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I RESPONSABILI POSSONO ESSERCI: CHI SONO E QUANTI SONO I SENATORI POTENZIALMENTE DISPOSTI A SOSTENERE CONTE

Gennaio 14th, 2021 Riccardo Fucile

OGGI ALLA CAMERA 5 EX M5S SONO PASSATI AL CENTRO DEMOCRATICO DI TABACCI… AL SENATO I 18 SENATORI DI ITALIA VIVA SONO GIA’ COMPENSATI DA 14 SENATORI DEL MISTO CHE VOTANO PER CONTE… I QUATTRO CHE MANCANO POTREBBERO ARRIVARE DAI 4-5 RENZIANI DISSIDENTI, 4 DI FORZA ITALIA   E DA 1 UDC… VERREBBE COSTITUITO UN GRUPPO UFFICIALE CON RELATIVO SIMBOLO

Corsa contro il tempo per l’operazione “responsabili”. Giuseppe Conte, archiviato lo strappo di Matteo Renzi, è sempre più intenzionato ad andare alla conta alle Camere, ma per farlo senza rischiare di perdere tutto ha bisogno di avere la certezza (o quasi) che ci sarà  un gruppo di parlamentari pronto a sostenere la maggioranza.
Il problema è sempre lo stesso: l’operazione dovrà  dare contorni “certi e sicuri” alla maggioranza e non potrà  basarsi su senatori disgregati, lo chiede Sergio Mattarella ed è la condizione necessaria sufficiente per blindare il governo.
I movimenti in Parlamento sono tanti e sempre più seri: il rischio di elezioni anticipate preoccupa la truppa di chi sa non sarà  più riconfermato e i numeri, è quello che garantiscono da più parti, ci possono essere.
La prima necessità  è quella di trovare una casa (o meglio un simbolo) che li possa riunire tutti.
Alla Camera si guarda a Centro democratico di Bruno Tabacci dove nelle ultime ore sono arrivati ben 5 ex parlamentari M5s.
Al Senato la faccenda è più complicata: Udc ufficialmente dice che non sosterrà  Conte, ma la senatrice Paola Binetti, dicono fonti di maggioranza a ilfattoquotidiano.it, proprio questa mattina a Palazzo Madama ha fatto sapere ai colleghi Pd-M5s che se necessario non si tirerà  indietro.
Il gruppo potrebbe a quel punto formarsi dentro il gruppo Misto con un proprio simbolo (come già  fa Leu).
Le spinte intanto arrivano da più parti. Fonti dei vertici M5s garantiscono che “ci sono buone possibilità  che l’operazione vada in porto“.
I 5 stelle sono compatti nel sostegno a Conte e chiudono le porte a un riavvicinamento a Renzi. Per questo sono tra i principali fautori della strada dei “responsabili”.
E non a caso, per tutta la mattinata, i big (da Di Maio a Di Battista e Buffagni) hanno rilasciato dichiarazioni dure di chiusura netta per Italia viva e rilanciato invece l’appello ai costruttori dello stesso Beppe Grilo.
Fonti istituzionali invece predicano ancora prudenza: il rischio è che oltre gli auspici non si riesca ad andare. Ma è presto.
Sul fronte parallelo fonti interne ai dem hanno fatto trapelare che “i responsabili non ci sono” e che se continua così “si rischia il voto a giugno“. Un messaggio interpretato come un modo per stringere i tempi e far accelerare le trattative: i parlamentari che vogliono appoggiare la maggioranza devono farsi avanti, ora o mai più.
I NUMERI
Alla Camera la situazione è relativamente tranquilla: la maggioranza ha 346 deputati e senza i 30 di Italia viva, conta su 316 sì che anche se risicati sono sufficienti.
Il problema più urgente è il Senato: il governo finora ha avuto l’appoggio sicuro di 158 parlamentari a Palazzo Madama (92 M5s, 35 Pd, 8 Autonomie, 18 Italia viva, 5 Leu) e senza i renziani, scenderebbe a 140.
Al momento, guardando a chi nel gruppo Misto ha sempre offerto una sua disponibilità  a sostegno della maggioranza, ci sarebbero già  circa 14 senatori. Ma il numero è una stima prudenziale ed è in continuo aggiornamento.
SENATO
Tra i primi indiziati ci sono i senatori del Udc: Paola Binetti, Antonio De Poli e Antonio Saccone. Che ufficialmente smentiscono, ma ufficiosamente sono molto meno compatti. Binetti ha già  fatto capire di essere pronta ad aprire una discussione: lo ha detto oggi parlando con colleghi della maggioranza e lo ha lasciato intuire tra le righe parlando con l’agenzia Adnkronos.
Un altro fronte importante nella conta è sicuramente quello dei componenti del Misto che già  più volte si sono allineati alla maggioranza (il riferimento sono i voti di fiducia e i voti sulla legge di bilancio) e che, a un primo calcolo, sarebbero in totale 14.
I primi responsabili indiziati sono naturalmente gli ex M5s che, proprio per l’antico legame con il Movimento, molto spesso votano già  a favore del governo per segnalare la loro vicinanza a una linea che, dicono, non hanno mai davvero disconosciuto. Si tratta di: Maurizio Buccarella, Saverio De Bonis, Luigi Di Marzio, Tiziana Drago, Elena Fattori, Marinella Pacifico.
Di questi proprio De Bonis lo raccontano molto impegnato nel riuscire a concretizzare la nascita di un nuovo gruppo: avrebbe contattato nei giorni scorsi un altro ex ora a +Europa Gregorio De Falco per una “chiacchierata”. De Falco cambia opinione spesso, anche se ultimamente sembra più possibilista. A lui potrebbe aggiungersi un altro ex incerto: Michele Giarrusso.
