Agosto 29th, 2019 Riccardo Fucile
L’ELEVATO AVEVA AUSPICATO MINISTRI TECNICI AL GOVERNO E CRITICATO CHI SI AGGRAPPA ALLA POLTRONA
Ieri Beppe Grillo ha dimostrato le sue movenze da elefante in cristalleria pubblicando, subito dopo l’ok di Mattarella al Conte Bis, sul suo blog la richiesta di avere ministri tecnici nel nuovo esecutivo.
Questo ha ovviamente segato le aspirazioni di Luigi Di Maio, il quale subito dopo l’uscita del post lo ha chiamato per farlo rettificare a mezzo agenzia di stampa, ma ormai la frittata era fatta.
Racconta Ilario Lombardo su Repubblica:
Quando chiama Grillo, un secondo dopo aver letto il blog, è furioso: «Così mi ammazzi, Beppe» gli dice. Assieme al comico, sentendo anche Palazzo Chigi, studiano come correggere il tiro.
Perchè il post è abrasivo sulle ferite ancora fresche della trattativa con il Pd, anche per il tempismo, che svela il prurito alle mani di Grillo, la voglia di ricalibrare il suo Movimento, nato rivoluzionario e finito a studiare il manuale Cencelli. (…)
Nelle chat dei vertici del M5S spuntano file di punti interrogativi, faccine con gli occhi sbarrati. È lo stupore di una mossa inattesa, deflagrante, l’ennesima con la quale Grillo è tornato centrale in questa lunga crisi d’agosto.
Vorrebbe dire fuori Di Maio e i due ministri sui cui conta di più: Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Il comico è costretto a giustificarsi e smentire se stesso attraverso la comunicazione del M5S.
Di Maio rivendica a sè il ruolo del capo politico che il garante gli ha già scippato nelle ultime due settimane. La sua leadership già barcolla, soffocata dai gruppi parlamentari in rivolta, l’ascesa di Conte, il ruolo di Davide Casaleggio, l’astuzia di Zingaretti che lo aggira cercandosi altri interlocutori.
In mattinata, in sua difesa, parte la batteria delle dichiarazioni dei grillini a lui più fedeli, sotto la regia del suo staff. «Chi tocca Di Maio tocca il M5S».
(da agenzie)
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Gennaio 27th, 2015 Riccardo Fucile
SARANNO CHIAMATI A ELEGGERE IL NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: TRA LORO MARONI E VENDOLA
Nella pattuglia che deciderà il futuro presidente della Repubblica ci sono anche loro: i delegati regionali
Fanno parte dei 1009 grandi elettori, espressione con cui si definiscono i 945 parlamentari eletti, 6 senatori a vita e 58 rappresentanti delle amministrazioni “federali”.
Scelti nei parlamentini regionali la scorsa settimana attraverso un voto e mandati a Roma per dire la loro nella battaglia per la più alta carica dello Stato.
Un club esclusivo e ambito: la scheda da inserire nell’urna con il nome del candidato prescelto è un onore da raccontare ai nipoti.
Un’alta rappresentanza che fa però in qualche caso rischia di fare a pugni con le tante indagini sulle spese pazze
I guai in casa non li escludono però dalla nobiltà del voto per il “re repubblicano”.
Come ricostruito da “l’Espresso” sono infatti ventidue i delegati sotto inchiesta: forse non determinanti per scegliere il successore di Giorgio Napolitano, ma con qualche caso sicuramente imbarazzante.
Tra di loro sono sette i governatori alle prese con problemi giudiziari.
E ci sono anche dieci indagati per i rimborsi a carico dei contribuenti: consiglieri che non hanno avuto remore a farsi restituire il conto di tinture per capelli, sigarette, piante, cravatte e perfino una festa di capodanno.
Dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia nessuno è escluso.
GOVERNATORE E GENTILUOMO
In Lombardia Roberto Maroni è indagato perchè avrebbe esercitato «pressioni» per far ottenere «indebitamente» due contratti a tempo determinato a due persone a lui vicine. Un pasticcio in salsa leghista nato come stralcio dell’inchiesta madre delle presunte mazzette per lo scandalo internazionale targato Finmeccanica, che ha visto l’arresto dell’ex presidente Giuseppe Orsi.
