Maggio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA A RICCARDO MAGI: “AVEVA IL DONO DELL’EMPATIA, ANCHE GLI AVVERSARI LO STIMAVANO”
“Non avrei mai pensato di fare attività politica se non avessi incontrato Marco Pannella e se non fossi stato incoraggiato da lui a superare tutti i miei timori. Marco si dedicava totalmente all’interlocutore che aveva davanti, riuscendone a capire gli aspetti umani e più intimi”.
Così Riccardo Magi, già segretario dei Radicali italiani e deputato di +Europa, ricorda il leader che oggi avrebbe compiuto 90 anni.
Quando ha conosciuto Pannella?
“Una ventina di anni fa. E’ stato grazie ai suoi incoraggiamenti che ho cominciato a fare politica. E da allora è stato per me sempre un faro, una miniera di insegnamenti”.
Qual era la qualità umana che lo contraddistingueva?
“La sua capacità di ascoltare, una empatia innata che gli permetteva di entrare in intimità con persone conosciute anche da poco, intuendone fragilità e punti di forza. Ricordo che spesso faceva annullare dalla segreteria i suoi appuntamenti, così all’improvviso, solo per trascorrere tre o quattro ore a chiacchierare con persone appena incontrate. Qualche anno fa lo accompagnai a Pescara a ritirare un premio. Per strada una ragazza giovane lo fermò e gli disse: ‘Pannella, non ci posso credere, se ci fosse qui mia mamma!’. Lui allora le chiese di chiamare la madre al telefono e si fece una chiacchierata seduta stante con questa signora sconosciuta: una ‘carrambata’ in piena regola. Ma lui era fatto così”.
Che cosa l’ha colpita di più invece del politico Pannella?
“L’intuizione e la capacità di visione, quasi una sorta di preveggenza. Pannella riusciva a capire da piccoli segnali grossi problemi e portava avanti iniziative politiche dirompenti con pochissimi mezzi, alla guida di un partito piccolo seppure storico. Una volta intuito un punto nevralgico, batteva su quella questione con costanza, perserveranza incrollabile, per settimane, mesi, anni fino a farla diventare un problema della collettività e un tema di scontro politico. Le grandi battaglie per i diritti civili sono nate così. Alcune questioni che poneva con insistenza in tempi non sospetti sono poi esplose negli anni a venire: penso alla fame del mondo, al garantismo o al federalismo europeo come antidoto al ritorno dei nazionalismi”.
Qual è un ultimo suo rimpianto? Forse la mancata nomina a senatore a vita?
“Una volta ne parlammo e mi disse di non provare rammarico per questo. Ma, conoscendolo, penso che sicuramente gli avrebbe fatto piacere. Scherzando, lui liquidò la questione dicendo che si vantava di essere stato presidente del municipio di Ostia, dove tra l’altro condusse una dura battaglia contro l’abusivismo edilizio. La verità è che Marco aveva un profondo amore per la Costituzione e per le istituzioni, intese come luogo di libertà e di diritti. Per questo ha sempre combattuto la partitocrazia che spesso, con le sue lotte di potere, snatura le istituzioni”.
Qual è la cosa di cui andava più orgoglioso?
“Come tutti i politici, anche Pannella aveva la sua dose di narcisismo, di attenzione per la propria personalità . Ma andava orgoglioso soprattutto delle proprie amicizie, delle proprie relazioni umane e della capacità di tenere insieme tante persone diverse. Forse è stato proprio questo il limite della comunità radicale: tutti avevano un rapporto intimo con il leader e scarsi rapporti fra di loro. Pannella era il collante, il sole al centro della galassia”.
E la galassia radicale si è sgretolata una volta che lui si è spento.
“Si, era inevitabile. Tuttavia ognuno continua a fare tesoro dei suoi insegnamenti, in termini di metodo radicale con cui condurre la propria azione politica”.
E’ vero che, politicamente parlando, “mangiava i suoi figli” e impediva loro di crescere?
“No, non direi. Di ‘figli’ Pannella ne ha avuti molti che grazie a lui hanno avuto l’occasione di crescere e fare politica e ancora oggi la fanno”.
La rottura con Emma Bonino fu dolorosa?
“Ho sempre avuto grande rispetto per questa vicenda e penso che nessuno possa avere la presunzione di darne un giudizio. Ma non ho mai capito se loro non si siano davvero mai più risentiti”.
Che rapporti aveva Pannella con i suoi avversari politici?
“Sia per la sua prorompenza ed energia che per la grande esperienza politica, Marco fu sempre stimato da tutti. Provava costantemente attraverso il dialogo a convincere i suoi avversari a fare qualcosa, a utilizzare il loro potere per qualche conquista. La sua onestà intellettuale e la sua trasparenza lo rendevano una voce autorevole e ascoltata, anche se a capo di un partito piccolo”.
Quale fu il suo atteggiamento rispetto alla Chiesa?
“Marco era molto attento al carattere laico delle istituzioni, combatteva il clericalismo e le forme di sconfinamento del potere temporale della Chiesa nella sfera civile. Ma aveva anche una grande attenzione alla spiritualità : lo testimoniano il suo rapporto con il Dalai Lama e con alcuni pontefici, da papa Wojtyla a Francesco”.
