Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile
LO STATO METTE ALL’ASTA CINQUE MARINE TURISTICHE… DISMISSIONI ANCHE IN CALABRIA E COSTA SMERALDA
Estate 2015, la Grecia vende i porti del Pireo e di Salonicco.
La stretta imposta dai creditori al governo di Atene, del resto, non lascia alternative: l’agenzia per le privatizzazioni ha stabilito la cessione dei due porti.
A Roma capita qualcosa di apparentemente analogo.
Lo Stato attraverso Invitalia, società controllata dal ministero dell’Economia, sta vendendo cinque porti turistici.
All’asta sono finiti moli e pontili a Capri, la marina di Portisco in Costa Smeralda, la marina d’Arechi nel golfo di Salerno (un progetto da mille posti barca dell’archistar Santiago Calatrava), il porto delle Grazie a Roccella Jonica e l’area di Porto Lido a Trieste.
In totale circa 2.500 posti barca disseminati lungo le più belle e conosciute coste italiane.
Un patrimonio, stimato almeno 50 milioni di euro, che nei piani della società pubblica avrebbe dovuto essere valorizzato per attrarre investimenti e promuovere lo sviluppo dei porti turistici.
Il progetto avviato una decina di anni fa, aveva preso il nome di «Italia Navigando», una società controllata proprio da Invitalia, e prevedeva un massiccio intervento pubblico per realizzare una rete di 50 porti turistici e la bellezza di 50 mila posti barca.
Lo Stato si faceva, insomma, carico di sviluppare un maxipolo nautico da nord a sud dell’Italia.
Con un particolare occhio di riguardo proprio per le aree del meridione.
E alla presidenza di Italia Navigando nel 2010 è arrivato il leccese Ernesto Abaterusso, un ex deputato ds, legato da una lunga consuetudine con Massimo D’Alema, che quest’anno ne ha sostenuto la candidatura al consiglio regionale della Puglia.
Proprio qui, nei piani di Italia Navigando, figuravano otto marine.
Compresa Gallipoli, dove erano previsti 379 posti barca.
I porti turistici ad Abaterusso hanno fruttato più di un grattacapo. L’ex presidente di Italia Navigando (che intanto è finita in liquidazione sepolta dai debiti) è iscritto nel registro degli indagati per la vicenda del nuovo porto della Concordia di Fiumicino, un progetto per una maximarina da 1.500 posti barca e 400 milioni di investimenti sulla costa laziale
A luglio la procura di Civitavecchia ha chiuso le indagini sui lavori di costruzione del porto, partecipato da Italia Navigando, e sta per chiedere il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio, frode e appropriazione indebita.
Nel registro degli indagati figurano anche Domenico Arcuri, attuale amministratore delegato di Invitalia, e Manlio Cerroni, dominus incontrastato nella gestione della raccolta dei rifiuti a Roma.
Quanto basta per escludere la vendita del porto della Concordia dal bando dove compaiono gli altri cinque in via di cessione.
Un’operazione di dismissione che comunque, nel suo complesso, si sta rivelando disseminata di ostacoli e dubbi. Il bando fissava i termini per la presentazione delle offerte il 13 luglio, ma poi la scadenza è slittata alla fine del mese.
Nel frattempo un’interrogazione parlamentare, firmata da Vincenza Bruno e Nicola Stumpo, entrambi del Pd, ha chiesto al governo di sospendere tutto.
I due parlamentari contestano l’incongruenza della procedura, alla luce delle modifiche al bando introdotte in corsa da Invitalia.
In particolare, Bruno e Stumpo hanno puntato l’indice contro la riserva di una quota del «31% a favore di enti e/o imprese pubbliche» fissata per il Porto di Roccella Jonica.
Una modifica che ha «introdotto una limitazione di acquisto ai privati, che in sostanza si concretizza in una palese agevolazione dell’unico ente pubblico – il Comune di Roccella Jonica – interessato all’acquisto».
Un corto circuito, tanto più considerato che Invitalia vende i porti motivando la scelta con l’obbligo di rispettare la norma che impone la dismissione delle partecipazioni societarie da parte degli enti pubblici.
Per Roccella Jonica la norma è ancor più stringente poichè i Comuni con meno di 30 mila abitanti non possono detenere alcuna partecipazione. Ma tant’è
A Capri a voler acquistare il 49% della partecipazione del porto in capo a Invitalia è proprio il Comune che detiene il restante 51%.
Una delibera del consiglio comunale ha chiesto a Invitalia di fermare la vendita ai privati, spiegando che il Comune non li vuole come soci.
Non sorprende che tra le otto buste con le offerte depositate pare esserci quella del confinante municipio di Anacapri.
La privatizzazione ha, insomma, preso una rotta diversa da quella del Pireo.
A farsi sotto per Portisco, una perla che attira i maxiyacht tra Porto Cervo e Porto Rotondo, dovrebbe esserci una cordata guidata da Renato Marconi.
Quest’ultimo è l’ex socio di minoranza di Italia Navigando, liquidato con 16 milioni di euro dopo una battaglia legale con Invitalia.
Il dubbio è sul prezzo. La concessione per Portisco scade nel 2029. Troppo breve per ripagare un investimento importante. Da qui il timore di una svendita dopo il fiasco.