Per il governatore pugliese Nichi Vendola pesa la richiesta di rinvio a giudizio: secondo le indagini, nel 2010 avrebbe fatto pressioni su Giorgio Assennato, direttore generale dell’agenzia regionale per l’Ambiente, minacciandolo di non confermare il suo incarico al fine di «ammorbidire» la posizione dell’agenzia sulle emissioni nocive dell’Ilva di Taranto.
Il presidente democratico della Toscana Enrico Rossi è indagato per falso ideologico nell’ambito dell’inchiesta sul buco finanziario dell’Asl di Massa Carrara.
Una voragine che sarebbe arrivata a circa 240 milioni di euro a causa di una gestione “allegra” dell’azienda, con milioni dirottati nell’acquisto di auto, orologi di lusso, cani di razza e anche un allevamento di cavalli.
Per l’Abruzzo ci sarà il governatore Luciano D’Alfonso, imputato per corruzione — in appello, assolto in primo grado con formula piena — per una storia di mazzette.
In un’altra inchiesta è invece rinviato a giudizio insieme agli imprenditori Alfonso, Paolo e Carlo Toto (ex patron dell’AirOne) per la controversa costruzione della strada Mare-Monti in provincia di Pescara.
I capi di imputazione sono diversi: corruzione, truffa aggravata, falso ideologico, concussione, violazione delle leggi ambientali.
Unico nome per la Valle d’Aosta è il presidente Augusto Rollandin, sotto indagine per abuso d’ufficio nella realizzazione del nuovo parcheggio dell’ospedale cittadino.
EN PLEIN BASILICATA E MARCHE
Altro governatore e indagato è in arrivo dalla Basilicata. Si tratta di Marcello Pittella (Pd), fratello del vicepresidente del Parlamento Europeo Gianni, rinviato a giudizio lo scorso anno con l’accusa di peculato.
Con lui nel viaggio verso Roma un altro imputato nella stessa inchiesta spese pazze, l’Udc Franco Mollica.
A completare il tris c’è l’ex presidente della Provincia di Potenza Piero Lacorazza (Pd), a cui la Corte dei Conti contesta un presunto danno erariale per 14mila euro nella gestione dell’ente locale.
Le Marche hanno scelto il presidente Gian Mario Spacca, Mirco Ricci e Giacomo Bugaro. Sono tutti e tre indagati insieme ad altri 39 colleghi per le spese dei gruppi politici.
RIMBORSOPOLI E VOTO
Nutrito il gruppo di chi avrebbe usato fondi pubblici per scopi privati, fra i quali va menzionato Luigi Morgillo, indagato in Liguria per peculato per aver inserito fra le spese istituzionali il costo della camera per moglie e figlia al Grand hotel di Acqui Terme, in provincia di Alessandria.
Ci sono anche degli intramontabili tra i kingmaker del Quirinale come l’ex governatore del Molise Michele Iorio condannato in Appello per abuso d’ufficio (reato poi prescritto in Cassazione).
Il rappresentante della Calabria, Antonio Scalzo, è stato rinviato a giudizio in merito ad una inchiesta sull’Arpacal (l’agenzia dell’ambiente regionale) su cui graverebbero irregolarità nell’attribuzione di incarichi e nell’erogazione di fondi.
Per la Sardegna ci sarà il democratico Gianfranco Ganau, che da ex sindaco di Sassari è stato rinviato a giudizio per falso e tentata concussione per il piano urbanistico della città .
In Piemonte il vicepresidente Gilberto Pichetto (Forza Italia) è coinvolto nell’indagine legata al fallimento dell’azienda tessile Novaceta.
Nessuna indagine per il delegato laziale Daniele Leodori ma una storiaccia di rimborsi.
Il presidente del consiglio, come ricostruito dal Fatto quotidiano, ha ricevuto la paga da dipendente per oltre un anno nonostante fosse in aspettativa perchè eletto nelle fila democratiche.
In un primo momento aveva dichiarato di aver già rimediato da mesi all’errore tecnico, ma stando ai documenti presentati dai grillini ha proceduto alla restituzione solo a luglio 2014.
