Gennaio 28th, 2018 Riccardo Fucile
E OGGI E’ ANDATA A PARLARE A BUSTO ARSIZIO, NELLA PIAZZA DOVE I GIOVANI PADANI AVEVANO BRUCIATO IL SUO PUPAZZO: “FORSE SALVINI AMBISCE A ESSERE IL PREMIER DELLA REPUBBLICA DEI FALO'”
“Mi ha fatto molto piacere ricevere l’invito di tante persone di Busto Arsizio che vogliono farmi conoscere la realtà della loro cittadina. Persone che si sono sentite a disagio per quello che è accaduto due giorni fa in piazza San Giovanni, dove i “giovani padani” insieme al sindaco hanno dato alle fiamme il mio fantoccio. Oggi ci sarò, proprio a piazza San Giovanni, perchè al clima di odio si risponde col dialogo ma senza indietreggiare di un millimetro”.
Lo ha scritto su Facebook Laura Boldrini, presidente della Camera e esponente di LeU che questo pomeriggio ha parlato in Piazza san Giovanni a Busto Arsizio (Varese).
In una intervista al Corriere della Sera la Boldrini poi mandato un messaggio diretto al leader della Lega Nord: “È inaccettabile che venga dato alle fiamme un pupazzo con la mia faccia, non è civile, non è democratico, forse Salvini ambisce a essere il signore della repubblica dei falò”.
E ancora: “Salvini non parla altro che di immigrazione, ma si occupasse degli italiani e risolvesse i problemi degli italiani, fa politica da quando ha 17 anni, cosa ha dato al paese? E fa finta di essere nuovo”.
La Boldrini parla anche del nuovo partito di cui fa parte: “LeU non è una caserma. Io credo che Grasso avrà la capacità di sintesi. Alleanze? Sarebbe bene parlarne dopo, senza avere i risultati sono esercizi teorici, non hanno senso ora. Noi dobbiamo parlare ai delusi, a chi ha votato M5s”.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2018 Riccardo Fucile
GIRANDOLA DI PARACADUTE PER I BIG, SALVO D’ALEMA E BERSANI… GRASSO IMPONE DEI FEDELISSIMI
Liberi, forse. Ma Uguali no. Perchè qualcuno, come nel romanzo di Orwell, è più uguale degli altri, in queste liste che certificano, complessivamente, un progetto sul punto di implodere.
Pietro Grasso, leader calato dall’alto, planerà su due proporzionali sicuri, in Sicilia e nel Lazio. E al momento non risulta candidato, unico leader nel panorama nazionale, in nessun collegio uninominale.
Racconta più di un presente al tavolo delle liste che c’è “un clima pesante, carico di tensione”, frutto anche di una rivolta dei territori.
Piovono lettere e documenti di dissenso dalle regioni, dove sono paracadutati diversi big da garantire.
In Sardegna, in queste ore, c’è il rischio che la lista non sia presentata: il casus belli è stata l’esclusione di due uscenti, Yuri Marcialis e Michele Piras, e l’imposizione dall’alto di Claudio Grassi, il responsabile organizzazione di Sinistra Italiana, nato a Reggio Emilia. Non è un caso isolato.
Dall’Abruzzo è partito un documento per esprimere “indignazione e rabbia” di fronte a “due capolista imposti con inaccettabili forzature da parte del gruppo dirigente”.
Il primo è Celeste Costantino, nata a Reggio Calabria e residente a Roma. L’altro è Danilo Leva, molisano.
Mentre non compare nelle liste il deputato uscente, alla prima legislatura, Gianni Melilla. Stesso andazzo in Sicilia e Calabria, dove Nico Stumpo si è candidato, per sicurezza, capolista in entrambi i proporzionali.
Qualcuno, al termine dell’ennesimo tavolo, ha urlato: “Io me ne vado alla lista di potere al popolo”.
Sardegna, Abruzzo, Calabria. E Campania: “Sta per partire un documento — dice più di un parlamentare – indirizzato a Roma anche sul tema dell’esclusione di Antonio Bassolino”. Accolto trionfalmente alla festa nazionale di Mdp a Napoli, l’ex sindaco al momento è bloccato da un veto di Sinistra Italiana.
