Dicembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
ASSEGNI PIU’ BASSI NEL 70% DEI CASI
Ai pensionati non basterà una “semplice” calcolatrice per sapere esattamente a quanto ammonta
l’assegno previdenziale di gennaio.
Ma c’è di più, per l’effetto combinato del decreto del ministero dell’Economia – che ha stabilito il tasso provvisorio di rivalutazione per il 2016 e rivisto al ribasso quello del 2015 – e i provvedimenti presi dal governo dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco Fornero, scoprire quanto si prenderà di pensione l’anno prossimo sarà un vero e proprio rebus. E non mancheranno le sorprese, visto che oltre il 70% degli assegni erogati sarà più basso di quello del 2015
Per capire cosa è successo bisogna fare un passo indietro e tornare al 19 novembre, giorno in cui il Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha stabilito che per il 2016, a causa della bassa inflazione, il tasso provvisorio di adeguamento al costo della vita sarà zero.
Almeno per il momento, le pensioni l’anno prossimo non si rivaluteranno.
Sempre nello stesso provvedimento è stato stabilito che il tasso definitivo di adeguamento per il 2015 è dello 0,2% rispetto allo 0,3% stabilito provvisoriamente più di un anno fa.
Questo significa che a gennaio i pensionati dovranno restituire la differenza all’Inps percependo quindi una pensione più bassa.
Gli effetti di questa decisione peseranno soprattutto sugli assegni più bassi, quelli inferiori a tre volte il minimo (l’Istat calcola che sono circa il 70-72% le pensioni che non superano i 1300 euro netti al mese, circa 18 milioni di assegni) perchè queste pensioni non sono state toccate dalla sentenza della Corte costituzionale che ha bloccato, per gli assegni tra 3 e 6 volte il minimo, lo stop all’adeguamento previsto dalla norma precedente.
Gli assegni più bassi, quindi, a gennaio dovranno restituire mediamente una decina di euro. Stesso discorso per chi ha un assegno superiore a 3200 euro al mese: rimborso a gennaio e pensione complessivamente più bassa per il 2016.
Ovviamente il mini rimborso di gennaio varrà anche per gli assegni tra 3 e 6 volte il minimo.
Chi quindi percepisce un assegno medio lordo tra i 1500 e 3000 euro dovrà restituire qualcosa a gennaio, ma in virtù della sentenza della Consulta che ha obbligato il governo ad adeguamenti più alti, riuscirà a incassare una pensione più alta, anche attorno ai 100 euro.
Carlo Gravina
(da “La Stampa”)
argomento: Pensioni | Commenta »
Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
ISTAT CERTIFICA: DA UN REDDITO MEDIO DI 17.146 EURO SI E’ PASSATI A 13.965 EURO
I pensionati del futuro saranno più poveri di quelli di oggi? 
Senz’altro, come ha spiegato il presidente dell’Inps Tito Boeri, ma guardando i numeri pubblicati dell’Istat sono anche i pensionati del presente, quelli cioè che sono andati in pensione nell’ultimo anno, ad essere già molto meno fortunati di chi ha lasciato il lavoro in passato.
Il reddito medio di chi ha iniziato a ricevere la pensione nel 2014 (13.965 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.356) e a quello dei sopravviventi (17.146), coloro che anche nel 2013 percepivano almeno una pensione.
Di fatto ci sono quasi 3000 euro di differenza in media.
La fotografia tracciata dall’Istituto riflette complessivamente il dato degli anni passati. Nel 2014 la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche ha superato i 277 miliardi di euro con un aumento dell’1,6% sul 2013.
L’incidenza sul Pil è cresciuta di 0,2 punti dal 16,97% al 17,17%.
Calano i pensionati.
Ad essere calato, frutto delle riforme degli anni passati, è ancora il numero di pensionati.
Nel 2014 sono stati 16,3 milioni, circa 134 mila in meno rispetto al 2013. Le donne rappresentano il 52,9 per cento dei pensionati e percepiscono in media 14.283 euro (contro 20.135 euro degli uomini); la meta’ delle donne (49,2 per cento) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (30,3 per cento) degli uomini.