Non ce l’ha fatta invece a essere delegato come rappresentante Francesco Storace, vicepresidente del consiglio, leader de “La Destra” ed ex governatore, non ce l’ha fatta a passare alla storia come il primo politico condannato per villipendio al capo dello Stato a partecipare alla scelta del nuovo inquilino del Quirinale.
Michele Sasso
(da “L’Espresso“)
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Ottobre 6th, 2014 Riccardo Fucile
LE CONFESSIONI DEL GIORNALISTA A “LIBERO”
Chi non conosce Oscar Giannino? Uomo di cultura, intelligente, ficcante, stravagante.
La vicenda, però, che ha definitivamente segnato la vita e la carriera (almeno politica) del giornalista è cosa nota.
Giannino, forte dei suoi fedelissimi, lo scorso anno fondò un movimento, per gareggiare alle politiche 2013.
Vi aderirono imprenditori, professionisti e delusi vari. Fiori all’occhiello erano due economisti: Luigi Zingales e Michele Boldrin, docenti in Usa.
Giannino fu candidato premier.
Ma a una settimana dalle elezioni, lo scandalo: Giannino, il quale da anni si vantava di avere preso un master alla Chicago University, a Chicago non aveva nemmeno messo piede.
A denunciare l’inghippo fu proprio l’amico Zingales, che in quella università insegna. Sull’onda, emerse che neanche era laureato mentre diceva di esserlo in Legge ed Economia.
“Il terremoto espulse Fare dalla lizza elettorale e Oscar dal mondo dei rispettabili”, come scrive LiberoQuoidiano che a un anno da quella vicenda torna da Giannino e gli chiede conto di quanto successo.
“Un grave errore dovuto a un complesso di inferiorità che ho inconsciamente covato nel Pri. Era un mondo di èlite, pieno di persone con titoli accademici a bizzeffe” ha confessato al giornalista di Libero.
Quando si è svelato l’inganno “sono rimasto di peste per la delusione che davo a centinaia di migliaia di persone e per la sofferenza di mia madre e mia moglie che non se lo aspettavano. Quanto a me, mi sono chiesto se avessi perso per sempre qualsiasi credibilità . Ho ricevuto molti insulti, ma non ho mai polemizzato. Ho detto: è giusto”.
Una trovata che gli è costata caro.
“All’inizio ho perso tutte le collaborazioni giornalistiche. Nè io mi sono più fatto vivo. Nel tempo, invece, molte più persone di quante immaginassi hanno continuato a darmi fiducia e stima. Oggi, ho ripreso tutti i lavori che avevo: Radio 24, il Messaggero e i giornali del gruppo Caltagirone, Panorama. E a farsi vivi, questo mi ha colpito, sono stati loro”.
Ma che ha avuto anche risvolti positivi.
“Tre. Prima di dire una cosa, ci penso due volte. So che, avendo nell’armadio lo scheletro della mia bugia, parto con un handicap e che gli altri hanno un vantaggio iniziale su di me. Mi sforzo continuamente di dare a chi mi è più vicino la certezza che, almeno nei valori di fondo, sono di una coerenza assoluta”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 9th, 2013 Riccardo Fucile
L’ECONOMISTA CHE LA SVELATO LE BUGIE DI GIANNINO ORA FA UN PASSO AVANTI
Luigi Zingales per 10 giorni ha incassato insulti su Twitter e Facebook («sei come Scilipoti», «servo di Berlusconi»), ma anche attestati di stima.
Nè gli uni nè gli altri hanno niente a che fare con il suo lavoro alla University di Chicago School of Business.
Ovviamente, riguardano uno dei colpi di scena della campagna elettorale: quando Zingales si è dimesso da Fare per fermare il declino e ha fatto sapere che il suo leader, Oscar Giannino, non aveva mai preso un master a Chicago come invece sosteneva.
Professor Zingales, quando si è accorto della discrepanza?
«Non mi ero mai preoccupato se avesse un master, per me non è questo che conta. Il punto è l’aver mentito. Il mio errore è stato non aver controllato, non aver fatto la due diligence come insegno ai miei studenti. La prima volta che ho avuto un dubbio è stato il 12 febbraio, quando mi è arrivata un’email dall’ufficio stampa di Booth: diceva che un giornalista italiano si occupava di una voce di Wikipedia secondo cui Giannino ha un master».