E non troppo difeso neanche da Grasso, il quale ha impostato la sua discesa in campo un po’ alla Renzi, come ha scritto il direttore della rivista ItalianiEuropei Peppino Caldarola: ci sono io, gli altri facciano un passo indietro.
È qualcosa di più di una fisiologica fibrillazione questa rivolta dei territori.
Pippo Civati, tra i più arrabbiati, è sbottato al termine di una riunione: “Queste liste sono una schifezza. Avevamo detto: rispettiamo il criterio di territorialità per essere diversi dagli altri; no a pluricandidature; no a eccessive deroghe”.
A scorrere le liste l’unico ad aver rispettato questa impostazione è Massimo D’Alema.
Il quale sarà candidato all’uninominale di Gallipoli e al proporzionale della stessa zona, il Salento, entrambi insicuri secondo gli ultimi sondaggi.
Senza paracaduti in altre regioni più sicure, come fanno i capi politici che si rispettano, perchè un leader non ce la fa significa, semplicemente, che non è un leader.
Ad un collega di partito ha consegnato una battuta fulminate, a proposito di apertura e rinnovamento delle liste: “Qua l’unico della società civile sono io, diciamo, visto che non sono uscente…”.
Anche Bersani ed Errani correranno nel loro territorio, sia a Bologna nei collegi (Camera il primo, Senato il secondo) sia nel proporzionale in Emilia Romagna.
Il resto è una girandola di paracaduti.
Laura Boldrini è candidata alla Camera in ben quattro listini proporzionali in Lombardia, tra cui quello super-sicuro di Milano e, con molta probabilità all’uninominale, a Pesaro. Al Senato, in due listini, compare invece Francesco Laforgia, il capogruppo uscente, ma alla Camera.
In due listini lombardi dietro il nome della Boldrini compare quello di Alessio Pasquini, fidato collaboratore-portavoce di Pietro Grasso, s
Nomina garantita che ha prodotto più di qualche malumore interno: “Abbiamo trasformato — dicono i maligni – il Rosatellum in Porcellum, con il leader che nomina i suoi”.
Gli altri iper-garantiti in quota Grasso sono l’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni, in ben tre listini proporzionali (sicuri) in Puglia, l’avvocato Anna Falcone, uno dei volti della campagna per il no al referendum, garantita in Friuli e a Sondrio in Lombardia, e non in Calabria regione di cui è originaria.
Poi c’è il medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, in un listino lombardo (meno sicuro degli altri), comunque anche lui lontano dalla terre in cui ha avuto un ruolo.
Sempre nel capitolo portavoce e comunicatori, un posto garantito è stato dato in Toscana anche a Claudio Riccio, che lavora nella comunicazione di Sinistra Italiana (ed è anche nella segreteria nazionale).
In un posto insicuro invece scivola Piero Martino, parlamentare uscente e storico portavoce del Pd di Franceschini e ora capo della comunicazione di Liberi e Uguali.
È chiaro che liste così fanno scattare la rivolta: “Con questa legge elettorale, di sicuri ci sono solo alcuni capilista nel proporzionale, perchè non sai dove scattano i secondi. È chiaro che i leader si candidano in più parti, ma c’è un pezzo della nomenklatura, al netto dei leader, che si è iper-garantita in modo eccessivo, mettendosi ovunque, perchè i posti sono pochi, una quarantina tra Camera e Senato. E gli altri rischiano”.
A proposito dei big che andranno un po’ in giro, i segretari dei partiti fondatori sono così distribuiti: Speranza in Toscana e nel Lazio, Fratonianni a Torino a Pisa, Civati a Bergamo-Brescia.
Quanto poi tirino liste così è tutt’altro discorso.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 18th, 2018 Riccardo Fucile
L’ESORTAZIONE A NON FARSI DEL MALE IN VISTA DI UN FUTURO GOVERNO DEL PRESIDENTE
Qualche giorno fa abbiamo spiegato che la linea delle alleanze di Liberi e Uguali in Lombardia e nel Lazio era perfettamente spiegabile come strategia elettorale perchè il nuovo partito di Bersani, D’Alema e Grasso deve distinguersi il più possibile dal Partito Democratico per avere la possibilità di raccogliere voti.
