Luglio 27th, 2011 Riccardo Fucile
I NOBILI PRECEDENTI DELL’APOLOGETA IN CAMICIA VERDE DEL RAZZISMO E DELLA PEDOFILIA…CHISSA’ COME MAI LA LEGA NON PUO’ PERMETTERSI DI ESPELLERLO COME FAREBBE QUALSIASI PARTITO CIVILE
La Stampa, 22.02.1979
In carcere per bancarotta un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, e due avvocati
Truffe e strane operazioni finanziarie che hanno per sfondo la fantomatica cooperativa «Aurora» di Borgaro continuano a interessare la magistratura che sta indagando su fatti e misfatti di questa società in cui parecchia gente in buona fede ci ha rimesso i risparmi credendo di poter un giorno diventare proprietaria di un alloggio.
Ieri il giudice istruttore Accordon ha emesso sei mandati; di cattura eseguiti dai carabinieri del reparto operativo.
Sono stati arrestati due avvocati. Veniero Frullano di 50 anni e Mario Borghezio, 32 anni, un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, impresario e personaggio pubblico piuttosto «chiacchierato» tanto da essere espulso dal partito socialista in cui militava attivamente. (…)
(…) Esaminando i libri contabili della fallita cooperativa «Aurora» sarebbe emerso che un «buco» di 90 milioni avrebbe avuto la copertura fasulla di fatture emesse dallo Jaria, o meglio dall’impresa «Ice» di cui Jaria era amministratore.
Perchè? L’ Ammassari, factotum della «Aurora», con quelle fatture fittizie avrebbe dimostrato ai soci che la contabilità societaria era perfetta e che i lavori sarebbero cominciati presto.
Tanto è vero che sarebbe riuscito grazie a quelle «credenziali» a far versare altre somme ai soci, soldi finiti poi non si sa bene dove. L’«operazione fatture» sarebbe un’iniziativa dell’Ammassari, conclusa con l’aiuto degli avvocati Borghezio e Frullano che gli avrebbero presentato Giovanni Jaria.
La Stampa, 23.02.1979
Dietro i raggiri della falsa cooperativa l’ombra del delitto di Vauda Canavese?
Tra i cocci della cooperativa «Aurora» di Borgaro. dichiarata fallita nell’autunno scorso, c’è di tutto: truffa, falsi in contabilità , raggiri, «buchi» per decine di milioni, bilanci fasulli, un’estorsione e, domani, forse, la spiegazione di un delitto che pareva destinato alla polvere degli archivi.
Vediamo di riassumere gli ultimi sviluppi della complessa vicenda.
Tra ieri e martedì notte il giudice istruttore Accordon ha interrogato le persone arrestate; gli avvocati civilisti Venicro Frullano e Mario Borghezio; l’impresario ed assessore di Cuorgnè Giovanni Iaria; il suo socio Luigi De Stefano e un commerciante di Vimodrone (Milano), Giovanni Tornaghi, 47 anni.
Costui, in concorso con Alfredo Luca, 50 anni, radiotecnico di Milano, avrebbe tentato un’estorsione a due non meglio specificati soci della «Aurora».
Come? Cercando di farsi consegnare un paio di brillanti del valore di 10 milioni e offrendo in cambio il silenzio sull’imbroglio che Gian Maria Massari farmacista di Borgaro e factotum della cooperativa, ed i suoi più stretti collaboratori, andavano tessendo alle spalle dei «soci». (…)
E c’è di più: da questa fitta ragnatela dovrebbero venire fuori i nomi e le ragioni di un delitto commesso presso Vauda Canavese il 30 agosto scorso.
Quella sera, due contadini scorsero nelle vicinanze di un loro vigneto affiorare dal terreno il braccio di un cadavere sepolto da poco.
La fossa, scavata qualche ora prima, conteneva il corpo di Loris Silvestri, ex cuoco, «giustiziato» con due colpi di pistola alla testa.
C’è il sospetto che il Silvestri avesse ficcato il naso troppo a fondo proprio nelle attività delle società fantasma che pullulavano nella zona, minacciando forse di parlare.
Da qui l’ordine di farlo tacere per sempre.
Esistono collegaimenti tra le indagini che sta svolgendo il magistrato sulla cooperativa di Borgaro. e varie «affiliate», e il delitto di Vauda (la pratica è pure nelle mani del giudice Accordon?)
Lo si saprà forse tra pochi giorni.
La Stampa, 03.05.1980
La cooperativa-truffa a Borgaro Rinviate a giudizio 11 persone
La truffa ai danni di persone che sono alla ricerca di una casa sta diventando sempre più frequente.
Un esempio viene dalla cooperativa fantasma «Aurora», di Borgaro. costituitasi nel marzo del ’77 e dichiarata fallita nel gennaio del ’79.
I soci avevano nel frattempo versato oltre alle 50 mila lire di capitale sociale e alle 250 mila, a titolo di fondo spese, quote pari al 10 per cento del valore degli alloggi vale a dire, dai 2 al 2 milioni e mezzo di lire ciascuno.
Al centro della vicenda, nata da una denuncia dell’ottobre ’78, e i successivi esposti dei soci che avevano ormai intuito la truffa ordita ai loro danni, un gruppo di spregiudicati professionisti, in questi giorni il giudice istruttore Acordon ha chiuso l’inchiesta, chiedendo il rinvio a giudizio davanti al tribunale per undici persone.
Tutte devono rispondere di associazione per delinquere e concorso nella truffa.
Sono: Giuseppe De Vita, 37 anni, ex postino e vicesindaco di Borgaro, socialista come Gian Maria Ammassari, 35 anni, che abbandonò la gestione della farmacia nel paese per darsi alla politica (era segretario del psi della locale sezione) e agli affari; (…) Maria Luisa Aime, 25 anni, di Leinì, impiegata, socia e consigliere d’amministrazione, grazie alla sua amicizia con il farmacista; (…) l’imprenditore edile Giovanni Iaria, 33 anni, che secondo l’accusa forni fatture «di comodo» per un importo di 91 milioni, a titolo di spese per materiale edilizio mai consegnato; gli avvocati Veniero Frullano e Mario Borghezio, che dovevano assistere come legali gli amministratori e parteciparono invece agli utili dell’impresa truffaldina; (…)
Il via alla cooperativa-truffa risale all’inizio del ’77.
