Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
SOLO L’1,8% DEGLI ELETTORI DEL PD STA DALLA PARTE DI PUTIN… IL 39,5% PENSA CHE LA NUOVA POLITICA DI TRUMP NON PORTERA’ ALLA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO (SOLO IL 34,4% CREDE IN LUI) … IL 54,8% PENSA CHE LA RISPOSTA DEL GOVERNO MELONI ALLA RIPERCUSSIONI DELLA GUERRA SIA STATA “POCO EFFICACE” O “INEFFICACE”… COME SI RISOLVE IL CONFLITTO IN UCRAINA? PER IL 60,2% DEGLI ITALIANI SERVE UNA “NEGOZIAZIONE DIPLOMATICA” (ANDASSERO A DIRLO A PUTIN)
La maggior parte degli italiani è favorevole all’invio di aiuti umanitari all’Ucraina (37,5%), ma restia a inviare truppe militari (5,8%) o finanziare direttamente l’acquisto di armi (12,8%). Le ragioni possono essere ricondotte a fattori storici, culturali e politici. Di sicuro molti italiani, anche se condannano l’aggressione russa sono convinti che l’invio di armamenti possa solo prolungare il conflitto piuttosto che risolverlo.
Il nostro Paese sta attraversando una fase economica difficile, con un’inflazione che morde e una crisi energetica che ha innalzato notevolmente i costi delle bollette. In questo contesto è evidente che l’invio di armi sia visto con una certa diffidenza da parte di un cittadino su due, anche perché i problemi interni risultano più sentiti dalla gente.
Per buona parte dell’opinione pubblica la guerra in Ucraina è sentita come un conflitto che sta riguardando direttamente Usa, Russia e Paesi dell’est Europa, escludendo la Ue e l’Italia che, giorno dopo giorno, risultano sempre più emarginate da qualsiasi accordo. La negoziazione diplomatica è la migliore soluzione per fermare la guerra nel cuore dell’Europa per il 60,2% della popolazione.
Supporto militare (8,3%) e intervento diretto e guidato di altri Paesi (6,5%) non trovano molto riscontro nelle indicazioni di risoluzione del conflitto indicate dagli
italiani, come neppure le sanzioni economiche per la Russia (9,7%) che, invece, ha saputo riorganizzare in tempi rapidi la propria economia per resistere alle sollecitazioni.
Vladimir Putin ha trovato nuovi partner economici e ha mantenuto una forte volontà politica per continuare il conflitto pur di raggiungere i suoi obiettivi geopolitici. In tutto questo l’aumento dei costi dell’energia, l’inflazione e il carovita, senza trascurare il rincaro dei carburanti hanno influenzato in maniera importante la vita di quasi il 40% (36,7%) degli italiani.
Il conflitto ha profondamente inciso sulla nostra economia, sulla società e sulla politica. Per molti italiani la guerra si è tradotta in un aumento del costo della vita, un senso di insicurezza e smarrimento ha pervaso le percezioni di una buona parte dell’opinione pubblica. Il fatto che il 53,6% degli italiani non percepisca alcuna influenza diretta, se non poca (31,2%), suggerisce che questi cittadini associno i loro problemi quotidiani più a cause interne percependo il conflitto come una complicazione “lontana”.
La Ue se ha agito in maniera compatta nel sostenere le sanzioni contro la Russia, non si è mostrata altrettanto unita nel prendere decisioni rapide e decisive per il conflitto.