Non bisogna dimenticare che la compagine di ex 5 stelle (26 deputati e 16 senatori) non basta per risolvere da sola la situazione, visto che molti di loro ormai hanno aderito ad altre formazioni, dalla Lega ad Azione, e vanno considerati individualmente.
Poi vengono considerati sicuri sì degli esponenti del Maie (il cui fondatore è il sottosegretario Merlo) Adriano Cario e Raffaele Fantetti: in particolare Fantetti negli ultimi mesi si è fatto promotore del think tank Italia23 che, secondo alcune indiscrezioni, vorrebbe essere uno dei progetti embrionali di una ancora fantomatica lista Conte.
Fantetti, raccontano a Palazzo Madama, è tra i più attivi in queste ore ed è dietro molti contatti. Sicuramente a favore, come ha già  dichiarato, Sandra Lonardo, ex Forza Italia passata al Misto a luglio scorso in polemica con la “linea salviniana” del centrodestra. Proprio il marito Clemente Mastella si è già  offerto, più o meno convintamente, per organizzare lui “il gruppo dei responsabili” e nelle varie interviste rilasciate in queste ore ha garantito che “i numeri ci sono”.
Infine vanno considerati a favore i due senatori a vita iscritti al Misto Mario Monti e Liliana Segre, ma anche Sandro Ruotolo, eletto con le elezioni suppletive a fine febbraio scorso e molto vicino a Leu.
Più problematico il sì dell’ex dem, e in passato molto vicino a Matteo Renzi, Tommaso Cerno: è stato tra i primi sostenitori del governo Conte 2, ma oggi dice di non essere disposto a dare il suo voto. “Io dico sì all’idea, ma non al metodo”, spiega a ilfattoquotidiano.it. “Sono tra quelli che credono di più nel progetto Pd-M5s, ma proprio per questo non voglio che sia rovinato dai transfughi del centrodestra”.
Altro bacino in grande agitazione è quello di Italia viva. Fonti della maggioranza assicurano che ci sono almeno 4 o 5 senatori renziani che sarebbero già  pronti a sostenere la maggioranza per timore del voto anticipato.
Una delle più in bilico è sicuramente l’ex azzurra Donatella Conzatti che già  ieri, intervistata dal Corriere della sera, aveva aperto a una mediazione tra Renzi e Conte. E che ora sarebbe sempre più intenzionata a lasciare l’ex premier.
Riccardo Nencini, che associando il simbolo Psi a Iv ha permesso a Renzi di avere il gruppo al Senato, ha smentito di essere pronto alla separazione, ma è al momento tra i più sorvegliati anche perchè ha detto di essere contrario al voto anticipato.
Occhi puntati anche sui renziani che hanno ruoli nelle commissioni: l’ex M5s Silvia Vono, vicepresidente della commissione Lavori pubblici al Senato, o l’ex Pd Annamaria Parente, presidente della commissione Igiene e Sanità . Ma anche Vincenzo Carbone, vice della commissione Lavoro o Leonardo Grimani, segretario della commissione Affari costituzionali.
Nel calcolo non vengono (ancora) considerati esponenti di Forza Italia che potrebbero valutare di dare il loro contributo alla causa. Forse è questo uno dei passaggi più complicati, anche perchè dovranno poi vedersela con le resistenze dei 5 stelle, ma le aperture da parte di alcuni non sono escluse.
E i nomi che circolano sono quelli di Roberto Brunetta, Renata Polverini, Deborah Bergamini e Osvaldo Napoli. L’opzione per i vertici azzurri al momento è fuori discussione e, come raccontato da il Fatto quotidiano, ieri nei vertici in Parlamento hanno minacciato di tenere “fuori dalle liste” chiunque lasci anche solo intuire di essere interessato all’operazione.
CAMERA
A Montecitorio una delle operazioni più interessanti è stata registrata nelle ultime ore e ufficializzata stamattina dal presidente Roberto Fico. Cinque deputati ex M5s hanno aderito alla componente di Centro Democratico — Italiani in Europa guidata da Bruno Tabacci. Si tratta, in particolare, di Marco Rizzone, Fabio Berardini, Mara Lapia, Carlo De Girolamo e Antonio Lombardo.
Ma proprio alla Camera la pattuglia di ex M5s è molto nutrita (in totale sono 26) e in tanti siedono nel gruppo Misto senza alcuna possibilità  di essere ricandidati. Basta questo per farli diventare “responsabili”? Non è assolutamente scontato. Di sicuro però ci sarà  almeno la tentazione.
A scrivere un post molto duro contro Matteo Renzi e, a suo modo, in difesa del governo Conte 2, è stata solo ieri l’ex M5s Silvia Benedetti: “Con tutta la disistima che ho per questo governo, tranne per tre/quattro tra ministri/viceministri/sottosegretari, resto allibita dallo sfacciato teatrino del capetto di Italia Morta”, ha scritto. “Già , un politico così egoriferito può solo far morire l’Italia”.
Troppo poco per parlare di un nuovo gruppo, ma l’ennesimo segnale che qualcosa si muove.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA TRATTATIVA PER EVITARE LA CRISI DI GOVERNO SUL MES

Dicembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile

TRA “LOGICA A PACCHETTO” E GARANZIE…ANCHE IN FORZA ITALIA C’E’ MARE MOSSO

“Se mercoledì prossimo 16 senatori grillini più l’intero gruppo di Forza Italia voteranno contro il Mes, il giorno dopo il premier Conte dovrà  salire al Quirinale per dimettersi. Vi sembra uno scenario probabile?”.
L’auspicio dei giallorossi è che non lo sia. Il conto alla rovescia verso il 9 dicembre è iniziato, i “pontieri” della maggioranza (e nell’opposizione) sono in campo. Primo Luigi Di Maio, che ribadisce il no alla riforma ma punta a disinnescare “un voto di sfiducia sul premier che abbiamo incaricato noi”.
Al ministero delle Politiche Europee si lavora per un compromesso che riduca nettamente l’area del dissenso in casa M5S, e consenta eventualmente a Silvio Berlusconi di imboccare il sentiero dell’astensione.
Due i punti sul tavolo: subordinare il via libera al Mes “sanitario” a un ulteriore voto parlamentare ad hoc e limare la “logica a pacchetto” chiesta dai frondisti M5S.
Intanto si attende l’assemblea dei gruppi Cinquestelle domani sera per capire i rapporti di forza interni. Mentre tra gli azzurri, dopo le scintille di ieri, si tenta la ricucitura.
Con gli occhi di tutti puntati sul Senato, dove non soltanto i numeri ballano ma si terrà  il primo voto e quindi andrà  data la linea. E dove le assenze mirate potrebbero fare la differenza.
Il boccino in mano ai Cinquestelle
Il boccino, però, per il momento ce l’hanno i Cinquestelle, dove 16 senatori e una quarantina di deputati sono usciti allo scoperto con una lettera per chiedere che non venga approvata la riforma del Mes “istituzionale” e soprattutto che non venga utilizzato il Mes “sanitario”.
La fronda ha scatenato un putiferio, con parlamentari che hanno ritirato la firma. L’ex ministro Toninelli fa sapere che la sua firma in calce è una fake news. Il capo delegazione Bonafede, ha escluso che salti il governo: “Basta leggere la lettera, c’è scritto che non c’è un problema di maggioranza”.
La tensione però resta alta e, alla vigilia del chiarimento, è ancora scontro. Le chat dei parlamentari ribollono. “Complimenti alla minoranza che scrive lettere e che vuole Draghi a Palazzo Chigi” l’accusa rivolta dall’ex sottosegretario Gianluca Vacca ai “dissidenti”. “Nessuno vuole Draghi premier, ma nemmeno che si facciano le stesse cose…” la replica. I più oltranzisti non mollano. “E’ una battaglia europeista, per chi vuole che scatole infernali come il Mes vengano smontate e sostituite da veri meccanismi di salvataggio. Andremo fino in fondo perchè siamo dalla parte giusta della storia” scrive il deputato Francesco Forciniti. E Giovanni Currò: “Il Mes è uno strumento anacronistico, serve la “logica del pacchetto”.
Il perimetro della trattativa
Al ministero guidato da Enzo Amendola, dopo l’incontro di ieri con i capigruppo giallorossi, si punta a “un testo condiviso, chiaro e che dia pieno mandato al governo”.
In realtà , un canovaccio c’è già . La possibilità  di prevedere esplicitamente nella risoluzione il rinvio della partita sui 37 miliardi del Mes “sanitario” e la sua subordinazione a un successivo voto parlamentare ad hoc.
Una condizione che il Pd non avrebbe difficoltà  a concedere, ma che non è considerata “garanzia sufficiente” dall’ala dura degli oltranzisti M5S. Che chiedono la “logica a pacchetto”, ovvero l’inserimento in un pacchetto più ampio, comprensivo dell’Edis (il sistema europeo di assicurazione dei depositi) e del Next Generation Eu, ovvero il Recovery Fund per i Paesi colpiti dall’emergenza Covid.
I Dem, a loro volta, fissano due paletti “irrinunciabili”. Uno: impossibile accettare una preventiva rinuncia al Mes “sanitario”. E due: impraticabile anche l’accettazione di una riforma “sub iudice”, ovvero con entrata in vigore rinviata (che creerebbe difficoltà  anche in ambito europeo).
Intorno a questo perimetro, si tratta. Numeri alla mano: lo scoglio decisivo sarà  in Senato. La maggioranza a Palazzo Madama conta 168-170 voti, contro i 146-149 dell’opposizione al completo. Per un voto a maggioranza semplice, la soglia sostenibile di dissenzienti grillini non può superare i 7-10. Considerando che alcuni senatori (Quagliariello, Saccone, Romani) voteranno a favore.
E che è atteso un “soccorso” dalle file dell’opposizione sotto forma di assenze mirate o persino di astensioni.
Al centro dell’attenzione c’è Forza Italia, spaccata dall’allineamento repentino sulle posizioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ma la cautela è molta: “Si può anche pensare di “salvare” il governo — ragiona un senatore — Ma se poi il governo cade lo stesso perchè non c’è l’autosufficienza, allora al danno si aggiunge la beffa…”.
Polveriera Forza Italia
Se alla Camera la fibrillazione è forte, al Senato la situazione del partito azzurro sembra sotto controllo. La capogruppo Anna Maria Bernini ha convocato l’assemblea mercoledì stesso (un modo anche per impedire che eventuali dissensi maturino), e assicura: “Saremo compatti”.
Pochissimi i “ribelli”, tra cui Andrea Cangini che sul voto sta riflettendo. Anche a Palazzo Madama, però, diversi non hanno apprezzato l’”allineamento” a Salvini e — soprattutto — che sia stata Licia Ronzulli ad anticipare la posizione ufficiale.
Un punto che potrebbe portare la deputata Renata Polverini a votare in dissenso: “Molto stupita delle modalità  di comunicazione, Fi sta votando contro la sua storia”.
L’assemblea di ieri sera ha visto un duro scontro di posizioni. Meno di 60 su 91 i presenti. Antonio Tajani e la capogruppo Maria Stella Gelmini hanno difeso il no al Mes: “Non è che se votiamo lo scostamento diventiamo comunisti nè se votiamo no al Mes diventiamo salviniani — ha argomentato Tajani — Sono questioni tecniche e votiamo sempre a favore degli italiani”.
Botta e risposta con Renato Brunetta, che chiedeva “responsabilità ” per “non essere isolati in Europa”, ma il responsabile economico ha avuto uno scontro anche con Giorgio Mulè che gli ha rimproverato l’apprezzamento per Di Maio. Sestino Giacomoni ha insistito che la linea non è cambiata, e che la differenza tra i due Mes è sempre stata chiara.
I nervi sono alle stelle. Tra Paolo Russo, dell’area di Toti (che ha schierato i suoi per il sì) e Paolo Zangrillo volano parole grosse. Scintille anche tra Mulè, che secondo alcuni aspirerebbe a sostituire la Gelmini, e Osvaldo Napoli.
Il vice-capogruppo Roberto occhiuto — che sta preparando la risoluzione sul Mes — avvisa tutti: “Chi vota in dissenso è fuori”.
Aut aut che porta con sè una coda di veleni, quando circola la voce che Brunetta potrebbe perdere il suo ruolo nel partito. L’entourage del Cavaliere però smentisce. Resta la sensazione di una partita in cui i personalismi si intersecano. “Ormai è una guerra tra bande” scuote la testa un deputato. Adesso si tenta di ricucire le lacerazioni. L’idea è quella di una doppia risoluzione che vincoli anche ad accettare il Mes “sanitario”. Tuttavia, a mercoledì mancano cinque giorni. E saranno lunghi.