Il progetto è allettante: 150 alloggi da tre a cinque vani, prezzi vantaggiosi. L’iniziativa viene sponsorizzata dalla locale sezione socialista (segretario Ammassari, il farmacista) e dal vicesindaco De Vita, intraprendente e conosciuto. I guai cominciano quando i soci, che nel frattempo hanno versato il 10 per cento del valore degli alloggi, chiedono informazioni più precise sull’ubicazione del terreno e sulla concessione da. parte del Comune dell’autorizzazione a costruire.
La verità viene a galla in consiglio comunale quando il sindaco Sola, rispondendo all’interrogazione di un esponente della Democrazia Cristiana, in minoranza nel Comune, rivela che il terreno dell’«Aurora» non esiste. Poi va dal pretore di Ciriè Di Palma che fa partire l’inchiesta.
La Stampa, 18.12.1993
«On. Borghezio, lasci l’Antimafia»
Il caso della cooperativa socialista «Aurora» di Borgaro coinvolge nuovamente Mario Borghezio, oggi deputato e capogruppo della Lega Nord nella Commissione parlamentare antimafia.
Il senatore e il deputato dei Verdi Emilio Molinari e Massimo Scalia e il senatore della Rete Carmine Mancuso, in una lettera, hanno domandato al presidente della commisione Luciano Violante, pidiessino, se il comportamento di Borghezio nella bancarotta della Cooperativa Aurora (e nell’ammanco di 90 milioni) sia compatibile con il suo attuale incarico di commissario dell’Antimafia.
Tanto più che il tribunale condannò assieme a lui (e ad un’altra dozzina di persone) «tal Giovanni Iaria, indagato per legami con la mafia calabrese». (…)
In altre parole i due senatori Verdi e il deputato della Rete sollecitano il presidente dell’Antimafia ad invitare Borghezio a dimettersi.
Ma il deputato della Lega risponde picche: «E’ curioso che questa faccenda ritorni a galla alla vigilia dello scioglimento delle Camere».
Contrattacca: «Siamo di fronte a una chiara manovra anti-Lega, orchestrata per far riemergere quella vecchia storia».
Una storia di ammanchi (dalla cooperativa sparirono 90 milioni) e una «bancarotta fraudolenta» che parevano dimenticati.
Anche perchè, dopo la condanna (due anni) pronunciata dal tribunale nell’84 e confermata in corte d’appello nell’86, la Suprema Corte annullò le sentenze per vizio di forma: i due dibattimenti, a giudizio della Cassazione, si erano tenuti nonostante che il fallimento della cooperativa fosse stato impugnato, quindi non esecutivo.
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Giugno 2nd, 2011 Riccardo Fucile
ABITUATO A PALPARE LE OLGETTINE, IL PREMIER DIMENTICA CHE IL PROTOCOLLO VIETA DI TOCCARE I RE E NAPOLITANO LO RIPRENDE… FORSE VOLEVA SPIEGARE ANCHE AL RE DI SPAGNA CHE IN ITALIA ESISTE UNA DITTATURA DEI MAGISTRATI?
L’inno di Mameli e poi le Frecce Tricolori hanno dato il via alla Festa con il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano che si è raccolto in un minuto di silenzio davanti al saccello che contiene la salma del Milite Ignoto.
Moltissime le persone arrivate da tutta Italia per assistere alla Parata su via dei Fori Imperiali, alcuni sono arrivati fin dall’alba per assicurarsi la prima fila dietro le transenne e godersi il passaggio delle truppe armate.
Qualche fischio ha accolto invece il premier Silvio Berlusconi anche lui all’altare della Patria con tutte le più alte cariche dello Stato.
Dopo l’omaggio al Milite ignoto, il presidente Napolitano è andato su via dei Fori Imperiali sempre a bordo della Flaminia scoperta indossando un cappellino bianco.
Una volta salito sul palco, ricevuto il saluto delle forze armate, Napolitano ha salutato le numerose delegazioni presenti.
Al centro del palco siedono, a fianco di Napolitano, Schifani alla sua destra e Fini alla sua sinistra. A fianco di Schifani, c’è poi il premier Berlusconi.
Alle 11 è partita la parata: i granatieri di Sardegna con le storiche uniformi del 1786 hanno aperto la sfilata seguiti dalle 5 bandiere storiche.
Il presidente della Repubblica per il 2 giugno ha inviato un messaggio al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Biagio Abrate: «Oggi ricorre il sessantacinquesimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana. Stamane, sul sacello del Milite Ignoto, ho rivolto il mio commosso pensiero a tutti i militari caduti per la difesa della Patria, al servizio e per la salvaguardia delle sue libere istituzioni. Ai militari italiani di ogni grado, specialità e categoria vanno il plauso incondizionato dei cittadini, la riconoscenza delle popolazioni presso le quali ogni giorno essi prestano la propria opera di protezione e di assistenza. Ad essi va egualmente il rispetto dei Paesi alleati che di tale opera hanno imparato ad apprezzare sul campo il valore e l’efficacia. Viva le Forze Armate italiane, Viva l’Italia».
Il passaggio dei bersaglieri è stato forse tra i più applauditi della sfilata lungo i Fori che quest’anno ha una particolare attenzione per le uniformi e i mezzi d’epoca.
Un passaggio questo scandito da sorrisi e battiti di mano soprattutto tra i rappresentanti delle delegazioni straniere.
Tra i più incuriositi il vicepresidente Usa Biden che ha manifestato un grande entusiasmo applaudendo a più riprese. Biden, seduto tra il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa e il presidente afghano Hamid Karzai, si è immerso nello spettacolo della parata consultando frequentemente il programma.
Più di 80 delegazioni e 42 capi di Stato stranieri festeggiano i 150 anni dell’unità d’Italia a
La tradizionale parata militare del 2 giugno ha un eccezionale parterre di ospiti internazionali, a cominciare dal vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e dal presidente russo, Dmitry Medvedev, con i quali Silvio Berlusconi avrà un incontro trilaterale a Villa Doria Pamphili. Previsti colloqui anche con il segretario generale dell’Onu, Ban ki-Moon, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e il presidente afghano, Hamid Karzai.
Dopo la parata, il programma dei festeggiamenti proseguirà nel pomeriggio con un concerto al Quirinale cui farà seguito un pranzo ufficiale offerto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in onore dei capi delle delegazioni e delle loro consorti.