A scanso di equivoci Invitalia ha nominato una commissione aggiudicatrice esterna.
Andrea Ducci
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
SE LO CONTENDONO TOSCANA E SICILIA, LA LOTTA E’ TRA PIOMBINO E PALERMO
“La partita” su quale porto ospiterà la Concordia “è ancora tutta aperta”.
Così il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, prova a tranquillizzare chi, dalla Toscana alla Sicilia, già si accapiglia per mettere le mani su ciò che resta della nave.
Se per legge, infatti, la Concordia è tecnicamente “un rifiuto”, dal punto di vista del business è una miniera d’oro: il suo smantellamento è un affare da centinaia di milioni di euro. Rifiuto ricco, mi ci ficco.
I due principali contendenti sono il porto di Piombino e Palermo.
Poichè il disastro è avvenuto in Toscana, la competenza spetterebbe alla Regione. Lo ha ribadito anche oggi Gabrielli nel corso di un’audizione alla Commissione Ambiente della Camera: “In generale, la competenza sulla nave è della Regione Toscana, perchè tanto a livello legale che di norme Ue il relitto è un rifiuto” del quale la Regione dovrà disporre lo smaltimento.
Il problema, però, è che il porto di Piombino non presenta le adeguate caratteristiche tecniche.
Motivo per il quale in primavera il governo ha emanato un decreto per far arrivare a Piombino i fondi necessari per i lavori sul porto (un decreto da 73 milioni di euro per dragare i fondali, realizzare una nuova banchina e il tratto della 398 da Montegemoli fino al porto).
È qui che si inserisce la battaglia della Sicilia, che vorrebbe portare il relitto a Palermo.
A farsi carico della causa siciliana è Giuseppe Marinello (Pdl), presidente della Commissione Ambiente di Palazzo Madama, secondo il quale il relitto (sempre che si riesca a spostare, ndr) deve virare a Sud.
“Mentre aspettiamo fiduciosi la fase di rotazione del relitto, crescono le preoccupazioni sulle voci, sempre più insistenti, secondo cui lo smantellamento della Costa Concordia possa essere affidato, contro qualsiasi logica e ragione, ai cantieri di Piombino: le inadeguatezze di quel porto e del bacino sono ben note, così come la complessità dei lavori necessari per l’eventuale adeguamento”, ha argomentato Marinello. “Oggi spiamo perplessi e preoccupati, tra qualche settimana non vorremo dover essere indignati”.
Secondo Marinello, accanirsi su Piombino significherebbe legare lo smantellamento della Concordia a “interessi politici”.
“Non è chiaro perchè non si prendano in considerazione gli altri impianti Fincantieri presenti nel Mediterraneo per i quali certo non ci sarebbe bisogno di lavori di adeguamento imprevedibili e particolarmente onerosi, come invece si rendono necessari a Piombino, dove si dovrebbe procedere anzitutto a un’escavazione dei fondali di 16 metri per accogliere il relitto della Xoncordia. Vorrei ricordare che lo smantellamento della nave Costa significherebbe una boccata d’ossigeno all’industria cantieristica navale che in particolare al sud vive uno stato di profonda crisi con oltre 700 cassaintegrati”.
In tutta questa storia, il capo della Protezione Civile fa l’equilibrista assicurando che “la questione è ancora aperta”.
Sulla carta la Regione Toscana, con il presidente Enrico Rossi, può contare sull’appoggio del governo, ma le pressioni che arrivano dalla Sicilia si stanno rivelando efficaci.
Al momento del ripristino del galleggiamento — ha spiegato oggi Gabrielli — “se il porto di Piombino sarà pronto, la nave sarà portata lì”, ricordando che “gli oneri dell’operazione Concordia sono a carico totale della parte privata e non ci sarà nessun costo per il contribuente”.
La chiave di tutto sta in quel “se”.
Nel caso in cui Piombino non devesse essere pronta, infatti, c’è già un piano B.
In tal caso — ha detto Gabrielli, “la nave, una volta rimossa, sarà trasportata nella destinazione individuata tramite un Vanguard, un’apposita struttura che imbracherà la nave per portarla in sicurezza e in questo modo potrà essere trasportata in qualsiasi parte del mondo”.
“Questo, però – ha aggiunto – implica che la nave quando verrà sollevata, produrrà lo sversamento di quanto contiene. E la Regione Toscana, dal suo punto di vista, è chiaro che porrà seriamente la questione”.
Un altro buon motivo che spingerà la Toscana a non mollare l’osso, considerando il rischio di subire, oltre al danno, anche la beffa.
(da “L’Huffington Post”)
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Luglio 11th, 2013 Riccardo Fucile
SUL WEB PIOVONO INSULTI E COMMENTI SULLA CLASSE DIRIGENTE DEL PD PER AVER ACCETTATO IL RINVIO DEI LAVORI ALLA CAMERA
“Sono senza parole, altrimenti sarebbero solo bestemmie!”. Firmato Mariangela Mori. È uno dei commenti delusi a Guglielmo Epifani, segretario del Pd, che, dopo la bagarre di ieri mattina alla Camera, compare sul suo facebook: “La richiesta di sospendere i lavori del Parlamento per tre giorni,(…) costituisce un atto inaccettabile”.