(da “la Repubblica”)
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Dicembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
PROPRIO IL GOVERNO CHE SI PRESENTA COME DIFENSORE DEL POPOLO VUOLE IMPEDIRE AGLI ITALIANI DI AVER ACCESSO ALLA CONOSCENZA, FACENDO CHIUDERE LE VOCI LIBERE
La furia di questo governo si abbatte sui media più piccoli – ma non marginali – che a causa dei tagli all’editoria rischiano la sopravvivenza.
La giustificazione? Il risparmio. Ma si può mai risparmiare su Radio Radicale che ci permette di assistere e comprendere i processi decisionali entrando nelle stanze del potere?
Si può risparmiare su Avvenire che racconta, ogni giorno e quasi da solo, le sorti dei migranti in mare?
Si può risparmiare sul Manifesto che è rimasto tra i pochissimi quotidiani a occuparsi con assiduità di temi sociali con un taglio diverso, mai banale?
Proprio quel Movimento e quel governo che si presentano come difensori dei diritti del “popolo” impediscono poi al “popolo” di avere accesso alla conoscenza, determinando la chiusura di realtà fondamentali. Mai nessun governo, da quando esiste la convenzione con Radio Radicale, aveva osato tanto. Mai.
L’ultima battaglia di Marco Pannella, fondatore di Radio Radicale, è stata per il diritto alla conoscenza che in apparenza sembra una cosa tanto banale e scontata, ma ovviamente non lo è.
Diritto alla conoscenza non significa diritto ad accedere a internet o possibilità di acquistare un quotidiano, ma il diritto che ciascuno di noi ha a conoscere ciò che davvero accade nelle stanze del potere.
E siccome Pannella prima agiva e poi comunicava, nel 1975 fonda la radio, un organo di informazione fondamentale che, negli ultimi 40 anni, ha fatto entrare il cittadino in Parlamento per ascoltare le sue sedute, nelle aule di giustizia per assistere in maniera integrale ai processi più importanti, nei congressi dei partiti fino alle sedute del Consiglio superiore della magistratura.
E tutto questo è la reificazione del controllo sociale sul Potere e sul suo esercizio di cui si nutre una sana democrazia.
Il punto è tutto qui: esiste una politica che preferisce cittadini disinformati – resi timorosi e pieni di rancore da semplificazioni della realtà che sono veri e propri attacchi alla democrazia – ed esisteva, perchè adesso non esiste più, una politica capace di volere bene e esortare in maniera sfrontata, quasi impertinente – come faceva Pannella – a non avere paura del prossimo, ma fiducia nelle persone e nella conoscenza.
Una politica che invitava a rivolgere l’attenzione agli ultimi, a chi sta in carcere perchè ha sbagliato e sta pagando, meritando al contempo un’occasione di reinserimento tra noi. Una politica in grado di non esasperare le differenze, ma di mostrare le vicinanze. Pannella era l’uomo della gente, non del “popolo”.
Uno che se gli avessi chiesto un selfie, prima avrebbe accettato ma poi ti avrebbe coinvolto nella raccolta delle firme necessarie a dare supporto alle iniziative del Partito Radicale.
Una razza rara che oggi siamo costretti a rimpiangere.
Radio Radicale è per noi un dono prezioso: la radio che sta “dentro, ma fuori dal palazzo”, come ogni mattina ci ricorda la bella (per sempre) voce di Dino Marafioti; la radio che consente a chiunque di sapere ciò che accade in Turchia, in Cina, in Europa, negli Stati Uniti, nel Mediterraneo, in Africa, sulle droghe, nei tribunali, nelle carceri, nel mondo culturale.
La radio dove tutti i politici sono ascoltati e dove tutti i giornalisti hanno un solo obiettivo: rendere il miglior servizio possibile agli ascoltatori. La radio di Antonio Russo.
Perdere Radio Radicale significa perdere un patrimonio preziosissimo, e non ce lo possiamo permettere.
Radio Radicale ha subito il taglio del 50% della convenzione che ha con il Mise, e questo significa la chiusura per una radio che non ha pubblicità con la quale sostenersi, perchè è l’unico media di servizio pubblico integrale.
Lo sa questo Vito Crimi, sottosegretario all’editoria, per il quale gli organi di informazione fanno troppa politica?
Ma a Crimi – parlamentare da più di cinque anni – sfugge il significato stesso della parola politica. Fare politica significa occuparsi di ciò che accade perchè tutto, nella nostra vita, è politica. Crimi non sa che la sua società ideale, quella in cui i media non esprimono più opinioni ma si limitano a “raccontare i fatti” non è una novità : la mancanza di opinioni pubbliche e quindi della possibilità che vi sia una pubblica opinione, è stata il tratto distintivo di tutti i regimi totalitari.
Non a caso il principale organo di informazione dell’Unione Sovietica si chiamava Pravda, come se oggi un giornale si chiamasse La Verità , senza che a nessuno venisse da ridere.
Crimi probabilmente tutto questo lo ignora, ma altri, nel suo Movimento, con l’armamentario tipico dei regimi totalitari hanno maggiore confidenza: basti pensare all’orrida autocritica cui è stato costretto il padre di Luigi Di Maio.
