrivato l’incarico nel Milan, nel quale Barbara si è buttata a capofitto.
Anche se il suo desiderio resta sempre lo stesso: costruirsi un profilo culturale forte.
Ed è qui che entra in campo Zennaro: BB lo avrebbe contattato proprio per avere una sua consulenza, e lui si starebbe già  muovendo per programmare e organizzare uscite mediatiche che la lancerebbero in questo campo.
Non era passato inosservato, tra l’altro, il loro incontro allo stadio «Camp Nou» di Barcellona, nel corso di Barcellona-Milan, lo scorso 13 settembre per la Champions League.
Una vera «sofferenza» per l’ex portavoce della Gelmini, secondo chi lo conosce bene: lui, infatti, è interista da sempre.
Ed è vicinissimo, tra le altre cose, alla famiglia Moratti ma anche all’ex sindaco di Milano Letizia Moratti.
Ma questo incarico con la primogenita del premier e di Veronica Lario arriva per lui in un momento particolare.
Padovano, 38 anni, ombra della Gelmini dal 2005, più consigliere che portavoce, Zennaro paga per l’incredibile errore del comunicato di venerdì scorso, quei complimenti ai ricercatori per l’esperimento sui neutrini in cui il ministero ricordava il contributo italiano alla costruzione del tunnel che non c’è, quello «tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso».
Non è lui l’autore materiale del comunicato, ancora online sul sito del ministero.
Ma come portavoce paga l’omesso controllo e soprattutto la gestione del day after.
Dopo che sabato mattina le prime parodie avevano preso a girare su internet, il ministero aveva scelto di non ammettere l’incidente, di minimizzare.
Anzi, aveva replicato duro parlando di «polemica ridicola».
Solo in serata la decisione di correggere il tiro, ammettendo che quella nota «poteva essere più precisa».
Il danno d’immagine è di quelli che durano e negli ultimi giorni diversi colleghi di partito avevano chiesto alla Gelmini di dare un segnale.
Mercoledì sera il ministro e il suo portavoce hanno avuto un lungo faccia a faccia, teso e faticoso, finito con la decisione annunciata ieri mattina.
Già  prima dell’estate, del resto, i due erano stati vicini alla separazione, lui sempre a frenare le uscite del ministro, lei spesso di parere opposto.
Adesso molti chiedono che Zennaro lasci anche il suo incarico di direttore generale: «La sua permanenza al ministero diventa insopportabile» dice per il Pd Manuela Ghizzoni che già  aveva sollevato il caso tre anni fa, al momento della nomina.
Ma l’ex portavoce è vittima anche del fuoco amico.
La stessa richiesta arriva dalla leghista Paola Goisis («mi dispiace per la persona, ma bisogna tutelare l’istituzione») e dal Pdl Franco Asciutti: «Decida il ministro se può restare o meno».
A difendere l’ex portavoce Giorgio Stracquadanio, falco del Pdl e consigliere della Gelmini: «Sono attacchi irresponsabili, strumentali e politici».
In ogni caso il ministro cerca un sostituto. E Zennaro, intanto, si «consola» anche con la nuova consulenza per Barbara Berlusconi.

Angela Frenda
Lorenzo Salvia

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L’ELOGIO DELLA GELMINI PER IL TUNNEL CHE NON C’E’

Settembre 25th, 2011 Riccardo Fucile

I NEUTRINI DEL CEM PIU’ VELOCI DELLA LUCE: SECONDO IL MINISTRO, L’ITALIA AVREBBE CONTRIBUITO ALLA COSTRUZIONE DELL’INFRASTRUTTURA CHE COLLEGA GINEVRA AI LABORATORI DEL GRAN SASSO…MA L’OPERA NON ESISTE

