Marzo 16th, 2019 Riccardo Fucile
CHI VA IN PENSIONE CON LA FORNERO A 67 ANNI SI DEVE METTERE IN CODA AI PRIVILEGIATI
«Gli ordini arrivati dal governo devono essere stati chiari: priorità assoluta alle domande di pensione con Quota 100, che potranno essere liquidate in via provvisoria anche senza la certificazione della cessazione dell’attività , mentre le pensioni Fornero possono attendere. Così le sedi Inps si apprestano ad aprire i battenti in modo straordinario di sabato e forse anche di domenica per liquidare il maggior numero di pensioni “governative”».
Ad evidenziarlo è l’Unione Sindacale di Base in un comunicato.
«Con un personale ridotto ai minimi storici, in attesa delle promesse assunzioni che arriveranno non prima dell’estate, i lavoratori dell’Inps — rileva l’Usb — sono spinti dai dirigenti a turni straordinari pur di non sfigurare con l’interlocutore politico».
L’Usb «rilancia la mobilitazione invitando i lavoratori dell’Istituto a non aderire al lavoro straordinario e diffidando l’amministrazione dal privilegiare una prestazione rispetto all’altra. Chi va in pensioneconi requisiti Fornero, 67 anni di età dal 2019, non solo ha dovuto lavorare di più ma ora deve mettersi in coda dietro alle priorità del governo».
(da agenzie)
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Marzo 15th, 2019 Riccardo Fucile
RIGUARDERA’ 2,7 MILIONI DI PENSIONATI: DA APRILE LA SOMMA DECURTATA, A GIUGNO LA TRATTENUTA DEI PRIMI TRE MESI … RIGUARDA CHI PERCEPISCE PIU’ DI 1539 EURO LORDI AL MESE
Nei primi tre mesi dell’anno non sono ancora stati applicati i tagli alle pensioni sopra 1.539 euro lordi al mese previsti dalla legge di Stabilità .
Ovvero quella norma pubblicizzata come taglio alle pensioni d’oro che dovrebbe portare nelle casse dello Stato 2,3 miliardi di euro in tre anni.
L’Inps, però, non ha avuto tempo di ricalcolare tutti gli importi, così finora ha pagato le pensioni come se non fosse mai stata approvata la legge di Bilancio.
Quindi 2,7 milioni di ex lavoratori italiani hanno ricevuto cifre più alte del dovuto e ora devono restituirle. Si è, però, deciso di dilatare i tempi per evitare ripercussioni sul voto di maggio.
Ad aprile le pensioni inizieranno a subire la riduzione prevista dalla legge; l’addebito delle cifre di troppo versate da gennaio a marzo, molto basse per buona parte dei coinvolti, sarà sul cedolino di giugno.
Sottolinea invece La Stampa che per le pensioni poco sopra i duemila euro al mese il taglio varrà circa 170 euro l’anno (di qui in poi).
Una misura fastidiosa, abbastanza da convincere il governo a chiedere di rinviarla a dopo le elezioni europee. Che l’ipotesi sia sul tavolo lo confermano fonti interne all’Inps e un’interrogazione urgente presentata dai parlamentari Pd Tommaso Nannicini e Chiara Gribaudo. «Più si ritarda, più alto sarà il conguaglio», dicono i due.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 4th, 2019 Riccardo Fucile
CON QUOTA 100 SUBITO 15% IN MENO, NEL TEMPO IL 25%… CON OPZIONE DONNA SUBITO IL 30%, NEI PROSSIMI ANNI IL 37%
Quanto perde chi anticipa la pensione con Quota 100 e chi va in pensione con Opzione Donna?
Chi anticipa si accontenta di una pensione più bassa del 15% e incasserà nel tempo che gli resta (in media 21 anni, in base alla speranza di vita calcolata da Istat) in tutto 350 mila euro contro 453 mila, quasi un quarto in meno, calcola Progetica, società indipendente di consulenza.
L’opzione donna, spiega invece oggi Repubblica, è penalizzante per due motivi. Perchè, al contrario di quanto accade per quota 100, l’assegno viene ricalcolato interamente con il metodo contributivo (si prende quanto si è versato, non in proporzione agli ultimi stipendi).
