Settembre 27th, 2014 Riccardo Fucile
“PENSO SIA INNOCENTE E LA SENTENZA E’ ASSURDA, MA OCCORRE RISPETTARLA E DIMETTERSI PER AVERE CREDIBILITA’ NEL CRITICARLA”
“Penso che sia innocente e che quella sentenza sia sbagliata. Ma nello stesso momento faccio un pubblico appello a De Magistris: stai sbagliando a non dimetterti e a fare quelle dichiarazioni sui giornali”.
Antonio Ingroia, ex magistrato, prima ancora che come collega, parla da amico del sindaco di Napoli, condannato in primo grado per abuso d’ufficio, per l’acquisizione illecita di tabulati nell’inchiesta Why Not.
“Sono stato difensore in sede disciplinare di De Magistris sulla vicenda dei tabulati – dichiara Ingroia ad HuffPost – questa sentenza è assurda. Ma i meccanismi della politica sono diversi: è il momento di dimettersi, non è mai troppo tardi come si suol dire”
Dott. Ingroia, il sindaco De Magistris è in trincea. Cosa pensa di quello che sta succedendo a Napoli?
Voglio dire due cose: penso che De Magistris sia innocente e che quella sentenza sia sbagliata. Sul piano giuridico una condanna per abuso d’ufficio è assurda, non essendoci alcuna prova della consapevolezza di De Magistris che quelle utenze appartenessero a parlamentari. Anzi, negli atti c’è la prova contraria. Sono molto curioso di leggere le motivazioni della sentenza, perchè so già che è sbagliata.
Ma…
Dopodichè, da un lato ci sono la storia e le posizioni che De Magistris ha sempre espresso, ovvero il rispetto per la magistratura e per le sentenze. Ma, come detto, i meccanismi della politica sono diversi e dovrebbero consigliare un senso di responsabilità a De Magistris, che comprendo umanamente ma non condivido sul piano istituzionale. E’ il momento di dimettersi e di acquisire maggiore credibilità .
La percezione di molti è che il sindaco sia attaccato alla poltrona
E’ facile che la gente possa pensare che il sindaco voglia solo difendere la poltrona, ma so che non lo fa per questo. So anche che il modo migliore per respingere l’accusa è quella di dimettersi per poter criticare la sentenza liberamente. Conosco l’uomo De Magistris, e so che lo fa per il suo carattere ostinato, tenace e caparbio, non disposto a cedere di un millimetro. Ma siccome è legittimo il sospetto, sarebbe molto forte da parte sua dare maggiore credibilità alle sue posizioni dimettendosi. Solo così può scindere il suo ruolo dalla sua persona. Due cose che vanno tenute separate. Questo vale, senza fare confronti e sovrapposizioni, per Silvio Berlusconi come per Luigi De Magistris
Non è troppo tardi per cercare una “riabilitazione”?
Come suol dirsi non è mai troppo tardi, se si fanno i passi giusti. Si può sempre recuperare.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 4th, 2013 Riccardo Fucile
“QUANDO DECISI DI ANDARE IN GUATEMALA MI TELEFONO’ PER SAPERE SE ERO STATO VITTIMA DEL PROVVEDIMENTO: GLI RISPOSE DI NO, CHE ERA STATA UNA MIA SCELTA. TEMPO DIECI MINUTI E SUL SUO BLOG SCRIVE CHE MI AVEVANO VOLUTO ALLONTANARE…”
“Sia sul piano umano che sul piano politico Beppe Grillo è stato una grande delusione, perchè in un paio di occasioni ha dimostrato di voler cannibalizzare l’immagine altrui e l’ha fatto anche con me”.
Così è intervenuto Antonio Ingroia, ospite di “Reputescion”, il programma condotto da Andrea Scanzi in onda su La3 (Sky 153 — DTT 134).
“Quando io ho fatto domanda per andare in Guatemala, domanda che ho fatto spontaneamente sulla base di una serie di ragionamenti” — spiega Ingroia — “Grillo mi telefonò chiedendomi se potesse fare qualcosa per aiutarmi, ritenendo che io fossi stato vittima di un provvedimento punitivo. Io gli dissi: ‘E’ stata una mia scelta, che può non essere condivisa ma è stata mia e sarebbe inutile e anzi creerebbe degli equivoci un tuo intervento a mio favore’.