Del resto la libertà un popolo la può perdere a causa di perfidi aguzzini, ma di solito la strada la lastricano gli inconsapevoli, di se stessi e del mondo. L’8 dicembre il Ministro della Mala Vita porta in piazza i suoi sostenitori, per far vedere che il culto della sua personalità non si nutre di soli like, ma di persone in carne ed ossa, che sono state invitate a partecipare anche sul presupposto che io, come molti altri, non ci saremo. Non perchè ci sia vietato, ma perchè saremmo diversi da tutti quelli che ci saranno.
Penso a Pannella e, se anche in quella piazza non ci sarò, so che dovrei esserci. Dovrei essere accanto non a quella che qualcuno chiama l’Italia peggiore, ma accanto all’Italia che si sente peggio trattata e che crede, sbagliando, che la risposta possa offrirla questo governo.
Dovrei esserci per dire a tutte le persone accanto a me di accendere la radio e di ascoltare Radio Radicale, di farsi questo regalo, per una settimana: sarà come un risveglio dal sonno. Poi magari continueranno a sostenere questo governo, ma lo faranno in maniera più consapevole, più informata.
La conoscenza passa necessariamente per la pluralità dell’informazione, per l’informazione che vi piace e con cui vi trovate d’accordo e per quella che mai riuscirete a condividere.
La conoscenza passa per le opinioni, non per il racconto asettico dei fatti, un racconto che non esiste, e chi lo auspica è un truffatore. E allora, contro questi nuovi barbari – che si fingono amanti di selfie e gattini e che non esitano a infliggere, per ambizione, pubblica umiliazione ai propri familiari – abbiamo una sola alternativa: difendere ciò che di prezioso abbiamo, la nostra libertà di informarci.
Difendiamo Radio Radicale ascoltandola, mostrando quanto sia necessaria, perchè oggi Radio Radicale garantisce il nostro diritto alla conoscenza ed è un’arma pacifica a disposizione di tutti, per resistere a chi nulla sa e nulla vuole sapere.
A tutti quelli che, per mantenere il potere, pretendono che venga raccontata solo “la verità “, la loro verità .
Roberto Saviano
(da “La Repubblica”)
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Novembre 2nd, 2016 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO SI SCHIERA NELLA LITE INTERNA… UNA PARTE DEI RADICALI RIVENDICA LA CONTINUITA’
Da quel giorno, da quando ha osservato la sua bara entrare in un loculo a Teramo, non ha più detto una parola in pubblico su di lui.
Troppo dolorosa la rottura degli ultimi anni, troppo fresca la crepa nei loro rapporti umani e politici.
E troppo intenso l’affetto e il dolore per la perdita di una persona al cui fianco ha vissuto quasi tutta la vita.
Ha scelto il congresso dei Radicali italiani, Emma Bonino, per pronunciare il nome di «Marco». E per avvertire i compagni radicali di un rischio: «Stiamo ben lontani dall’esibire, come altri fanno, la placca degli eredi veri. Sottintendendo che gli altri sarebbero falsi».
La presenza di Pannella, viva e ingombrante
Marco Pannella non ha eredi. O nessuno si senta tale, avverte la Bonino. Eppure la sua presenza è più viva e ingombrante che mai.
Una parte dei radicali, quella che fa capo al Partito e che gli è stata vicino negli ultimi mesi, nella sua casa di via della Panetteria, rivendica la continuità .
Nega, in una lettera al Corriere, «di aver rinchiuso Pannella in un cerchio magico: se di cerchio si trattava, la circonferenza era molto più larga dei nomi indicati».
Al congresso di Rebibbia, il Partito ha deciso di sospendere lo Statuto e le altre associazioni che facevano parte della galassia radicale, come i Radicali italiani. Maurizio Turco, due giorni fa, ha scritto che sarà tolto qualunque aiuto economico ai «furbetti del partitino».
Sergio D’Elia si è spinto fino a dire che si «evoca Pannella dopo averlo umiliato, negato, deriso e ucciso».
La scelta
La Bonino ha scelto i Radicali italiani. E contesta Rita Bernardini, Maurizio Turco, Sergio D’Elia e Antonella Casu: «Quando riceviamo le lettere dei quadrumviri, o dell’unumviro (Turco, ndr), molti di noi si offendono. Io ho la reazione opposta: mi viene ancora più voglia di iscrivermi al Partito radicale, perchè io so di vivere nella storia radicale. Non ci sono idee che appartengono a qualcuno: ci appartengono. Mi iscriverò al partito, ai Radicali italiani, alla Luca Coscioni e persino a Nessuno Tocchi Caino. Anche se la vita cambia e non sono più in grado di versare 2.500 euro al mese».
Bonino replica a Turco, che le contesta di essere entrata nel board della Fondazione Soros sostenendo che questa «non ha mai finanziato un’iniziativa del Partito»: «Non ho niente da nascondere, la fondazione Soros è una delle migliori. Dev’essere saltato un paragrafo all’unumviro: contributi finanziari sono in corso per due campagne ».
E ancora: «Non si fa politica per sentimenti o per risentimenti. Non bisogna scendere a queste meschinità ».