Tra gli europei, parteciperanno alle celebrazioni il presidente tedesco, Christian Wulff, quello austriaco, Heinz Fischer, ma anche il capo di Stato serbo, Boris Tadic e la presidente kosovara, la neo-eletta Atifete Jahjaga, oltre al re di Spagna, Juan Carlos.
Tra gli ospiti spiccano anche il leader dell’Anp, Abu Mazen, e il presidente israeliano, Shimon Peres. Già arrivata a Roma anche la presidente argentina, Cristina Fernandez de Kirchner. Oltre all’Onu con Ban Ki-moon, molte altre organizzazioni internazionali sono rappresentate al massimo livello come la Fao con Jacques Diouf, la Lega Araba con Amr Moussa e l’Unione Africana con Jean Ping. Il re di Spagna Juan Carlos in tribuna (Reuters)
Il re di Spagna Juan Carlos in tribuna (Reuters)
Piccolo strappo al protocollo per il premier Berlusconi che ha toccato il re di Spagna Juan Carlos.
Lungo via dei Fori Imperiali stava per sfilare la banda dell’Arma dei carabinieri, quando il premier ha lasciato il suo posto accanto al presidente del Senato Renato Schifani, si è alzato e si è avvicinato alla testa coronata iberica toccandogli il braccio per dirgli qualcosa. Il re ha sfoderato un sorriso di circostanza e il Cavaliere è tornato al suo posto.
Poco dopo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è sporto verso Berlusconi dicendogli qualcosa e muovendo il braccio come a mimare il movimento di toccare.
A quel punto il premier si è alzato nuovamente avvicinandosi ancora una volta al re Juan Carlos, dicendogli qualcosa, ma senza toccarlo.
Come è noto re e regine (come anche l’imperatore del Giappone) non si possono toccare, nè si può stringere loro la mano a meno che non siano essi stessi a fare la prima mossa.
La sfilata è stata aperta da 5 Tricolori che rappresentano l’evoluzione del vessillo attraverso un cammino di 214 anni «nonchè dal Tricolore di Oliosi, simbolo per eccellenza dell’Unità d’Italia e del sentimento patriottico».
La parata si è articolata in tre settori.
Il primo, di carattere storico-rievocativo, ha raccontato le origini dello Stato unitario, le Guerre d’Indipendenza, la Grande Guerra, la II Guerra Mondiale e la Liberazione, attraverso le tradizioni, le gesta e le uniformi d’epoca di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e di tutti gli altri Corpi armati e non dello Stato.
Il secondo settore era dedicato alle missioni internazionali cui le Forze armate italiane partecipano in tante regioni del mondo, dall’Africa all’Europa, dal Medio Oriente all’Asia, all’America. Presenti anche reparti in rappresentanza di Nazioni che hanno operato e operano a fianco dei nostri militari all’estero, quali la Francia, la Germania, il Regno Unito, la Slovenia, gli Stati Uniti, l’Ungheria, nonchè 35 ‘Gruppi bandiera’ di Paesi amici ed alleati.
Il terzo settore ha visto protagoniste «eccellenze e specificità italiane», con reparti d’elite, altamente specializzati e mezzi d’avanguardia dell’industria nazionale, «per evidenziare un binomio di professionalità e tecnologia – affermano allo Stato maggiore della Difesa – cui contribuisce l’intero Sistema Paese».
La manifestazione si è conclusa con la sfilata dei reparti a cavallo ed il consueto passaggio della Pattuglia Acrobatica Nazionale, le Frecce Tricolori, che hanno salutato dal cielo il pubblico e la città di Roma con la sua scia tricolore.
Conclusa la parata militare, la festa per il 2 Giugno si sposta in piazza Venezia.
Migliaia i cittadini che affollano la storica piazza romana con bandiere tricolori.
Tanti bambini e le famiglie, mentre all’Altare della Patria suona la Fanfara dei Bersaglieri, e successivamente è previsto un concerto della banda militare interforze.
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Gennaio 25th, 2011 Riccardo Fucile
SPECIALIZZATA IN LEGGI CONTRO L’ADESCAMENTO DEI MINORI E CONTRO LA PROSTITUZIONE, E’ COLEI CHE PARLA CON EMILIO FEDE DI BUNGA BUNGA AD ARCORE… FREQUENTATRICE DI VILLA CERTOSA, NEL MANIERO DI TOR CRESCENZA ORGANIZZA FESTE E PREPARA LA TORTA CON SCRITTO “MENO MALE CHE SILVIO C’E'”
Fu Elvira Savino, l’onorevole “Tacco 12”, a vincere il prestigioso concorso di
Miss Montecitorio ideato da Il Giornale.
Il berlusconismo era all’apogeo e la sua deputazione femminile sembrava uscita da un concorso di bellezza; “tanta avvenenza farà aumentare la produttività ”, profetizzò impettito Umberto Scapagnini, il medico del presidente.
All’epoca, 15 maggio 2008, nessuno avrebbe scommesso un centesimo su Maria Rosaria Rossi, oggi una delle consigliere più ascoltate dal premier, intercettata mentre filosofeggia sul Bunga Bunga con Emilio Fede.
Invece sarebbe bastato scorrere qualche sito campano (la signora Rossi è nata 38 anni fa a Piedimonte Catese, nel Casertano) per apprendere che Berlusconi era rimasto affascinato “dalla sua grinta” durante un comizio a Cinecittà , e questa energia l’aveva letteralmente scaraventata da oscuro consigliere circoscrizionale del Decimo Municipio di Roma — grandi casermoni ai margini della grande città — a deputato della Repubblica: stipendio netto 14,500 euro.
“Un’impressionante escalation” anche per La Discussione, il quotidiano di Gianfranco Rotondi.
Maria Rosaria Rossi fu ospite fissa di “Forza gnocca”, la rubrica di Dagospia, per via dei ciondoli con il simbolo del partito che le dondolavano nel dècolletè e gli stretti tailleur bianchi con righe stampate anni Settanta.