Non l’ha colpita che dall’Italia si indagasse?
«Mi ha colpito due giorni dopo un’email da un mio collega di Chicago che aveva avuto una richiesta da un altro italiano, sempre sullo stesso punto. Aveva il link alla video intervista in cui Giannino dice che ha un master. Era giovedì 14 febbraio. Lì sono sobbalzato. Ho chiesto conferma alla mia università che non avesse quel titolo, poi ho parlato con le persone con le quali ho più dimestichezza nel movimento e ho scritto a Giannino per chiedere chiarimenti»
Lui e gli altri come rispondono?
«Il primo giorno Oscar non risponde. Gli altri cercavano di minimizzare».
Il fatto che in due dall’Italia facessero ricerche su Giannino alla sua università non l’ha insospettita?
«Sul momento sì. Ho cercato di capire chi fossero. Il primo è un giornalista, Alex D’Agosta, collaboratore del Sole 24 Ore nel settore auto. L’altro è un ingegnere appassionato di Wikipedia e questa storia dimostra che Wikipedia è meravigliosa: due fazioni si combattevano sul web sul master di Giannino e entrambi volevano sapere la verità . Poi se qualcun altro da dietro ha mosso Wikipedia non so, ma mi parrebbe una cosa da servizi segreti. Improbabile».
Basta questo a spiegare la vostra rottura?
«In realtà a un certo punto mi illudevo che potesse anche essere un fatto positivo. Oscar poteva ammettere i propri errori, eventualmente lasciando, e noi avremmo mostrato che siamo un movimento serio e trasparente. Non come gli altri che si ritrovano case intestate a loro insaputa. Ma Oscar ha rifiutato di ammettere qualsiasi cosa, mentre io sospettavo già che sarebbe venuto fuori altro. Bisognava spiegare subito, per fermare altre speculazioni. E anche il gruppo dei fondatori mostrava dubbi sull’idea di fare chiarezza»
A quel punto lei che fa?
«Chiedo a Oscar di lasciare che un gruppo di persone decida sul da farsi. Lui mi risponde: “Non interrompo la campagna elettorale per farmi giudicare da un sinedrio”. A quel punto io non ci ho visto più. All’interno, ho dato le dimissioni per provare a sbloccare l’impasse. In nove della direzione mi hanno risposto che Oscar stava facendo tanto per il partito e bisognava andare avanti».
Di qui la rottura. Non era meglio aspettare fino a dopo le elezioni?
«Lo rifiuto. Noi ci siamo presentati come un movimento nuovo: non potevamo non vivere secondo i nostri stessi criteri. E se fossimo stati zitti per raggiungere il quorum, quale sarebbe stata la conseguenza di lungo periodo? Avremmo distrutto la nostra immagine. Dopo come avremmo potuto attaccare gli altri? Non era neanche chiaro che Giannino, una volta eletto, si sarebbe poi dimesso. E devo dire sono rimasto di sasso di fronte alla reazione timida degli altri fondatori, anche quando ho cercato di gestire il caso coordinandomi con loro».
La sua università la stava mettendo sotto pressione?
«Per niente, non è questo il punto»
La prossima volta non è più sicuro se si candida lei come leader?
«Non mi sento leader, sono un intellettuale».
Dunque escluso?
«Non lo escludo nella misura in cui ciò nasce dalla domanda delle persone e non dal mio desiderio personale. L’importante è avere un gruppo dirigente all’altezza, ma fin qui non c’è stata neanche una dichiarazione per dire che ho fatto bene a fare chiarezza. Abbiamo lasciato che Grillo facesse la campagna chiara e trasparente che dovevamo fare noi».
Federico Fubini
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 21st, 2013 Riccardo Fucile
SILVIA ENRICO SOSTITUISCE GIANNINO FINO AL CONGRESSO DI MAGGIO… UNA GIOVANE PREPARATA E GRINTOSA: “BASTA CONSIDERARE LE DONNE COME UNA SPECIE PROTETTA, VINCA IL MERITO”
«Il mio appello è oggi a vuoi uomini: insieme possiamo diventare grandi. Insieme possiamo portare le donne a lavorare e ad accedere per merito e per capacità non per disegno di qualcun altro». Chiude così, tra gli applausi, un emozionato intervento all’ «Antimeeting» di Milano, Silvia Enrico, 36 anni, la nuova presidente (pro-tempore) di Fare per Fermare il declino, la giovane avvocata ligure, finalmente un volto femminile presentato alla grande platea elettorale dal movimento di Oscar Giannino.