La notizia del superamento del limite della velocità  della luce da parte di neutrini, un risultato fisico choc che sarebbe stato ottenuto nell’ambito di un esperimento del Cern, potrebbe essere oscurata dalla rivelazione che, secondo il ministro Mariastella Gelmini, l’Italia avrebbe contribuito “alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso”.
Un tunnel unico di 732 chilometri che parte dal Gran Sasso e collega direttamente con la cittadina elvetica.
Peccato che in realtà  il tunnel non esiste.
L’incredibile svista del ministro è tratta dall’entusiastico comunicato stampa diramato ieri dal ministero dell’Istruzione, dell’Università  e della Ricerca in cui Mariastella Gelmini intende esprimere le sue congratulazioni all’intero mondo della ricerca italiana, non avendo però esattamente chiaro cosa abbiano fatto gli scienziati italiani.
“Credo che quello della Gelmini sia uno svarione notevole — ha commentato Giuseppe Longo, professore ordinario di astrofisica dell’università  Federico II di Napoli — non c’è alcun tunnel costruito fra il Cern e i laboratori del Gran Sasso. I neutrini dell’esperimento sono stati accelerati nell’acceleratore Lhc costruito sotto Ginevra, e poi sono stati orientati e sparati verso il Gran Sasso. Queste particelle praticamente non interagiscono con la materia e quindi, sostanzialmente, trapassano la roccia. Non c’è nessun tunnel. Tra l’altro, se si fosse scavato per 730 chilometri, data la curvatura terrestre questa fantomatica infrastruttura avrebbe attraversato il mantello, e quindi si sarebbe fuso tutto».
I fasci di neutrini lanciati dal Cern di Ginevra verso i laboratori dell’Infn (Istituto Nazionale Fisica Nucleare) del Gran Sasso hanno prodotto una grande quantità  di dati, registrati nell’ambito dell’esperimento ‘Opera’, che ora sono in fase di verifica da parte degli scienziati di tutto il mondo.
“Questi dati sono a disposizione degli studiosi. La comunità  scientifica li sta vagliando con cautela proprio in queste ore. Il Ministro, però, deve avere tra l’altro dei risultati tutti suoi, perchè dà  già  per assodata la cosa” ha aggiunto Longo.
Nel comunicato, infatti, il ministro emette già  il giudizio: “Il superamento della velocità  della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo”.
“Le informazioni che invece ha diffuso il Cern sono serie e professionali e hanno espresso tutte le cautele possibili e immaginabili sulla verifica di questo risultato” ha continuato Longo.
Nel comunicato stampa, inoltre, si fa riferimento agli investimenti italiani in questo progetto, a testimonianza del presunto grande impegno del Governo a favore della ricerca scientifica in Italia.
Quello che però non c’è scritto è che l’esperimento ‘Opera’ ha come portavoce Antonio Ereditato, 56 anni, napoletano di origine, che ha avuto una cattedra non dal suo paese, ma dalla Svizzera.
Da cinque anni, Ereditato è infatti direttore del Laboratorio di alte energie all’Albert Einstein Center for Fundamental Physics dell’Università  di Berna.
Si tratta di uno scienziato che “lavorava al Dipartimento di Fisica dell’Università  Federico II di Napoli, era un mio collega. E certamente ricade nella categoria dei cervelli in fuga, dato che alla fine ha trovato una cattedra in Svizzera. Una categoria che testimonia l’assoluta eccellenza della ricerca italiana, e che però è costretta a scontrarsi con un mondo dell’università  gestito dal Governo in modo incompetente come, tra l’altro, dimostra il recente comunicato del ministro Gelmini» ha concluso Longo.

Stefano Pisani
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA GELMINI E LA COLONIA DEI BRESCIANI AL MINISTERO

Luglio 21st, 2011 Riccardo Fucile

SONO TANTI I DIRIGENTI DEL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE ARRIVATI DALLA CITTA’ DI PROVENIENZA DEL MINISTRO…LE CHIAMATE DIRETTE DI DIVERSI MEMBRI DEL SUO STAFF