Il 47,7 per cento delle pensioni e’ erogato al Nord, il 20,4 per cento nelle regioni del Centro e il restante 31,9 per cento nel Mezzogiorno.
I nuovi pensionati (le persone che hanno iniziato a percepire una pensione nel 2014) sono 541.982 mentre ammontano a 675.860 le persone che nel 2014 hanno smesso di esserne percettori (i cessati).
Il reddito medio dei nuovi pensionati (13.965 euro) e’ inferiore a quello dei cessati (15.356) e a quello dei pensionati sopravviventi (17.146), cioe’ coloro che anche nel 2013 percepivano almeno una pensione.
I più ricchi e i più poveri.
Il 40,3% dei pensionati percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, un ulteriore 39,1% tra 1.000 e 2.000 euro.
Quanto agli assegni più alti, poco più di mezzo milione di pensionati, e precisamente 560.192 persone, percepisce un reddito tra i 3.000 e i 5.000 euro al mese.
In 175.756 percepiscono una pensione d’oro e cioè tra i 5.000 e i 10 mila euro, e ce ne sono poco più di 9 mila (9.190 per l’esattezza) che ha un reddito da pensione di oltre 10 mila euro al mese.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Pensioni | Commenta »
Dicembre 1st, 2015 Riccardo Fucile
BOERI LANCIA L’ALLARME POVERTA’ PER I TRENTENNI DI OGGI
Tra i trentenni di oggi, nel 2050, “nell’ipotesi di un tasso di crescita del Pil dell’1%, molti dovranno
lavorare anche fino a 75 anni, per andare in pensione, e avranno prestazioni mediamente del 25% più basse. Avremo problemi seri di adeguatezza, che non potrebbero che aumentare nel caso di una crescita economica minore. Questo aprirà anche un problema molto serio di povertà per chi perderà il lavoro prima dei 70 anni. Occorre perciò affrontare molto seriamente il problema di introdurre strumenti forti di contrasto alla povertà “.
Lo ha spiegato il presidente dell’Inps Tito Boeri intervenendo al convegno ‘Pensioni e povertà oggi e domani’.
Secondo le simulazioni dell’Inps, chi è nato nel 1980 riscuoterà mediamente una pensione nel 2050 pari a 1.593 euro, contro l’importo medio di 1.703 euro percepito mediamente oggi da chi è nato nel 1945.
Occorre tuttavia tenere conto, ha spiegato Boeri, del fatto che chi è in pensione attualmente sta ricevendo la pensione per un periodo molto più lungo rispetto a chi la riceverà in futuro.
Perciò l’istituto ha calcolato un “importo medio comparabile”, che è pari a 2.106 euro.
“Con le regole del contributivo le persone che non raggiungono un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile rischiano di non avere alcun reddito. Si apre perciò il tema di una assistenza di base che protegga queste persone contro il rischio povertà . E’ un problema molto serio che riguarda i giovani. Parliamo della generazione 1980, persone che avranno 70 anni nel 2050”, ha aggiunto Boeri.
“Col sistema contributivo – ha aggiunto – i buchi contributivi incidono pensantemente, soprattutto quelli che avvengono nelle fasi precoci della carriera”.
Perciò, ha continuato, “se l’economia italiana non cresce almeno dell’1% all’anno e non c’è non un processo di maggiore stabilizzazione del lavoro iniziando con prospettive di carriera più lunghe, senza tutte le interruzioni che contraddistinguono spesso con i contratti termporanei o precari, ci potrebbero essere problemi molto seri in futuro”.
Donne con figli? Nel 2050 una su tre avrà un assegno di 750 euro.
Se le donne tra i trenta e i quaranta anni decidessero tutte di avere un figlio, una su tre si dovrebbe accontentare nel 2050 di una pensione di 750 euro.