Alla presidente – giovane volto acqua e sapone, battuta pronta – l’onere di serrare le fila tra i delusi dalle bugie sui titoli di studio raccontate dal fondatore – compito che la impegnerà da qui a al congresso previsto tra fine maggio e inizio giugno – ma non l’onore di essere la nuova candidata premier di Fare.
MERITO E GENERE –
L’ avvocata, specializzata in societario, non crede fino in fondo all’efficacia delle quote di genere.
E ha tutta l’aria di una che la leadership la vuole conquistare sul campo, al congresso.
«Non ci diranno più stai zitta e vai in cucina – aveva ironizzato in quello stesso affollato comizio a Milano – ci diranno stai zitta perchè in questo consiglio di amministrazione abbiamo dovuto metterti».
E dunque, chiede alla parte maschile in sala, «non consentite più che le vostre mogli, figlie, sorelle, madri siano trattate come una minoranza con handicap originario che risiede nel proprio genere».
LA CARRIERA –
Nata ad Albenga, nella Liguria di Ponente, 36 anni fa, Silvia Enrico, si è laureata in giurisprudenza all’ Università degli studi di Genova.
Da avvocato si fa strada a Milano prima nello studio del professor Francesco Galgano e poi in uno studio associato di diritto internazionale.
Nel 2009, sempre a Milano, ha onda 4legal, studio specializzato nel diritto societario e commerciale.
LE AMICIZIE
Silvia Enrico, ha scritto Margherita Nanetti dell’Ansa, fa parte dello più stretto entourage di Giannino: è amica di Margherita Brindisi, la moglie del giornalista, e dell’economista Carlo Stagnaro, anche lui tra i primi esponenti di Fermare il declino.
Nei mesi scorsi, è stata coordinatrice del movimento in Liguria.
Al termine del direttivo-fiume che l’ha incoronata, le prime parole di Silvia Enrico sono state per Giannino: «Ho stima personale e auspico non rinunci al seggio da deputato, anche se questa è una decisione che può prendere soltanto lui».
Paola Pica
(da “il Corriere della Sera“)
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Febbraio 20th, 2013 Riccardo Fucile
IL PARTITO DEL GIORNALISTA STIMATO INTORNO AL 2% PUà’ ESSERE DECISIVO IN VENETO E LOMBARDIA… MANNHEIMER: “MA I MILITANTI DI FARE NON VANNO DA BERLUSCONI.”
Cosa fare per fermare il declino del suo movimento?
Oscar Giannino si è dimesso dal suo incarico da candidato premier alla Direzione nazionale di “Fare”.
Motivo: il suo falso curriculum accademico denunciato da Luigi Zingales, professore all’Università Chicago Booth e fondatore di Fare insieme col giornalista e altri accademici.
Ecco un breve riassunto per punti della vicenda e dei suoi possibili effetti sul voto.
IL CURRICULUM
Giannino si è difeso così: “Mi sono state attribuite online lauree e master a Chicago e il mio gravissimo errore è stato non essermene accorto. La discussione su questi titoli su Wikipedia andava avanti da tempo, ma io non uso Wikipedia e non me n’ero accorto. Anche il curriculum sbagliato sul sito dell’istituto Bruno Leoni è dovuto a un giovane stagista che ha preso e messo dentro quanto trovato su Wikipedia”.
Insomma, lauree e master gli sono stati attribuiti a sua insaputa.
Solo che non è vero: lui stesso ha citato le une e l’altro più volte e pubblicamente (non solo a Repubblica tv il 5 febbraio, quando ha fatto infuriare Zingales).
Era successo, ad esempio, il 6 maggio 2011 in un incontro all’Associazione il Padre Pellegrino: sono andato via di casa a 16 anni, raccontò, ma “ho continuato a costruire questa cultura fino alla prima laurea in legge, fino alla seconda laurea in economia”.