S’infuriò giustamente con Fabrizio Dell’Orefice de Il Tempo: “Sono una parlamentare e non posso accettare che sui giornali i soliti requisiti che mi vengono riconosciuti siano quelli di essere giovane, donna e bionda!” Aggiunse che vantava il 90 per cento di presenze in aula, e il 98 per cento nelle commissioni, e quindi attaccò la sinistra, “sono loro che hanno eletto mogli, amanti, segretarie, amiche e amichette”; infine annunciò la presentazione di un esplosivo dossier.
Nella dura battaglia parlamentare intraprese due campagne: contro la prostituzione e a contrasto della violenza sessuale.
Firmò una proposta di legge che inaspriva le pene per l’adescamento di minori, innalzando la fascia di età dei soggetti da tutelare da 14 a 16 anni. Soprattutto propose i manifesti wanted per gli stupratori latitanti.
Come in America.
“Dobbiamo coinvolgere sempre più i cittadini per svegliare le coscienze”, disse all’Ansa il 17 marzo 2009. “Se una donna prende l’autobus ha diritto di sapere che magari accanto lei c’è un pericoloso criminale ricercato”.
Ordine, buoncostume. Non venne capita.
La proposta cassata: “inammissibile”.
La scorsa estate comparve sempre più spesso accanto al Capo.
A Villa Certosa.
A Milano, a cantare con Licia Ronzulli.
A Tor Crescenza, un maniero del Quattrocento — dove Berlusconi si rifugiava per ritemprarsi dalla rottura con Fini, cenando frugalmente a mozzarella, crackers e un bicchiere d’acqua fresca — organizzò feste meravigliose. “Eravamo nella sala del governo e il premier aveva la faccia scura. Così ho radunato un gruppone di venti deputate e siamo andate a tirarlo su di morale, gli ho fatto due torte stupende con scritto “meno male che Silvio c’è”. E’ un posto bellissimo, per ragionare di politica è meglio di palazzo Grazioli”, raccontò a Monica Guerzoni del Corriere della Sera.
Era diventata la signorina Rottenmaier del berlusconismo, ad Arcore si occupava anche dei menù; “allora avverto la cucina”, dice a Fede.
Alla vigilia del voto di sfiducia del 14 dicembre, la consacrazione: in piena compravendita avrebbe svolto “un ruolo delicato” nel convincere l’idv Domenico Scilipoti a passare con la maggioranza, come rivelò Carmelo Lopapa su Repubblica.
Le battaglie per la moralità pubblica ormai lontane, le piaceva conversare in special modo con il direttore del Tg4.
Maria Rosaria: vieni solo?
Emilio: Massì, guarda erano troppo vistose, non è aria.
Maria Rosaria: no per niente, guarda, per niente, difficile pure tirarlo su insomma (…)
Maria Rosaria: va beh, allora mi devo vestire da femmina pure stasera?
Fede: stai bene anche com’eri ieri sera
Maria Rosaria: grazie come sei gentile…vabbè mi vado a vestì da femmina allora…
(da “Ritagli“)
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Gennaio 18th, 2011 Riccardo Fucile
“NOEMI E’ LA SUA PUPILLA, IO SONO SOLO IL CULO”…”BERLUSCONI HA DETTO AL SUO AVVOCATO DI PAGARMI QUELLO CHE HO CHIESTO, L’IMPORTANTE E’ CHE TENGA LA BOCCA CHIUSA”….UNA TESTIMONE: “SIAMO FINITE IN MEZZO A UN’ORGIA CON MANI IN MEZZO ALLE GAMBE”….”SI E’ IMBRUTTITO, STA PIU’ DI LA’ CHE DI QUA: BASTA CHE SGANCI…”
A soli 17 anni Ruby ha capito tutto della vita in Italia ai tempi del Berlusca. 
Il 26 ottobre del 1010, il giorno in cui Il Fatto Quotidiano pubblica per primo la notizia dell’inchiesta milanese sui suoi rapporti con il presidente del Consiglio, lei telefona al padre e a tre amiche.
Al povero commerciante ambulante marocchino che non la vede da mesi, dice: “Berlusconi ha detto al suo avvocato: ‘Dille di pagarmi tutto quello che vuole. L’importante è che lei chiuda la bocca, che neghi tutto… che io non mai visto una ragazza di 17 anni”.
Concetto ribadito all’amica Grazia: “Il mio caso è quello che spaventa più di tutti. Il mio avvocato se n’è appena andato. Ero con lui… con Lele. Loro mi stanno comunque vicini. Io ho parlato con Silvio e gli ho detto che ne voglio uscire almeno con qualcosa. Cioè mi dà 5 milioni (di euro, ndr) a confronto con il macchiamento del mio nome”.
Lo stesso giorno Ruby chiama l’ex fidanzato Sergio Corsaro: “Non siamo preoccupati per niente perchè Silvio mi chiama di continuo. Mi ha detto di passare per pazza. Tu racconta cazzate… ti sarò vicino… con il mio avvocato gli abbiamo chiesto 5 milioni di euro in cambio del fatto che passo per pazza. E lui (Berlusconi, ndr) ha accettato”…
Il ricatto… È questa la nota più inquietante dello spartito che si delinea chiaramente nelle carte inviate dalla Procura di Milano alla Camera dei deputati.
Nelle 300 pagine di accuse al premier si delinea il ritratto di un presidente del Consiglio a rischio.
Non tanto per le accuse di prostituzione minorile e concussione, ma perchè è un uomo ormai in balia di ragazzine che lo ricattano spudoratamente per i suoi vizi inconfessabili.
Alcune gli chiedono soldi minacciando di raccontare quello che accade nei suoi party sfrenati, altre incassano migliaia di euro per mantenere nei loro cassetti le fotografie più imbarazzanti.
Il basso impero è garantito da una corte di lenoni e protettori che da un lato partecipa alle feste, definite nelle intercettazioni “puttanaio” o “orge” e dall’altro, acquisendo un potere maggiore di quello delle escort ricattatrici, presidia con tutti i mezzi la cappa del segreto. I
n questo quadro sono centrali le figure degli indagati Lele Mora; Nicole Minetti, consigliere regionale dallo spogliarello facile ed Emilio Fede, direttore del Tg della real casa che si vanta di pagare il silenzio delle prostitute più pericolose.
Su tutte però, la protagonista è lei, la marocchina minorenne nel periodo delle intercettazioni: Ruby.
A un amico, Antonio Passaro, risponde con una sineddoche che resterà nella storia della Seconda Repubblica.