Questo gli italiani lo hanno ben compreso, infatti il 64,5% dell’opinione pubblica, senza alcuna sfumatura di colore politico, è persuasa che l’Unione europea non stia lavorando in maniera efficace per la risoluzione della guerra in Ucraina. È evidente che sono molte le persone che non comprendono pienamente l’ampio contesto geopolitico e le motivazioni che spingono i loro leader a sostenere Zelens’kyj, non mostrandosi quindi così “volenterosi” a differenza dei loro premier
Alessandra Ghisleri
per “la Stampa”
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
“STA TAGLIANDO I DIPENDENTI FEDERALI PER ARRICCHIRSI, NON PER AIUTARE GLI AMERICANI”… IL “DOGE” HA LICENZIATO QUASI TUTTO IL PERSONALE DELLA SEDE DELL’ISTITUTO AMERICANO PER LA PACE
Migliaia di attivisti scendono in piazza per protestare contro Elon Musk e i suoi tagli al
governo. Davanti a oltre 500 concessionari Tesla negli Stati Uniti e in varie città europee, molti manifestanti hanno chiesto che il miliardario lasci l’incarico all’interno dell’amministrazione Trump, dove con il suo Dipartimento per l’Efficienza del Governo punta a ridurre gli sprechi e gli abusi e tagliare il deficit di 1.000 miliardi.
Il movimento ‘Tesla Takedown’, nato per protestare contro il first buddy, ha indetto il giorno di protesta con l’obiettivo di raggiungere 500 manifestazioni in tutto il mondo. La campagna avviata punta a convincere i proprietari di Tesla a cedere i loro veicoli e agli azionisti a vendere le loro azioni nel colosso delle auto elettriche, da cui Musk trae la maggior parte della sua ricchezza. “E’ un peccato che Musk abbia deciso di usare il suo potere e la sua ricchezza per portare avanti sforzi negativi”, ha detto Austin Naughton, che gestisce la pagina Facebook di una delle organizzazioni che ha promosso la protesta a Washington.
“Sono stanca di miliardari che calpestano la classe operaia”, ha detto Alainn Hanson ai microfoni di Cnn mentre protestava contro Musk in Minnesota. Davanti al concessionario Tesla di New York tra le 500 e le 1.000 persone si sono riunite rispondendo all’appello degli ambientalisti di Planet Over Profit, convinti che “fermare Musk aiuterà a salvare vite umane e a proteggere la nostra democrazia”.
Secondo diversi manifestanti, convinti che Musk debba lasciare il suo incarico all’interno dell’amministrazione, il miliardario sta “tagliando i dipendenti federali per arricchirsi, non per aiutare gli americani”. La ministra della Giustizia Pam Bondi e il direttore dell’Fbi Kash Patel hanno definito nei giorni scorsi gli atti di protesta contro Tesla come “terrorismo domestico”. L’Fbi si è spinta fino a creare una task force per “reprimere gli attacchi violenti” contro Tesla dopo che diversi incidenti si sono succeduti nelle ultime settimane.
L’amministrazione Trump ha licenziato quasi tutto il personale della sede dell’Istituto americano per la pace. I dipendenti sono stati avvisati con una email nella tarda serata di venerdì. Lo riporta il Washington Post. I licenziamenti sono una delle ultime mosse del Dipartimento dell’Efficienza del Governo di Elon Musk, impegnato da mesi a ridurre quelli che ritiene gli sprechi e gli abusi nel governo.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
IL CRIMINALE A STELLE E STRISCE STA DANDO MARTELLATE ALLE MISURE A SOSTEGNO DI DONNE, DISABILI, DISCENDENTI DI SCHIAVI, MINORANZE ETNICHE… E GIORGIA? DIFENDE IL MADE IN ITALY O IN MAR-A-LAGO?… MA MANDATELO A FARE IN CULO CON TUTTA LA SUA CORTE DEI MIRACOLI (COME HA FATTO LA FRANCIA)
Estende suoi effetti in Europa e in Italia la svolta che Donald Trump ha prescritto alla pubblica amministrazione del suo Paese definendo «discriminazione illegale» le precedenti politiche del personale chiamate «Diversità, equità e inclusione» (Dei) e «Diversità, equità, inclusione e accessibilità» (Deia).
Comunicazioni che pongono la rinuncia ai criteri di diversità e inclusione come condizione per poter ricevere appalti statunitensi sono già state inviate in Spagna e Francia. Anche l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma è tenuta a spedirne a imprese italiane fornitrici di beni e servizi.