Sul sito “Noisefromamerika”, nel maggio 2009, commentando un articolo sul lodo Alfano ricordava le due lauree e si attribuiva pure la vittoria di un concorso in magistratura:
“Ormai 22 anni fa superai scritti e poi orali del concorso per l’accesso alla magistratura, ma rifiutai l’assegnazione a ruolo”.
Quanto al master americano, pure quello se l’era già intestato: “Il mio amico Luigi Zingales insegna alla Chicago Booth, dove io ho preso il master”, spiegò a Lucca il 1 dicembre.
DIMISSIONI
Oltre a Zingales, ieri si è dimesso anche il Comitato dei Garanti di “Fare per fermare il declino”: un consesso strapieno di professori in prestigiose università Usa a partire dall’editorialista del Corriere della Sera Alberto Alesina.
La Direzione nazionale poco fa ha preso atto delle dimissioni irrevocabili di Giannino.
Se dimostra qualcosa, online moltissimi aderenti al movimento lo difendono a spada tratta.
Ad esempio Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell’Istituto Bruno Leoni e tra i fondatori del movimento, sosteneva ieri su twitter che Giannino “ha fatto una cazzata, ma non si merita questo trattamento”: le scuse pubbliche, insomma, chiudono il caso.
Ma, anche alla luce di quanto riportato qui sopra, è possibile che altri non la pensino così.
È il caso di Michele Boldrin, professore negli States pure lui e volto pubblico di “Fare”: finora è un peccato veniale, ha spiegato, ma “se è vero che ha mandato in giro curricula non veri è millantato credito e di sicuro pianto un bel casino”.
VOTI.
Questa figuraccia, in ogni caso, rischia di costare cara in termini di consensi al movimento di Giannino in due regioni chiave: Lombardia e Veneto.
L’elettorato di Fare, infatti, è costituito in gran parte da voti in libera uscita: proprio per questo i giornali del Cavaliere stanno puntando tutto sulla vicenda curriculum e lo stesso ex premier le dedica battute nei comizi (“Giannino non è in coalizione con noi: è a Chicago…”).
Il motivo è facile da intuire.
Quasi tutti i sondaggi riservati raccontano che le due grandi regioni del Nord restano in bilico, con un vantaggio del centrodestra ancora sotto al margine di errore statistico (3%): la battaglia, insomma, si gioca su ogni singolo voto.
Ebbene il movimento di Giannino, che a livello nazionale viene quotato tra l’1,5 e il 2%, raggiunge cifre più consistenti al Nord e proprio in Lombardia e Veneto potrebbe risultare decisivo: la maggior parte delle rilevazioni lo collocano, infatti, attorno al 2,5% (una addirittura al cinque) e con una buona capacità di attrazione degli indecisi, che sono poi gli unici che contano a questo punto della partita.
Per Renato Mannheimer dell’Ispo, però, non sarà comunque Berlusconi ad avvantaggiarsi dei guai di Fare: “L’atteggiamento dei suoi sostenitori è molto negativo verso il Cavaliere”.
Marco Palombi
(da Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 20th, 2013 Riccardo Fucile
“GRAVI BALLE PRIVATE NON DEVONO NUOCERE AL PARTITO”… AL SUO POSTO ELETTA SILVIA ERRICO…LEZIONE DI STILE AI PIEDIELLINI
“Dimissioni irrevocabili da presidente in Direzione. I danni su di me per inoffensive ma gravi balle private non devono nuocere a Fare”.
Lo annuncia Oscar Giannino su Twitter mentre è in corso una tesissima riunione della Direzione del movimento.
“E’ una regola secca: chi sbaglia paga – continua in un altro tweet – Deve valere in politica e soldi pubblici, io comincio dal privato. Ora giù a pestare dx, sx e centro!”.
Al termine di oltre quattro ore di discussione, la Direzione, riunita per decidere quali provvedimenti adottare dopo che Giannino è stato travolto nei giorni scorsi dallo scandalo del curriculum taroccato, arricchito con ben tre titoli di studio (due lauree e un maseter negli Stati Uniti) mai conseguiti, alal fine ha deiciso di confermare la candidatura di Giannino a Palazzo Chigi.