Oggi Massimo D’Alema sul Corriere della Sera disegna la possibilità di (e la disponibilità di LeU a) un “governo del presidente” dopo le elezioni dal quale però, giocoforza, sarebbe impossibile escludere Forza Italia e Partito Democratico.
Già che c’è, esorta Pd e Leu a non farsi del male:
«Per far perdere Renzi non era necessario fare un partito; bastava lasciarlo fare da solo. Il Pd ha perso tutte le elezioni, con noi o senza di noi, da Roma a Torino a Genova. Noi non nasciamo per provocare la sconfitta che c’è già stata, ma come conseguenza della sconfitta; con l’obiettivo di riconquistare un pezzo dell’elettorato che non vota, o vota 5 Stelle, o persino Lega. Consiglierei al Pd di adottare una certa prudenza, anzichè continuare ad attaccarci».
Perchè non dovrebbe?
«Perchè attaccare noi non porta voti a loro, ma ai 5 Stelle. L’uso strumentale del voto utile per schiacciarci non funziona, ed è controproducente. Com’è accaduto in Sicilia, dove il candidato dem ha preso l’8% in meno delle liste che lo sostenevano: molti, convinti dal Pd della necessità del voto utile, hanno votato 5 Stelle o destra. La competizione maggioritaria in gran parte del Paese avrà questi due protagonisti. Il gruppo dirigente del Pd colleziona autogol: tra la legge elettorale, la commissione sulle banche, la campagna per il voto utile, dà l’impressione di una certa mancanza di saggezza. Vorrei dire loro: non facciamoci del male; creiamo le condizioni per un dialogo futuro. Dopo il 4 marzo, viene il 5 marzo. Il Pd dovrebbe semmai dedicare la sua campagna a contrastare la destra».
Ad occhio insomma le dichiarazioni pubbliche di D’Alema sembrano andare in direzione ostinata e contraria rispetto alla pura logica di interesse elettorale per il partito di Grasso.
Cosa succederà il 5 marzo?
«La classe dirigente ha il dovere di dire la verità al Paese: questa legge è congegnata perchè nessuno abbia la maggioranza. Occorrerà lo sforzo di garantire una ragionevole governabilità , mentre il Parlamento avrà un compito costituente, a cominciare da una nuova legge elettorale. Il Paese pagherà un prezzo alto al fallimento del renzismo, al modo disastroso, superficiale e arrogante con cui ha affrontato questioni delicatissime come le riforme».
Un governo del presidente?
«Per forza: una convergenza di tanti partiti diversi attorno a obiettivi molto limitati. E noi, che siamo una forza radicata nei valori democratici della Costituzione della solidarietà , dell’uguaglianza, del lavoro, daremo il nostro contributo, ponendo discriminanti di carattere programmatico per noi irrinunciabili».
Quali?
«Ci sono enormi istanze sociali non rappresentate. Sono cresciute le disuguaglianze, i frutti della ripresa vanno a pochi. La tragedia di Milano ci ricorda il tema drammatico della tutela della sicurezza dei lavoratori. Le scelte del governo Renzi volte a ridurre la forza contrattuale dei lavoratori li hanno indeboliti anche su questo fronte. Per un lavoratore che può essere licenziato senza giusta causa è più difficile alzare la voce per difendersi».
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 16th, 2018 Riccardo Fucile
ARRIVA IN ANTICIPO A CASALE PER PARLARE CON I FAMILIARI DELLE VITTIME DELL’AMIANTO, DANDO UNA LEZIONE DI STILE A QUALCUNO
Più persone che sedie: Ettore Coppo già vice sindaco di Casale dà il via così all’incontro con Massimo D’Alema che è arrivato con mezz’ora di anticipo perchè voleva incontrare i rappresentanti di Afeva.
È la prima volta a Casale per il combattente della sinistra che avrebbe dovuto essere rottamato da Renzi e che adesso si ritrova sotto il cappello di Liberi e Uguali.