Scrive lui: “La vicenda giudiziaria di Berlusconi e le attività di Governo e Parlamento sono sfere che vanno tenute distinte l’una dall’altra, perchè altrimenti, a furia di tirare, la corda si può spezzare”.
E la base, come invita a fare il social network, commenta:
“E alloea perchè diavolo votate a favore della sospensione? Buffoni!” Alfredo Cassano
“E’ inaccettabile e quindi lo voto? Davvero, siete oltre il ridicolo, siete nel patologico. Come qualcuno ha detto nei precedenti commenti, siete almeno bipolari. Io personalmente vi ritengo vergognosi” Fabio Morgese
“Anche voi avete contribuito a trasformare quell’aula sordida e grigia in un bivacco di manipoli berlusconiani. Fra voi e loro c’è solo una elle di troppo! Pavidi e vigliacchi, come potete ancora pretendere che la gente vi voti di nuovo? Fernando Antonio
“La corda la state tirando soprattutto voi (avete tradito milioni di elettori). Attenzione c’è un limite a tutto” Enzo Rallo
“Epifani, non preoccuparti per la corda. Al momento giusto. Utilizzeremo la ghigliottina” Carmine Olmo
“Servi di Berlusoni.. almeno vi passasse la gnocca.. ma lo sostenete gratis” Arturo Presotto
“Ma pensate che siamo tutti rincoglioniti? la verità è che dovete per forza votare a favore altrimenti il vostro amico Berlusconi vi tira via le poltroncine da sotto il cxxo….. questo vi interessa a voi, le poltrone e lo stipendio..” Cinzia Fiorini
“Dimettiti ora, ma subito, prima di stasera! Se non capisci o vuoi darci ad intendere che non è una questione politica ma di ore, allora non puoi guidare il Pd! Non importa se non avete accettato tre giorni, neanche tre minuti di tempo di lavori parlamentari andavano sprecati”Gessica Tempestini
“Ci avete rotto. A casa, congresso e nuovo segretario scelto dalla base. Veramente basta. Basta con questo governicchio e questa dirigenza” Guido del Fante
“Mi pare che il ragionamento di Epifani sia correttissimo sotto il profilo istituzionale e politico. Non comprendo gli insulti, con i quali alcuni stanno commentando il post. Purtroppo questo modo di approcciare al dibattito sta creando solo gran confusione” Dino Falconio.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 16th, 2012 Riccardo Fucile
PRIMA NEGO’ L’AVARIA, POI ABBANDONO’ LA NAVE… A LANCIARE IL MAYDAY E’ STATA UNA PASSEGGERA… RICOSTRUITI TUTTI I MOVIMENTI E I CONTATTI DEL COMANDANTE SCHETTINO
Si porterà per sempre appresso due nomi la tragedia dell’isola del Giglio: uno è Concordia, il nome della nave, l’altro è Schettino, nome di battesimo Francesco, campano, l’uomo fermato dai magistrati e ritenuto il responsabile numero uno di quanto accaduto venerdì notte: è stato lui, secondo la Procura, a dirottare la nave verso la costa, lui che si è avvicinato troppo, lui che ha abbandonato i passeggeri e l’equipaggio al loro destino.
Il fattoquotidiano.it ha ricostruito tutto quanto avvenuto quella maledetta sera che, fino a oggi, ha restituito sei cadaveri e un milione di incertezze.
Il mayday mai dato.
“Costa Concordia, tutto ok?”. “Sì, Compamare Livorno, solo un guasto tecnico”.
“Costa Concordia, siete sicuri che è un guasto tecnico. Sappiamo che a bordo ci sono i passeggeri con i giubbotti salvagente”. “Compamare, confermiamo: è un guasto tecnico”.
E’ andata più o meno così, secondo le testimonianze raccolte dal Fatto.it e secondo le prime ricostruzioni della Guardia costiera, la conversazione tra la plancia di comando della Costa Concordia e la sala operativa della Capitaneria.
Anzi, bisogna dire piuttosto tra la Capitaneria e la Concordia, visto che sono stati i militari della guardia costiera a chiamare la nave.
Chissà quanto avrebbero atteso ancora a chiedere aiuto, se non fosse stato per una signora pratese a bordo.
L’allarme?
Lanciato dalla passaggera. Atterrita, ha chiamato la figlia a casa, dicendo di trovarsi all’interno della nave, che si stava già inclinando, in un locale in cui era buio pesto e con addosso il giubbotto salvagente.
La figlia ha chiamato la Capitaneria di Savona perchè la madre aveva detto che era nel tratto tra Civitavecchia e il porto ligure, ma la sala operativa non sapeva niente.
Così la telefonata successiva è stata ai carabinieri di Prato che hanno contattato i colleghi di Livorno.
E hanno coinvolto la Capitaneria di Livorno che si è messa “a caccia” della nave Costa grazie al cosiddetto ‘Ais’ (Automatic Identification System), il sistema tecnologico di identificazione navale.
“Solo un guasto”.