(da “Huffingtonpost”)

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IL SENATORE CLAUDIO BARBARO NON HA PACE: LASCIA LA LEGA E PASSA AL GRUPPO MISTO

Ottobre 14th, 2020 Riccardo Fucile

EX AN ED EX FUTURO E LIBERTA’, POI SOVRANISTA CON STORACE E NELLA LEGA, ORA PASSA AL MISTO PER “CONTRASTI CON LA RIFORMA DELLO SPORT”

Il senatore della Lega Claudio Barbaro lascia il partito di Salvini e aderisce al gruppo Misto.
Uomo di sport, un passato in Alleanza nazionale, è presidente di Asi (l’Associazione dello sport di base tradizionalmente di destra).
In una nota spiega i motivi della   decisione, dovuta principalmente alla sua contrarietà  nei confronti della riforma dello sport, avviata da Giorgetti e proseguita poi da Spadafora.
“Come ho già  espresso al Segretario Salvini, è con profondo rammarico che annuncio le mie dimissioni dalla Lega e il conseguente passaggio al gruppo misto del Senato – spiega Barbaro – Questa è stata una decisione molto sofferta: ma, su tematiche nodali per il mondo associazionistico, mi sono trovato in disaccordo come per lo stravolgimento dell’assetto economico ed organizzativo dello Sport italiano e del suo ordinamento”, ha sottolineato ribadendo che nulla rinnega di questa esperienza formulando altresì a Matteo Salvini “il ringraziamento per avermi concesso di guidare la lista del Partito nel collegio plurinominale di Campania1”
Al prossimo cambio di casacca.