Ieri il Corriere della Sera ha domandato alla sede diplomatica di via Veneto se messaggi di questo tipo sono partiti o stanno per partire nel nostro Paese, in particolare con la richiesta di far sapere entro cinque giorni se le aziende in questione rispettano l’ordine esecutivo del presidente americano di non seguire le politiche Dei e Deia.
«L’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma non esprime commenti su specifiche
operazioni di Ambasciata. Il nostro impegno con i partner locali è conforme alle politiche e alle procedure del governo statunitense», ci ha risposto il portavoce della sede di via Veneto rimandando al Dipartimento di Stato per ulteriori informazioni.
Dopo che lettere sono state spedite ad aziende locali, ieri a Parigi il ministero del Commercio estero ha giudicato «inaccettabili» le «ingerenze americane nelle politiche di inclusione delle imprese francesi, come le minacce di dazi». Il Financial Times nel frattempo aveva intercettato uno dei testi americani. «Se non accettate di firmare questo documento, vi saremmo grati di fornirci gentilmente motivazioni dettagliate che saranno inoltrate al nostro ufficio legale», c’è scritto.
Con l’altolà, un tocco di garbo diplomatico nella formulazione. Perentorio, a tratti brutale, invece l’ordine esecutivo del 21 febbraio firmato dal presidente degli Stati Uniti Trump in materia. «Pericolose, degradanti e immorali» sono gli aggettivi con i quali il provvedimento liquida «preferenze» basate «sulla razza e sul sesso sotto le mentite spoglie della cosiddetta “diversità, equità e inclusione” ».
Secondo Trump le agevolazioni «minano anche la nostra unità nazionale, poiché negano, screditano e minano i tradizionali valori americani di duro lavoro, eccellenza e risultati individuali».
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
IL TRENTENNE PATRIOTA EUROPEO E’ AL FRONTE DA DUE ANNI
I media russi hanno annunciato l’uccisione da parte dei loro soldati del foreign fighter
italiano Yuri Previtali, originario Palazzago, provincia di Bergamo, che combatteva per l’esercito ucraino. Morte che però è stata smentita dal diretto interessato al Corriere della Sera: «Sto bene, sono vivo». Anche fonti diplomatiche smentiscono l’informazione data dai media russi.
Come è circolata l’informazione
A lanciare la notizia del decesso è stato Vladimir Rogov, presidente del coordinamento «per l’integrazione delle nuove regioni russe».
«Un altro mercenario straniero è stato eliminato – recita l’annuncio – si tratta del nazista italiano Yuri Previtali, originario di Bergamo». Tesi sostenuta anche dall’agenzia russa Tass. Ex camionista, trentenne, Yuri combatte per Kiev da due anni. Aveva dichiarato al Corriere di Bergamo di esser disposto «a morire per l’Ucraina». Ha una figlia di otto anni. «Sa che il suo papà è in Ucraina a far la guerra, ma non sa che sto combattendo anche per lei, per garantire alle nuove generazioni un futuro migliore», rispose in quell’intervista.
Nemmeno pochi giorni fa Previtali aveva scritto sui social: «Dopo due anni in combattimento l’Ucraina mi riconosce lo status di Veterano. Ottenerlo è stata un po’ un odissea, ne avevo diritto già dal 2023, ma mi trovavo in Unità militari che avevano grossi problemi con la burocrazia. Un enorme grazie al mio avvocato che ha preso a
cuore questa lotta e mi ha aiutato a far rispettare i miei diritti. Gloria all’Ucraina!». In tutto questo tempo il 30enne è stato sempre sul campo, con solo un breve rientro in Italia per un infortunio al ginocchio, salvo poi rientrare al fronte subito dopo.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
CINQUE I VOLI SOSPETTI SUL CENTRO RICERCA UE E VICINO ALLE AZIENDE DI ELICOTTERI MILITARI… PER ABBATTERLO CI VUOLE IL VOTO DEL PARLAMENTO? GOVERNO RIDICOLO
È scattato l’allarme sicurezza dopo l’avvistamento di un drone di fabbricazione russa vicino a Ispra, in provincia di Varese. Le indagini e i sospetti dell’intelligence suL velivolo che ha sfidato la «no fly zone» in un’area sorvegliatissima
Un drone di fabbricazione russa avrebbe spiato almeno cinque volte la zona in cui si trovano gli edifici del Joint research centre della Commissione europea di Ispra, su lago Maggiore. Lo riporta il Corriere della Sera, secondo cui per circa una settimana, il velivolo sospetto ha sorvolato una delle strutture più sorvegliate nel Nord Italia. La segnalazione è arrivata dal Centro comune di ricerca europeo, che ha usato un proprio sistema di rilevamento sperimentare di velivoli sconosciuti. Solo a marzo sarebbero stati cinque i passaggi del drone che hanno fatto scattare l’allarme.