Neanche dieci minuti dopo” — continua — “trovo sul blog di Grillo un suo intervento contro lo Stato italiano che aveva mandato in esilio Antonio Ingroia, a dimostrazione dell’impossibilità di una magistratura che fa il proprio dovere perchè c’è chi la caccia. Quel giorno gli serviva riempire il suo blog con una cosa del genere, ignorando quello che gli avevo detto. E non mi è piaciuto“.
E aggiunge: “Sul piano politico io apprezzo il Movimento 5 Stelle e l’idea con cui Grillo l’ha fondato, ma ha dimostrato di essere incapace di gestirlo. Ho molta fiducia dei giovani che sono nel M5S, spero che Grillo invece di educare e dirigere i suoi venga educato e diretto da loro“
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 14th, 2013 Riccardo Fucile
INGROIA DICE ADDIO ALLA TOGA: “E’ STATA LA SCELTA PIU’ SOFFERTA, ORA FARO’ SOLO POLITICA”
Antonio Ingroia sta per fare la sua scelta di vita. Lascia la magistratura e passa alla politica.
«È stata la decisione più sofferta dei miei 54 anni».
Dopo averne passati 25 con la toga addosso il suo addio è colmo di amarezza.
Verso i colleghi, e verso il Csm e l’Anm, cui muove puntuali rimproveri.
«Per mesi mi sono sentito un uomo e un magistrato solo, ma non ho mai smesso di difendere la Costituzione e di cercare la verità su chi, e soprattutto perchè, ha ucciso il mio maestro Paolo Borsellino ».
Ora la sfida è un’altra, «portare in politica la grande passione per la giustizia, la verità e la Carta, visto che stiamo attraversando una vera e propria emergenza costituzionale».
Si avvicina il 22 giugno, quando prenderà forma Azione civile, il suo movimento. Come prevede di presiedere quell’assemblea, con o senza toga?
«No, ho deciso a malincuore di abbandonarla. Non ci sono più le condizioni perchè la tenga ancora indosso e ci sono invece delle gravi ragioni per le quali è venuto il momento di dedicarsi a tempo pieno all’attività politica. Lo dico perchè in queste ore si comincia a giocare una partita decisiva per il futuro della democrazia nel nostro Paese e dello Stato di diritto come delineato dai padri costituenti. Mi sono sempre dichiarato partigiano della Costituzione, l’ho difesa strenuamente da magistrato, ma mi sembra chiaro che stiamo andando verso la soluzione finale perchè si sta per mettere mano ai suoi capisaldi. Quindi non basta più un magistrato “partigiano della Costituzione”, ma occorrono tanti cittadini organizzati in un movimento politico per difendere con la loro azione la nostra magnifica Carta».
Davvero si chiude per sempre la porta alle spalle? Non pensa che tutti diranno “lo fa ora perchè non ha più un futuro”?
«Accetto il rischio perchè la posta in gioco è molto più importante di quello che si dirà sul mio conto. Sono abituato a maldicenze e travisamenti. Certo, sono così affezionato a questa toga che sarei rimasto in magistratura se mi fosse stata data la possibilità di mettere a frutto la mia esperienza ventennale di pm antimafia in Sicilia. Ma c’è chi non vuole, il Csm in testa».
Giudizio pesante. In questi mesi ha visto lì dentro dei nemici contro di lei e contro le indagini che ha condotto?
«Non mi piace ragionare con la logica militare dell’amico-nemico. Però è sotto gli occhi di tutti che appena l’inchiesta sulla trattativa è partita e si è capito che non sarebbe stata archiviata, ho avvertito forte prima un senso di allarme e preoccupazione rivolta contro di noi, poi un’ostilità strisciante, che alla fine è diventata avversione evidente, isolamento, ostacoli a ripetizione, fino ai ripetuti tentativi di neutralizzare le indagini, bloccando quei pm troppo ostinati nella ricerca della verità ».
La sua sarebbe una scelta obbligata perchè non le hanno lasciato lo spazio pieno per indagare sui misteri d’Italia?
«È proprio così, me n’ero resoconto già un anno fa quando, mentre lavoravo alla richiesta di rinvio a giudizio, presi atto che si erano richiuse le porte della stanza della verità che quasi miracolosamente si erano aperte qualche anno prima senza che si riuscisse a scoprire tutta la verità su quella stagione oscura di patti e sangue».
Non sarà , detto più terra terra, che stanno pesando le iniziative disciplinari contro di lei?
«Quelle non m’impressionano più di tanto, anche perchè nessuna è fondata e tutte sono indirizzate a reprimere la libera manifestazione del pensiero e il legittimo esercizio del diritto di critica anche nei confronti delle sentenze».