Dalla sala operativa livornese hanno dunque chiamato a bordo del Concordia. “Problemi?”, hanno chiesto. Dall’altra parte hanno risposto che era solo un guasto tecnico (e siamo già alle 22 passate, almeno un quarto d’ora dopo la collisione contro gli scogli secondo gli orari della Procura).
Ma il militare della Capitaneria è vispo, sente che qualcosa non torna: un guasto tecnico e i passeggeri hanno il salvagente? Meglio chiarire: scusate, Concordia, ma allora perchè i passeggeri hanno il giubbetto?
Dall’altra parte, di nuovo la stessa risposta: confermiamo, guasto tecnico.
Una risposta che hanno sentito anche i finanzieri della prima motovedetta arrivata in assoluto sul posto, appartenente al Reparto aeronavale delle fiamme gialle di Livorno.
“All’inizio dalla nave hanno detto che si trattava di un guasto tecnico, senza specificare la natura — racconta il tenente colonnello Italo Spalvieri, comandante del reparto — Successivamente hanno chiesto all’equipaggio della motovedetta di poter agganciare un cavo in modo da essere trainati, ma era come chiedere a una formica di spostare un elefante”.
Dopo circa 20 minuti, spiega Spalvieri, hanno dato l’ ‘abbandono nave’, il segnale per l’evacuazione.
La fuga.
Schettino è tra i primi ad arrivare al Giglio, sulle banchine del porto. Lui e moltissimi membri dell’equipaggio.
A bordo resta praticamente solo il primo commissario di bordo quello che, al contrario degli altri, farà il suo lavoro, verrà trasformato in eroe.
Lui resta e aiuta i passeggeri a trasferirsi sulle scialuppe, ma gran parte del resto dell’equipaggio è già sulla terra ferma, in salvo.
Il bar, l’unico del porto, il Caffè Ferraro, riapre la saracinesca per aiutare i naufraghi.
Schettino sale su un taxi.
Tra le persone gigliesi, così si chiamano gli abitanti dell’isola, arriva sul molo anche un tassista. E’ a lui che il comandante, in abito bianco pronto per la cena di gala, si rivolge. “Mi porti lontano da qui”. “Comandante”, risponde il tassista, “io la posso portare a casa mia, questa d’inverno è un’isola deserta”.
Così il tassista porta a casa il capitano e gli prepara un caffè.
Le telefonate dalla Capitaneria di porto di Livorno.
Schettino, che è frastornato, ma non sotto choc, riceve tre telefonate in serie.
E’ sempre la Capitaneria di porto di Livorno che lo chiama. L”ufficiale in servizio alla sala operativa non riesce a capire. “Come capitano, lei non è sulla nave?”. “No, non sono sulla nave e non ci torno”.
Un’altra telefonata. “Capitano”, dice il funzionario di turno, “ordini superiori mi riferiscono di dire che lei deve tornare sulla sua nave”. “Non ci torno”.
La terza telefonata, racconta il tassista, è concitata.
Urlano da Livorno, urla Schettino. Sempre con le stesse ragioni.
Il comandante a quel punto si fa accompagnare sulla banchina, ma sale sulla prima barca che lo porta a Porto Santo Stefano. Sulla nave non ci tornerà .
L’inchiesta e la disperata difesa.
Il giorno successivo al naufragio, Schettino viene trattenuto nella caserma dei carabinieri di Orbetello.
Quando il Procuratore riesce a ricostruire quello che è accaduto, senza neppure interrogarlo, ordina lo stato di fermo. Schettino viene trasferito nel carcere di Grosseto. Schettino (dopo la fuga appare improprio chiamarlo ancora comandante) continua a ripetere che la sua manovra è stata regolare, che gli scogli non erano segnalati da nessuna carta, che lui doveva passare da lì, a 100 metri dall’Isola del Giglio, distanza di sicurezza a malapena consentita per un pedalò.
Naufragio colposo, omicidio plurimo colposo, abbandono della nave.
Ma secondo le fonti inquirenti, non è neppure la bontà delle sue intenzioni dal timone, anche se l’ordine di avvicinarsi all’isola lo ha dato lui in persona, per il consueto saluto di sirene: il punto è che Schettino ha abbandonato la nave a un’ora dall’incidente, lasciando a bordo i passeggeri e i suoi membri dell’equipaggio, in balia di un’organizzazione che alla fine, infatti, non c’è stata. Doveva essere lui — secondo il codice della navigazione e quello penale — a coordinare le operazioni di soccorso.
Non poteva sparire nel nulla, pensare a salvarsi e lasciarsi alle spalle quel bestione di 282 metri che la compagnia di navigazione gli aveva affidato.
Le dichiarazioni del procuratore.
E questo il nodo centrale dell’inchiesta. Il procuratore della Repubblica di Grosseto, Francesco Verusio dice che “il comandante ha abbandonato la nave quando c’erano ancora molti passeggeri da portare in salvo”, e “le operazioni di soccorso non sono state coordinate dal comandante”, ha detto. Un delitto imperdonabile per chi comanda una nave.
“A questo punto – dice il procuratore capo — vogliamo capire chi si è assunto poi il compito di dirigere le operazioni di salvataggio, perchè il comandante ha abbandonato la nave molte ore prima che si concludessero”.