La Bonino è amareggiata, ma decisa. Parlando di «Marco», spiega che «la memoria è selettiva»: «Ognuno di noi ha imparato tanto, forse cose diverse. Ma trovo stucchevole dire: “Marco avrebbe detto o fatto questo”. Non ci mettiamo sullo stesso piano dei quadrumviri».
Il referendum act
La Bonino poi si rivolge al «signor premier Renzi» e rivendica il «referendum act», l’atto con il quale i radicali chiedono di semplificare le procedure di raccolta delle firme dei referendum: regole da «Medioevo troglodita».
«Mandi qualcuno», dice la Bonino, riferendosi al ministro Boschi, attesa al congresso. Poi il referendum: «Non sarà lo spartiacque tra Medioevo e future sorti progressive». Ma tra i due, meglio il Sì: «Non ho l’impressione che per i nostri temi avremo più ascolto, se vincesse il no, da Salvini, Brunetta o Grillo. Non è così drammatico, in politica, dire che si sceglie il meno peggio».
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 3rd, 2016 Riccardo Fucile
TURCO: “TREMILA TESSERATI NEL 2017 O IL PARTITO VA IN LIQUIDAZIONE”
Vincono gli ortodossi. Così si conclude il 40° Congresso del Partito radicale: passa infatti con 178 voti la mozione dell’anima ‘ortodossa’, quella presentata dal tesoriere Maurizio Turco, mentre quella di Marco Cappato, presidente di Radicali italiani, ne raccoglie 79 (i cosidetti ‘quarantenni’).
La platea alla fine si è alzata in piedi gridando: “Marco Pannella, Marco Pannella…”. E nel segno del leader storico si chiude dopo tre giorni il congresso andato in scena nel carcere romano di Rebibbia.
Cappato ha tentato una ‘mediazione’ tra le due anime, presentando un emendamento per unificare le mozioni congressuali, ma la sua proposta – che mirava a “evitare un commissariamento del partito” e tenere aperto il congresso fino a una nuova sessione – è stata bocciata con 121 voti contro 98 e una decina di astenuti.
Il voto dei detenuti (poco più di una ventina), presenti al congresso, è andato sempre al tesoriere Maurizio Turco.
Soltanto Marcello Dell’Utri ha sostenuto che avrebbe sostenuto le posizioni di Marco Cappato.
Turco diventa così di fatto ‘plenipotenziario’ del Partito per i prossimi due anni, accompagnato da un coordinamento composto proprio dalla presidenza di quest’ultimo congresso: “Sono venuto qui per trovare dei compagni con cui condividere le lotte di Marco Pannella. Li ho trovati”, ha detto infine Turco.
Turco non ha risparmiato toni forti contro gli avversari, bollando la mozione Cappato come “un tentativo mellifluo di far finta che non sia successo niente: oggi il Congresso ha a che fare con gli iscritti, l’errore del primo aprile ha a che fare con la storia radicale”, riferendosi così alla presentazione di liste alle comunali a Roma e Milano.
Turco ha invece definito la sua mozione come “un tentativo di dare possibilità alle lotte radicali di avere uno strumento più efficace”.
Marco Cappato, dal canto suo, aveva spiegato che la sua mozione voleva evitare un congresso chiuso con “scelte di parte”: “Ci vengono rimproverate le iniziative che pure loro hanno preso, e lo hanno fatto prima di noi, a Roma con ‘Radicali per Giachetti’, e hanno poi concesso il simbolo storico radicale per il ‘sì’ – ha detto Cappato nel suo intervento – ; io ho fatto una lotta a Milano che poi è arrivata a un accordo con Sala: per questo è una caricatura dire che noi andiamo in giro da Renzi con il piattino in mano”.
Entrambi, aveva rilevato Cappato parlando delle componenti interne al partito, “portiamo avanti battaglie radicali e quando si aprono spazi nel regime ci proponiamo con le nostre idee”.
“I Radicali italiani possono essere il luogo per discutere – conclude – io non ho una proposta preconfezionata, ma possiamo riflettere insieme, tenere aperto il Congresso per rifare il Partito transnazionale”.
Le assise hanno scelto invece la linea proposta dagli ortodossi. “Una soluzione che toglie forza al partito – ha detto Cappato – , ma che non porterà ad alcuna scissione”.
Quali che siano le battaglie future, la stabilità della situazione economica del partito resta la priorità assoluta.
La mozione uscita vincente infatti pone il rientro dal debito come “condizione minima, tecnica e politica, per l’esistenza e l’attività del partito”.
Per raggiungere quell’obiettivo il documento Turco fissa un tetto minimo di 3000 iscritti nel 2017 ed altrettanti nel 2018.
Le iniziative per arrivare a questa quota-salvezza del tesseramento sono affidate “alla presidenza del 40° Congresso Straordinario, con il coordinamento di Rita Bernardini, Antonella Casu, Sergio D’Elia e Maurizio Turco”.
“Maurizio Turco – si legge ancora nella mozione – assume la rappresentanza legale del Partito Radicale nell’esercizio della quale ha espressa facoltà di proporre ogni azione giudiziaria per la tutela dei diritti e degli interessi del Partito, di nominare avvocati e procuratori, assumendo altresì la rappresentanza processuale del Partito, nonchè quella di rappresentante legale in tutte le attività economico finanziarie”.
