Marzo 4th, 2019 Riccardo Fucile
“AUGURI A ZINGARETTI, MA AFFLUENZA AI MINIMI”… LA REPLICA: “SI VEDE CHE GLI RODE, NON SI ASPETTAVA 1.800.000 VOTANTI”
“Buon lavoro al nuovo segretario, Nicola Zingaretti, e complimenti per l’organizzazione anche se il dato di oggi è il minimo storico di partecipazione. Rispetto ogni singolo voto espresso ma non posso non vedere che negli ultimi 10 anni la partecipazione al voto alle primarie del Pd si è quasi dimezzata. Dagli oltre 3 milioni del 2009 sono passati nel 2013 (Renzi segretario) a 2.814.000 e nel 2017 a poco più di un milione e 800 mila”. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commenta così la vittoria di Nicola Zingaretti.
Il nuovo segretario dem, dal canto suo, risponde a distanza: “Si vede che gli rode, come si dice a Roma, perchè non si aspettava 2 milioni di cittadini… Quando fa queste battute sono molto sereno, perchè significa che si chiudono nel bunker della gestione del potere”.
(da agenzie)
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Marzo 4th, 2019 Riccardo Fucile
APPELLI PER UN “CAMPO LARGO”
Il vincitore, Nicola Zingaretti, promette di essere “leader di una comunità “, il Partito Democratico, e apre alla costruzione di un “campo nuovo, largo e plurale” che abbia come avversario la destra di Matteo Salvini. Attorno al nuovo segretario si muovono le diverse anime del partito.
Matteo Renzi, in un colloquio con il Messaggero, vede arrivare dalle primarie del Pd “splendidi segnali di una comunità viva e di una stagione politica, quella del M5S, che volge al termine”. L’ex segretario ed ex premier parla di “vittoria bella e netta” di Nicola Zingaretti, che è “un leader forte”, legittimato dal voto del popolo dem.
“In coda ai gazebo c’erano anche molti elettori grillini” spiega soddisfatto. Sono quei delusi a cui dovrà puntare il Pd. “In qualche modo il Governo e questa maggioranza arriveranno a maggio. La vera partita inizia dopo”. “C’è un pezzo di Italia che guarda con interesse a ciò che facciamo” aggiunge, “godiamoci questa giornata” perchè loro “stanno morendo e noi torniamo in pista”.
Per Carlo Calenda fare lo scrutatore ai gazebo è stata “un’esperienza entusiasmante”. Vede un Pd “rafforzato” dalla partecipazione popolare, “c’è un’Italia che ne ha le scatole piene di grandi proclamo e di inconsistenze ancor più grandi” afferma in un’intervista al Messaggero.
“Il 60% degli italiani non è contento del Governo, ma il 50% dice di voler votare Lega o M5S. C’è dunque un problema di offerta politica. Che possiamo iniziare a coprire con liste di grande qualità per le elezioni europee. Tutti sanno che mi batto per una soluzione che unisca tutte le forze civiche e politiche europeiste. E questa giornata dà forza a questo progetto”.
Beppe Sala ha ancora negli occhi la manifestazione di sabato a Milano a favore dell’integrazione, contro i razzismi.
“Credo che il vento nazionale cambierà davvero se altre realtà faranno quello che sta facendo Milano” dice al Corriere della Sera il sindaco meneghino, “se altri territori decideranno di mettersi in gioco, di provarci. Se l’Italia segue Milano, può esserci un Paese diverso, capace di resistere alle chiusure di questo Governo. Per quanto mi riguarda – prosegue Sala – io sono disponibile ad aiutare chiunque voglia spendersi in questa missione”.
Proprio da Milano è “nata la riscossa” secondo Dario Franceschini.