E’ quanto emerge dalla relazione del presidente dell’Inps Tito Boeri al convegno ‘pensioni e povertà oggi e domani’.
Secondo uno studio dell’istituto previdenziale, infatti, che ha elaborato una simulazione ipotizzando una crescita media del nostro Paese dell’1% (ma la situazione potrebbe peggiorare in caso di una crescita inferiore), le donne che avranno una pensione di 750 euro, in assenza di interruzioni di carriera saranno poco più del 15%.
Se invece sceglieranno tutte di avere almeno un figlio, aumenteranno a oltre il 30%. “Naturalmente l’interruzione di carriera – sottolinea Boeri – non è una scelta, è una cosa che si subisce ed è un problema sul quale torneremo”.
In generale la distribuzione delle fasce di importo del trattamento pensionistico si sposta drasticamente verso il basso, nel caso di interruzioni di carriera legate alla maternità , e i trattamenti sopra i 2000 euro crollano da circa il 30% delle donne a circa il 10% di loro.
(da “Huffingtonpost)
argomento: Pensioni | Commenta »
Novembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
L’INPS PROPONE 500 EURO AGLI OVER 55 CHE HANNO PERSO IL LAVORO, RENZI SE NE FOTTE, PREFERISCE NON SCONTENTARE CHI PRENDE 5.000 EURO DI PENSIONE SENZA AVER VERSATO I CONTRIBUTI RELATIVI
L’imbarazzo iniziale. Poi i contatti e le telefonate, per tutto il pomeriggio, tra Palazzo Chigi e ministero del Lavoro. Al centro dei colloqui, il problema di come gestire la decisione presa, a sorpresa, dall’Inps di pubblicare un dossier di 69 pagine con proposte dettagliate sulle pensioni. Alla fine, alle 8 sera, dal governo arriva la stroncatura, senza se e senza ma, del piano redatto da Tito Boeri.
“La riforma delle pensioni — scrive il ministero del Lavoro – è stata rimandata. Il piano illustrato da Stefano Boeri contiene misure utili come la flessibilità in uscita, ma ne contiene altre che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati”. Punto.
Il governo non lascia spazio alla trattativa, non ci saranno ripensamenti. E in realtà , un vero e proprio dialogo tra esecutivo e Inps non è mai iniziato. Anzi.
Riavvolgendo il nastro, è necessario ricordare che Boeri aveva depositato le sue proposte sul tavolo di Palazzo Chigi nel giugno scorso ma queste sarebbero state riposte in un cassetto.
E adesso, che il presidente dell’Inps ha deciso di mettere a disposizione di tutti i cittadini il documento, è arrivata la bocciatura totale.
“Dobbiamo dare fiducia agli italiani. Se metti le mani sulle pensioni di gente che prende 2000 euro al mese — ha spiegato Matteo Renzi nel libro di Bruno Vespa – non è una manovra che dà serenità e fiducia. Per carità , magari è pure giusto a livello teorico. Ma la linea della legge di stabilità è la fiducia, la fiducia, la fiducia. E, dunque, non si tagliano le pensioni (dei ricchi)”.
Dalla sede dell’Inps, fanno sapere, di aver pubblicato il documento per fare “un’operazione di trasparenza”, ma nei palazzi del governo non hanno gradito.
Tanto che la pubblicazione delle 69 pagine, apparse sul sito dell’istituto sotto la voce “Non per cassa ma per equità ”, ha creato non poca irritazione dalla parti del ministero del Lavoro, che prima ha accolto la notizia con freddezza e poi a tarda sera ha sferrato il colpo.
Secondo qualcuno, il presidente dell’istituto previdenziale non si sarebbe rassegnato all’assenza, nella legge di stabilità , di misure sulle pensioni.
E adesso il tentativo, seppur velato, sarebbe quello di attirare l’attenzione per far sì che alcune delle sue proposte si trasformino in emendamenti durante il dibattito parlamentare.