Il drone russo
L’avvistamento sarebbe tenuto in alta considerazione sotto il profilo della sicurezza nazionale. Si sarebbe trattato infatti di un modello di drone di fabbricazione russa, spesso equipaggiato con telecamere e strumenti capaci di riprendere un obiettivo a ottima risoluzione e anche con scarsa luce. Il drone in questione sarebbe anche capace di perlustrazioni notturne e di mappature tridimensionali, secondo il Corriere.
Il Jrc sul Lago Maggiore
L’area su cui ha sorvolato il drone russo per ben cinque volte è densa di obiettivi particolarmente sensibili. C’è il Jrc, terzo campus di ricerca più grande dell’Ue dopo quello di Bruxelles e Lussemburgo. Qui da 65 anni lavorano ricercatori in settori che vano dallo spazio al nucleare. A pochi chilometri ci sono importanti stabilimenti di Leonardo. In particolare a 12 chilometri c’è la Leonardo helicopters training academy di Sesto Calende. E poco più distante, a Vergiate, c’è la Divisione elicotteri, dove si progettano e producono velivoli civili e militari. Nel raggio di circa 40 chilometri ci sono gli altri centri strategici di Samarate, Somma Lombardo e poi Vengono superiore, dove c’è la Aircraft division. Ma se il drone russo abbia o meno sorvolato anche questi luoghi non c’è ancora conferma, come spiega il Corriere.
I precedenti
Di tentativi di spionaggio russo in Italia, o presunti tali, soprattutto negli ultimi anni non sono mancati. Tra i casi sospetti più recenti c’è stato quello di due imprenditori milanesi titolari di un’azienda di servizi tecnologici. I due erano stati accusati di «corruzione del cittadino da parte dello straniero», aggravata dalla finalità di terrorismo ed eversione. I due sarebbero stati pagati in criptovalulte per riprendere luoghi sensibili di Milano e Roma, usando una telecamere a bordo della loro auto.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
TAJANI “NO AGLI SFASCIACARROZZE”
Il duello a distanza tra Forza Italia e Lega sembra destinato a non finire. Se ieri
l’oggetto del contendere era stato il decreto legge sulla stretta della cittadinanza per gli oriundi appena provato in consiglio dei ministri, oggi torna a essere l’Europa e le questioni internazionali. Con il partito di Matteo Salvini che torna criticare il piano di riarmo europeo, e dall’altra il ministro degli Esteri e leader forzista Antonio Tajani nel sottolineare che all’Europa “non servono gli sfasciacarrozze”.
Tajani, intervenendo in video collegamento a un convegno di Forza Italia, dove ha mandato un messaggio anche Ursula von der Leyen, afferma: “L’Europa si può criticare, ma non sfasciare. Anzi, va costruita. Non abbiamo bisogno di sfasciacarrozze, abbiamo bisogno di donne e uomini di buon senso che facciano una buona politica per proteggere l’interesse di mezzo miliardo di persone, fra i quali ci siamo noi”.
Il responsabile della Farnesina torna anche sulla questione cittadinanza: “La riforma della cittadinanza per diritto di sangue, prima firmataria la presidente del Consiglio, è stata approvata all’unanimità dal consiglio dei ministri – spiega -. Noi vogliamo dire basta alle truffe, basta a costringere i nostri consolati a occuparsi di finti cittadini o finte persone che vogliono diventare cittadini italiani soltanto per avere un passaporto e non perché sono attaccati all’Italia”.