Dica la verità , si è sente isolato dai suoi colleghi per le scelte investigative e politiche che ha fatto. Non le pesa il voto unanime del Csm, insieme destra e sinistra della magistratura, contro Messineo, che in realtà è contro di lei?
«Avevo deciso ben prima di questa delibera. Ma ora lo posso dire. Negli ultimi anni è cresciuto dentro di me il senso di estraneità rispetto alle logiche “politiche” del Csm e alle timidezze e all’ingenerosità dell’Anm nel difendere i magistrati più esposti della procura di Palermo».
Aosta: come ha vissuto la decisione di mandarla lì?
«Certamente una scelta punitiva con motivazioni politiche. Bisognava dare una lezione alla magistratura che non si omologa, che quando indaga non ha riguardi per nessuno, a prescindere dalla collocazione politica. Il Csm poteva, anzi doveva, destinarmi alla procura nazionale antimafia, ma ha voluto tenermi alla larga da fascicoli connessi alle stragi e alla trattativa».
Poteva lasciare a dicembre, quando si è candidato per Rivoluzione civile. Perchè ci ha pensato tutti questi mesi?
«Perchè non ho mai creduto ai professionisti della politica e ricordavo l’esempio di un giudice antimafia prestato alla politica come Cesare Terranova, che poi era tornato a fare il giudice a Palermo, ma prima che potesse farlo fu ucciso dallamafia».
Che si lascia dietro? Rimpianti? Non le mancheranno indagini e processi?
«Non è stato facile. È una scelta molto travagliata. Ho dedicato gran parte dei miei anni da pm a cercare di ricostruire la verità sulla stagione in cui ha perso la vita il mio maestro Paolo Borsellino. Ma adesso sono convinto che la magistratura, nelle condizioni in cui si trova, non possa fare grossi passi avanti se non cambia la politica. Solo quando avremo una politica alleata della magistratura e della ricerca della verità a ogni costo il nostro Paese potrà crescere, perchè senza verità non c’è democrazia. Ecco allora che metto tutte le mie forze e il mio impegno per cambiare la politica e aiutare la magistratura a trovare la verità ».
Cosa l’ha convinta nonostante la pesante sconfitta elettorale di febbraio?
«Innanzitutto non è stata una disfatta perchè quegli 800mila voti sono un capitale umano di partenza da non disperdere. Girando per l’Italia in queste settimane ho sentito una gran voglia di partecipazione che è stata prima indirizzata verso l’M5S e che ora deve diventare la molla per costruire un nuovo fronte popolare e democratico per difendere la Costituzione e i diritti dei cittadini senza potere, a cominciare dal diritto al lavoro. Questo è l’obiettivo politico al quale voglio dedicarmi».
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Maggio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
LA FINE DEL MOVIMENTO E’ STATA SANCITA DA UNA NOTA CONGIUNTA DEI SEGRETARI DEI VARI PARTITI
Era nata per le elezioni, aveva cambiato nome dopo il pessimo risultato alle urne e ora, a distanza di neanche un anno dalla sua nascita, è stata sciolta per sempre, con una nota a firma dei suoi soci fondatori.
Il riferimento è a Rivoluzione Civile, il movimento che vedeva nel pm Antonio Ingroia il leader ed ex candidato alla presidenza del Consiglio.
Un ricordo lontano, quello della campagna elettorale, specie alla luce di quanto comunicato oggi alla stampa: ”I soggetti che hanno dato vita a Rivoluzione Civile hanno deciso all’unanimità di considerare conclusa questa esperienza. Il risultato insoddisfacente delle elezioni politiche del febbraio scorso ha indotto ognuna delle componenti a una riflessione profonda della nuova fase politica al proprio interno”.
La nota, firmata da Antonio Ingroia (Azione Civile), Angelo Bonelli (Verdi), Luigi De Magistris (Movimento Arancione), Oliviero Diliberto (Pdci), Antonio Di Pietro (Idv), Paolo Ferrero (Prc) e Leoluca Orlando (Rete2018), prosegue sugli stessi toni: “Si è preso atto che le scelte strategiche future dei singoli soggetti sono incompatibili con la prosecuzione di un progetto politico comune, quanto meno nell’immediato”.
In poche parole: ognuno va per conto suo.
Rottura totale, quindi, anche se “resta intatta la stima reciproca tra tutte le forze che hanno dato vita a RC e la volontà di mantenere comunque interlocuzioni finalizzate al profondo cambiamento politico, culturale e sociale dell’Italia”.