Così Ruby declina la figura retorica che indica la parte per il tutto: Passaro: “Come lo chiami…?”. Ruby: “Papi. Ma Noemi è la pupilla (degli occhi di Berlusconi, ndr), io sono il culo”.
All’amica Poliana dice: “Il mio avvocato mi ha detto: ‘Ruby dobbiamo trovare una soluzione. È un caso che supera quello della D’Addario e quello della Letizia”.
La svolta nelle indagini è l’intercettazione di una telefonata tra Nicole MInetti e una vecchia amica degli anni del liceo, la riminese Melania Tumini.
Il 19 settembre del 2010, prima di una festa a casa di Silvio Berlusconi ad Arcore, alla quale la ragazza era stata invitata, la Minetti le dice: “Ti volevo un attimo briffare (termine anglo-manageriale derivante da briefing, cioè incontro prima di un impegno per spiegare quello che sarebbe accaduto nello stesso, ndr) sulla cosa.
Ci sono varie tipologie di… persone”, spiega il consigliere regionale all’amica, “c’è la zoccola, c’è la sudamericana che non parla l’italiano e viene dalle favelas, c’è quella un po’ più seria, c’è quella via di mezzo tipo Barbara Faggioli, e poi ci sono io che faccio quel che faccio”.
Il telefonino di Melania viene subito messo sotto intercettazione e non delude le attese. All’uscita Melania racconta tutto: “Per me è stato tristissimo che tu ti abbassi a toccare il culo a chi sai chi sia, che non sai come ti chiami. Siamo finite in mezzo a un’orgia… mani in mezzo alle gambe. E c’era il suo amico bassino e abbronzato”…
Poi Melania chiama un’amica, una giovane ragazza che non ha nulla a che fare con questo giro.
Quando Melania e l’amica vengono chiamate per testimoniare confermano il contenuto esplosivo delle intercettazioni e aprono uno squarcio sul muro di omertà che circonda Arcore.
Ecco una sintesi del verbale reso da Melania Tummini il 16 ottobre del 2010: “La Minetti mi disse”, spiega questa ragazza studiosa che ha conseguito due lauree, “che lei aveva parlato di me con Silvio Berlusconi. Ci siamo dirette ad Arcore con l’auto di Nicole che aveva appuntamento con altre ragazze. Erano una ventina e ricordo che tre non erano italiane. All’arrivo alla villa, i carabinieri comunicavano all’interno con il radiomobile. Berlusconi appena mi vide mi disse: ‘Le è la signorina due lauree’.
Dopo un brindisi ci fu la cena. Berlusconi cominciò a cantare. Io avevo la sensazione che le altre ragazze avessero già frequentato Berlusconi per la confidenza che avevano con lui.
Durante la serata inviai sms al mio fidanzato e rimasi in contatto.
A mezzanotte e mezza le ragazze scattarono dicendo: ‘adesso bunga-bunga’. Scendemmo al piano di sotto e c’era il palo per la lap dance e i bagni.
La serata a quel punto cambia clima. Le ragazze indossano abiti succinti e assumevano atteggiamenti equivoci.
Senza rapporti sessuali (così dice la ragazza forse intendendo rapporti completi Ndr) c’erano ammicammenti provocanti e balletti. Io non mi sono cambiata e sono stata molto tempo in bagno.
Al centro della sala si sono alternate a ballare molte ragazze in balletti provocanti e tra queste c’era Nicole Minetti.
Verso l’una e trenta abbiamo seguito Berlusconi al piano di sopra.
Alcune ragazze si sono intrattenute con Berlusconi”. Poi la ragazza dice: “confermo il racconto fatto al telefono a B.V.”.
A questo punto gli investigatori sentono B.V. e lei, che non ha partecipato ma ha ricevuto le confidenze sincere dell’amica rende ancora più vivido il racconto: “Melania mi raccontò che dopo cena si erano spostati nella discoteca Bunga-Bunga e la Minetti si travestì da uomo. La serata si suddivide in tre serate: cena bunga-bunga e poi quacuna restava adormire. Già durante la cena alcune ragazze si erano parzialmente denudate. Mi disse che le ragazze si erano ulteriormente spogliate e poi si avvicinavano a turno, anche in gruppi di due o tre insieme e ballavano e si facevano toccare da Berlusconi.
La Minetti faceva lo spogliarello…
Alcune ragazze mezze nude ballavano vicine vicine, ricordando atteggiamenti lesbici.
Poi ritornavano sopra dove Berlusconi avrebbe scelto chi sarebbe rimasta a dormire per la notte. Questo è un momento molto ambito dalle ragazze”. Un’altra partecipante alle feste di Arcore è il deputato del Pdl Maria Rosaria Rossi. Al telefono parla con il direttore del Tg 4 prima di una serata: «Ma tu stai venendo qui…?», chiede Maria Rosaria Rossi a Emilio Fede.
Il direttore del tg4 risponde che sarà nel luogo dell’appuntamento non prima delle 21-21.15. Poi Fede aggiunge: «Ho anche due amiche mie, minchia ragazzi ma sai che quando ho visto queste due sono impallidito…?».
Rossi: «Che palle che sei: quindi bunga-bunga, 2 di mattina, ti saluto…». Fede «No tesoro, se vuoi posso non portarle.. Ma chi c’è…?».
Rossi: «Ma stai scherzando…?
C’è una delle gemelle, Manuela e un’altra. Dai, dimmi solo quanti siete: tu più due ragazze, dunque tre»…
Un’altra intercettazione imbarazzante per Emilio Fede è quella dell’ex prefetto Carlo Ferrigno che svela a un amico altri dettagli.
Il prefetto, il giorno dopo l’uscita delle prime notizie su Ruby, conferma tutto quello che si dice sui giornali dei festini ad Arcore.
Lui sostiene di essere stato informato in tempo reale per telefono da una partecipante, tale Maria, danzatrice del ventre…
Secondo la donna, le ragazze “stavano tutte discinte” e “si mettevano in braccio a lui.
A casa di Berlusconi c’era pure la Minetti con il seno di fuori che baciava continuamente Berlusconi.
Maria me lo ha detto: proprio un puttanaio “.