Nella sala l’età media è piuttosto alta ma «si sa sono loro che vanno a votare, bisogna convicerli i giovani» dicono quei tanti che sono rimasti in piedi in fondo alla sala.
È stato un Massimo D’Alema che ha parlato di povertà e spesa sanitaria, di integrazione e di «barbari che parlano di razza bianca».
Non ha mancato di citare le promesse elettorali di Berlusconi e «del suo giovane emulo» Renzi che per nome ha citato una volta solamente «manca solo che promettano che sarà tre volte Natale come nella canzone di Dalla».
La nuova legge elettorale? «Funziona che voti la Bonino ed eleggi la Boschi: il partito grande ingloba quello piccolo»..
La sala ha dispensato applausi
(da “La Stampa”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
TROPPE ANIME E NESSUN LEADER VERO CHE SAPPIA FARE SCELTE CORAGGIOSE E SPARIGLIARE I GIOCHI … HA RAGIONE CIVATI: O SI DICE SI’ O NO A TUTTI
Alla fine, quando si consumerà il rituale degli appelli dei padri nobili, dei giochi tattici (meno nobili) perchè, si sa, ognuno tende a lasciare il cerino nella mani dell’altro, e delle successive recriminazioni, alla fine, dicevamo, accadrà , con molta probabilità , questo: la sinistra di Liberi e Uguali sosterrà la candidatura di Nicola Zingaretti nel Lazio, mentre in Lombardia non sosterrà quella di Giorgio Gori.
Formalmente la scelta è affidata alle assemblee regionali di Leu che si riuniranno nella giornata di domani, ma l’esito è pressochè scontato tanto che, a quella di Cinisinello Balsamo, parteciperà Nicola Fratonianni, presenza che certo non è sinonimo di accordo col Pd.
Pesa in Lombardia la “rivolta” della base e anche dei dirigenti che considerano il renzianissimo Gori “un uomo di destra”, ostile alla sinistra anche nel corso della sua esperienza amministrativa a Bergamo.
Pesa, in tutta questa storia, l’intreccio dei due livelli, nazionale e locale, perchè in una giornata di election day c’è un inevitabile effetto traino che alimenta, attraverso il voto sui presidenti, il voto utile per il partito maggiore, il Pd.
Pesano anche, però, le contraddizioni all’interno del nuovo soggetto nato a sinistra del Pd. Dice un big di Mdp: “La situazione è questa. Fratoianni vorrebbe rompere ovunque e intercetta anche un umore della base. C’è il grosso di Mdp che farebbe l’alleanza col Pd, a partire da Enrico Rossi. Civati invece dice: facciamo la stessa cosa nelle due regioni, purchè sia la stessa, e invoca una linearità “.
E Pietro Grasso non ha la forza, la libertà , la fantasia di un leader capace di una mossa del cavallo, che spiazzi, stupisca, faccia discutere.
La soluzione, al termine di un pomeriggio di riunioni “franche e schiette”, come si sarebbe detto una volta, è di alleanze a macchia di leopardo.
Certo, il profilo dei candidati non è lo stesso: Zingaretti, uomo di sinistra, governatore uscente sostenuto da Liberi e Uguali, ha rifiutato l’alleanza con i centristi della Lorenzin, e ha dato più di un segnale alla sinistra, diversamente da Gori.
E per Bersani, Speranza e gli altri sarebbe stato assai complicato sostenere il candidato della sinistra-sinistra, il verde Paolo Cento, il simpatico “Er Piotta”, come lo chiamano a Roma, contro un governatore sostenuto finora.
Insomma, tra specificità locali e logica nazionale, questa posizione — Zingaretti sì, Gori no – consente di dire: “Non siamo i signor no, ma non siamo neanche appiattiti sul Pd”.
Un compromesso che ripropone la contraddizione di fondo di questo progetto, e cioè proprio il “chi siamo”, perchè il tema delle alleanze qualifica una forza politica.
Perchè, sin dall’inizio, convivono due anime.
C’è chi immagina una forza più radicale, alla Corbyn, che mira al ribaltamento delle politiche economiche di questi anni, considerando il Pd un anello della catena liberista che ha imprigionato il paese. E che dunque si definisce nel suo essere alternativa al Pd, nella politica e nelle alleanze, come unico modo per rompere questa catena.