Poi le recriminazioni: “Resta inoltre forte il convincimento che nel nostro Paese la presenza in Parlamento di rappresentanti delle forze unite attorno a Rivoluzione Civile avrebbe portato un arricchimento importante al dibattito per la realizzazione di una legislazione avanzata sul terreno dei diritti sociali e civili, della legalità , dell’etica nella politica e di un nuovo impianto istituzionale. Il contrario — conclude la nota — di quanto purtroppo è avvenuto”.
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Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile
MOLTI I COMMENTI NEGATIVI ALLA NOMINA DELL’EX CANDIDATO PREMIER AI VERTICI DI RISCOSSIONE SICILIA: “SALVATO DAL TRASFERIMENTO AD AOSTA”, “DALLA RIVOLUZIONE ALLA RISCOSSIONE”
Si scatena la polemica, sul web, per la nomina di Antonio Ingroia a capo della società che si occupa di riscuotere le tasse in Sicilia.
Il magistrato è stato nominato questa mattina dal governatore Rosario Crocetta: sarà il presidente di Riscossione Sicilia, l’equivalente di Equitalia nell’Isola.
Con questa nomina l’ex candidato premier, leader di Rivoluzione Civile, dovrebbe evitare il ritorno mei ranghi giudiziari: il Csm aveva individuato Aosta come nuova sede di lavoro.
Il plenum del consiglio superiore della magistratura, su questa scelta, è ancora convocato per mercoledì.
Molte le critiche su twitter.
“Che brutta impressione che fa Ingroia aiutato a restare a casa da Crocetta. Tra Caste ci si aiuta, dirà qualcuno”, scrive Rossella Vivio.
“Ingroia salvato dal trasferimento ad Aosta. Quanti statali potrebbero ricevere tali aiuti? Io no!”, afferma Emiliano Fabbri.
“Ingroia passa dalla rivoluzione alla riscossione. Speriamo che quest’ultima abbia maggiori consensi…”, scherza Fabio Meloni.
E Rossella Favi ironizza: “Tutti hanno a cuore il bene della collettività e non il proprio…”. Altri storpiano il nome “Rivoluzione civile” in “Riscossione civile”, altri ancora parlano di “nulla Aosta” per Ingroia.
Ma l’ex candidato premier replica sempre su Twitter: “Niente sottogoverno. Un incarico da magistrato dove posso mettere a frutto la mia esperienza contro abusi e opacità del passato”.
La società Riscossione Sicilia, qualche giorno fa, era finita al centro delle cronache perchè Crocetta, nel corso di una conferenza stampa, aveva denunciato consulenze milionarie e una gestione allegra della società .
Forse anche per questo, la scelta è caduta sull’ex pm, con il quale il presidente della Regione ha avviato un dialogo anche di natura politica.
Crocetta e Ingroia si sono più volti incontrati, negli ultimi giorni: “Mi piacerebbe portare nel mio Megafono – aveva detto il governatore in un’intervista a Repubblica – quell’area della sinistra rappresentata da Ingroia – È un grande magistrato, se lui è disponibile potrei utilizzarlo anche in Regione”. Un’ipotesi che si è concretizzata oggi.
Crocetta ha fatto sapere che Ingroia ha accettato di guidare Riscossione Sicilia Spa: “Aspettiamo naturalmente il Csm”, ha aggiunto.
Come vice presidente del consiglio di amministrazione, il governo siciliano ha nominato l’avvocato Lucia Di Salvo, “moglie di un magistrato”, ha sottolineato il presidente.
Nel cda anche l’avvocato Maria Mattarella, figlia di Piersanti, l’ex presidente della Regione siciliana assassinato dalla mafia il sei gennaio 1980.
Ma anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia il 19 luglio ’92, uomo molto vicino al pm, è gelido su Ingroia: “Per la verità lo preferivo quando faceva il suo lavoro di magistrato e lo faceva in maniera egregia, mentre su Ingroia politico preferisco non pronunciarmi”.
Emanuele Lauria
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 7th, 2013 Riccardo Fucile
SCONTRO A MEZZO STAMPA A CAUSA DI DI PIETRO
Per dirsi addio hanno usato i giornali.
Interviste a distanza sul Fatto quotidiano, come due leader politici consumati.