E perchè si esce in base a due finestre molto lunghe: 12 mesi dal raggiungimento dei requisiti per le dipendenti, 18 mesi per le autonome. La misura è stata riconfermata solo per il 2019, riservata alle 58-59enni (classe 1959-1960) che hanno compiuto gli anni entro il 31 dicembre 2018.
Tutte le lavoratrici nate un anno dopo i requisiti (1960-1961) sono fuori dall’opzione. Sono fuori anche da quota 100. E quindi andranno in pensione con le regole Fornero, sei o sette anni dopo.
Un esempio? Una lavoratrice dipendente classe 1960, che versa i contributi dal 1983, se opta e va in pensione sei anni prima a 59 anni e 7 mesi — anzichè a 65 anni e 8 mesi — perde il doppio di un uomo in quota 100.
Un terzo dell’assegno e il 37% del “tesoretto” futuro, la “ricchezza a vita media”: 201 mila euro anzichè 541 mila.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile
62 + 38 MENO 25%, 64 + 36 MENO 16%… GLI ESEMPI ELABORATI PER IL GIORNALE ECONOMICO
Utilizzare quota 100 – almeno 62 anni di età e 38 di contributi – per andare in pensione cinque anni prima rispetto al trattamento di vecchiaia comporta un taglio di circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo.
Se si sceglie una delle possibili soluzioni intermedie – per esempio, se si va in pensione sfruttando sempre quota 100, ma a 64 anni di età – il taglio è inferiore e oscilla tra il 12 e il 16% negli esempi che Aon ha elaborato per Il Sole 24 Ore.
Sono stati considerati sei lavoratori, tutti con prima iscrizione all’Inps all’età di 24 anni e differenti carriere che determinano retribuzioni annue lorde all’età di 62 anni comprese tra 30mila e 150mila euro, rappresentativa di diverse categorie contrattuali (impiegato, funzionario, manager).
Decidere di smettere di lavorare a 62 anni, quindi con i due requisiti minimi di quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi), comporta la rinuncia al 22% della pensione, a fronte di un’ultima retribuzione annuale di 30mila euro rispetto a quanto si incasserebbe accedendo al pensionamento di vecchiaia a 67 anni di età ; si sale al 28% se la retribuzione è di 150mila euro.
COME CAMBIA L’IMPORTO
Ciò è dovuto al fatto che da 62 a 67 anni, continuando a lavorare, si aumenta il montante contributivo e inoltre, al momento del pensionamento, si beneficia di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso.
Per effetto della riforma previdenziale del 2011, a prescindere dal sistema di calcolo a cui si è soggetti (ex retributivo, misto, contributivo), i contributi versati dal 2012 sono convertiti in pensione in base al sistema contributivo, che premia la maggiore età e l’ammontare del montante accumulato.
Oltre a ciò, un certo impatto è prodotto anche dall’eventuale incremento delle retribuzioni percepite dopo i 62 anni.
Soprattutto chi ha redditi bassi, dunque, deve soppesare adeguatamente se sfruttare quota 100: potrebbe rischiare di avere un assegno previdenziale insufficiente o comunque non adeguato al tenore di vita mantenuto durante gli anni di lavoro.
Questo “rischio” viene evidenziato dai tassi di sostituzione (cioè il rapporto tra la prima rata di pensione annua lorda maturata e l’ultima retribuzione annua lorda percepita) pubblicati.
Variano da circa il 60% per i profili di carriera meno dinamici, a circa il 40% per quelli più brillanti.
Proseguendo l’attività fino a 67 anni, invece, la pensione lorda sarà pari al 50-70% dell’ultima retribuzione.
(da “il Sole 24 Ore“)
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Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile
E L’AUMENTO SARA’ SOLO DI 138 EURO AL MESE, PASSANDO DA 507,42 A 645,52 EURO
Il reddito di cittadinanza diventa pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o due componenti con età pari o superiore a 67 anni (requisito adeguato negli anni a venire alla speranza di vita).