E c’è chi, come gli ex Pd, si muove ancora nel campo di un “centrosinistra senza Renzi”, rappresentandone l’ala più rigorosa nel programma e nella moralità .
Il problema è che nessuno, ancora, ha formulato un’idea di partito, robusta culturalmente e solida politicamente, capace di far attraversare questo “guado” identitario mentre la leadership di Grasso, moderata e istituzionale, suggerisce l’opzione a favore della seconda “riva”, quella di un nuovo centro-sinistra di governo (senza Renzi).
E non è un caso che, in parecchi a partire da Giorgio Gori, hanno avuto la sensazione che, se fosse stato per il presidente del Senato, l’alleanza si sarebbe fatta anche in Lombardia. Perchè è tradizione della sinistra riformista e di governo separare il piano locale e piano nazionale, come ai tempi in cui Pci e Psi governavano assieme importanti città italiane anche mentre lottavano aspramente sulla scala mobile, per dirne una. In mancanza di un’idea comune di partito invece, cozzano le logiche dei soci fondatori.
Tra chi sta ancora dentro il Pd, aspettando solo il minuto in cui, se mai arriverà , Renzi toglierà il disturbo.
E una certa mentalità gruppettare che porta, eccone un’altra, a mettere il veto sulla candidatura di Bassolino a Napoli, che pur fu accolto come una star alla festa nazionale di Mpd.
Insomma, questa vicenda della “macchia di leopardo” racconta di un rapporto ancora tutto irrisolto tra Pd e Liberi e Uguali, ennesimo strascico di una “scissione”, ancora non consumata ed elaborata fino in fondo, ma non solo da chi dal Pd se ne è andato.
Perchè le alleanze, o le non alleanze, o le alleanze a metà , si fanno in due e neanche dal Nazareno sono arrivati tutti questi segnali per trovare un filo comune di buon senso, da parte di un leader preoccupato, e non da oggi, più dalla ricerca di una rivincita sulla sinistra che dalla costruzione di una prospettiva comune con la sinistra.
Come prima della rottura del Pd, come ai tempi in cui si discuteva di alleanze, anche sulle regionali cadono nel vuoto gli appelli dei padri nobili, da Prodi e Veltroni, perchè — dopo l’appello — nessuno si fa carico di tradurlo in politica: contenuti, programmi, incontri comuni, telefonate e non solo interviste per dimostrare che è colpa dell’altro, riproponendo il vecchio mantra del “così vince destra”, ma senza tentarle tutte, ma proprio tutte, affinchè questo non accada.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
TUTTI I DUBBI DELL’EX PREMIER IN VISTA DEL VOTO: “RENZI HA STRAVOLTO IL PD”
“Vedo fiorire una letteratura sul dopo voto. Con tutta onestà , non so dire cosa accadrà . Ci sono incertezze sui numeri, innanzitutto. Nè sappiamo che impatto avranno le nuove regole del voto sull’opinione pubblica. Ma siccome la legge elettorale viene presentata ai cittadini come una soluzione uninominale-maggioritaria, la tendenza sarà quella di votare le persone, forse senza neppure rendersi conto che votando un candidato se ne eleggeranno altri due che nessuno conosce. Ci troviamo di fronte all’unica legge elettorale che prevede la traslazione del voto, da un partito all’altro. Come si fa a prevedere, in queste condizioni, quali saranno gli effetti delle nuove regole? Io stesso non sono ancora riuscito a capire il meccanismo di attribuzione degli eletti, pur essendomi applicato con impegno. Assisteremo a una finta competizione per il governo, dato che la legge non consentirà a nessuno di ottenere il consenso, la maggioranza sufficiente per governare”.
Così Massimo D’Alema, in una intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno, commenta gli scenari di una possibile intesa tra Liberi e Uguali e i Cinque Stelle, dopo il voto”.
E indica la necessità di una nuova legge elettorale: “Ci si dovrà affidare a chi conosce bene la materia delle regole elettorali”.