Ma la verità è che è stata proprio la politica a consumare il sodalizio che fra Antonio Ingroia e Luigi de Magistris sembrava aver superato prove ben più toste. Ma tant’è
Proprio di ieri è il titolone che ha sancito il divorzio: «Ho chiuso con De Magistris», decretava Ingroia in risposta a quello che il sindaco di Napoli gli aveva mandato a dire il giorno prima: «Basta, Rivoluzione civile è finita».
Sullo sfondo le immagini di una città , Napoli, bruciata e distrutta.
Simboliche e drammatiche.
Avevano attraversato momenti all’apparenza ben più complicati, i due. Magistrato uno. Magistrato l’altro.
Ingroia e De Magistris si sono sempre trovati in procure calde e di frontiera.
A condurre battaglie scomode, spesso a braccetto. In difesa l’uno dell’altro.
E’ stato soltanto qualche settimana fa, a ridosso dello scorso Natale, che i due magistrati hanno sterzato sulla politica: Rivoluzione civile.
De Magistris è stato il primo a benedire il partito che voleva candidare Ingroia a Palazzo Chigi. Di più: Ingroia era ancora in Guatemala per conto dell’Onu quando De Magistris varava la nuova impresa politica con il colore del suo movimento, l’arancione.
Ma l’idillio è tramontato, nemmeno il tempo di sorgere.
E pensare che era stato proprio Ingroia a correre in soccorso di De Magistris quando per l’inchiesta Why not venne messo sotto accusa dal Csm. Pubblicamente, prima.
Legalmente poi: è stato Ingroia a difendere il collega di Napoli nel secondo procedimento al Csm.
Difesa cordialmente ricambiata.
È stata la voce di De Magistris quella che nel dicembre scorso si è levata con più potenza in difesa del collega di Palermo messo sotto accusa, contemporaneamente, da parte del Csm e dell’Anm.
«La sentenza della Consulta è politica», aveva detto Ingroia commentando quella sentenza che aveva dato ragione al Quirinale sulla storia delle intercettazioni nella vicenda Stato-Mafia, provocando la bufera. De Magistris lo aveva difeso, rilanciando e rafforzando le sue affermazioni.
Rivoluzione civile viene partorita pochi giorni dopo.
E adesso a rivedere in controluce le tappe di un partito che aveva scelto come sfondo del simbolo il quadro di Pellizza da Volpedo, c’è una sintesi che viene fuori con un’evidenza paradossale: ci ha pensato un ex-magistrato a far litigare due magistrati amici da sempre.
Perchè sì, è andata così: Ingroia e De Magistris non hanno fatto altro che discutere sulle metodologie usate da Antonio Di Pietro che con la sua Idv si era infilato dentro Rivoluzione civile.
Alessandra Arachi
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 17th, 2013 Riccardo Fucile
UN CHIODO FISSO, LA LEGALITA’… UNA RISORSA CHE DIVENTA ANCHE UN LIMITE
Antonio Ingroia, il pm antimafia salito sulle spalle della sinistra-sinistra diventando con Rivoluzione civile la mina vagante che può far vincere o perdere il Pd, compone le frasi come se facesse una partita a Ruzzle.
Ma senza divertimento, men che meno stupore. Un paroliere tutt’altro che estroso, peraltro: legalità , legalitario, legale, legali, legge.
Inizia a solfeggiare già a mattina, appena sceso a Milano dalla macchina con lampeggiante e scorta, nella giornata in cui batte palmo a palmo la Lombardia, l’Ohio d’Italia, regione chiave degli equilibri del Senato e dove dunque, come in Sicilia, il suo pacchetto di voti può essere decisivo.
Oggi si deve parlare di crisi economica? Bene. «Il motore dello sviluppo può diventare la legalità », annuncia.
Un messaggio che ripete prima per radio, a Cologno Monzese, poi al Palazzo delle Stelline, a un passo da Sant’Ambrogio.
Fuori nevica forte, paralizzati i trasporti di mezza Italia, a Roma il papa sta annunciando le dimissioni.
Ma potrebbe esserci qualunque tempo e qualunque notizia-bomba: per uscire dal tunnel della crisi e riavviare il motore, tira dritto Ingroia, basta dedicarsi con più foga alla confisca dei beni mafiosi, cambiare la legge per poter sequestrare anche i grandi patrimoni frutto di corruzione ed evasione e il gioco è fatto.
Si recupererebbero «grandi quantitativi di denaro», da destinare alla piccola e media impresa, ma anche a garantire un reddito minimo ai disoccupati.