(da agenzie)

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VITA DA PARLAMENTARI NEL PALAZZO INFETTO

Ottobre 8th, 2020 Riccardo Fucile

STRAVOLTE ABITUDINI, REGOLE E RITI

Per chi crede tenacemente nelle istituzioni, la Camera dei deputati può rappresentare una sorta di tempio pagano, con le sue regole, i suoi riti, le sue abitudini, stanche forse, ma radicate nel tempo e nella storia.
Ci ha provato l’antipolitica a intaccarne immagine e sostanza, con risultati però trascurabili in confronto a come il coronavirus ha stravolto ogni genere di protocollo, oltre alla geografia stessa di palazzo Montecitorio e i suoi lavori, come dimostra la mancanza per ben due volte del numero legale durante la discussione di martedì scorso del nuovo Dpcm, a causa della quarantena che ha decimato i deputati, messi in isolamento precauzionale, e come accadrà  di nuovo, fino alla modifica dei regolamenti parlamentari che faccia fronte all’emergenza, in caso di nuove assenze legate all’epidemia.
È sufficiente muovere i primi passi al suo interno della Camera, non prima di essere passati attraverso un termo scanner per la rilevazione della temperatura (abbandonati gli iniziali termometri), per scoprire un mondo alla rovescia, totalmente diverso dall’era pre-Covid, rivoluzionato come quando nel 1965 si passò dalla messa in latino a quella in italiano, dopo le decisioni del concilio Vaticano II avviato da papa Giovanni XXIII e concluso da Paolo VI.
Quello che l’epidemia ha provocato alla Camera riduce a barzelletta il terrore con il quale venne accolto, nel 2013, l’arrivo dell’orda grillina.
A pochi giorni dall’inizio di quella legislatura, era possibile imbattersi nei commessi che in fretta e furia, su indicazione dell’ufficio di presidenza, andavano svitando dagli ascensori più piccoli e antichi il cartello: “Riservato agli onorevoli deputati”, o all’ufficio postale interno smontavano l’avviso che “i deputati hanno la precedenza”.
Si pensava così, vanamente, di scongiurare ulteriori attacchi ai privilegi, anche solo formali. Sono passati sette anni da allora, e la famosa scatoletta di tonno, che i 5Stelle erano ben determinati a scoperchiare, è diventata talmente succulenta da trovarli stabilmente ben attovagliati al ristorante, inizialmente evitato con cura perchè considerato come la rappresentazione plastica della cosiddetta “casta”.
Il partito antisistema si è fatto sistema e proprio quando Montecitorio poteva tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, ecco arrivare il Covid-19, in grado di arrivare laddove nessuno è mai riuscito.
A cominciare dall’aula, dove fin dal 1918 si riuniscono i deputati. Il distanziamento sociale impone che fra un parlamentare e l’altro ci debba essere una sedia vuota. Ma i posti sono contati: 630. Quindi, per la prima volta nella storia repubblicana, l’assemblea ha esondato, tracimando all’esterno, invadendo un altro luogo tradizionale della Camera: il Transatlantico.
Si tratta del corridoio “dei passi perduti”, famoso non tanto perchè permette ai deputati di entrare in aula, ma perchè è da sempre stato il posto dei conciliaboli, delle lunghe passeggiate sottobraccio fra i politici, con i giornalisti, battuto in lungo e in largo anche dai lobbisti, dove si sono decise le sorti di un governo o, addirittura, di una legislatura, dove una parola dettata o sussurrata a un cronista da parte del leader di turno durante le interminabili “vasche”, costruiva o disfaceva in un amen carriere politiche.
Se i divanetti disposti sotto le ampie vetrate che affacciano sul cortile d’onore di Montecitorio (una sorta di chiostro che in passato ospitava l’antica aula) potessero parlare avrebbero di che raccontare su come i destini del Paese si sono decisi più durante questi tàªte a tàªte che nelle interminabili e noiose riunioni di partito.
Il Transatlantico, però, è stato snaturato e trasformato nel prolungamento dell’aula, occupato dai tavolini con le postazioni dei deputati, i sistemi di voto, i computer. Diventato inaccessibile a tutti, tranne che ai parlamentari, è diventato il votificio e questa esigenza ha provocato, a cascata, anche la chiusura di due luoghi altrettanto famosi, la buvette, cioè il bar, e la sala lettura, un’ampia stanza silenziosa e con luci soffuse, dove deputati e giornalisti avevano la possibilità  di sfogliare i quotidiani tenuti insieme da bacchette di legno.
Talmente tranquillo che non era raro imbattersi in qualche parlamentare accasciato sui divani in pelle verde, per un pisolino ristoratore. Tutto chiuso, sbarrato, inaccessibile fino a nuovo ordine.
Anche i divanetti sono stati trasferiti, spostati nella galleria dei presidenti, un altro corridoio, verso la parte posteriore di Montecitorio, che prende il suo nome dai ritratti di tutti coloro che hanno seduto sullo scranno più alto della Camera, da Vincenzo Gioberti a Laura Boldrini (quello in carica viene insignito di questo onore solo a fine mandato). Ma quelle poltrone sono quasi sempre vuote, perchè per motivi di sicurezza gli accessi nel palazzo sono ridotti all’osso, quasi inesistenti.
Perfino gli ex parlamentari sono costretti a firmare una liberatoria nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme antiCovid e di non essere soggetti a rischio.
Anche il ristorante è cambiato. Al suo ingresso è stato aperto il bar che sostituisce la buvette. Ai tavoli per quattro persone, possono sedere solo due deputati, uno di fronte all’altro sul lato corto, oppure in diagonale, per mantenere la distanza di un metro.
Analoga rivoluzione si è avuta nelle commissioni parlamentari, tutte formate da 40 deputati, che prima dell’epidemia avevano a disposizione aulette che oggi non possono garantire il distanziamento sociale. Così, le commissioni sono diventate itineranti.
A seconda delle convocazioni, in base anche alla disponibilità , le sedute si svolgono nella gigantesca sala del Mappamondo (in passato utilizzata per discutere per esempio la manovra economica, quando si riunivano due o più commissioni insieme, o nell’aula dei gruppi parlamentari, che garantisce oltre cento posti).
In tutto il palazzo, mai stato così poco frequentato, è rimasto un solo posto per la socializzazione, per conversare e fumare, dov’è ancora possibile imbattersi in capannelli di deputati e giornalisti: il cortile d’onore.
Ed è l’unico posto dove le ferree regole, comprese quelle approvate dall’ultimo Dpcm che impone la mascherina per tutti anche all’aperto, non sempre vengono rispettate.
Ma questa è la politica ai tempi del Covid, spiazzata e a disagio, come tutti gli italiani, da un’epidemia che ha stravolto le nostre vite, modificato usi e abitudini, rivoluzionato anche le tradizioni più radicate. E Montecitorio, anche se temporaneamente, non ha fatto eccezione.