La mozione vincente e dunque il congresso fissano la quota minima di iscrizione a 200 euro e quella consigliata a 500 euro.
Inoltre delibera di “sospendere gli organi di cui all’articolo 2 dello Statuto, eccezion fatta per il Congresso ordinario biennale e di affidare la revisione contabile a un revisore legale esterno”.
Se gli obiettivi posti non saranno raggiunti, saranno “attivate tutte le procedure atte alla liquidazione dell’attività del partito”.
Se invece gli obiettivi saranno raggiunti, entro 90 giorni sarà convocato il Congresso ordinario
(da agenzie)
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Maggio 24th, 2016 Riccardo Fucile
“IL PATRIMONIO DI MARCO? SOLO DEBITI, AVEVA VENDUTO TUTTO PER IL PARTITO”… “LA SUA EREDITA’ POLITICA A CHI PROSEGUE LA LOTTA, MA SIAMO DIVISI”
Il patrimonio di Pannella? Le sue battaglie e un debito da un milione di euro. Maurizio Turco, dieci anni da tesoriere del Partito radicale, non ha voluto parlare davanti alla salma del leader per non gettare altro sale su ferite profonde.
Ma ora rompe il silenzio: «Questa camera ardente è stata aperta due anni e mezzo fa, quando si è concluso il congresso dei Radicali italiani. Da allora Pannella ha subito umiliazioni e insulti gratuiti. Purtroppo ho visto tanto sciacallaggio attorno a Marco».
È una scissione?
«Più che scissione, uno scisma. Noi abbiamo offerto un disarmo unilaterale. Loro hanno deciso di fare altro».
Ce l’ha con i giovani che guidano i Radicali italiani? Con Riccardo Magi, con Marco Cappato? Anche con Emma Bonino?
«Con quelli che dicono di aver vinto il congresso. Ci sono due linee politiche contrapposte. C’è un gruppo che si è coagulato attorno a Magi, Cappato e a Valerio Federico. Ora parlano di unità , ma su cosa? Dovremmo mettere in piedi il partito che loro volevano fare e Marco non ha mai voluto? Come può essere ricomponibile, dopo due anni e mezzo?».
Rottura insanabile.
«Hanno negato a Marco il confronto e il dibattito politico. In due anni, per 365 volte a mezzogiorno ci siamo riuniti nella nostra sede. E loro non partecipavano alle riunioni e, se attraversavano il salone, lo facevano per andare al bagno o a prendere un caffè. Senza salutare Marco. Per due anni e mezzo non li abbiamo quasi mai visti. In una delle ultime riunioni Marco disse “Voi ci accusate di voler distruggere il partito perchè noi vogliamo continuare a fare lotte radicali”. Sono loro che stanno personalizzando».
E il j’accuse della Bonino?
«Non mi interessa, a me interessa quel che si è detto nelle riunioni del partito. Per me stare con Marco non era visitare i malati, era impegno politico e umano. C’è un limite di decenza politica che non si può superare».
Perchè non c’è mai stato il chiarimento con la Bonino?
«Dopo la rottura politica lui ha sempre cercato il chiarimento. La chiamava e lei lasciava squillare. Mandava messaggi ed Emma non rispondeva. A Radio Radicale lo disse anche, “vediamoci, Emma!”. Ma lei no, non voleva chiarirsi».
Pannella ci ha sofferto?
«Sicuramente, sì».
A chi andrà l’eredità ?
«L’eredità di Marco sono le sue lotte politiche, dunque andrà a chi le porterà avanti».
E il patrimonio?
«Marco non aveva più niente. Si è venduto tutto per il partito, per finanziare la politica. Nella cassa del partito c’è un milione di euro, in debiti. Non c’è una guerra attorno alle spoglie di Pannella, c’è un dissesto manifesto».
Ha lasciato testamento?
«Anche se ci fosse riguarderebbe Marco Pannella, i suoi pacchetti di sigarette, le sue cravatte e due buchetti a Riccione che non ha fatto a tempo a vendere e che andranno ai parenti. E così è finito il patrimonio di Pannella».
E la radio, la sede, i simboli? Pannella ha lasciato scritto come gestire il suo lascito, materiale e immateriale?
«La “roba” è intestata a una associazione, che si riunirà e deciderà . Siccome gestivo con lui e sui miei atti c’è la sua firma, Marco non mi ha lasciato detto niente. Ci riuniremo per eleggere il nuovo presidente».
Cosa ha provato nelle ore del lutto ?
«Lo dico con la frase di Marco ai funerali di Luca Coscioni, quando vide che lo osannavano come un leader. ”I radicali sono buoni solo da morti”. Sa perchè la gente quando Pannella è morto si è emozionata? Perchè la tv di regime ha tirato fuori i fatti e l’Italia, per la prima volta, ha saputo chi era e si è riconosciuta».”
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 24th, 2016 Riccardo Fucile
IL PARTITO DIVISO TRA I SEGUACI DI MARCO E I GIOVANI VICINI AD EMMA
«Il suo testamento è la sua vita» ripete Rita Bernardini.
Il fatto è che Marco Pannella, un testamento vero e proprio, sembra non lo abbia lasciato e molto della galassia radicale faceva capo proprio a lui.