Un uovo di Colombo. Così assicura il pm in prestito alla politica, che in questo genere di discorsi parla sempre per spanne («Da un pezzo», «un numero sterminato», «tra i più bassi d’Europa», «insopportabile lunghezza») e nei numeri precisi non si avventura mai.
Del resto, che accenni al lavoro, al femminicidio, alla disoccupazione, è sempre sulla legalità che finisce.
Programma di governo, centro di gravità permanente, metro del mondo.
Pane che regala a piene mani agli appassionati del genere, a forza di «noi abbiamo le mani pulite», anche se «non siamo migliori degli altri, anzi lo siamo», che «vogliamo azzerare tutte le leggi ad personam» ed «eliminare la mafia», mica solo combatterla o contenerla, come ha fatto il Pd.
E gli ultrà accorsi ad ascoltarlo gli sorridono largo, gli porgono i suoi libri da firmare come se fossero paramenti sacri.
O ne citano i titoli con evocativa deferenza — “Palermo”, “Io so” — così, senza aggiungere altro. Anche se in terra lombarda dimentica Formigoni e il suo scandalo e se la prende col Pd.
Fuori da questo perimetro, quello tradizionale del pm antimafia e dei suoi fan, alberga invece scetticismo.
E un qualche rimpianto per la scarsa presenza in campagna elettorale di Luigi De Magistris, l’arancione con appeal trasversale.
«Ingroia invece sa parlare solo di giustizia, non ha ancora capito che non deve diventare procuratore dell’Oklahoma, ma entrare in Parlamento», sussurrano nelle retrovie del movimento.
E in effetti, a guardarlo girare per incontri pubblici, conferenze stampa, saluti ai gazebo dei militanti, col suo gilet di lana sotto la giacca e i suoi gemelli ai polsi, il suo tono nè piacione nè antipatico, pare Ingroia sempre assai compreso nel suo ruolo, e insieme un po’ a disagio.
Un essere mitologico, metà magistrato e metà leader politico — o forse in questo momento nessuno dei due, esattamente.
Come se — da Borsellino al Guatemala, passando per l’antipolitica in versione società civile — avesse troppi echi di cui tenere conto, e nessuno in modo specifico.
Sarà anche per questo che, tra la gente, c’è anche chi va ad ascoltarlo per decifrarlo: «Il programma di Rivoluzione civile mi piace, lui invece mi è sembrato poco pungente», spiega un informatico di mezza età calato dalle valli bergamasche.
Poco pungente, che paradosso.
Troppo “professore” per fare il tribuno della plebe in stile Di Pietro (non urla mai, per dire), troppo disincantato per fare l’incantatore di serpenti, troppo poco carismatico per fare il visionario alla Bertinotti.
Eppure, adesso, alla guida di un movimento che fra gli altri mette insieme proprio quei partiti (Italia dei Valori, Rifondazione comunista, Comunisti italiani), sommandoli con la società civile dei Sandro Ruotolo e delle Ilaria Cucchi.
Il risultato, anch’esso ibrido, lo si vede per esempio nel dibattito pubblico alla Camera di commercio di Brescia, altra tappa del tour lombardo.
Sul palco, a destra di Ingroia — lato antimafia — c’è Franco La Torre, figlio di Pio, mentre a sinistra — lato sindacal comunista — c’è Maurizio Zipponi della Fiom; in sala, duecento persone, uno strano mix tra giovanissimi incuriositi dal personaggio (il diciottenne che ha letto tutti i suoi libri, la ventiquattrenne che si è appena laureata con una tesi sulle ecomafie, sembra di stare nella Rete di Orlando vent’anni fa) e robusti metalmeccanici o sindacalisti in genere che parlano con passione di fabbrica, di scuola, di sanità , di articolo 18 e riforma delle pensioni.
Gente che, nella foga di raccontare al leader politico le proprie battaglie, finisce per sbattere la fronte contro l’altra metà dell’essere mitologico Ingroia, il magistrato.
Come fa, dal palco, un operaio dell’Iveco: «Perchè per i lavoratori in mobilità nessuno insorge e, invece, quando Giorgio Napolitano è stato attaccato sulla trattativa Stato-mafia è insorto il mondo?», domanda polemico, mentre in sala si fa silenzio tombale e il leader di Rivoluzione civile — titolare dell’inchiesta sulla trattativa — guarda il telefonino e sembra prendere appunti svogliato, come nell’imitazione di Crozza.
Oppure gente da sempre di sinistra-sinistra che, come Anna, spiega quanto le paia assurdo «essere finita a sostenere un giudice, dopo che negli anni Settanta ero contro i giudici» perchè gli appare affidabile.