L’ex premier sottolinea che il modello da adottare per la nuova legge elettoriale deve essere quello uninominale: “Anche per questa ragione – spiega – ho accettato la sollecitazione a candidarmi al Senato, uscendo dalla condizione di benessere vissuta in questi cinque anni per non aver sofferto in presa diretta le umiliazioni inflitte alle istituzioni. Il collegio uninominale mi ha spinto a presentarmi, perchè questa forma elettorale restituisce alla politica la dimensione umana, quella fondata sul rapporto diretto con le persone. Ecco. Vorrei una legge maggioritaria fortemente imperniata sui meccanismi di selezione attraverso i collegi uninominali”.
Riproporre il modello francese?
“L’idea non dispiace. Ovviamente servirebbe una fase di ricomposizione delle aree politiche, a cominciare dal centrosinistra. Il che passa attraverso la sconfitta elettorale di Renzi: lui ha stravolto il Pd e il centrosinistra”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 12th, 2017 Riccardo Fucile
LA LISTA DELLE POSSIBILI ADESIONI A LIBERI E UGUALI
Ci sono Laura Boldrini, Sabrina Ferilli, Antonio Bassolino. Ma c’è anche l’intero consiglio comunale di Rignano, che con il suo sindaco Daniele Lorenzini ha deciso di andare con Pietro Grasso dopo che il Partito Democratico locale, guidato da Tiziano Renzi, ha tentato di farlo fuori dalla corsa per il primo cittadino ottenendo che vincesse candidandosi con una lista civica.
E non solo loro, racconta oggi Monica Guerzoni sul Corriere della Sera:
Senza troppo mostrarlo, Grasso ha preso a coltivare amicizie in tutti i campi, dalla comica e conduttrice Geppi Cucciari al medico di Lampedusa Pietro Bartolo fino al giornalista Luca Telese, che ha presentato la kermesse della discesa in campo.
Dunque non di soli politici si va affollando il palcoscenico dell’ex magistrato.
Proprio ieri Grasso si è appellato a «tutte le persone di buona volontà », perchè accorrano a dargli una mano: «Società civile, cittadinanza attiva, forze cattoliche, progressiste…».
I cattolici per ora scarseggiano e Pier Luigi Bersani ha affidato un mandato esplorativo a Giorgio Merlo ed Enzo Carra.
La storica simpatia di Sabrina Ferilli per la «ditta» non è venuta meno ora che D’Alema e Bersani hanno fatto un passo indietro.
Il padre dell’attrice è un fan di Grasso e compagni. Il cugino di Sabrina, Ottorino Ferilli, iscritto a Mdp e sindaco di Fiano, è un «amico carissimo» di Roberto Speranza e fa parte dei 1500 delegati dell’assemblea di Liberi e uguali
In occasione della festa di settembre a Napoli, che ha visto anche l’avvicinamento di Antonio Bassolino, i bersaniani hanno arruolato lo scrittore di gialli Maurizio De Giovanni, autore de I Bastardi di Pizzofalcone.
Vicino a LeU anche l’attore della medesima serie tv Gianfelice Imparato, che per la festa di fine estate regalò un suo spettacolo ai vertici di Mdp.
La sensazione è che non saranno le foglioline a fermare l’esodo.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA BOLDRINI CON LIBERI E UGUALI A FIANCO DI GRASSO; STABILITI DATA E LUOGO DELL’ANNUNCIO
Il 22 dicembre, nel quartiere romano di San Lorenzo. Per l’annuncio della presidente della Camera Laura Boldrini riguardo alla collocazione politica alle prossime elezioni, ora c’è una data e un luogo.
Per essere ancora più precisi, la cornice dovrebbe essere la Fondazione Cerere, storico punto di aggregazione di intellettuali e artisti della Capitale, calato però in un contesto popolare e storicamente vissuto da studenti, data la presenza della città universitaria.
Su quest’ultimo punto ancora non vi è la certezza assoluta, perchè la sala non è stata – come si dice in gergo – “fermata” ma di certo si tratterà di un brindisi natalizio coi giornalisti nel corso del quale, tenendo fede a quanto affermato più volte negli ultimi giorni, Boldrini potrà parlare liberamente delle proprie scelte, poichè a quella data la legge di stabilità sarà già stata licenziata dall’aula di Montecitorio.