Fra le ospiti che, dai racconti, si sarebbero fermate ad Arcore per “fare sesso” con Berlusconi ci sono anche le gemelle Imma ed Eleonora De Vivo. Barbara Faggioli poi si lamenta con Emilio Fede: “Non mi ha invitato. Ormai preferisce invitare le cubane e le venezuelane”.
Imma dice alla sorella Eleonora De Vivo su Berlusconi: “L’ho visto un po’ out. Ingrassato. Imbruttito. L’anno scorso stava più in forma. Adesso sta più di là che di qua. E’ diventato pure brutto: deve solo sganciare. Speriamo che sia più generoso. Io non gli regalo un cazzo”.
Ruby racconta a un amico: “che era andata due volte alla presidenza del Consiglio. Mi confidò anche del fatto che il presidente del Consiglio aveva saputo da lei che era minorenne. Non le faceva domande, era lei che spontaneamente mi riferiva particolari sul presidente del Consiglio”.
Mentre il teste Claudio Z. dice: “Emilio Fede quando presentò Ruby la definì una ragazza egiziana di 13 anni. E non mancano note di colore. Per esempio c’è una madre che litiga con la figlia e le chiede se si è fatta pagare…
Marco Lillo, Carlo Tecce Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 28th, 2010 Riccardo Fucile
LA PRIMA STORIA NASCE A MILANO, NELLA ZONA DI PORTA VENEZIA: GIRA VOCE DI UN ATTENTATO AL DIRETTORE DI “LIBERO” DI CUI ATTRIBUIRE POI LA RESPONSABILITA’ AI CENTRO SOCIALI…LA SECONDA VICENDA NASCE A BANGKOK DOVE UNA PERSONA UGUALE IN TUTTO E PER TUTTO A BELPIETRO SI SAREBBE ACCOMPAGNATO PER MILLE EURO AD UN RAGAZZINO, NIPOTE DI UN VECCHIO ABBONATO DI “LIBERO”
Girano strane voci a proposito di Belpietro.
Non so se abbiano fondamento, se si tratti di invenzioni oppure, peggio, di trappole per trarci in inganno.
Se mi limito a riferirle è perchè alcune persone di cui ho accertato identità e professione si sono rivolte a me assicurandomi la veridicità di quanto raccontato e, in alcuni casi, dicendosi addirittura pronte a testimoniare di fronte alle autorità competenti.
Toccherà quindi ad altri accertare i fatti.
La prima storia è ambientata a Milano, anzi, per la precisione nella zona di porta Venezia. Qui qualcuno avrebbe progettato un brutto scherzo contro il direttore di Libero.
Non so se sia giusto parlare di attentato, sta di fatto che c’è chi vorrebbe colpirlo e per questo si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200 mila euro.
Secondo la persona che mi ha fatto la soffiata, nel prezzo sarebbe compreso il silenzio sui mandanti, ma anche l’impegno di attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini ai centri sociali, così da far ricadere la colpa sulla sinistra.
Per quel che ne ho capito, l’operazione punterebbe al ferimento di Belpietro e dovrebbe scattare in primavera, in prossimità delle elezioni, così da condizionarne l’esito. Vero, falso? Non lo so.
Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto. Anzi, apparentemente sembrava un tizio con tutti i venerdì a posto: buona famiglia, discreta situazione economica, sufficiente proprietà di linguaggio.
In cambio dell’informazione non mi ha chiesto nulla, se non di liberarsi la coscienza e poi tornare da dov’era venuto.
Perchè si è rivolto a me e non è andato dai carabinieri?
Gliel’ho chiesto e mi ha risposto che era in imbarazzo a giustificare come fosse venuto in possesso della notizia e temeva che la spiegazione potesse arrivare alle orecchie dei suoi familiari.
Per cui ha voluto vuotare il sacco con me facendosi assicurare che non avrei svelato il suo nome, ma mi sarei limitato a riferire le sue parole.
È quel che faccio, pronto ad aggiungere qualche altro particolare, se qualcuno me lo chiederà .
La seconda storia invece è ambientata a Bangkok.
Qui lo scorso anno, un tizio uguale in tutto e per tutto a Maurizio Belpietro si sarebbe presentato a un ragazzino che esercita il mestiere più vecchio del mondo.
Il suo nome, il numero di telefono al quale contattarlo e le sue fotografie compaiono su un sito in cui decine di gigolò di tutto il Sudest asiatico offrono i loro servigi.
Il ragazzo, che giura di essere nipote di un vecchio abbonato a Libero, in cambio delle prestazioni avrebbe ricevuto mille euro in contanti.
Tutto ciò lo ha raccontato a me condendo la storia con una serie di altri particolari piccanti e acconsentendo alla videoregistrazione della sua testimonianza. Mitomane? Ricattatore? Altro? Boh!
Perchè mi sono deciso a scrivere delle due vicende?
Perchè se sono vere c’è di che preoccuparsi: non solo qualcuno minaccerebbe l’incolumità del direttore di Libero al fine di alimentare un clima di tensione nel Paese, ma il noto giornalista dopo aver fatto tanto il macho sarebbe inciampato in una vicenda a sfondo erotico peggiore di quelle rimproverate a Marrazzo.
Che un femminiello giri le redazioni distribuendo aneddoti a luci rosse sull’ex caporedattore bresciano di Capital non è bello.
Se invece è tutto falso, attentato e gigolò, c’è da domandarsi perchè le due storie spuntino pochi giorni dopo il nuovo assetto proprietario della testata di Belpietro.
C’è qualcuno che ha interesse a intorbidire le acque, diffamando il direttore di Libero?
Oppure si tratta di polpette avvelenate che hanno come obiettivo quello di intaccare la credibilità di Facebook? La risposta non ce l’ho.
Quel che sapevo ve l’ho raccontato e, se richiesto, lo riferirò al magistrato, poi chi avrà titolo giudicherà .
Alessandro Gilioli
(da “L’Espresso“)
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Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
“COLLABORAZIONE SULLE LEGGI PER TUTTI, NON SU QUELLE AD PERSONAM”…”NON ESISTONO FALCHI DA NOI, PIUTTOSTO C’ERA CHI VOLEVA RESTARE A TUTTI I COSTI NELL’ALLEANZA GUIDATA DAL PREMIER”
“Se Berlusconi pensa di poter risolvere i problemi del Paese passando da un vantaggio di
tre a uno di sei o dieci deputati, auguri, prosegua pure con la campagna acquisti. Lui, i ministri e i sottosegretari dovranno trascorrere le loro giornate in Parlamento per garantire la maggioranza. Noi siamo tranquillissimi. Se avrà a cuore gli interessi invece gli interessi dell’Italia, allora accetterà di confrontarsi e dialogare con noi”.