Un “cerchio magico” non si nega nessuno. E anche Mariastella Gelmini ha il suo. Costruito sapientemente nel corso della legislatura, oggi il gabinetto del ministro dell’Istruzione rappresenta un esempio davvero unico nel governo di cosa voglia dire “fare casta”.
O tenere famiglia.
Ecco, la Gelmini, nel tempo, si è circondata di persone di sua stretta fiducia non badando a professionalità  o curricula, ma alla provenienza geografica (la sua Brescia), alla fedeltà  personale e alle parentele “lontane”.
Attorno alla ministra più politica del governo Berlusconi c’è dunque un vero e proprio “clan di bresciani” a chiamata nominale, che dirige la stanza dei bottoni del ministero. E che paghiamo noi.
Dopo essersi stretta a sè Alberto Albertini come consigliere personale, reperto democristiano della Prima Repubblica, un nome che a Brescia fa storcere ancora il naso perchè passato attraverso molteplici grane giudiziarie, come l’inchiesta sull’Ospedale Civile (pm Paola De Martiis, nel ’94) in piena Tangentopoli (ma è acqua passata), la Gelmini ha puntato dritto su Vincenzo Nunziata, avvocatone dello Stato di antico lignaggio con un debole per gli arbitrati e gli incarichi extragiudiziali. Come quello sulla costruzione della Scuola Marescialli di Castello, a Firenze, che poi si è evoluta nell’inchiesta sul G8.
Nunziata è un recordman degli incarichi extragiudiziali, per i quali (tra il 2004 e il 2007) ha incassato 1 milione e 521 mila euro oltre a uno stipendio di 222 mila sommando una serie di altri incarichi tra cui quello — all’epoca — di capo di gabinetto del ministro Gentiloni alle Comunicazioni.
Nunziata e Albertini, però, non sono il problema.
Infatti le interrogazioni parlamentari sul “cerchio magico di Mariastella” sono fioccate per altri nomi.
L’ultima il 10 marzo 2011, dove un esterrefatto Alessandro Maran, vicepresidente dei deputati del Pd, chiedeva conto della nomina di Massimo Ghilardi, 45 anni, avvenuta con chiamata diretta per “comprovate e qualificate esperienze professionali”, a dirigente non solo della direzione generale della Ricerca, ma anche come responsabile dell’ufficio competente in riforma, riordino, vigilanza e finanziamento degli enti di ricerca; incarichi che controllano circa 915 milioni di euro.
Ebbene, il signor Ghilardi, carabiniere di leva (fa sempre comodo) laureato in Scienze Motorie alla Cattolica di Brescia e anche in Sociologia Politica ad Urbino, iscritto all’Albo dei promotori finanziari, con la ricerca non c’azzecca proprio nulla, però avrebbe sbaragliato qualsiasi avversario in un ipotetico concorso pubblico: è il tesoriere di “Liberamente”, la corrente-Fondazione in ascesa nel Pdl e capitanata da Franco Frattini, dalla stessa Gelmini e Mario Valducci.
All’interrogazione su Ghilardi il ministero non ha mai dato risposta.
Perchè? Dice l’assistente di Massimo Zennaro, 38 anni, portavoce del ministro: “Il ministro risponderà  quando riterrà  opportuno farlo”.
Zennaro, laurea in Scienze Politiche, dentro Forza Italia era “esperto di comunicazione” prima accanto a Marcello Dell’Utri e poi a Tiziana Maiolo al Comune di Milano.
Manco a dirlo, è di Brescia.
E l’amicizia personale con Mariastella ha fatto sì che la medesima gli abbia messo la spada sulla spalla, nominandolo dirigente di prima fascia del ministero con incarico di Direttore generale “per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la Comunicazione”; il suo stipendio è passato da poco più di 40 mila euro lordi da portavoce a 134 mila netti da dirigente.
Più o meno quello che guadagna il “direttore generale della politica finanziaria e di bilancio” sempre dell’Istruzione, un altro del clan dei bresciani, del “cerchio magico di Mariastella”.
Si chiama Marco Ugo Filisetti, 55 anni, e anche nel suo curriculum c’è una laurea in Legge che nuota nel vuoto, fatti salvi una serie di incarichi come funzionario della Provincia di Bergamo di cui è diventato dirigente nel ’93.
La Gelmini lo ha chiamato a sè direttamente, ma stavolta il Parlamento, per voce di Antonio Misiani, tesoriere del Pd con radici bergamasche, ha chiesto conto al ministro della nomina (in un’interrogazione del luglio 2009) per ragioni “politiche”.
Infatti nel 2009, Filisetti è diventato sindaco del comune di Gorle (sempre Bergamo), ma essendo dirigente del ministero, quindi dipendente civile dello Stato, la sua nomina (ex testo unico sull’ordinamento degli Enti Locali) doveva considerarsi nulla. Insomma, Filisetti avrebbe dovuto optare per uno dei due incarichi.
L’ha fatto? Neanche per idea.
Però il sottosegretario all’Interno, Michelino Davico, ha spiegato che Filisetti può fare tutto ciò che vuole perchè l’incompatibilità  riguarda solo i direttori generali dei ministeri, mentre lui “ne svolge solo le mansioni”.
Al matrimonio di Mariastella con Giorgio Patelli, il 23 gennaio 2010, Filisetti è stato indicato come appartenente al ramo della famiglia dello sposo, in una declinazione neppure troppo lontana.
E queste, a ben guardare, son quelle cose che contano sempre.

Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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