(da “Huffingtonpost”)

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VENERDI ALLE 12 TRIDICO FARA’ I NOMI DURANTE L’AUDIZIONE IN COMMISSIONE LAVORO

Agosto 12th, 2020 Riccardo Fucile

LA DECISIONE DI FICO

Alla fine la decisione è arrivata. Fonti di Montecitorio fanno sapere che «nelle prossime ore» il presidente dell’Inps Pasquale Tridico sarà  convocato in commissione lavoro e lì «sarà  dunque possibile per i deputati fare tutte le domande che ritengono al presidente Tridico sull’erogazione dei bonus, e dunque anche eventualmente sui nomi dei parlamentari beneficiari». L’appuntamento è fissato per venerdì alle 12.
La decisione su come affrontare il bonus gate è arrivata dopo consultazioni durate tutta la giornata, interamente dedicate al caso dei nomi dei deputati che hanno beneficiato del bonus previsto dal governo in piena emergenza Coronavirus per i lavoratori autonomi. Nella mattinata di oggi, 12 agosto, era circolata l’indiscrezione secondo cui l’Inps era pronto a svelare i nomi già  in giornata direttamente al presidente della Camera Roberto Fico. Ma subito dopo Montecitorio ha frenato.
Le ipotesi al vaglio della Camera erano tre: la possibilità  di un’interlocuzione diretta tra presidenza della Camera e presidenza dell’Inps, la risposta dell’ente alle interrogazioni presentate oppure un’audizione in commissione Lavoro.
Secondo quanto riferito a Open da fonti interne alla Camera, la prima ipotesi anche se più rapida sarebbe stata la più difficile da gestire: «Una richiesta diretta del presidente della Camera all’Inps di dati in possesso dell’istituto non può avvenire motu proprio», spiegavano le fonti, «serve che il processo sia avviato da un altro organo dello Stato. Stiamo studiando attentamente l’ipotesi, dobbiamo muoverci con cautela perchè se decidessimo di seguire questa via andremmo a creare un precedente».
Le altre due ipotesi — la risposta alle interrogazioni parlamentari e l’audizione in commissione Lavoro — sono apparse da subito più facilmente percorribili. Finchè appunto è arrivata anche la data.
La situazione relativa alla pubblicazione dei nomi dei deputati coinvolti nel “Bonus gate” si è sbloccata dopo che il Garante per la Privacy — come era stato anticipato da Open — è intervenuto, dando il via libera, nel pomeriggio dell’11 agosto. L’intervento è arrivato a poche ore dalle dichiarazioni della vice presidente dell’Inps, Maria Luisa Gnecchi, che al Corriere della Sera aveva passato la palla all’Authority: «A pronunciarsi deve essere il Garante della privacy», aveva dichiarato. Ora, però, a fare la prossima mossa dovrà  essere il Parlamento.