Alcuni membri dell’organismo hanno seguito i lavori collegati telefonicamente dall’estero.
Tra questi, anche Luigi Zingales, cofondatore del movimento e “grande accusatore” della scorrettezza commessa dall’ormai ex presidente che sarà soddisfatto del grande risultato raggiunto.
A prendere il posto di Giannino alla presidenza di Fare è Silvia Enrico. “Anche per dare un segnale diverso – spiega Franco Turco, uno dei membri della direzione – abbiamo raccolto il suo sfogo amaro, è molto provato umanamente. Noi auspichiamo che resti e lo abbiamo scritto anche nel documento finale che la direzione ha redatto”. Turco puntualizza che “Giannino, tecnicamente, resta comunque candidato alla premiership, ma ha rassegnato le dimissioni come responsabile politico del partito”.
Non è ancora chiaro quali ripercussioni avrà la scelta del giornalista ai fini della campagna elettorale.
A seguire le sorti di Fare ci sono numerosi osservatori interessati.
Per quanto nuovo e piccolissimo, il movimento di ispirazione liberista potrebbe infatti spostare gli equilibri in maniera decisiva, soprattutto in una regione in bilico come la Lombardia.
I sondaggisti sono febbrilmente al lavoro in queste ore proprio per capire quanto lo scandalo danneggi i consensi a favore di Giannino e che direzione prenderebbero gli eventuali elettori delusi.
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Febbraio 19th, 2013 Riccardo Fucile
QUANDO IL PRIMO A DARGLI DEL BUGIARDO E’ STATO COLUI CHE PER FERMARE IL PROPRIO DECLINO HA FATTO VOTARE AL PARLAMENTO CHE RUBY ERA LA NIPOTE DI MUBARAK
Scrivere per criticare Giannino essere troppo facile.
Uno che fondare un partito che parlare come la Mamie di «Via col vento» («Fare per fermare il declino») avere bisogno di tanto affetto e comprensione.
Perciò io non capire perchè, a una settimana dal voto, l’economista Luigi Zingales fare cagnara per fermare il Giannino, dopo avere scoperto che lui millantare un master di economia all’università di Chicago.
Giannino avere fatto l’incauta affermazione in tv, non per truffare il destino ma per titillare il suo ego smisuratino: nelle immagini essere possibile vedere come lui abbassare la voce e storcere gli occhi e la bocca mentre pronunciare le parole «master all’università di Chicago».
In realtà Giannino essere andato a Chicago in vacanza per imparare rudimenti della lingua inglese: to make to stop the decline. (In inglese non usare il doppio infinito, ma questo imparare solo nel secondo master).
Come milioni di altri italiani davanti alla moglie o a Equitalia, Giannino non inventare completamente la realtà : solo un po’ migliorare.
Per lui il master di Chicago essere come fiore all’occhiello delle sue giacche color formigoni: un apostrofo rosa fra le parole «me amare».
Certo, in Germania due ministri essersi dimessi per laurea taroccata.
Ma io dire: con tutti i guai e i cialtroni che noi avere, essere questo il problema?
Bugie assomigliare a omeopatia: in piccole dosi aiutare a difendersi dalle grandi.
Ieri il primo a dare del bugiardo a Giannino essere stato uno che per fermare il proprio declino avere fatto votare dal Parlamento che Ruby essere la nipote di Mubarak.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Febbraio 19th, 2013 Riccardo Fucile
ZINGALES SOLLEVA IL CASO DI UN MASTER VANTATO DA GIANNINO CHE TALE NON E’: E COME TARANTOLATO ABBANDONA FARE, NEANCHE AVESSE SCOPERTO CHE GIANNINO ERA SOCIO DI BELSITO
“Oscar Giannino è laureato in giurisprudenza ed economia e ha conseguito il diploma in Corporate Finance e Public Finance presso la University of Chicago Booth School of Business”.
Questa è la versione del curriculum del fondatore di Fare per fermare il declino che è stata cancellata dal sito dell’Istituto Bruno Leoni (la cache di Google lo rende ancora visibile) e sostituita da un’altra che omette i titoli accademici.
Anche se altri siti riportano ancora la versione da cui il diretto interessato, alla luce delle dimissioni e della polemica innescata da uno dei promotori del movimento Luigi Zingales, prende le distanze.