È un intreccio di società , centri di produzione, sigle, simboli, associazioni, scatole ormai vuote (come il Partito radicale transnazionale) e altra roba “piena” di valore: appartamenti a Roma e una Radio che del movimento è il simbolo ma anche l’unica fonte ormai di entrate (pubbliche)
Il leader radicale è stato sepolto da poche ore nella sua Teramo e la profezia funesta di Marco Cappato si è già avverata.
«Sarebbe penoso se tra noi Radicali ci fosse una guerra di fazioni, pannelliani contro amici di Bonino», dice il candidato sindaco di Milano vicino a Emma.
Del resto è bastato vedere cosa è accaduto sul palco di Piazza Navona, la lacerazione sotto gli occhi della folla.
Adesso i quarantenni vicini alla Bonino vanno alla resa dei conti, radio e immobili e quel che resta dei finanziamenti non possono restare in mano ai pochi pannelliani d’antan che gestiscono il fortino, anche se non vogliono che la questione venga posta in questi termini.
E il riferimento è al tesoriere Maurizio Turco, a Rita Bernardini, Laura Arconti e Aurelio Candido che ora tengono le redini dell’associazione Lista Pannella, col simbolo della Rosa nel pugno.
Solo un logo polveroso? Non proprio.
Fortino perchè alla sigla fa capo il “tesoretto” radicale: la società “Torre Argentina servizi” a cui è intestato l’appartamento della storica sede nell’omonima via di Roma e la “Centro di produzione spa” intestataria di Radio Radicale (18 giornalisti e 45 dipendenti in totale, 9 milioni ogni due anni di finanziamento da convenzione Camera-Senato) e dell’immobile che la ospita in via Principe Amedeo.
Dunque: Associazione Lista Pannella (col suo fortino) da una parte, Radicali italiani (vicini alla Bonino) dall’altra, questi ultimi con molto volontariato e un bilancio di appena 200mila euro l’anno.
E poi a margine della galassia le altre sigle di vecchie battaglie: “Nessuno tocchi Caino”, l’Associazione Coscioni (destinataria di 5 per mille per la ricerca), il Partito radicale transnazionale e transpartito che non fa un congresso dal 2011, da quando l’avvocato del Mali nominato segretario, Demba Traorè, si è volatilizzato.
C’è già una data cerchiata per decidere che fare e come e chi deve “gestire” il futuro.
Per l’1-3 luglio il segretario Riccardo Magi ha convocato il Comitato dei “Radicali italiani”.
«Quello sarà un luogo per confrontarsi e porre le questioni – spiega Magi – Ci accusano di ignorare le grandi battaglie ideali e di voler fare solo politica, ma è falso. Noi ci riuniamo con scadenze ravvicinate, loro non fanno un congresso da anni, certo anche la questione della Radio e di altro andrà affrontata. Turco poi mi sembra sia tesoriere ma dimissionario…».
Turco è in silenzio da anni ma a fare da punchball non ci sta. «Sono al partito da 30 anni, ho avuto la tesoreria nel 2011 perchè nessuno ne voleva sapere e non sono dimissionario. Quante congetture, insinuazioni, bugie in questi giorni amari».
Tra oggi e domani anche i big della vecchia guardia si ritroveranno alla spicciolata in via di Torre Argentina per ragionare del “dopo Marco”.
E del fortino sotto assedio da difendere.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Maggio 21st, 2016 Riccardo Fucile
LA DONAZIONE DI 100.000 EURO DUE MESI FA DA PARTE DI PANNELLA E IL TESTAMENTO IN CROAZIA
Separati in casa. Da una parte la vecchia guardia che difende il fortino della memoria: i simboli, la radio, la storia.
Dall’altra, i giovani che si presentano alle elezioni, raccolgono firme e rivendicano il presente e il futuro.
La morte di Marco Pannella segna la fine della storia radicale per come l’abbiamo conosciuta. Il futuro è tutto da costruire.
Ma se è vero che il vecchio leader non ha eredi, è anche vero che siamo di fronte a una situazione paradossale. Con un rischio concreto: non più qualche ripudio o defenestrazione, come da tradizione pannelliana, ma la spaccatura tra due mondi che fanno fatica a parlarsi.
L’«eredità » di Pannella? Maurizio Turco sorride: «Non c’è alcuna eredità , Marco non possedeva nulla».
Eppure non è proprio così. Pannella è stato finora il padre nobile, ma anche il garante e, di fatto, il proprietario di molto: dei simboli (dalla Rosa nel Pugno alla Lista Pannella) e della sede di via di Torre Argentina.
Insieme a lui, hanno gestito tutto i fedelissimi Maurizio Turco, Matteo Angioli e Rita Bernardini.
Che ne sarà ora? E che ne sarà della radio, che con Massimo Bordin e Alessio Falconio è stata sempre vicina ai dirigenti storici? Turco, prima della morte di Pannella, al Corriere aveva previsto qualche «bacio di Giuda».
La guerra è scoppiata all’ultima assemblea del 23-24 aprile. Ma è solo l’inizio.
Non è chiaro se vi sia un testamento di Pannella. L’ultimo di cui si ha notizia, si sussurra, risale al 2011, quando andò in Croazia.