E sul rapporto con gli alleati di governo spiega: “Forza Italia gode di ottima salute, siamo il terzo partito in Italia e la seconda forza del centrodestra”
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA GARANTIREBBE A WASHINGTON IL CONTROLLO SU TUTTI I PRINCIPALI INVESTIMENTI FUTURI IN INFRASTRUTTURE E MINERALI NEL PAESE E TUTTI I PROFITTI FINO A QUANDO KIEV NON AVRÀ RIMBORSATO IL SUPPORTO MILITARE ED ECONOMICO FORNITO DAGLI STATI UNITI DALL’INIZIO DELLA GUERRA, MA SENZA GARANZIE SULLA PROTEZIONE MILITARE DAGLI ATTACCHI RUSSI
L’Ucraina chiederà modifiche al nuovo e radicale accordo economico proposto dal presidente Donald Trump sulle terre rare, tra cui l’impegno a maggiori investimenti da parte degli Stati Uniti. Lo scrive Bloomberg citando una fonte a conoscenza del dossier. La bozza di accordo proposta – visionata dall’agenzia – garantirebbe a Washington il controllo su tutti i principali investimenti futuri in infrastrutture e minerali nel Paese devastato dalla guerra, e senza limiti di tempo.
Kiev però teme che l’accordo possa non solo indebolire la sua offerta di entrare nell’Unione Europea, e richiederebbe anche di rimborsare tutto il supporto militare ed economico fornito dagli Stati Uniti a Kiev dall’inizio della guerra.
Il tentativo di Donald Trump di “colonizzare” l’Ucraina è stato respinto da Kiev. Un mese dopo l’inizio dei negoziati sui minerali rari e il duro scontro allo Studio Ovale, il presidente Usa e il suo omologo Volodymyr Zelensky sono tornati al punto di partenza. E questo perché Trump ha cambiato le carte in tavola in modo drammatico, togliendo tutti i punti di compromesso raggiunti con fatica dalle due delegazioni, inclusa la garanzia della protezione militare dagli attacchi russi. Ieri Zelensky ha confermato di aver ricevuto da Washington una «nuova proposta » sulle terre rare.
Zelensky non ha fornito dettagli, ma secondo i media ucraini il testo sarebbero ancora molto sfavorevole. Esponenti del governo ucraino hanno definito l’offerta una «rapina », parlamentari ucraini hanno parlato di «inaccettabile proposta» e dichiarato che Zelensky non può sottoscrivere accordi che trasformino il Paese in colonia americana.
Giovedì, parlando a Parigi con i giornalisti, Zelensky aveva ammesso che l’intesa era lontana, aveva accusato Trump di «cambiare continuamente i termini», ma anche rassicurato Washington sulle sue intenzioni: «Non vogliamo dare agli Stati Uniti l’impressione che l’Ucraina sia contraria in generale».
Trump, però, si è rimangiato tutto: ha superato la linea rossa, vuole il controllo delle infrastrutture e delle risorse naturali attraverso un fondo di investimento gestito dagli
Usa. Il tycoon pretende tutti i profitti del fondo fino a quando Kiev non avrà rimborsato il prestito, più un interesse annuo del 4 per cento. Il board a capo del fondo sarebbe formato da tre membri nominati dagli Stati Uniti e due dall’Ucraina.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
“IL VIAGGIO DI IMAMOGLU VERSO LA PRESIDENZA INIZIA OGGI”: SUL PALCO DELLA MANIFESTAZIONE È SALITA LA MOGLIE DEL PRIMO CITTADINO, DILEK: “LA LOTTA PER LA DEMOCRAZIA DEVE CONTINUARE, ORA PIÙ CHE MAI”
“Il viaggio di Imamoglu verso la presidenza inizia oggi”. È il grido di battaglia lanciato
dall’opposizione dal palco della nuova manifestazione questa mattina contro l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu. Dopo una settimana di proteste andate in scena dinanzi il municipio, il segretario del partito repubblicano Chp, Ozgur Ozel, ha dato appuntamento ai manifestanti nel quartiere di Maltepe, sulla sponda asiatica della città.