(da Open)

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IL DEPUTATO PAOLO LATTANZIO LASCIA IL M5S E VA NEL MISTO: “SBAGLIATO NON SOSTENERE EMILIANO IN PUGLIA, CONTINUERO’ AD APPOGGIARE IL GOVERNO”

Agosto 8th, 2020 Riccardo Fucile

DOPO LA SCELTA DEI VERTICI DEL M5S DI ANDARE PER CONTO PROPRIO, L’ADDIO ANNUNCIATO

Si allunga di giorno in giorno la lista di parlamentari che hanno cambiato casacca nel corso della 18esima legislatura.
Gli ultimi in ordine di tempo sono stati Nunzio Angiola, che ha abbandonato il Movimento 5 stelle per Azione di Carlo Calenda, Enrico Costa (pure lui ora calendiano) e la senatrice Sandra Lonardo, in fuga da Forza Italia al Senato.
Oggi tocca invece all’ormai ex pentastellato Paolo Lattanzio e alla deputata di Fratelli d’Italia Maria Teresa Baldini.
Lei, che ha deciso di passare al Misto, nei mesi scorsi si è fatta notare per aver indossato la mascherina in Aula molto prima che diventasse obbligatoria (attirandosi pure le ironie dei colleghi e del web quando ancora la pandemia non era scoppiata).
Lattanzio, invece, è noto per le sue posizioni vicine al governatore Emiliano in Puglia. Tanto che sta proprio nel “mancato posizionamento in uno schieramento largo di centrosinistra per le elezioni regionali pugliesi” la sua decisione di lasciare i 5 stelle. In sostanza non gli è andato giù che il Movimento nazionale non sia riuscito a trovare un accordo per sostenere il presidente uscente alle prossime elezioni locali.
“Ho consegnato alla presidenza della Camera la lettera con cui comunico la mia uscita dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle”, ha reso noto il deputato, esplicitando il suo dissenso nei confronti della linea politica adottata sul territorio. Una rottura che però non avrà  ripercussioni sulla fiducia all’esecutivo, assicura. “Il mio supporto alla linea politica del presidente Conte e del governo rimane fermo e convinto. Nelle prossime ore illustrerò nel dettaglio tutte le motivazioni”. Lattanzio, stando alle prime indiscrezioni, andrà  nel gruppo Misto.
Un addio che in realtà  era nell’aria da settimane. A metà  luglio, in un’intervista al Messaggero, il parlamentare pentastellato aveva promesso: “Sono pronto a lasciare il Movimento se non si troverà  un accordo con il Pd in Puglia”. Il motivo? “Per me bisogna trovare un’intesa con l’intera coalizione di sinistra. Dunque compresi Leu e i Verdi. Va ripetuto lo schema del governo nazionale presieduto dal premier Conte”. A suo parere, Emiliano “è stato sicuramente il governatore verso il quale il Movimento era all’opposizione, ma è stato anche il primo a raccogliere le istanze grilline. Sicuramente è uno di quei politici con i quali si deve dialogare, come lo era, e lo è, Stefano Bonaccini in Emilia Romagna”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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ENRICO COSTA LASCIA FORZA ITALIA E PASSA CON CALENDA: “FAREMO UN’AREA LIBERALE”

Agosto 4th, 2020 Riccardo Fucile

“TANTI ELETTORI MODERATI SCELGONO I SOVRANISTI PERCHE’ NON C’E’ UN’AREA LIBERALE E MODERATA”

Campagna acquisti: Enrico Costa, deputato di Forza Italia e responsabile Giustizia del partito di Berlusconi, lascia gli azzurri e aderisce ad Azione, il movimento di Carlo Calenda e Matteo Richetti.
L’annuncio è stato dato durante una conferenza stampa alla Camera alla quale era presente anche Andrea Mazziotti, uno dei componenti del comitato promotore di Azione. Costa rivestirà  il ruolo di responsabile Giustizia nel Movimento di Calenda.
”Faccio una scelta controcorrente, da responsabile Giustizia di un partito con un Gruppo di 150 parlamentari a capogruppo di me stesso, ma c’è l’ambizione di costruire la grande casa dei liberali”.
Lo ha detto Enrico Costa, annunciando il suo passaggio a Azione con Carlo Calenda alla Camera.
”Tanti elettori moderati e liberali oggi scelgono Salvini e la Meloni perchè vedono spento lo spirito propulsivo dell’area liberale -ha spiegato Costa-. Calenda è la persona giusta per interpretare queste idee, per approfondire i problemi, una forza politica che fa questo può solo crescere”.