Ma qualcosa è cambiato negli ultimi due mesi. È passata quasi sotto silenzio, nonostante un comunicato ufficiale, una «donazione» di Pannella, già malato e rinchiuso nella casa di via della Panetteria: il 25 marzo il leader radicale ha versato 100 mila euro di tasca sua.
Cinquantamila sono finiti al Comitato mondiale per lo Stato di diritto, presieduto da Giulio Maria Terzi (segretario Matteo Angioli). Altri 50 mila sono finiti al «partito». Che non ha un presidente e non fa un congresso dal 2011. Ma è di fatto nelle mani della vecchia guardia
E i giovani? Paradossalmente sono in maggioranza da tempo.
Da Mario Staderini a Riccardo Magi, attuale segretario dei Radicali italiani (cosa diversa dal partito), sono i vincitori.
Marco Cappato è candidato sindaco a Milano, contro il parere della Bernardini. E Magi è capo di una lista radicale d’appoggio a Giachetti, a Roma.
Eppure, senza simboli, senza sede e senza soldi, rischia di mancare l’agibilità politica. Due giorni dopo la presentazione di Cappato a Milano, un comunicato firmato da Bernardini, Turco, ma anche Marco Beltrandi, Sergio D’Elia e Elisabetta Zamparutti, dichiarò «incomprensibile» la sua candidatura.
Del resto la Bernardini è chiara: «Siamo divisi, abbiamo idee diverse. A Roma voterò Giachetti. Magi? Forse non lo voto».
Risponde Magi: «Non capisco cosa ci rimproverino, mi sembra tutto molto pretestuoso. E poi non c’è nessuna frattura generazionale: la Bonino è con noi, ma anche Cicciomessere e Spadaccia. Mi piacerebbe che ci potessimo chiarire in una sede istituzionale, è arrivato il momento di fare il congresso del Partito radicale. Quanto alle urne di Roma, faccio solo presente che Pannella fece la scelta opposta a quella della Bernardini: all’epoca votò me e non Ignazio Marino».
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 21st, 2016 Riccardo Fucile
LA STIMA PER ROMUALDI, LA VISITA AL CONGRESSO MSI, LA BATTAGLIA CONTRO LA PENA DI MORTE E L’ALTERNATIVA AL SISTEMA
E’ normale che adesso tutti, da morto, lo tirino un po’ per la giacca.
Per elogiarlo, certo, ma soprattutto per incastonare Marco Pannella dentro una narrazione di parte, o semplicemente per poter dire: ha avuto a che fare anche con me, anche con noi. Tutto normale. È il coccodrillismo all’italiana. Per cui alla fine il ricordo meno retorico è quello di un ascoltatore di Radio radicale che chiama alla diretta per “salutare Marco” e dice: “Io lo saluto nel modo che a lui sarebbe piaciuto. Fumandomi una bella sigaretta…”.
Ci sono aspetti della storia di Marco Pannella che si intrecciano con quella di altri partiti.
I missini sono stati, ed è stato ricordato qui e altrove, tra quegli italiani marginali cui il leader radicale ha rivolto sguardi di rispetto.
Si ricorda, in genere, solo la coraggiosa trasferta al congresso del Msi del 1982 con quella frase anacronistica di Giorgio Almirante, “Il fascismo è qui”, che tronca di fatto il dialogo con chi — Pannella — aveva proposto a quell’assemblea il tema della civile dialettica democratica tra avversari che si rispettano.
Si ricorda troppo spesso quel singolo episodio dimenticando di citare ad esempio l’enorme stima che Pannella aveva per Pino Romualdi (in privato da lui definito uno dei più intelligenti tra i leader politici conosciuti), il quale non a caso non voleva seguire Almirante nella campagna per il no al divorzio (1974) ritenendo pericolosa e infruttuosa la deriva filoclericale del Msi.
Storie di nicchia, si dirà . Ma non ci sarebbe momento più appropriato di questo per portarle alla luce.
Ciò che va ricordato, anche, è la lezione che un politico come Marco Pannella diede, a distanza, ai giovani missini che uscivano dagli anni di piombo.
Innanzitutto la sua ferma contrarietà alla pena di morte lo rendeva naturalmente simpatico a quei ragazzi — ed erano tantissimi — che non condivisero la campagna per la pena di morte lanciata da Giorgio Almirante nel 1981.
Gli stessi che contro il leader gridavano nei comitati centrali “Peteano, Peteano… (la strage in cui Almirante venne ingiustamente coinvolto in virtù di quelle inchieste ideologiche che fecero “scuola” negli anni Settanta).
Ma c’era di più: c’era il Pannella che a tribuna politica, dopo l’omicidio di Giorgiana Masi, sfida l’establishment e il conformismo dell’emittente di Stato mostrando ai telespettatori la foto di un poliziotto che spara.
Un Pannella anti-sistema, dunque. Ma la cui carica ribellistica non lo portava a sconfinare nelle pratiche del terrorismo ma a teorizzare quella disobbedienza civile che divenne prassi nel Fronte della Gioventù degli anni Ottanta.
Protestare senza armarsi. Essere fuori dal regime ma senza uccidere. Essere nemici del sistema superando lo strumentale carosello di piazza degli opposti estremismi.