Un evento volutamente lontano dal Palazzo, una sorta di cerimonia del “Ventaglio” politica, che di fatto starà a simboleggiare il termine del mandato come terza carica dello Stato e la discesa nella contesa elettorale.
Il Ventaglio ufficiale, per gli auguri istituzionali, è previsto per domani mattina nella Sala del Mappamondo e, dato il contesto e la pendenza della manovra, il riserbo continuerà ad essere mantenuto.
Ma a questo punto, dopo il fallimento della trattativa tra Giuliano Pisapia e il Pd e la conseguente frantumazione di Campo progressista, pochi restano i dubbi sulla determinazione di Laura Boldrini ad entrare a far parte di Liberi e Uguali, formando un inedito ticket istituzionale al vertice della neonata formazione di sinistra, assieme al presidente del Senato Pietro Grasso.
Che non a caso domenica sera in tv, presentando il simbolo di LeU, ha nominato la presidente della Camera, auspicando il suo endorsement per le Politiche.
In realtà , alcuni segnali delle ultime ore inducono a pensare che il processo di avvicinamento della Boldrini a LeU sia in fase avanzata, se non irreversibile, come ad esempio un attivismo più marcato sul fronte della campagna social #nonsolomaschi, in cui viene apertamente citata la foto del 3 dicembre all’Atlantico di Roma, scattata in occasione dell’assemblea costitutiva di LeU e raffigurante i quattro leader maschi della sinistra.
Lo spazio per la Boldrini, insomma, sul versante Liberi e Uguali è già stato creato, e la presidente della Camera è pronta a illustrare, il 22, una piattaforma politica costituita dai pilastri riconosciuti del suo impegno: immigrazione, diritti civili, antifascismo, parità di genere, occupazione giovanile e digitale, di cui sarà padrona assoluta una volta installatasi in LeU.
Nei corridoi di Palazzo, c’è già chi si è spinto a prefigurare per lei un ruolo di primissimo piano nel nuovo soggetto che prenderà forma stabile dopo le elezioni, che potrebbe essere quello di presidente.
I passaggi intermedi da valicare, però, sono ancora molti, a partire dalla performance elettorale di Liberi e Uguali, passando per la formazione di gruppi parlamentari unitari. Nulla di scontato, insomma, come insegnano le vicende della sinistra italiana.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
INTANTO GRASSO CRESCE NEI SONDAGGI: TRA GLI ELETTORI DI SINISTRA GODE DI UNA FIDUCIA DOPPIA RISPETTO A RENZI
Ieri Pietro Grasso da Fabio Fazio ha presentato il simbolo di Liberi e Uguali, l’alleanza con cui MDP, Sinistra Italiana e Possibile si presenteranno alle elezioni nel 2018.
La parte curiosa della vicenda è che il simbolo sembra molto simile a quello di una campagna di Emergency per il tesseramento 2012-2013.
La nuova alleanza sembra comunque avere un ottimo riscontro nei sondaggi.
In quello di Ixè realizzato per l’Huffington Post (aggiornato al 6% con valori in percentuale riportati a 100 al netto dei “non saprei”) Liberi uguali si attesta al 7,5%, mentre nella precedente rilevazione i due partiti che hanno dato vita al nuovo soggetto politico venivano dati al 3% (SI) e 3,2% (Mdp).
Per quanto riguarda la prima categoria, Renzi gode della fiducia del 51% degli elettori rispetto a Grasso attestato al 40%.
Tra gli elettori di sinistra invece il presidente di Palazzo Madama ottiene il 48% contro il 26% del leader Dem.
Per quanto riguarda le intenzioni di voto sempre nell’area di centrosinistra e sinistra, il Pd viene scelto dal 57,7% dell’elettorato di centrosinistra rispetto al 9,9% di Liberi Euguali ma nell’area più a sinistra i Dem sono avanti di un soffio rispetto a Leu: 31,7% contro 30,4%.
(da “NextQuotidiano”)
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