Puntare a una sinistra un po’ antica, pescare tra gli elettori di Pd e Sel.
È questa la vasca nella quale alla fine Ingroia butta gli ami.
Attaccare Bersani «che rappresenta l’apparato» e la sua «scelta di allearsi con Monti dopo il voto» è l’unica porzione della politica che — tolta la legalità — lo scaldi un po’.
La frase contro il «criminogeno» Berlusconi è articolata quasi controvoglia, a Monti è riservato solo un mezzo affondo: è «un tecnocrate», ma pur sempre incarna «una destra pulita».
Agli avversari naturali di centrodestra, l’ex pm preferisce gli antagonisti di centrosinistra.
Contro i quali è persino capace di dire che «un governo stabile non è un valore assoluto, ma un valore relativo», anche se si è in mezzo alla crisi più nera.
Qual è il suo obiettivo finale? Una poltrona da ministro? Ingroia lo nega, ma certo il suo programma da Guardasigilli ce l’avrebbe già , persino nel dettaglio.
Essendo, naturalmente, contrario alla separazione delle carriere, o a dare più poteri investigativi agli avvocati («Ne hanno già troppi»), ma favorevole a una revisione della legge sulle intercettazioni.
Chissà perchè.
Susanna Turco
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
MA NELLA BASE DELL’EX PM EMERGE LA TENTAZIONE DEL DOPPIO VOTO: L’IDEA E’ DI SOSTENERE BERSANI AL SENATO
Votare Ingroia alla Camera e Bersani al Senato per evitare di far vincere Berlusconi in due regioni chiave, Lombardia e Sicilia.
La base del movimento Rivoluzione civile comincia a scricchiolare sotto il peso degli ultimi sondaggi che danno un testa a testa tra azzurri e democratici per raggiungere il premio di maggioranza a Palazzo Madama.
Sindacalisti della Fiom, leader storici della sinistra e sostenitori convinti del magistrato antimafia, da Milano a Palermo annunciano il loro «voto utile» per sconfiggere una volta per tutte la destra berlusconiana.
Proprio in Sicilia, la terra di Ingroia e delle sue battaglie giudiziarie contro la mafia, in molti aprono al voto disgiunto.
Anche in casa Fiom, nonostante tra i candidati ci sia la segretaria regionale uscente Giovanna Marano, in lista alla Camera con Rivoluzione civile.
Roberto Mastrosimone, segretario provinciale della Fiom e tra i protagonisti delle battaglie degli operai Fiat a Termini Imerese, non ha dubbi: «Alla Camera voterò in maniera convinta la lista di Ingroia, credo nella sua battaglia e in questo progetto – dice – ma da sempre mi batto per sconfiggere la destra. E non possiamo dare alcuna chance di vittoria a Berlusconi, soprattutto in Sicilia dove il Pdl ha mal governato per anni. Per questo al Senato voterò Bersani e la sua colazione. Non voterò Pd, sia chiaro, ma l’unico centrosinistra che può evitare che Berlusconi torni al potere». Il dubbio in queste ore si insinua in diversi esponenti della base palermitana di Rivoluzione civile: «Voterò certamente Ingroia alla Camera, ma ci poniamo il problema del Senato, soprattutto qui in Sicilia dove il distacco tra Berlusconi e Bersani è molto risicato e pochi voti possono far vincere il pessimo centrodestra, io scioglierò questo dubbio solo alla vigilia del voto, non voglio che tornino a governare i berlusconiani », dice Giampiero Di Fiore, vecchio militante dell’estrema sinistra palermitana.
A Milano ha fatto coming out il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo: non nasconde che voterà Ingroia alla Camera e centrosinistra al Senato. «Non è desistenza, è buon senso – dice -. I sondaggi non accreditano Rc di un risultato vicino all’8 per cento al Senato. Siamo molto più giù.
E i voti espressi per una forza che resta sotto la soglia di sbarramento non vengono ridistribuiti su base nazionale: si perdono e basta. Questo, purtroppo, non tutti ancora lo sanno».
Secondo Rizzo «il voto disgiunto non solo è utile ma è pure credibile: perchè si consente al Pd di non essere condizionato da Monti e si evita di favorire la destra».
Sulla stessa lunghezza d’onda Emilio Molinari, altro volto storico della sinistra milanese, ex eurodeputato di Democrazia Proletaria e attivista delle battaglie per l’acqua pubblica: «Alla Camera voto Ingroia perchè serve un cuneo per far saltare il dialogo fra il Pd e Monti.