Perchè avvicinarsi all’isola?
Il magistrato è riuscito a capirlo, alla fine. Schettino si è avvicinato al Giglio perchè voleva salutare l’isola.
Un codice campano, procidese per essere precisi, che impone l’inchino quando si passa dalle parti di un’isola. Una consuetudine, forse neppure così strana.
Ma Schettino, venerdì, ha sbagliato i calcoli o fose si è abbandonato alla distrazione.
L’ordine di negare.
Nei momenti successivi all’incidente l’ordine di Schettino è negare. Negare con i passeggeri e, come abbiamo visto, con la Capitaneria di porto: “Nessun incidente, solo un guasto tecnico”.
Le scatole nere.
Ciò che è successo tra la comunicazione del presunto guasto tecnico e l’annuncio dell’abbandono nave verrà accertato con l’analisi delle scatole nere, già in Procura a Grosseto, che per le navi si chiamano ‘Voyage data recorder’ (che registra tutto cio’ che ‘fa’ la nave, compresi i movimenti prima e dopo l’impatto con lo scoglio) e ‘Voyage voice recorder’, che oltre a registrare le comunicazioni radio recupera anche le conversazioni all’interno della plancia di comando, una sorta di intercettazioni ambientali. “E qui — sorride un investigatore — se ne sentiranno delle belle”.
L’assicurazione sulla nave.
Cinquecento milioni di dollari, secondo un broker genovese, è probabilmente il valore assicurativo di Costa Concordia.
L’assicuratore è il gruppo statunitense Aon, leader mondiale nel settore del risk management e nell’intermediazione assicurativa e riassicurativa.
Ma i 500 milioni di dollari riguardano soltanto la copertura della nave, scafo e macchina. P
er la copertura assicurativa delle responsabilità dell’armatore, che comprendono risarcimenti ai passeggeri e all’equipaggio, eventuali danni all’ambiente, e rimozione del relitto, interviene il club inglese Protection&Indemnity Club, nel mondo dello shipping comunemente indicato come P&I. Nel caso di Costa Concordia interverrà la Standard.
La nave, secondo gli esperti del settore, è totalmente irrecuperabile.
Costa Crociere dovrà quindi fare eseguire la rimozione del relitto. Per asportare il carburante è stata ingaggiato l’olandese Smit International Group che, in Italia, lavora con l’azienda Neri di Livorno.
I rappresentanti dei due gruppi sono già al Giglio in attesa di disposizioni della magistratura per poter operare.
Non si sa quando. “Sicuramente”, spiegano, “sarà una corsa contro il tempo.
Un cambiamento climatico e la nave, che ora è appoggiata su un fondale basso, potrebbe inabissarsi”.
A pochi metri, infatti, il fondale scende fino a 70 metri: se dovesse alzarsi il venti di scirocco, come le previsioni dicono, la situazione potrebbe diventare irrecuperabile.
E il danno ambientale di proporzioni senza precedenti.
Emiliano Liuzzi, Diego Pretini e Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 15th, 2012 Riccardo Fucile
LE VITTIME SAREBBERO DIPENDENTI DI ORIGINE CINESE E FILIPPINA DEDITI A MODESTE MANSIONI: NON AVREBBERO AVUTO IL TEMPO DI METTERSI IN SALVO… DUE PERSONE ANCORA VIVE SULLA NAVE: SI LOTTA PER RAGGIUNGERLE IN TEMPO
Il sospetto è che, a cento anni dall’affondamento del Titanic, anche questa volta a pagare il prezzo più alto sia stata la “terza classe”.
In questo caso sarebbero i “membri dell’equipaggio — come raccontano fonti confidenziali all’interno della Procura di Grosseto a ilfattoquotidiano.it — dalle mansioni più modeste”.
Secondo gli ultimi numeri raccolti ieri coloro che non sono ancora stati rintracciati sulla terraferma sarebbero 41.
Prevalentemente cinesi e filippini che, secondo l’ipotesi della procura, si sarebbero trovati negli alloggi o nelle lavanderie: non si sarebbero neppure accorti di cosa stava succedendo e comunque non avrebbero avuto il tempo di mettersi in salvo.
I morti accertati, nell’incredibile sciagura dell’isola del Giglio, sono invece i francesi Francis Servel e Jeanpierre Micheaud e il marinaio peruviano Thomas Alberto Costilla Mendoza, che sarebbero tutti annegati.
La speranza è arrivata a mezzanotte passata.
I Vigili del Fuoco hanno annunciato di avere individuato due persone vive dentro la nave.
Ancora irraggiungibili, però, perchè lontane dai soccorritori.
E’ sempre più inclinata la nave Costa Concordia, di oltre 90 gradi e si sta inabissando.
Questo, spiegano i soccorritori, rende più difficili le operazioni di ricerca di eventuali dispersi a bordo della Costa Concordia. “E’ una corsa contro il tempo”, viene spiegato dai soccorritori.
Comandante fermato.