Per i missini che uscivano da un contesto sanguinoso in cui ti sparavano addosso quando uscivi dalla sede di partito quel linguaggio, quella prassi, erano novità da assorbire, erano “modelli” da seguire.
Anche al fine di superare la visione angusta dell’attivista anni Settanta, col suo neofascismo muscolare e fuori dal tempo.
La politica di Pannella, non c’è dubbio, aiutò a destra la metamorfosi del “picchiatore” in “militante”.
E’ vero, si batteva per la liberalizzazione delle droghe leggere. È vero, era un laico, ateo, dissacratore (ma non si può certo imputare a lui una scristianizzazione della società che in Occidente va avanti dai tempi dell’Illuminismo…).
Temi su cui c’era un’insormontabile distanza ma la “contaminazione” avvenne sul terreno comune dell’alternativa al sistema.
Così al movimentismo radicale, all’attivismo referendario, all’antischematismo pannelliano guardarono a lungo, e tentarono numerose imitazioni, quei ragazzi cresciuti nelle sezioni missine cui cominciava a stare stretto il culto di Predappio.
E cominciarono così a trasformare le manifestazioni in sit-in, a farsi trascinare dalla polizia sdraiandosi a terra, prendendosi le botte (accadde a Nettuno, in occasione del blocco al corteo del presidente Usa Bush, era il 28 maggio del 1989), lasciandosi fotografare sorridenti e in jeans sulle scalinate dell’università la Sapienza.
Non più “mazzieri” per conto terzi.
Figli del proprio tempo oltre i “cupi tramonti”.
E indiscutibilmente un po’ pannelliani…
Annalisa Terranova
(da “il Secolo d’Italia“)
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Maggio 21st, 2016 Riccardo Fucile
SEDE IPOTECATA, LICENZIATI GLI ULTIMI DIPENDENTI
Ci sono due eredità di Marco Pannella, quella politica e quella economica. E gli eredi sono fin troppi.
Da quando le condizioni del leader radicale si sono aggravate, al terzo piano di via di Torre Argentina ci si interroga sul destino delle due creature più care a Pannella, il partito e la radio.
Dal 1998 le varie incarnazioni delle liste radicali si sono cristallizzate nel «Partito Radicale Non violento Transnazionale».
I soggetti costituenti sono cinque: i Radicali Italiani, l’associazione Luca Coscioni, Non c’è pace senza giustizia, Nessuno tocchi Caino, e infine l’esperantista “Era”.
Il segretario dell’organizzazione è Demba Traorè, avvocato del Mali, esperto di Kung fu, di cui si sono perse le tracce dal 2011. Ecco perchè il Prntt non fa un congresso da quella data.
Le associazioni di cui sopra non ricevono più un soldo perchè il partito transnazionale non eroga finanziamenti.
Poi c’è la vera cassaforte dei radicali, l’associazione politica “lista Marco Pannella” che controlla la “Torre Argentina Spa” (titolare della sede del partito) e il “Centro di produzione Spa” di Radio Radicale.
Un’associazione, che di fatto – spiega un alto dirigente – «è una fondazione», ed è composta da Maurizio Turco, Rita Bernardini, Aurelio Candido e Laura Arconti. L’associazione ha sempre chiuso i bilanci in pareggio.
La sede del partito, tuttavia, è sotto ipoteca. Negli ultimi mesi si è consumato uno strappo.
I giovani del partito, che fanno riferimento ad Emma Bonino avrebbero chiesto di gestire insieme la cassaforte.
Dall’altra parte Turco e i suoi, ovvero la vecchia guardia di «pannelliani», hanno sbarrato la porta. «
Una cosa è Emma, è un’altra sono i suoi seguaci», sbottò chi si oppose.
Del resto Bonino si è via via allontanata da Torre Argentina. E pur mantenendo un legame sentimentale, ha preso le distanze, non ha più preso parte alle campagne radicali.
I numeri degli iscritti al partito quest’anno sono molto bassi. A oggi i radicali possono vantare infatti 650 iscritti, con una previsione di raggiungere gli 850 entro la fine dell’anno contro i circa 900 del 2015.
Un numero esiguo, motivato anche dal costo del tesseramento. L’iscrizione al partito radicale ammonta a 200 euro, una cifra non popolare.
Tra tessere e donazioni i ricavi si aggirano attorno ai 250 mila euro.
Una cifra non sufficiente a mantenere la struttura, al punto da aver costretto il tesoriere Turco a licenziare gli ultimi 16 dipendenti.
Oggi le uniche fonti di sostentamento della “galassia” sono il 5 per mille dell’Associazione Coscioni e la radio.
Il destino di quest’ultima, che riceve ogni due anni una convenzione dallo Stato pari a 9 milioni di euro, è appeso alla scadenza di ottobre.
Cosa succederà ? E soprattutto chi si prenderà l’eredità di Pannella?
«Non esiste un altro Marco», allargano le braccia a Torre Argentina, «se non cesserà la deriva libica e se non si metteranno da parte sentimenti e risentimenti rischiamo di fare la fine della Dc di Pino Pizza».
Giuseppe Alberto Falci
(da “La Stampa”)
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