Al Senato per il centrosinistra perchè l’imperativo è non far prevalere il tentativo di Berlusconi di rendere ingovernabile il Paese».
Dalle pagine di Micromega anche dom Giovanni Franzoni, il teologo e pacifista che nel 1976 fu dimesso dallo Stato clericale per aver dichiarato l’appoggio al Pci, dice che si orienterà per il voto disgiunto: «Potrei determinarmi per dare un’indicazione alla Camera per la lista degli “arancioni” di Ingroia, anche per miei precedenti rapporti di prossimità sia con i Comunisti italiani sia con i Verdi, mentre la preoccupazione per il Senato, affinchè non si riproduca una situazione di fragilità in cui si possa avere una maggioranza tranquilla alla Camera ma si è continuamente a rischio per una manciata di voti al Senato, potrebbe indurmi a votare per la coalizione Pd-Sel».
Antonio Fraschella Emanuele Lauria
( da “La Repubblica“)
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
AVEVA INDICATO DUE CANDIDATI DEL MOVIMENTO “AGENDE ROSSE” CHE PERO’ SONO STATI COLLOCATI IN LISTA MOLTO INDIETRO
Si allontanano sempre di più le strade di Salvatore Borsellino e Antonio Ingroia.
Dopo aver chiesto insistentemente e pubblicamente per giorni la smentita della indiscrezione sulla sua candidatura nelle liste di Rivoluzione civile ( poi arrivata domenica pomeriggio) ora Salvatore Borsellino denuncia pubblicamente che i due candidati del movimento delle Agende rosse da lui indicati all’ex procuratore aggiunto di Palermo per l’inserimento nelle liste, Lidia Undiemi e Benny Calasanzio, sono stati relegati agli ultimi posti dietro esponenti di partiti e volti mediaticamente noti della società civile.
E annuncia di non voler più sostenere il movimento di Ingroia.
“I politici sono stati scelti in base alle contrattazioni di vecchio stampo tra i partiti componenti la lista mentre i soggetti della cosiddetta società civile in base alla notorietà ed alla visibilità mediatica che non sempre coincidono con l’impegno civile. A questo punto – dice Borsellino – debbo purtroppo anticipare che difficilmente potrò confermare quell’appoggio che, dopo alcune perplessità iniziali, avevo dto alla lista di Rivoluzione civile”.
Poi l’attacco diretto ad Antonio Ingroia.
“Probabilmente – chiosa Borsellino – qualcuno era interessato unicamente alla mia candidatura e una volta venuta a cadere questa ipotesi e dopo che io ho preteso con forza una smentita che pure è tardata ad arrivare, non ha ritenuto di volere dare fiducia a questi giovani. Giovani che pure hanno sempre profuso il loro impegno civile anche a sostegno di quei magistrati che, continuando ad indossare la toga, vanno in cerca della Verità e della Giustizia”.
“Nutro grande stima, affetto e riconoscenza per l’impegno e la passione profusi in questi anni da Salvatore Borsellino nella lotta per la verita’ sulle stagioni piu’ buie della nostra storia” gli risponde il leader di Rivoluzione civile, “conoscendolo, capisco anche il suo disappunto per il fatto che la lista civica che abbiamo organizzato contiene anche, al suo interno, esponenti di punta di partito, ma Salvatore deve sapere che noi non siamo antipolitica”.
“Crediamo – aggiunge Ingroia – nella possibilita’ di mettere insieme le energie migliori della societa’ civile e della buona politica. Quegli stessi partiti che hanno combattuto dentro e fuori il Parlamento la battaglia per la verita’ sulla trattativa Stato-mafia e sulla stagione delle stragi. Da Di Pietro, che si e’ sempre speso per la difesa dell’indipendenza della Procura di Palermo, al centro di un incredibile attacco per impedire l’accertamento della verita’, a Rifondazione Comunista, che si e’ costituita parte civile nel processo sulla trattativa in corso a Palermo. E ancora, da Oliviero Diliberto, fra i pochissimi politici a difendere me e il pool da me coordinato fino alle battaglie dei Verdi contro l’eco mafia. Chiedo a Salvatore Borsellino di avere pazienza perchè i nomi in lista sono stati selezionati in base a storie lunghe e dolenti di impegno civile, spesso segnate da tragedie come quella di Salvatore. Un solo nome per tutti, Franco La Torre”.
Alessandra Ziniti
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