In questo caso il beneficio economico è riconosciuto ai nuclei con Isee non inferiore a 7.560 euro (in caso di beneficiario unico) e non potrà essere superiore ai 9.360 euro nel caso i beneficiari vivano in casa di proprietà .
La quota di pensione di cittadinanza destinata al sostegno all’affitto è prevista in un massimo di 1.800 euro.
Come nel caso del Reddito di cittadinanza la somma della quota affitto e della quota integrazione non supera i 780 euro.
La novità è che il limite di età , rispetto alle previsioni e alle anticipazioni, è stato aumentato di due anni da 65 a 67 anni: rispetto alla bozza originaria, nel testo del Dl il requisito si alza dai precedenti 65 a 67 anni: sarà un’integrazione al reddito di 630 euro (882 euro per due componenti), con ulteriori 150 euro di contributo all’affitto (per due componenti, dunque, in totale si arriva a 1.032 euro).
La pensione di cittadinanza a 780 euro, «un segno di civiltà » come diceva Luigi Di Maio, finirà quindi nelle tasche di soli 500 mila pensionati, un 15% appena dei 3 milioni e 200 mila che vivono grazie all’integrazione al minimo e che oggi ricevono 507 euro e 42 centesimi al mese.
Lo stanziamento sarà di 900 milioni sui nove miliardi a disposizione, ovvero il 10%. Il resto verrà così suddiviso: 7,1 miliardi al reddito di cittadinanza (di cui 2,2 miliardi già messi dal governo Gentiloni per il Rei) e 1 miliardo ai centri per l’impiego.
A conti fatti dunque, i più fortunati tra i pensionati poveri riceveranno 138 euro al mese. Passando così a 645 euro e 42 centesimi.
Non proprio la soglia “di cittadinanza”.
Le risorse a disposizione, come già sembrava chiaro a molti osservatori, sono insufficienti per arrivare a tutti. E la riuscita del reddito di cittadinanza viene considerata prioritaria, sebbene ci siano «difficoltà potenziali» nella sua attuazione, ammette ora Stefano Buffagni, sottosegretario a Palazzo Chigi.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile
“UNA CONTRORIFORMA FURBESCA”
“Dedico quota 100 a Monti e Fornero” aveva detto Matteo Salvini durante il Cdm per presentare il decretone.
Proprio l’ex ministro del Lavoro risponde al vice premier dalle pagine de Il Foglio dove spiega come le pagine del Dl che interessano le pensioni sono una “controriforma furbesca”, un modo di estendere e ricercare il consenso facendo passi che sembrano cambiare tutto ma rimangono ancorati a qualcosa che “sa di antico”. Secondo Fornero sono tre i principi sui quali si regge il sistema pensionistico italiano, dettati dalla riforma Dini del 1995: Il “finanziamento”, dato dalla ripartizione dei contributi versati dai lavoratori; il “calcolo della pensione”, che consiste nel rapporto di interdipendenza tra età e pensione (a parità di contributi maggiore è l’età maggiore è la pensione); la “solidarietà “, contributi a carico generale per salvaguardare i lavoratori impiegati in attività usuranti.
I tre punti della riforma Dini si manifestarono “Coraggiosi nei principi ma timorosi nei fatti”. L’excursus storico della professoressa di economia arriva poi alla riforma del 2011 “Quella che porta il mio nome”
La riforma non era perfetta ma affrontava i problemi di lungo termine del nostro sistema previdenziale in modo coerente con la riforma del 1995, che venne infatti estesa a tutti i lavoratori, per le anzianità future.
§La riforma avrebbe dovuto essere comunicata in modo corretto , mettendo in evidenza i suoi principali punti strutturali, ossia la riduzione degli oneri caricati sulle spalle delle generazioni giovani e future(…) E non presentata soltanto in termini di austerità fine a se stessa e di blocco all’occupazione.
Elsa Fornero parla di una riforma perfettibile, qualcosa che poteva e doveva essere corretta e monitorata soprattutto per quello che lei stessa riconosce come “il problema pur grave degli esodati”, spiegando come la semplificazione della narrazione attorno alla riforma abbia creato un “capro espiatorio” facile e sia diventato soltanto un pretesto per fare campagna elettorale.