È la riprova di un rapporto quasi logorato e di una diversità di vedute sempre più profonda. Non a caso, Boeri, commentando la legge di stabilità approvata da Palazzo Chigi, aveva insistito sulla necessità di tagliare del 50% i vitalizi dei politici e aveva fatto presente che sulla vicenda esodati ci sarà uno strascico.
Palazzo Chigi era stato informato della decisione di mettere online il testo, corposo e articolato. Fonti del governo dicono che si tratta di una scelta concordata. Comunque sia, ciò non ha evitato la stroncatura. E sembra invece che il dicastero guidato da Giuliano Poletti non ne sapesse nulla. Si può pensare semplicemente a un cortocircuito comunicativo. Poco cambia.
Il punto è che da mesi Inps e governo praticamente non si parlano. Tra Boeri e Renzi è gelo.
E anche tra Boeri e Poletti. Basti pensare ai toni utilizzati nella nota diffusa dal ministero.
“Le nostre proposte sono rimaste inascoltate”, spiegano fonti vicine al documento stilato dall’Inps.
Eppure “per delicatezza – spiegano le stesse fonti – abbiamo deciso di non pubblicare il testo prima dell’approvazione della manovra”.
Il report era stato consegnato infatti in formato cartaceo per evitare che un file potesse essere utilizzato più facilmente per la diffusione. Adesso però tutto è cambiato: “Il governo ha fatto le sue scelte e ha tenuto fuori le pensioni. Speriamo almeno in misure per la povertà “.
In pratica, da quando l’istituto di previdenza ha preso atto che nella manovra finanziaria non c’è traccia di misure sulle pensioni, ha deciso di rompere gli indugi e di cambiare tattica.
Il solco, a questo punto, sarà sempre più profondo.
(da Huffingtonpost“)
argomento: Pensioni | Commenta »
Novembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
I COSTI DELL’OPERAZIONE SAREBBERO COPERTI DAL RIASSESTAMENTO INTERNO E NON SUPERANO I 3 MILIARDI A PIENO REGIME
Alla fine il “dossier Boeri” non ha fatto la stessa fine del “dossier Cottarelli” sulla revisione della
spesa. Un po’ a sorpresa, il piano elaborato dal presidente dell’Inps per abbattere la povertà , soprattutto nella fascia over 55, e introdurre maggiore flessibilità in uscita per le pensioni è stato reso pubblico dall’Istituto di previdenza.
Il reddito minimo per gli over 55.
Sul fronte della lotta alla povertà , l’Inps nel suo piano spiega che la proposta “consiste nell’istituire un reddito minimo garantito pari a euro 500 euro (400 euro nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultracinquantacinquenne”.
Un sostegno, però vincolato alla sussistenza di alcuni requisiti definiti nel piano.
A partire ovviamente dall’appartenenza a “nuclei familiari in condizione di forte disagio economico”, cioè sotto la soglia di 500 euro mensili per una famiglia con un solo componente, e utilizzando i parametri Ocse per adattare l’importo a nuclei più grandi.
Sempre nello stesso capitolo, Boeri ipotizza un riordino integrale di tutte le prestazioni assistenziali oggi fornite dall’Inps.
Il ricalcolo per gli assegni, tagli sopra i 5000 euro
II piano affronta a fondo la questione pensionistica. Il principio su cui si fonda l’insieme delle proposte è quello di avvicinare l’importo delle pensioni calcolate con il metodo retributivo e misto rispetto al loro importo “virtuale” sulla base dei contributi effettivamente versati.
Procedendo a questo “adeguamento” è possibile recuperare le risorse per garantire la flessibilità in uscita a chi vuole lasciare il lavoro anticipatamente.
Innanzitutto il piano Boeri prevede come riferimento non l’importo della singola pensione, ma il reddito pensionistico complessivo, prendendo in considerazione quindi i molti casi di pensionati titolari di più assegni.
Oggetto degli interventi di ricalcolo sarebbero le pensioni ( o la somma di trattamenti) superiori ai 5000 euro lordi e i cui assegni non siano calcolati sulla base dei contributi effettivamente versati.