Un appuntamento cui la gente ha risposto in massa, nonostante la città si sia in parte svuotata per la festa di Eid al-Fitr che segna la fine del Ramadan.
Sostenitori del sindaco di Istanbul hanno affollato metropolitane, traghetti, autobus, creando coloriti caroselli caratterizzati dalle immancabili bandiere turche e dagli, altrettanto immancabili, slogan contro il presidente Recep Tayyip Erdogan. Nonostante la consueta guerra di numeri sono sicuramente diverse decine di migliaia le persone che si sono radunate a Maltepe per chiedere la liberazione del sindaco di Istanbul e degli altri arrestati, ma anche elezioni anticipate.
Un’ovazione è scattata quando è salita sul palco la moglie di Imamoglu, Dilek. “È assurdo pensare di condannare Ekrem. La lotta per la democrazia deve continuare, ora più che mai”, ha detto a infiammare la piazza.
Dilek era accompagnata dai figli, il fratello e i genitori del sindaco. E anche l’anziana madre di Imamoglu ha preso la parola: “Sarà tutto bellissimo”, ha detto rilanciando lo slogan di Imamoglu tra applausi scroscianti, “perché mio figlio ha solo servito voi e servito il Paese”.
Secondo Ozel, sono stati centinaia di migliaia di partecipanti alla manifestazione. Il segretario di Chp ha ricordato che alle primarie di domenica scorsa Imamoglu ha ottenuto 14,5 milioni di voti: “È il nostro candidato per le presidenziali”. Un’investitura ufficiale di Imamoglu ad anti Erdogan, dopo che il popolo dell’opposizione lo ha scelto per la sfida al presidente turco alle presidenziali del 2028.
“Il vento è cambiato, il tempo di Erdogan è finito”, hanno urlato i manifestanti. “Cercano di zittire i media di opposizione, ma non capiscono che in Turchia il potere è del popolo e basta”, dice all’Agi Seda, ingegnere di 32 anni. “Quello del 19 marzo (giorno dell’arresto di Imamoglu ndr) è stato un golpe vero e proprio, l’ennesima conferma che questo governo usa la magistratura per ottenere legittimità. Devono andare a casa”, fa eco Murat, guida turistica che stamani si è unita alla folla.
(da agenzie)
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Marzo 30th, 2025 Riccardo Fucile
LE PROFEZIE DI ANDREA RINALDO, LO SCIENZIATO A CUI IL RE DI SVEZIA HA CONSEGNATO IL “NOBEL DELL’ACQUA”: “ALLUVIONI E SICCITÀ SONO DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA, IL CAMBIAMENTO CLIMATICO. IMPOSSIBILE INVERTIRE LA ROTTA. SERVE UN PIANO MARSHALL DELL’ACQUA. NOI NE CONSUMIAMO 260 LITRI PRO CAPITE AL GIORNO, MA NELL’AFRICA SUBSAHARIANA UNA DONNA HA SOLO QUELLA CHE PORTA DAL POZZO NELL’OTRE”
Si dovrebbe erigere un monumento all’avversario che nel 1978, durante un incontro di rugby, gli ruppe i legamenti crociati del ginocchio sinistro. «La carriera universitaria fu il mio piano B», confessa il professor Andrea Rinaldo, 70 anni.
A 24 era azzurro e campione d’Italia con il Petrarca Padova, ma senza quell’infortunio non sarebbe diventato il campione del mondo che è oggi, primo e unico connazionale a vedersi consegnare dal re Carlo XVI Gustavo lo Stockholm Water Prize, detto «il Nobel dell’acqua», massimo riconoscimento internazionale per gli studi idrici, istituito dalla stessa Accademia reale svedese che assegna i premi per la fisica, la chimica, la medicina, la letteratura e l’economia.