Eppure era lo stesso Giannino ad avere ricordato di avere conseguito il titolo anche in una videointervista del 5 febbraio 2013 su Repubblica.
Ma per l’economista è tutto falso. E così Giannino ritratta e su Facebook scrive che c’è stato un “equivoco”.
“Non ho preso master alla Chicago Booth”, precisa. E cerca di spostare l’attenzione altrove.
“Il punto — continua — è un altro. A Luigi, a quattro giorni dalla fine della campagna elettorale, non è bastata. In effetti, da quanto ho detto a Repubblica si capiva il contrario. Quindi, chiarire era necessario in pubblico, sostiene Luigi. Ed è una piccola prova di quello che Fare riserverà all’Italia. Cominciando da me, come, ripeto, è giusto”.
Poi pare smentire anche gli altri titoli riportati sulla sua biografia visto che, puntualizza, “quanto so l’ho studiato per i fatti miei”.
“Sono da decenni giornalista — precisa -. Non ho mai usato presunti titoli accademici, che non ho, per carriere che non mi competono”.
E la tecnica autodidatta, scrive, vale anche “per gli altri titoli che mi vengono attribuiti in Rete“.
Anche ieri Giannino, poche ore prima che Zingales comunicasse “ai vertici” le dimissioni, in un comizio a Matera aveva dichiarato: “Mi hanno detto — ha commentato — che in rete c’è una cosa che gira su un mio presunto master alla Chicago Booth. Vorrei chiarire che su questo c’è un equivoco. Io il master non l’ho preso alla Chicago Booth. Sono andato a Chicago a studiare l’inglese e così via. Bastava chiederlo e avrei risposto. Lo chiarisco perchè — ha aggiunto — in rete c’è una cosa che monta. Luigi Zingales insegna alla Chicago Boolth, mi è capitato di parlarci ed è uno dei nostri fondatori. Insegna lì. Io sono stato a Chicago da giovane a studiare e — ha concluso — non ho preso il master alla Chicago Booth”.
Una spiegazione che non ha convinto Zingales, che il giorno dopo ha pubblicato su Facebook l’annuncio delle sue dimissioni.
Autogol Oscar, scrive un utente sulla pagina del social network di Giannino.
Ma la sua voce è affogata tra decine di commenti che minimizzano sull’accaduto e sostengono il leader di Fare per fermare il declino, oltre a insinuare che ci sia lo zampino del Cavaliere e la corsa al fotofinish degli ultimi giorni di campagna elettorale.
“Berlusconi solitamente comincia con l’attaccare il leader avversario ulizzando la macchina del fango (il gatto di Giannino e il pulitino Sallusti). Passata questa fase, si passa a contattare e ‘comprare’ le truppe — scrive Marco — Non sarà probabilmente il caso di Zingales ma mi aspetto di verificare tutti i suoi prossimi incarichi nei prossimi anni. Sarà poi un caso che oggi Giannino ha insultato pesantemente la lista di Monti?”.
E ancora: “L’uscita di Zingales giova a Berlusconi in Lombardia e, quasi sicuramente, a Zingales”.
Alessia poi si stupisce dello scarso tempismo dell’economista dimissionario (“Fatalità Zingales se n’è accorto solo ora!”).
E seguono decine di commenti a difesa di Giannino: “Quella di Zingales è spiegabile con una sola parola: invidia”, “un master aggiunge o toglie qualcosa alla validità della proposta di Giannino?”.
Ma sul profilo del giornalista ci sono anche i delusi: “Io so che il mio cv non è tarocco e che non dico (come ha fatto Giannino apertamente) di avere un master quando non ce l’ho — spiega Paolo -. Io credevo fosse un po’ più serio, tutto qui”.
Alberto poi si rivolge direttamente a lui: “Oscar, si sente benissimo che hai detto ‘dove ho preso il Master’. Ci ho creduto al 100% , ma ora sei inevitabilmente sputtanato. Per una piccolezza, ma sputtanato. E magari spiegaci perchè Zingales ha deciso di ucciderti”.
Sul profilo di Zingales, invece, piovono critiche e gli utenti gli rimproverano il “pessimo” tempismo.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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