Non si tratta però di un taglio secco, quello che in passato è stato definito un “contributo di solidarietà “, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.
La proposta Boeri è diversa nel principio, ma non dissimile nel risultato.
Attraverso un complesso ricalcolo, i trattamenti pensionistici verrebbero adeguati verso un importo più vicino a quanto effettivamente versato. E quindi ridotti.
Per le pensioni tra 3500 e 5000 questo “adeguamento” – che non è un ricalcolo puro con il metodo contributivo – avverrebbe in realtà solo indirettamente e in modo graduale, visto che l’importo nominale rimarrebbe immutato, cioè fermo, senza ulteriori riduzioni fino a quando gli importi non coincidessero con l’assegno ricalcolato con gli stessi metodi di sopra.
Nel concreto, di quanto verrebbero tagliate quindi le pensioni?
Una tabella mostra chiaramente gli effetti sui trattamenti, separati per gestione e fasce di reddito, e infinei aggregati. Nel caso di un ex lavoratore del pubblico impiego con assegni sopra i 5000 euro la riduzione sarebbe del 9,5%.
Diverso il caso dei vitalizi per cariche elettive, come i parlamentari, per cui l’assegno verrebbe interamente ricalcolato con il metodo contributivo.
In questo caso la decurtazione della pensione sarebbe molto sensibile, come anticipato già da Boeri a “In 1/2h” e potrebbe arrivare fino al 48,1%. Dimezzando di fatto l’assegno.
La flessibilità in uscita.
Sulle ipotesi di flessibilità in uscita l’impianto generale è quello già anticipato nei mesi scorsi, cioè consentire l’uscita anticipata con una penalizzazione variabile, a seconda della carriera “contributiva”, – nei casi citati come esempio nello studio – tra il 9,4% e l’1,5% rispetto al trattamento spettante a condizioni normali.
Complessivamente, spiega l’istituto, l’obiettivo è quello di abbattere la povertà riducendola almeno del 50% fra chi ha più di 55 anni, attingendo, tra le altre, a risorse dai “circa 250.000 percettori di pensioni elevate”, da “più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive” e da “circa 30.000” lavoratori “con lunghe anzianità contributive”, e che hanno iniziato a lavorare dopo i 18 anni, che subirebbero decurtazioni dell’assegno “fino al 10%”.
I costi.
Nella proposta, l’Inps calcola del dettaglio l’onere per lo Stato dei singoli interventi.
In totale la proposta Boeri costerebbe, al netto degli effetti fiscali, 662 milioni il primo anno, crescendo poi a 1,6 miliardi nel 2017 e 3,2 miliardi nel 2017.
Le cifre però, puntualizza l’Inps, sono calcolate sulla base di ipotesi di un numero elevato di adesioni.
Tenendo conto di un’ipotesi più prudenziale e di altri fattori elencati dall’istituto, si spiega, “i costi netti della riforma scenderebbero a 150 milioni nel 2016. 1 miliardi nel 2017, 2,5 miliardi nel 2018 e 3 miliardi nel 2019 e 2020”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Pensioni | Commenta »
Ottobre 28th, 2015 Riccardo Fucile
ALLARME DEL CONSIGLIO DI INDIRIZZO E VIGILANZA: BILANCI SISTEMATICAMENTE IN ROSSO
L’Inps, che ha chiuso il 2014 con un rosso da 12,4 miliardi, se nulla cambia continuerà a
realizzare perdite vicine ai 10 miliardi l’anno fino al 2025.
A lanciare l’allarme è stato Pietro Iocca, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’istituto previdenziale, cioè l’organo che predispone le linee di indirizzo e gli obiettivi dell’Inps e ne approva il bilancio.
“Le proiezioni sui bilanci non sono buone nè rassicuranti. E’ una situazione che va attenzionata e monitorata“, ha avvertito Iocca, sindacalista Cisl che guida il Civ dal 2013, in audizione alla Camera davanti alla commissione Enti gestori.