Italo Bocchino esce dalla riunione all’hotel Minerva che segna il battesimo del “Polo della Nazione” o come si chiamerà da qui a gennaio.
Lui, Fini e tutto Fli portano ancora addosso le ferite della battaglia del giorno prima a Montecitorio.
Convinti tuttavia di segnare il primo punto della rivincita con la nuova operazione politica unitaria.
Torniamo indietro di qualche ora. Il suo intervento contro il premier in aula è stato durissimo. Moffa e altri transfughi lo additano come causa del loro esodo. Ritiene di aver sbagliato nei toni o nei contenuti?
Nulla da rimproverarmi. Il mio intervento prendeva spunto dalla comunicazione che avevamo ricevuto dalla Siliquini, già seduta ai banchi del Pdl, e dalla Polidori. Moffa nel momento in cui chiede le mie dimissioni sa di aver posto una condizione inaccettabile. Non tanto per me, quanto per Fini. Era un evidente pretesto. Lui come le altre aveva già fatto le sue scelte.
Accusano lei e gli altri “falchi” di aver snaturato il progetto iniziale di Fli
Non esistono falchi in Fli. È esistita invece una minoranza che desiderava restare a tutti i costi nella coalizione guidata da Berlusconi. Alla fine, cento parlamentari hanno intrapreso una strada ambiziosa e importante, che apre una nuova stagione. In tre ci hanno lasciato. Spiace solo che siano stati determinanti per tenere in vita il governo.
E voi, adesso? Sarete forza d’opposizione o pronta al dialogo?
Siamo all’opposizione perchè abbiamo votato la sfiducia. Ma saremo costruttivi, nè pregiudizialmente a favore nè contro.
Può spiegare meglio?
Diremo a Berlusconi: guidi un governo di minoranza? Bene, vai avanti, se porterai in aula provvedimenti di interesse generale, noi li integreremo coi nostri emendamenti e li voteremo. Diversamente, farà i conti con la nostra opposizione e tutto il governo dovrà accorrere in aula, magari riporteranno perfino il presidente della Consob Vegas. Sul decreto rifiuti o sulla sicurezza daremo il nostro contributo, per esempio.
E sulla riforma della giustizia? Su eventuali leggi ad personam?
È evidente che non sosterremo leggi che non rientrano tra le vere emergenze del Paese, che sono quelle economico sociali. Sulla giustizia, tutto dipenderà da cosa conterrà .
Berlusconi è convinto di allargare la maggioranza. Temete la nuova campagna acquisti?
Siamo sereni. Chi doveva lasciare lo ha fatto, chi ha votato la sfiducia non lo farà . Ora siamo davvero uniti. Se anche il premier conquistasse altri cinque o sei o dieci, sarebbe costretto sempre a galleggiare. O a ricorrere alle urne. Ha un’unica alternativa: darci ascolto e dialogare. Eviterà pure le elezioni.
Forse punta proprio a quelle.
Non so fino a che punto gli convengano. Noi in ogni caso siamo pronti”.
Intanto Bondi scrive al Colle e rimette in discussione il ruolo di garanzia del presidente della Camera. Fini pensa alle dimissioni, invocate da tutto il Pdl?
La sua terzietà nella conduzione dei lavori è indubbia. E questo esclude qualsiasi passo indietro. So io quante volte ha bocciato nostre proposte in nome della sua terzietà . Tutti i leader che rappresentano le istituzioni esercitano un ruolo politico. La discriminante è la gestione dei lavori. Ecco perchè non si dimetterà .
Voterete invece la sfiducia al ministro Bondi a gennaio?
Il coordinamento del nuovo polo deciderà a suo tempo.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)
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Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
FAR RIDERE TUTTO IL PARLAMENTO E FARSI SMENTIRE PURE DAL PROPRIO MINISTRO DEI TRASPORTI NON E’ STATA UNA GRANDE USCITA…SOPRATTUTTO SE, IN COMMISSIONE, IL GOVERNO AVEVA APPENA TAGLIATO I FONDI PER IL COMPLETAMENTO DELL’AUTOSTRADA CHE GLI ITALIANI ATTENDONO DA 14 ANNI…11 ANNI PER COSTRUIRLA , FORSE 20 PER AMMODERNARLA
Ieri mattina erano in tanti alla Camera a ridere a crepapelle, quando il premier, tra gli impegni di governo, ha indicato che “la Salerno-Reggio Calabria sarà completata nel 2013”.
In molti sapevano, tranne chi ha incautamente scritto il testo del suo intervento, che, in Commissione, il governo aveva appena tagliato i fondi del progetto di ben 145 milioni di euro.
Il rischio di vivere di spot, di annunci e di promesse è di “finire sommersi da una risata”.
La Salerno-Reggio Calabria è l’emblema del cialtronismo della nostra classe politica, senza distinguo tra destra e sinistra.
Risale al 1996 l’apertura dei primi cantieri di ristrutturazione dell’A3: sono 90 i chilometri (su 443) in cui si viaggia su una sola corsia.
Già nel 1998 l’allora sottosegretario diessino Borgese prometteva la fine dei lavori nel 2003.
Nel 2001 arriva Lunardi e garantisce che termineranno nel 2005.
Poi nel 2005 lo stesso Lunardi sposta la data al 2008, dicendo che “il precedente ministro si era sbagliato”.
Si era dimenticato che era sempre lui.
Poi Berlusconi nel 2006 giurò che i lavori sarebbero terminati nel 2009.
A febbraio del 2009 ecco Matteoli che garantisce che tutto sarà completato entro il 2012.
Fino all’umorismo involontario del premier di ieri, con precisazione seccata nel pomeriggio di Matteoli: “il 90% del tratto sarà pronti nel 2014”.
Danno tutti i numeri ormai.
Vediamo cosa dice l’Anas ufficialmente: “I lavori su 209 km sono ultimati e fruibili e rappresentano circa il 40% del tracciato. I lavori in esecuzione (151 km) o in fase di gara (14 km) interessano circa 165 km e si prevede la fruibilità al 31 dicembre 2014. Restano 69 km in fase di mera progettazione : per questi servono 2,6 miliardi di euro, di cui solo 537 deliberati”.