Una tragedia da non credere. Tanto che il procuratore di Grosseto Francesco Verusio ha sottoposto a fermo il comandante della Costa Concordia: Francesco Schettino, 52 anni, originario di Napoli, è già nel carcere di Grosseto dove attenderà l’udienza di convalida programmata nelle prossime ore. Schettino dovrà rispondere, insieme al primo ufficiale in plancia, Ciro Ambrosio e ad altri 4 membri dell’equipaggio, di omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono della nave.
Il comandante, infatti, dopo aver condotto un transatlantico pesante come 110 Boeing sugli scogli, secondo gli inquirenti, alle 23,30 (neanche due ore dopo l’allarme) avrebbe lasciato la nave.
Peccato che le operazioni di evacuazione della Concordia fossero ben lontane dall’essere concluse: gli ultimi a tirare un sospiro di sollievo lo hanno fatto intorno alle 3. Una manovra che il procuratore di Grosseto ha definito Francesco Verusio ha definito “maldestra”.
Il giallo delle liste.
Ma sempre dall’Unità di crisi di Grosseto arriva una denuncia: “Ancora non sappiamo quante persone fossero a bordo al momento dell’incidente. Costa Crociere non ci ha ancora fornito un numero esatto”.
La giornata è frenetica, eppure, a quasi 24 ore dal naufragio la Costa Crociere non ha dato ancora quel numero che aiuterebbe a capire quanti possano essere realmente i turisti o i membri dell’equipaggio ancora dispersi. Un elenco di passeggeri e ciurma è arrivato e su quello si lavora, ma ci sarebbero punti poco chiari. “Nella lista c’erano dei nominativi di persone che probabilmente erano scese a Civitavecchia o in tappe precedenti. Accanto ad alcuni nomi infatti — riferiscono dall’unità di crisi — c’era scritto ‘No’, ma a dire il vero non sappiamo cosa significassero. Abbiamo dovuto interpretare”. “Abbiamo il numero delle persone censite all’arrivo a Porto Santo Stefano, cioè 4.152″. Ma qui sta il giallo che lascia aperta qualche speranza: “Due americani sono stati salvati ed erano rimasti ospitati all’isola del Giglio da una famiglia e questi due non erano stati censiti”.
Inizialmente si era parlato di 4.234 a bordo. Poi di 4.229, 1.013 membri di equipaggio e 3.216 passeggeri.
La realtà è che un numero preciso e un elenco dei nomi non sarebbe stato ancora fornito e nel pomeriggio lo confermava al fatto.it anche la Guardia di Finanza. Dall’azienda però hanno negato e hanno detto di avere fornito quel dato in giornata.
Corsa contro il tempo.
Più passa il tempo più si riducono le speranze di trovare vive quelle 41 persone.
La nave ieri all’ora di cena era ancora in movimento, come confermato da Cosimo Di Castro, del comando generale della Guardia costiera, e per questo i sommozzatori hanno difficoltà a entrare e a verificare l’eventuale presenza di persone dentro i locali della crociera.
I sub hanno ispezionato, nel lato sommerso dall’acqua, solo le parti all’aperto. Nessuno, insomma, è ancora riuscito a entrare all’interno della nave a oltre 24 ore dall’sos.
Le indagini.
A pesare sulla decisione della Procura di arrestare il comandante è stato il rischio di inquinamento delle prove.
Al momento dell’impatto era Schettino al comando ed è stato lui a ordinare la rotta: “E’ stata — ha spazzato via gli ultimi dubbi il procuratore Verusio – una manovra voluta“.
Secondo quanto ricostruito finora peraltro la falla lunga decine di metri sulla chiglia della nave si sarebbe aperta intorno alle 21,45, ma la Capitaneria sarebbe stata avvertita con tutta calma.
Perchè sfiorare il Giglio?
Non è inusuale per le navi anche di questa stazza passare vicino alle isole. Meno virate significa meno carburante consumato.
La rotta? La calcola il Gps. Così è successo anche in questo caso. Il problema è che questa volta la nave si è avvicinata alla costa “molto maldestramente”, insiste la Procura.
Anche perchè quando in plancia di comando hanno visto sfilare su un lato l’isola a un tiro di schioppo non è stato fatto niente per rimettersi a una distanza di sicurezza, finchè gli scogli delle Scole hanno aperto irrimediabilmente la gigantesca breccia nello scafo e l’acqua del mare ha fatto il resto.
Il comandante Schettino ha detto ieri, ai giornalisti, che quello scoglio sulle carte non c’è. Un’altra uscita improvvida, che avrebbe ripetuto.
Quegli scogli sono una meta arciconosciuta in tutta Italia dagli appassionati di immersioni.
C’è chi li paragona alle guglie del duomo di Milano e non solo perchè si alzano di molto dai fondali, ma anche come metafora simbolica.
Chi naviga nel Tirreno, in Toscana, non può non conoscere quegli scogli.
E non poteva non conoscerli il comandante che quella rotta l’ha fatta altre volte e che spesso, dicono alcuni testimoni, “si avvicinava al Giglio e faceva fischiare la sirena, come se dovesse salutare qualcuno”.
Gli equipaggi che partecipano alle manovre di navigazione di navi del genere (circa 200 persone su un totale di circa mille) e’ ritenuta generalmente di elevata professionalità .