E, secondo il numero uno del comitato, la situazione finanziaria sta già facendo sentire i suoi effetti sulle prestazioni erogate dall’istituto presieduto da Tito Boeri: “C’è un arretramento nell’erogazione dei servizi da parte dell’Inps che lascia perplessi e indica un campanello d’allarme per ciò che riguarda le funzioni stesse dell’istituto”. Quadro che senza interventi non potrà che peggiorare: “Penso che se si continua in questa maniera l’Inps, nell’arco di una decina di anni, avrà serie difficoltà ad essere efficiente nella misura in cui lo è in questo periodo o, quanto meno, avrà una inadeguata funzionalità “, ha spiegato Iocca.
Previsioni che arrivano proprio mentre il governo, con la legge di Stabilità , rinvia di altri due anni il ritorno alla completa indicizzazione delle pensioni all’inflazione. Mentre, come sottolineato da Boeri, non affronta in modo organico il problema della flessibilità dell’età di uscita dal lavoro limitandosi a “interventi selettivi e parziali, che creano asimmetrie di trattamento”.
Il presidente del Civ ha fatto riferimento alle “somme importanti” trasferite al bilancio dello Stato negli ultimi anni, che incidono sia sulla chiusura delle sedi periferiche sia sul personale, che nel 2014 è diminuito del 3,5% rispetto al 2013 scendendo a 30.837 unità .
In più i dipendenti Inps “hanno una età media superiore a quella di altri enti pubblici, vicina ai 54 anni. Che succederà tra 6-8 anni? È bene che si cominci a vedere questo fenomeno a meno che non si voglia esternalizzare le funzioni. Il Civ, invece, ha proposto documenti che vanno in senso opposto, cioè di reinternalizzare i servizi Inps”.
Sono necessari interventi anche sul patrimonio immobiliare dell’Inps, che non solo non frutta nulla ma addirittura costa circa 250 milioni all’anno perchè gli affitti non coprono le spese di gestione.
“Ha bisogno di una rendicontazione”, cioè “avrebbe bisogno di essere quantificato”, ha spiegato Iocca, soprattutto alla luce dell’unificazione degli enti previdenziali.
“Si dovrebbe avere un quadro sintetico ma veriterio del patrimonio rappresentato dall’ente unico. Bisognerebbe avere contezza della consistenza anche del patrimonio artistico-culturale dell’ex Inpdap, che conta circa 6mila opere d’arte, alcune di grandissimo valore, che potrebbero essere impiegate in mostre” ricavandone “benefici economici”.
Si tratta “di valorizzare il patrimonio artistico e non di svolgere funzioni commerciali”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Pensioni | Commenta »
Ottobre 20th, 2015 Riccardo Fucile
IL 42,5% DEI PENSIONATI SOTTO I 1.000 EURO, IL 12% SOTTO 500 EURO
Nella manovra ci sono solo “interventi selettivi, parziali” sulle pensioni, mentre “serviva una riforma”.
Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, critica gli interventi previdenziali contenuti nella Legge di Stabilità varata dal Governo, nel giorno in cui l’Istituto rende noto il bilancio sociale 2014 che mostra che quasi un pensionato su due in Italia prende meno di 1000 euro, quasi 1 su 8 addirittura meno di 500 euro.
Nella manovra “ci sono interventi selettivi, parziali che creano asimmetrie di trattamento”, ha affermato Tito Boeri. “Sarebbe stato importante fare l’ultima riforma delle pensioni. Aggiustamenti e piccole riforme ce ne sono già stati tanti”.
Secondo il numero uno dell’Inps “presumibilmente, in assenza di correttivi” gli interventi sulle pensioni contenuti nella legge di stabilità non saranno sufficienti e “daranno la spinta ad ulteriori misure parziali che sono, tra l’altro, molto costose”.