Ingegnere idrologo, docente emerito di costruzioni idrauliche all’Università di Padova, Rinaldo ha contribuito a inventare l’ecoidrologia. Dell’acqua, e del suo rapporto con gli esseri viventi, sa tutto: distribuzione, alluvioni, siccità, patogeni. Ha
diretto il Laboratorio di ecoidrologia dell’École polytechnique fédérale di Losanna. Siede nell’Accademia dei Lincei. Ha lavorato in Burkina Faso, Haiti e Bangladesh su colera e bilharziosi veicolati dall’acqua.
Il tema che più le sta a cuore qual è?
«Quando nel 2023 fui premiato a Stoccolma, mi dissero: “Ha un megafono, il mondo la ascolta”. Parlai della giusta distribuzione dell’acqua. Noi ne consumiamo 260 litri pro capite al giorno, ma nell’Africa subsahariana una donna ha solo quella che porta dal pozzo nell’otre tenuto sulla propria testa: 25 litri, dieci volte di meno. Urge un ripensamento
È sempre stato fissato con l’acqua?
«Beh, sono veneziano. Papà, ingegnere idraulico, avrebbe voluto che ereditassi il suo studio professionale. Diceva: “Insegni? Va bene. Ma lavorare? Niente?”».
Il suo primo ricordo dell’acqua?
«San Barnaba 3074, alluvione del 4 novembre 1966. Il mare sale, sale, sale dentro la nostra casa di Venezia, e non scende mai, 15 ore di panico e disperazione».
Quando vede ripetersi lo stesso evento in Emilia-Romagna che cosa prova?
«Tutto tranne che stupore. È ciò che dobbiamo aspettarci sempre più spesso. Il clima sta cambiando molto rapidamente, noi no. Finirà male. Concentrazione di gas serra e aumento delle temperature sono il problema dei problemi. “Il passato non esiste”, diceva il poeta Biagio Marin. Ciò che abbiamo osservato negli ultimi 80 anni, insegna poco su quello che accadrà in futuro. Le variazioni climatiche sono troppo repentine.
Gli scenari dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico, mostrano che il surriscaldamento del pianeta continuerà a crescere, non riusciremo proprio a fermarlo».
Combattiamo una guerra che è già perduta, è questo che mi sta dicendo?
«Chiedere a 1 miliardo di indiani che non usino il condizionatore o fermare la deforestazione dell’Amazzonia è impossibile, perché il Nord del pianeta non è credibile agli occhi del Sud, dunque gli accordi globali falliranno. Mentre noi due siamo qui a chiacchierare, 800 milioni di africani si preparano a vivere fra 10 anni in città che oggi neppure esistono. E ci aspettiamo che queste megalopoli siano carbon friendly ? Andiamo!».
Quindi come si dovrebbe procedere?
«Serve un piano Marshall dell’acqua. I diagrammi mostrano che un numero impressionante di indicatori economici, sociali e biogeochimici di turbazione della biosfera hanno tutti lo stesso andamento, sincrono e piatto, a partire dall’inizio delle misurazioni, da quando Giovanni Poleni nel Settecento istituì a Padova la prima cattedra di idraulica al mondo. Ma dagli anni Cinquanta del secolo scorso questi
indicatori sono impazziti. Non può essere un caso. Siamo giunti al punto di non ritorno».
Se il governo le chiedesse di prendere in mano la situazione, che farebbe?
«Direi alla premier che alluvioni e siccità sono due facce della stessa medaglia: il riscaldamento globale. Le spiegherei che per la legge di Clapeyron ogni grado di aumento della temperatura significa un 7-8 per cento in più di acqua che l’atmosfera trattiene, pronta a trasformarsi in nubifragi quando incontra un fronte freddo.
Le mostrerei le foto satellitari di un angolo del globo, nel deserto del Sahel, dove non piove da 42 anni: si notano le tracce morfologiche dei grandi fiumi che un tempo solcavano quelle terre. La prova che nulla è eterno».
Dunque la città in cui è nato sparirà?