Tuttavia il sospetto da parte degli investigatori è che anche questa volta fosse tutto in mano all’alta tecnologia e quindi al Gps che come tutte le macchine può pure sbagliare.
Fidarsi ciecamente del progresso e poco dei dubbi dell’uomo ha una volta di più tradito, come cent’anni fa sul Titanic.
Anche questa volta, come cantava De Gregori, la nave era “fulmine, torpedine, miccia, scintillante bellezza, fosforo e fantasia”, ma anche oggi ha fallito ed è complicato dare la colpa a uno scoglio.
Emiliano Liuzzi, David Marceddu, Antonio Massari e Diego Pretini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2010 Riccardo Fucile
PENALIZZATE LIGURIA, CAMPANIA E SICILIA, STRANAMENTE NESSUN TAGLIO IN VENETO: L’ASSE BOSSI-TREMONTI PER PREMIARE SOLO MARGHERA…. IL RUOLO DEL SOTTOSEGRETARIO LEGHISTA BELSITO NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DI FINCANTIERI… SCAJOLA TEME UN COMPLOTTO
Non è la prima volta che affrontiamo il problema della crisi della cantieristica e possiamo dire che ci avevamo visto bene.
Cerchiamo di essere chiari, in modo che anche i non addetti ai lavori possano farsi un’idea.
Fincantieri è un’azienda controllata dallo Stato attraverso Fintecna che a sua volta fa capo al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Di fronte alla crisi mondiale del settore, Fincantieri ha retto discretamente, grazie ad ottimi manager, acquisendo soprattutto commesse nel campo delle navi da crociera Carnival.
Due giorni fa, come fulmine a ciel sereno, si scopre un piano industriale “segretato” che prevede lacrime e sangue ed elaborato da uomini Fincantieri provenienti dalla McKinsey, una delle più note società di consulenza manageriale, piano presentato all’azionista Fintecna.
Il progetto prevede una riduzione del personale di 2.500 unità (oltre 7.500 considerando l’indotto), un dimezzamento del cantiere di Sestri Ponente, la chiusura di quello di Riva Trigoso, la riconversione di quello di Castellamare. Sullo sfondo si stagliano le scelte strategiche sul posizionamento territoriale del gruppo navalmeccanico: tutelato dall’asse Tremonti-Bossi, il Nord Est non viene sfiorato (per Marghera e Monfalcone non si prevedono tagli).
Ieri l’ex ministro Scajola, dichiarandosi all’oscuro del piano industriale, accennava sia al fatto che il Pdl in Liguria non può permettersi elettoralmente un colpo negativo del genere, sia a misteriosi complotti anti-premier che riveste ancora ad interim la carica di di Ministro dello Sviluppo Economico.
Ma come avevamo rivelato in precedenti articoli è noto anche il legame tra Bossi e l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono.
Non a caso in consiglio di amministrazione di Fincantieri siede il sottosegretario leghista genovese Francesco Belsito.
Ma badate bene, non messo a quel posto su indicazione della Lega ligure per rappresentare le famose “istanze del territorio” e del popolo ligure, ma dal vertice di via Bellerio per favorire i cantieri di Monfalcone e Marghera.
Sembra paradossale ma la Liguria viene penalizzata dal piano industriale proprio quando ha due sottosegretari leghisti locali (l’altro è Sonia Viale, sottosegretaria allo sviluppo Economico) al governo.
Entrambi rispondono solo agli imput che arrivano dal Senatur, senza che nessuno altro esponente del Centrodestra sia mai insorto.
In pratica si è deciso a tavolino che il “core business” delle crociere continuerà a poggiare sui cantieri di Monfalcone e Marghera, mentre Sestri Ponente , in quanto cantiere di medie dimensioni (perchè nessuno ha mai pensato stranamente a trasferirlo sul mare) appare insufficiente a rispondere alle regole del mercato.
Nel 2014, alla fine del piano, gli addetti italiani si ridurranno da 6.047 unità a 3.910, mentre, guarda un po’, aumenteranno di 900 quelli della controlata americana Fincantieri Marine Group, impegnata nella commessa per la Marina militare statunuitense.
Mentre il Veneto rimarrà immune dalla tempesta.
Da rimarcare che il progetto di ampliamento del cantiere di Sestri paga il mancato ribaltamento a mare: dopo l’accordo firmato un anno fa con le istituzioni e l’azienda, infatti il governo non ha mai risposto alle richieste di convocazione.
Perfida strategia per favorire Marghera?
C’è chi parla ora di una crisi occupazionale che il Pdl non può permettersi, nè in Liguria è in Canpania, ma soprattutto di un dramma sociale senza precedenti che colpirà almeno 7.500 lavoratori.
Vittime di scelte geopolitche interessate, oltre che del mercato.
Colpita in modo particolare la Liguria che pur annovera un ex ministro di peso come Scajola e due sottosegretari leghisti che però fanno l’interesse dei veneti e non dei liguri.
Un bel quadretto di famiglia.