“Speriamo che il 2016 sia finalmente l’anno di un intervento decisivo, organico e strutturale sulle pensioni. Avremmo voluto che il 2015 fosse l’anno dell’ ultima riforma delle pensioni, purtroppo non sarà così”
IL BILANCIO 2014 DELL’INPS
Conti ancora in rosso per l’Inps nel 2014, seppur in lieve miglioramento. La gestione economico-patrimoniale ha presentato un risultato di esercizio negativo per 12,4 miliardi, in lieve miglioramento (+361 mln) rispetto al disavanzo dell’esercizio 2013. La situazione patrimoniale netta, pari a 9,028 milioni a inizio 2014, si attesta a fine esercizio a 18,407 miliardi “per effetto del risultato economico di esercizio negativo, del contributo per il ripianamento al disavanzo della gestione ex inpdap per 21,698 miliardi nonchè della costituzione della riserva patrimoniale per 166 milioni del fondo di solidarietà residuale”.
Il 42,5% dei pensionati italiani (6,5 milioni di persone), ha un reddito da pensione inferiore ai 1.000 euro.
Ci sono inoltre 1,88 milioni di pensionati (12,1%) con assegni inferiori ai 500 euro.
Nel 2014 il flusso di lavoratori in cassa integrazione è stato di 1,2 milioni con un calo del 21,3% sul 2013.
La spesa complessiva per ammortizzatori sociali nell’anno è stata pari a 22,6 miliardi con un calo del 4,2% sul 2013.
Compresi i contributi figurativi per la cig si sono spesi 6,1 miliardi (-8,8%); per le indennità di disoccupazione si sono spesi 13,1 miliardi (-3,6%, tre milioni di persone interessate); per la mobilità si sono spesi 3,4 miliardi (+2,7%).
I dipendenti pubblici a tempo indeterminato scendono sotto quota 3 milioni.
Nel 2014 i ‘travet’ erano 2.953.000 con un calo del 2,8% (circa 90.000 unità ) sul 2013. Rispetto al 2011 quando erano 3,23 milioni i dipendenti pubblici, grazie al blocco del turn over, sono diminuiti di quasi 300.000 unità .
L’Inps ha inserito per la prima volta nel 2014 tra i lavoratori dipendenti pubblici iscritti anche quelli a tempo determinato portando il totale complessivo a 3,22 milioni (2,95 milioni i dipendenti a tempo indeterminato, 270 mila circa quelli a tempo determinato).
Nel complesso il numero dei lavoratori iscritti all’Inps (privati e pubblici) è risultato pari nel 2014 a 22.067.086 unità con aumento di 142.821 lavoratori rispetto ai 21.924.265 del 2013.
L’aumento è dovuto solo all’inserimento nel totale dei dipendenti pubblici a tempo determinato
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Pensioni | Commenta »
Ottobre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
L’IMPORTO DELLA PENSIONE FUTURA ARRIVERA’ A CASA PER POSTA
Se il principio “Occhio non vede, cuore non duole” valesse anche per la propria pensione, i cuori dei
più giovani – e non solo – presto potrebbero soffrire, e non poco.
Tra qualche settimana arriverà infatti, secondo quanto ha spiegato ieri il presidente dell’Inps Tito Boeri, la cosiddetta “Busta arancione”, ovvero la simulazione dell’Istituto di previdenza sull’importo della propria futura pensione.
E per molti non sarà una buona notizia visto che come è noto le somme che le nuove generazioni incasseranno sarà di gran lunga inferiore a quanto incassato dagli attuali pensionati.
Un’operazione molto cara all’economista della Bocconi, che auspica che in questo modo i più giovani possano prendere coscienza per tempo dell’importo basso della propria pensione, cominciando così ad accantonare risorse nei fondi pensione privati, così da poter contare nella vecchia su una somma almeno dignitosa.
La novità però è tale soltanto a metà .
Tanto per cominciare per il momento il servizio riguarda soltanto una fetta dei lavoratori, quelli con contribuzione versata al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, alle Gestioni Speciali dei Lavoratori Autonomi (Artigiani e Commercianti, Coltivatori diretti, coloni e mezzadri), e alla Gestione separata.