Mancano quindi ancora 2,1 miliardi di euro, anche se Matteoli dichiarò un anno fa che tutto era stato finanziato.
Il costo complessivo arriverebbe così a 9,7 miliardi, 0,7 in più di quanto dichiarato, pari a ben 22 milioni a chilometro, 4 volte di più, a parità di valore di denaro, di quando l’autostrada venne costruita.
Per realizzarla ci misero 11 anni, per ammodernarla se va bene arriveremo a 18-20 anni.
Non sappiamo se sia meglio ridere o piangere.
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Luglio 16th, 2010 Riccardo Fucile
PER DUE LISTE DI APPOGGIO SARANNO CONSIDERATI VALIDI SOLO I VOTI DELLE SCHEDE IN CUI L’ELETTORE ABBIA ESPRESSO ANCHE LA PREFERENZA PER COTA CHE AVEVA VINTO PER 9.372 VOTI SULLA BRESSO…ACCOLTO MA RINVIATO IL CASO PIU’ SCABROSO, QUELLO DELLA LISTA “PENSIONATI PER COTA” CHE CONTIENE FIRME FALSE: SARA’ IL VERO AGO DELLA BILANCIA E LA SPADA DI DAMOCLE SULLA GIUNTA COTA PER QUALCHE ALTRO MESE
All’una e quindici della scorsa notte il Piemonte torna ad essere una regione in bilico.
Dopo sei ore di camera di consiglio, i giudici del Tar decidono per il riconteggio dei voti di due liste, consegnando una vittoria parziale ai ricorsi presentati dal centrosinistra.
L’Ufficio elettorale dovrà spulciare tra i 12.154 voti assegnati all’ex consigliere dell’Udc Deodato Scanderebech per vedere se l’elettore ha espresso anche la propria preferenza per il candidato presidente Roberto Cota.
E lo stesso verrà fatto con i 2.826 voti assegnati alla lista Forza Consumatori. Alla fine di una giornata estenuante tutti possono comunque cantare vittoria, anche il centrodestra.
Perchè la fetta più grande del primo ricorso, quella che riguardava le irregolarità nella presentazione della lista «Verdi Vvff» è stata tolta dalla tavola.
Ricorso bocciato, e 32.000 voti che non rischiano l’annullamento.
Tutto rimandato invece per il caso più scabroso, quello della Lista Pensionati di Michele Giovine. Anche questo ricorso è stato dichiarato ammissibile.
Manca però la querela per falso, ci sono 60 giorni di tempo per presentarla, poi si vedrà .
Il primo ricorso accolto è quello relativo alla lista personale di Deodato Scanderebech, macchina da voti ex Udc che girava intorno a una semplice questione.
Poteva o non poteva il consigliere, che pure il 16 febbraio era già stato espulso dal partito che lo aveva eletto in Consiglio regionale, l’Udc (in Piemonte schierato con il centrosinistra), rilasciare a se stesso, 9 giorni più tardi, una «dichiarazione di collegamento» con la quale si autorizzava a non raccogliere le firme di presentazione tra i cittadini per una lista con nome e orientamento politico diversi?
Per gli avvocati del centrodestra era tutto lecito, perchè la pur discussa leggina regionale che lo prevede è stata concepita anche per tutelare le minoranze all’interno dei partiti.
Di opposto parere i legali del centrosinistra: averlo fatto significa invece tradire sia la volontà dei suoi precedenti elettori sia lo spirito della legge.
I giudici hanno dato ragione ai ricorrenti.
Sullo stesso motivo è caduta la lista Forza Consumatori: i giudici hanno ritenuto illegittimo il suo cambio in corsa di ragione sociale.
Quello di Giovine è invece un caso scabroso per il centrodestra, forse il vero ago della bilancia. Continua »
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Luglio 5th, 2010 Riccardo Fucile
DALLE PENSIONI ALLA PEDOFILIA, DAL CONDONO AL TFR, DAGLI SCATTI ALLA PREVIDENZA, DA BRANCHER ALLE TREDICESIME: IL GOVERNO SEMPRE COSTRETTO A RIMANGIARSI L’ANNUNCIO… “GHE PENSI MI”: A FAR BRUTTE FIGURE?
L’ultimo esempio è stata quella norma che avrebbe dovuto tagliare una parte delle
tredicesime dei lavoratori del comparto sicurezza, dalle forze dell’ordine alle forze armate: inserita dal governo nella finanziaria, con relativo emendamento del relatore Azzolini, ha suscitato una tale insurrezione bipartisan e una tale giustificata furibonda reazione dei sindacati di polizia, che Berlusconi è dovuto correre in Tv ad annunciare la retromarcia sul provvedimento.
Per la prima volta i nodi del settore sicurezza sono venuti al pettine, con un attacco durissimo delle forze dell’ordine a Maroni accusato di “disinteresse e lontananza”.
Patetico il tentativo successivo della Lega di rivendicare il merito dell’annullamento dei tagli alla tredicesima, dopo essere stati proprio loro i padrini con Tremonti della iniqua proposta: è finito il bluff del “partito di lotta e di governo”.
Ma ormai il governo “dei refusi” ci ha abituati a questa strategia: si fa andare avanti un singolo parlamentare con un emendamento che prevede un taglio: se nessuno se ne accorge, il colpo è fatto.
Se se scatena la protesta, è stata solo l’iniziativa di un povero cristo, il governo dice di non saperne nulla e prende le distanze.
Giochetti noti da Prima Repubblica.
Affidati in questo caso al senatore Azzollini, da Molfetta, Pdl, presidente della Commissione Bilancio.
Politico coerente soprattutto: trascorsi nel Pdup ( estrema sinistra), poi nei Verdi, quindi nel Ppi, espulso dal Pci-Pds nel 1992, approdato infine in Forza Italia.
Un altro rappresentante della Corte dei miracolati di cui si circonda il premier.
Negli ultimi mesi sono ormai più le retromarcie che il governo ha innestato che i passi in avanti: ne ricordiamo qualcuna.
Lo stop all’innalzamento dei 40 anni di contributi per andare in pensione con relativa correzione: “è un refuso”. Continua »
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