Era nell’interesse della politica, che pure approvò la riforma a larga maggioranza, parlarne male quasi subito dopo l’approvazione. E non era nelle possibilità di un ministro tecnico, senza l’appoggio di partiti o di sindacati, far arrivare una lettura con almeno qualche positività .
La nuova riforma è dunque figlia di quella strumentalizzazione e in quest’ottica si pone il quadro di “quota 100” in quanto secondo Fornero è “il ritorno della politica nella determinazione delle regole pensionistiche”.
Difendendo il suo operato, l’ex Ministro del lavoro ricorda come non è utile attaccare l’economia scindendola dalla politica pensando che il benessere sociale sia proprio solo della seconda piuttosto che della prima. “Ragionevole dare un po’ di flessibilità – dice la professoressa – ma si poteva continuare sulla strada dell’APE”
La controriforma è furbesca perchè viene offerta come grande opportunità mentre è contornata di condizioni che ne riducono fortemente la convenienza ma scalfiscono di poco il messaggio mediatico.
Intanto, essendo il metodo contributivo di calcolo delle pensioni in vigore dal primo gennaio 2012 ogni anno di anticipo del pensionamento rispetto alle regole della riforma Fornero comporta una perdita del 3-5 per cento anno
Inoltre, spiega Fornero, il blocco per le pensioni superiori a 1524 euro lordi faceva parte anche della precedente riforma, con la differenza che nel 2011 l’Italia versava in una situazione economica peggiore ed erano richiesti sacrifici alle classi più abbienti. Il ritorno al passato denunciato da Fornero termina con la definizione di “propaganda slegata da ogni visione strategica del futuro” per quella che è un’innovazione che “sa molto di antico”.
(da agenzie)
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Gennaio 17th, 2019 Riccardo Fucile
ANDANDO IN PENSIONE PRIMA L’ASSEGNO PENSIONISTICO SI RIDURRA’ PER UNA PERCENTUALE TRA IL 5% E IL 34% (AD ES UNA PENSIONE DI 2000 EURO POTREBBE RIDURSI A 1400 EURO)… NON SI POTRANNO SVOLGERE ALTRI LAVORI, SE NON IN NERO… LA PLATEA E’ DI 350.000 POTENZIALI FRUITORI, MA SE LO POTRANNO PERMETTERE SOLO I PIU’ BENESTANTI
Che cos’è quota 100
Per quota 100 si intende un meccanismo di pensionamento anticipato che consente di lasciare il lavoro prima di avere maturato i requisiti attualmente in vigore dal primo gennaio (67 anni di età per gli uomini e 66 anni e 7 mesi per le donne con 20 anni di contributi, oppure in base alla contribuzione con 43 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 5 mesi per le donne indipendetemente dall’età ).
Quota 100 prevede invece almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi. Lo stesso decreto prevede un abbassamento del requisito contirbutivo attualmente in vigore dal primo gennaio, ripristinandolo a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Quando si può andare in pensione con quota 100
Nel settore privato, chi ha maturato i diritti a quota 100 entro il 31 dicembre 2018 potrà andare in pensione dal primo aprile 2019; chi li matura dal primo gennaio 2019 avrà diritto alla pensione tre mesi dopo.
Quando possono andare in pensione con quota 100 i dipendenti pubblici
I dipendenti pubblici seguono regole diverse. I lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2018 avranno accesso alla pensione dal primo agosto, per gli altri la decorrenza partirà sei mesi dopo la maturazione dei requisiti con l’obbligo di preavviso di sei mesi. Se un lavoratore ad esempio raggiungesse i requisiti dal primo maggio, potrebbe andare in pensione dal primo novembre. I lavoratori della scuola possono andare via a inizio anno scolastico, a settembre.
Lavoro e quota 100
Coloro che decidono di andare in pensione con quota 100 non possono, fino al raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia, cumulare altri redditi, quindi lavorare.
Quanto si riduce la pensione con quota 100
Andare in pensione prima siginifica però inevitabilmente versare meno contributi rispetto a quanto sarebbe accaduto se si fosse atteso il raggiungimento dell’età per il pensionamento di vecchia. Versando di meno si incassa di meno.