Soltanto dal prossimo anno il servizio sarà esteso alla cospicua fetta di dipendenti pubblici.
Inoltre, la simulazione è già attiva dal maggio di quest’anno, e vi si può accedere dal sito dell’Inps, per coloro che sono dotati del pin rilasciato dall’Istituto di previdenza per i servizi online.
Una procedura che per quanto semplificata ha tagliato inevitabilmente fuori chi ha poca dimestichezza con il computer.
Con la busta arancione inviata a casa l’Inps verrà quindi incontro proprio a queste categoria.
“Abbiamo superato la soglia di un milione di persone che hanno fatto la simulazione online”, ha sottolineato Boeri, spiegando che adesso le lettere verranno inviate a casa “a tutti coloro che non hanno fatto la simulazione online, perchè vogliamo incoraggiarli a prendere il Pin sul sito”, necessario per effettuare una previsione sulla prestazione futura.
Prestazione che rappresenta soltanto una possibilità visto che inevitabilmente l’importo della pensione dipenderà infatti da molte variabili come, anni di contribuzione, dinamiche di carriera e livello delle retribuzioni future.
Tutti dati che è possibile modificare online, all’interno del simulatore.
L’Inps fornisce quindi una sorta di scenario di base con informazioni in ogni caso molto preziose come l’importo della pensione, la data del pensionamento, la retribuzione al termine della propria carriera e il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra l’ultimo reddito da lavoro annuo e il primo assegno previdenziale.
Una curiosità . Il nome “Busta arancione”, deriva dalla scelta cromatica utilizzata dal primo Paese, la Svezia, che anni fa ha scelto di spedire a casa dei contribuenti l’importo della pensione futura.
Anche in Italia, come ha mostrato Boeri, il colore della lettera che arriverà a casa sarà proprio arancione.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Pensioni | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
SONO I VERSAMENTI DEGLI IMMIGRATI TORNATI ALL’ESTERO… BOERI: “CREARE UN FONDO PER L’INTEGRAZIONE”
Nelle casse dell’Inps ci sono 3 miliardi di euro di contributi pensionistici non riscossi. “Appartengono” a quasi 200.000 stranieri con oltre 66 anni e 3 mesi con contribuzione Inps, e quindi titolati ad incassare la pensione, che però non hanno ricevuto alcuna prestazione.
Per questo, ha ipotizzato il presidente dell’Istituto Tito Boeri, si potrebbe un fondo per le politiche di integrazione degli immigrati alimentato proprio da queste risorse.
È una delle tre proposte lanciate dal presidente dell’Inps, in occasione della presentazione del rapporto ‘worldwide’ dell’Inps sulle pensioni all’estero.
Si chiama ‘social free riding’ ed è il fenomeno degli immigrati che, dopo aver lavorato e versato i contributi in italia, tornano nel paese d’origine senza farsi (o senza poter farsi) liquidare le pensioni dall’Inps.
Il ‘social free riding’ in italia, per i nati prima del 1949, riguarda 198.430 Stranieri su 927.448,
Con una percentuale quindi del 21%, ma il “fenomeno è in crescita, anche se per i nuovi iscritti dal 1996 non è più richiesta anzianità contributiva minima per accedere alla pensione di vecchiaia a 66 anni (più i mesi di adeguamento alla speranza di vita).
Ma ai 3 miliardi già acquisiti potrebbero aggiungersi in futuro altri 12 miliardi, perchè le generazioni di immigrati dal 1949 al 1981 (che non hanno ancora maturato requisiti di vecchiaia) hanno 4,2 milioni di posizioni contributive aperte prima del ’96 (quindi soggette ai requisiti contributivi minimi), che hanno erogato contributi per oltre 56 miliardi.
Applicando una percentuale del 21% che non prenderà la pensione “abbiamo già oggi circa 12 miliardi di montante contributivo che non darà luogo a pensioni”.
(da “agenzie“)
argomento: Pensioni | Commenta »