(da agenzie)

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LA SENATRICE DELLA SVP CHE SBATTE IN FACCIA A SALVINI TUTTE LE BUFALE DETTE SUL RECOVERY FUND

Luglio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

JULIANE UNTERBERGER: “SOVRANISTI, CHIARITEVI LE IDEE: O IL RECOVERY E’ UNA FREGATURA O E’ UN REGALO PER L’ITALIA E UNA FREGATURA PER L’OLANDA”

Juliane Unterberger, capogruppo della Svp, alludendo al precedente intervento di Matteo Salvini, ha ciriticato la posizione dei partiti sovranisti e in particolare di Lega e Salvini: “la fregatura è arrivata per loro perchè i grandi nemici della loro narrazione, Merkel e Macron, si sono spesi per l’Italia”.
Dopo aver ricordato le critiche dei partiti sovranisti di Germania e Olanda all’accordo, perchè favorevole all’Italia, mentre la Lega l’ha criticato in direzione opposta la capogruppo di Svp ha aggiunto: “I sovranisti si devono chiarire le idee: o il Recovery è una fregatura o è un regalo all’Italia e una fregatura per i Paesi Frugali”.
“Ora capiamo — ha quindi aggiunto — perchè il senatore Salvini pubblica sempre foto in cui fa vedere che sta mangiando, perchè l’uomo è quello che mangia”, frase che aveva pronunciato Salvini nel suo intervento.
“Adesso inizia la fase più difficile”, ha ammonito Unterberger, “riuscirà  a fare l’Italia quello che attende da 20 anni?”. La capogruppo della Svp ha invitato il governo ad essere “rapidi e coraggiosi” nelle riforme, coinvolgendo Regioni e Province Autonome, e cercando “il contributo delle opposizioni responsabili”.

(da agenzie)

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DECRETO OMOFOBIA, OK IN COMMISSIONE CON SORPRESA

Luglio 14th, 2020 Riccardo Fucile

FORZA ITALIA SI ASTIENE “IN SEGNO DI APERTURA”

Il Ddl Zan sull’omofobia ha superato il primo step del suo iter di approvazione. Primo passo di un percorso ancora lungo. La Commissione Giustizia della Camera ha infatti adottato il testo base, su cui i gruppi presenteranno gli emendamenti.
Se erano scontati i voti a favore della maggioranza e quelli contrari di Lega e Fdi, ha suscitato qualche sorpresa l’astensione di Forza Italia, che non ha partecipato al voto «in segno di apertura».
Apertura che, però, sarebbe subordinata a determinate condizioni, tra le quali una potatura del testo che manterrebbe quindi solo la parte di contrasto alla violenza di genere, eliminando gli articoli riguardanti la sensibilizzazione con l’istituzione di una Giornata nazionale contro l’omofobia (il 17 maggio).
Per la presentazione degli emendamenti ci sarà  tempo fino alle 11:00 di giovedì prossimo. Tempi stretti dunque, che potrebbero anche consentire un approdo del testo in aula per la settimana prossima.
«In commissione giustizia alla Camera abbiamo appena adottato il testo unificato del ddl contro l’omotransfobia e la misoginia, con voto favorevole di tutta la maggioranza, frutto del lavoro di sintesi di questi mesi tra tutte le sensibilità  politiche — ha commentato il deputato del Pd, e relatore del testo, Alessandro Zan -. Considero positiva anche l’astensione dal voto di Forza Italia, segnale di dialogo e apertura verso un provvedimento di civiltà . Ma soprattutto è un passo importante per arrivare all’approvazione alla Camera in tempi rapidi. Il Parlamento ha recepito la necessità  e l’urgenza di approvare la legge in tempi rapidi».
Confermata l’impostazione del testo, secondo il quale a essere perseguiti sono solo gli atti di violenza, o l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità  di genere».
Viene esclusa invece la «propaganda», ipotesi che faceva temere all’episcopato processi contro chi esclude ad esempio la step child adoption o è contro il matrimonio gay.
Com’era intuibile il gesto di «apertura» di Forza Italia non è passato inosservato, e la galassia degli oppositori al Ddl Zan ha subito reagito prendendo di mira il partito di Silvio Berlusconi. «La scelta di Forza Italia di non partecipare al voto sull’adozione del testo base del ddl Zan come ‘segno di apertura’ è un grave gesto di rottura della compattezza delle opposizioni sul tema. Meraviglia davvero che decenni di storia liberale di Forza Italia e i principi stessi di Silvio Berlusconi vengano traditi concedendo aperture su un testo di legge che la Conferenza Episcopale Italiana ha definito foriero di una deriva liberticida», ha affermato Mario Adinolfi, presidente nazionale del Popolo della Famiglia.
Duro l’attacco che arriva da Pro Vita e Famiglia onlus: «Fa specie che un partito liberale come Forza Italia si presti ad agevolare questa nuova dittatura», hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente dell’associazione, che ha annunciato una manifestazione davanti Montecitorio giovedì alle 17:00.
Per una volta che Forza Italia ha fatto una scelta liberale era normale che arrivassero le critiche che integralisti cattolici e dei sovranisti.

(da agenzie)

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