Quanto? L’Upb ha condotto delle simulazioni prima di conoscere il testo definitivo del provvedimento, ipotizzando tagli dal 5 al 34%.
(da agenzie)
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Gennaio 13th, 2019 Riccardo Fucile
PERDERANNO UNA MENSILITA’ OGNI ANNO LE PENSIONI DI 1522 EURO LORDE
Con il precedente governo, Cgil-Cisl-Uil avevano raggiunto un accordo sulla reintroduzione dell’adeguamento delle pensioni all’inflazione (c’era anche l’Ugl, che ora, dopo l’ingresso nell’esecutivo, l’ha dimenticato).
Un diritto negato a far data 2011.
Ora Lega e M5S si sono aggrappati agli assegni da quattro soldi pur di fare cassa (1.522 euro lordi al mese).
Ai 16 milioni e 100mila ex lavoratori in quiescenza (dato 2016), la manovra in tre anni sottrarrà 2,5 miliardi di euro intervenendo come sempre dal 2011 sull’aumento del caro-vita
Prendendo a campione un assegno di 1.522 euro lorde, dai 79 euro al mese fino allo scorso 31 dicembre, si passerà a una riduzione di 94,62 euro, per fare in modo che nel triennio 2019-2021 si tocchi una intera mensilità .
In sostanza, quell’anno, non verrà corrisposta la tredicesima. E’ già oggi la sorte del conto di un pensionato che incassava 1.900 euro lordi mensili nel 2011, mentre sale a 2 mensilità e mezzo il taglio d’una pensione di 4 mila euro lordi al mese, rappresentati da una perdita del 12,88%, circa 6.500 euro lordi.
Dissenso deciso da parte dei sindacati che in un comunicato emesso all’indomani d’un incontro a Palazzo Chigi, hanno criticato le «misure fiscali che introducono un nuovo condono premiando gli evasori», mentre non riducono «il cuneo fiscale per i lavoratori e per i pensionati, non si prevedono nè una maggiore progressività delle imposte e nè interventi sui patrimoni dei più ricchi e non si programma un deciso contrasto all’evasione».
Intanto si organizza la protesta. Unitaria: in piazza sabato 9 febbraio.
(da agenzie)
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Gennaio 7th, 2019 Riccardo Fucile
E PER LA LIQUIDAZIONE UNO STATALE DOVRA’ ASPETTARE ANCHE 8 ANNI
A Quota 100 fa molto, molto freddo.
Mentre si scopre che per avere la liquidazione a cui hanno diritto gli statali dovranno o attendere fino a otto anni o pagare interessi sui loro soldi alle banche, il paradiso in terra che nasce dall’”abolizione” (LOL, non è vero) della legge Fornero promesso da Salvini si fa sempre più definito.
E ci si accorge che visto da vicino non sembra esattamente un paradiso, anzi.
Chi vorrà uscire dal lavoro con il meccanismo sperimentale e provvisorio creato dalla Lega dovrà farsi bene i conti in tasca: nella bozza del decreto è previsto che l’assegno con «quota 100» non sia cumulabile con redditi da lavoro superiori a 5 mila euro l’anno. Il divieto dura fino al momento in cui il pensionato raggiunge l’età di vecchiaia (oggi 67 anni).
Questa norma scoraggerà una parte degli aventi diritto, soprattutto fra quei lavoratori con elevata professionalità che spesso quando vanno in pensione fanno i consulenti.
In più, l’assegno sarà ridotto fino a un terzo.
La normale applicazione dei metodi di calcolo della pensione darà luogo a un assegno alleggerito. Uscendo prima, infatti, si possono far valere meno anni di contributi e il coefficiente di calcolo applicato è più basso per le età più giovani, perchè il montante pensionistico dovrà appunto essere spalmato su più anni di erogazione.
Secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, il taglio dell’assegno cresce «da circa il 5% in caso di anticipo solo di un anno a valori oltre il 30% se l’anticipo è di oltre 4 anni».
(da “NextQuotidiano”)
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