«Gli scenari dell’Ipcc sono una campana a morto per Venezia. Ci abbiamo messo 60 anni per fare il Mose. Fra altri 60 la proiezione più ragionevole sull’Adriatico del Nord indica che avremo all’incirca 70-80 centimetri in più di livello delle acque. Aggiunga l’inevitabile subsidenza: il fondo marino si abbassa. Risultato: per la fine di questo secolo il medio mare si sarà innalzato di 1 metro. Con le regole di oggi, il Mose andrebbe chiuso 262 volte l’anno. Il che decreterebbe la morte dell’ecosistema lagunare».
Capisco il suo dolore, è anche il mio.
«L’opera d’arte che tutto il mondo c’invidia registra per la prima volta questi livelli del mare. L’imbibizione da acqua salata rappresenta un guaio aggiuntivo: quando evapora, il sale resta nella struttura muraria. Le 15.000 unità abitative della laguna non hanno mai visto simili livelli dell’acqua. Venezia non sprofonderà alla maniera di Atlantide, come immaginano i romantici. No, marcirà»
Non mi dica che il ragazzo cresciuto a San Barnaba rimarrà a guardare.
«Ci restano 60 anni per salvare la mia città. Sono presidente dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, un’accademia napoleonica che ha 200 anni di vita. Sto organizzando una consultazione internazionale sul tema. Finanzieremo gruppi di scienziati affinché offrano sette idee per la salvezza di Venezia. Così la politica potrà scegliere fior da fiore. Solo sette idee. Nessuno vince. Sarà il mio lascito».
Parla come un novello doge.
«La laguna sarebbe sparita 400 anni fa se la Serenissima non l’avesse preservata deviando più a nord il corso del Piave e del Sile e più a sud quello del Brenta. Bisogna mettere le mani su tutto per conservare quello che abbiamo oggi».
La nostra rete idrica ha picchi di perdite del 66 per cento in Puglia e Molise.
«L’elefante nella stanza non è l’acqua sprecata ma il suo uso. Quali agricolture e irrigazioni saranno possibili? Andrea Zanzotto era inorridito dalla cementificazione
che ha sconciato il Veneto. Per Goethe la strada da Vicenza a Padova era la più bella al mondo: provi a percorrerla adesso. In un sistema in cui l’80 per cento della ricchezza è concentrato nelle mani del 20 per cento della popolazione, non possiamo lasciar fare solo all’economia. Lei ha idea di quanta acqua richiede l’Intelligenza artificiale?».
No.
«Guidiamo nella notte con gli occhi chiusi e con i fari spenti. Tutti vogliono fare gli influencer, diventare miliardari in pigiama senza muoversi da casa. Invece il mondo e la natura sono crudeli. Ho parlato con il re di Svezia delle malattie come la bilharziosi, che trova nelle chiocciole d’acqua dolce gli ospiti intermedi. “Non ci riguarda”, ha sorriso. Si sbaglia, maestà, ho replicato: basta 1 grado di differenza e spariscono i salmonidi dell’arco alpino. Dobbiamo immaginare grandi mutamenti nelle tradizioni dei luoghi, negli assetti economici e sociali, e abbandonare le prospettive antropocentriche che guardano solo all’ Homo sapiens e ai suoi interessi».
Non passerà per un millenarista?
«L’arte è fatta per disturbare, la scienza per rassicurare, credeva Georges Braque.
È il contrario. Ho visto gli haitiani pagare un cavolo al mercato con la app. Non hanno né acqua né fognature né strade né polizia né governo, però gli abbiamo portato i cellulari e il colera, che non vedevano da 200 anni: sono stati infettati da alcuni portatori sani nepalesi delle truppe di pace dell’Onu. Da questa logica discende, secondo me, l’infattibilità di un accordo globale per la mitigazione del cambiamento climatico».
Si può desalinizzare l’acqua del mare?
«Costoso ed energivoro. Israele vende l’acqua potabile alla Giordania e ricicla il 90 per cento di reflui dei depuratori».
Avremo ancora acqua da bere?
«Non si possono fare previsioni: solo scenari. Uno peggio dell’altro».
(da “Corriere della Sera”)
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