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Luglio 26th, 2010 Riccardo Fucile
52 IMMIGRATI ARRIVATI SULLA SPIAGGIA DI “CALA FRANCESE” A LAMPEDUSA TRATTENUTI PER ORE SOTTO UN SOLE COCENTE E POI PORTATI A PORTO EMPEDOCLE…. PER LA PROPAGANDA DEL GOVERNO, LAMPEDUSA DEVE FIGURARE VUOTA E NON FARE NOTIZIA….DIECI SBARCHI ANCHE A LINOSA
Ci sono ormai notizie che vengono taciute dai media nazionali, salvo qualche rara e meritevole eccezione.
Qualche giorno fa, eludendo ogni controllo, 52 immigrati sono sbarcati sulla spiaggia di “Cala francese”, a Lampedusa, lasciati dagli scafisti a pochi metri dalla costa.
Per un ordine non scritto, ma rigorosamente rispettato, gli extracomunitari sono stati bloccati sulla spiaggia per molte ore, sotto un sole cocente e con una temperatura che superava i 37 gradi, sorvegliati a vista dai militari italiani, in attesa che venissero trasferiti nel più vicino Centro di accoglienza per le verifiche del caso.
Ma è successo una cosa non nuova: pur essendo a portata di mano il centro di Lampedusa, chissà come mai i clandestini sono stati trasferiti in quello di Porto Empedocle (prov.di Agrigento).
La risposta non è tecnica ovviamente, ma politica: per il governo, Lampedusa “non deve fare più notizia”, si deve far vedere che è rigorosamente vuoto, che il governo la bloccato gli arrivi.
E pazienza se per fare in parte questo abbiamo pagato 5 miliardi a Gheddafi per fare il lavoro sporco.
E pazienza se per 15.000 arrivi in meno a Lampedusa a favore di telecamere, sono arrivati 350.000 immigrati non in regola in più al nord, comodamente seduti in treno o in aereo, con visto turistico per tre mesi, e poi spariti nel nulla.
La verità è che, nonostante i proclami di blocchi e di cooperazione con Libia e Tunisia, i disperati continuano ad arrivare anche via mare, ma l’importante è non farli vedere.
Occhio non vede, cuore non duole, voto non si perde. Continua »
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Febbraio 21st, 2010 Riccardo Fucile
DA MARZO A LUGLIO, UNA PRIMAVERA DI ARTE, MUSICA, STORIA E CUCINA NEL CAPOLUOGO LIGURE….IL 5 MAGGIO, CON LA PRESENZA DEL CAPO DELLO STATO, INIZIANO LE CELEBRAZIONI DELL’UNITA’ D’ITALIA CON IL RICORDO DEI MILLE…DALL’8 ALL’11 APRILE SFILANO I VELIERI DELLE SCUOLE DI MARINA DI TUTTO IL MONDO
Dal 20 marzo, e per tutti i fine settimana successivi fino al 4 luglio, Genova presenterà una serie di appuntamenti, all’insegna della cultura e del divertimento intelligente.
Una primavera di weekend d’arte, musica, storia e cucina, con manifestazioni di richiamo, in attesa di diventare, il prossimo anno, capitale del “mare nostrum”, con la prima edizione della grande Biennale del Mediterraneo.
Le celebrazioni dell’Unità d’Italia partiranno proprio da Genova il 5 maggio, con il ricordo dell’impresa dei Mille garibaldini di 150 anni fa.
L’imbarco di Garibaldi e dei suoi uomini dallo scoglio di Quarto sarà al centro di una serie di manifestazioni alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Al nome di Garibaldi è dedicato anche l’appuntamento, dall’8 al’11 aprile, con le Tall Ship, i prestigiosi velieri delle scuole di Marina di tutto il mondo, uno spettacolo di vele in mare veramente unico e affascinante. Continua »
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Luglio 19th, 2009 Riccardo Fucile
DA GENNAIO PERSI 3,6 MILIONI DI TONNELLATE DI MERCE… LA COSCO POTREBBE LASCIARE GENOVA PER VADO LIGURE… E NEGLI ALTRI PORTI E’ ANCHE PEGGIO
E’ un lungo elenco di segni negativi, quello che contrassegna i primi sei mesi del 2009 per lo scalo genovese: il traffico in container registra un meno 14,1%, quello convenzionale un meno 26,4%, le rinfuse solide un meno 12,8%, quelle in funzione industriale un meno 34,1%, il traffico siderurgici meno 61,2%.
La crisi internazionale taglia i traffici e il porto di Genova lascia sul terreno, nei primi cinque mesi del 2009, ben 3,6 milioni di tonn. ( meno 15% di media).
Consola poco il fatto che gli altri scali vadano anche peggio.
Il rischio è che a Genova, a problemi internazionali, se ne colleghino di locali, nella fattispecie il fatto che a giugno è scaduto il contratto che lega il terminal Vte alla compagnia cinese Cosco, storico cliente di Voltri, primo in assoluto a inaugurare nel 1994 lo scalo allora di proprietà della Fiat.
Il rischio che i cinesi lascino il Voltri Terminal Europa è sempre più concreto: insoddisfatti dell’aumento delle tariffe, pare siano orientati a spostarsi a Vado Ligure, vicino a Savona, scalo in grado di offrire fondali adatti alle grandi portacontainers del gigante asiatico, alleato dell’agenzia marittima genovese “Fratelli Cosulich”. Continua »
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