In un’intervista alla Repubblica, l’ex ministro sottolinea che con Nicola Zingaretti “comincia un percorso nuovo, di cambiamento e unità , di opposizione a una destra reazionaria e sbruffona”. Dagli elettori, prosegue Franceschini, “ci giunge una forte domanda di discontinuità ” – a cui Zingaretti risponde “con una vocazione civile, mai rissosa” – e “di unità “. Davanti c’è il progetto di “un campo largo di opposizione”, contro il Governo gialloverde.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 4th, 2019 Riccardo Fucile
ARCHIVIATO IL RENZISMO, DAGLI ELETTORI UN NUOVO INVESTIMENTO DI FIDUCIA MA NON UN ASSEGNO IN BIANCO
C’è un popolo che è andato a votare in massa ai gazebo del Pd, oltre ogni previsione e aspettativa. E non è cosa di poco conto.
E c’è un nuovo segretario, Nicola Zingaretti, nel pieno delle sue funzioni, non condizionato dal gioco delle correnti, legittimato da una larga investitura, forte, col suo 65 per cento, di una maggioranza assoluta nel partito che consentirà di aprire una “nuova stagione”.
E neanche questa è cosa di poco conto, in un partito finora paralizzato dal gioco delle correnti, dalle ossessioni politiciste, da una iperuranica lontananza rispetto al paese reale.
Parliamoci chiaro. Questa domenica, una bella domenica di democrazia, dice che il popolo, come spesso accade, è più avanti di chi lo dirige, o lo ha diretto finora.
O non lo ha diretto, paralizzato da un lutto non elaborato, chiuso nel fortino di certezze crollate.
È sbagliato leggere questo risultato come consenso al Pd, e alle sue poco entusiasmanti primarie, e leggerlo solo in chiave interna, con le lenti degli equilibri di potere, perchè il senso politico di ciò che è accaduto è che una moltitudine di anime democratiche alla ricerca di un corpo ha chiesto una sinistra capace di corrispondere a un gigantesco bisogno di alternativa, dopo un anno di governo gialloverde.
Aprendosi, rinnovandosi, cambiando non solo la “comunicazione”, ma la politica. Anzi, ricominciando a fare politica, con umiltà e senso di realtà .
In questo senso queste primarie del Pd sono già qualcos’altro che affida al Pd una responsabilità e una direzione di marcia.
A parità di affluenza, quelle di due anni fa rappresentarono un voto “statico” di consenso a una classe dirigente che si era arroccata in un fortino, incapace di leggere il 4 dicembre e avviata al bis il 4 marzo.
Queste, invece, rappresentano un voto “dinamico”, di cambiamento, in cui sono tornati a partecipare mondi delusi, chiedendo una svolta radicale per contrastare questo governo. Bastava fare un giro per i gazebo per intercettare non solo la militanza in senso stretto, ma tanti delusi che avevano voltato le spalle al Pd, magari avevano votato per i cinque stelle o erano rimasti a casa, e sono andati ai gazebo perchè “con questo governo non se ne può più”: le sue politiche securitarie, l’arroganza del potere, la cultura del nemico, il suo modello sociale anti-solidaristico, le aspettative franate nella realtà della recessione, la paralisi di una campagna elettorale permanente.
C’è tutto questo nella reazione popolare di oggi, emotiva, politica, sinceramente democratica, come la piazza anti-razzista di Milano, come la piazza della Cgil, come le tante manifestazioni di questi mesi, da Riace agli studenti.
Ecco, siamo di fronte a un nuovo investimento in termini di fiducia, verso un centrosinistra più largo, popolare che sappia intercettare queste ansie della società .
Non è un assegno in bianco, ma una fiducia da non tradire e una aspettativa da non deludere. Perchè non è irreversibile. È la richiesta di un nuovo inizio. Il mite Zingaretti, l’opposto – per cultura, formazione e stile – rispetto allo spirito della rottamazione, alla cultura della destrutturazione dei corpi intermedi, al populismo renziano di questi anni, alla narrazione presentista senza memoria e senza storia, questa richiesta e questo spirito del tempo l’ha colti.
Già nelle sue parole, nel primo discorso dopo la vittoria, c’è una discontinuità . Non c’è l’invettiva rispetto ai barbari, con lo spirito del primo della classe che spiega al popolo che non ha capito la lezione, ma il tentativo di ricostruire, senza arroganza, una connessione sentimentale smarrita, che è anche ricostruzione sentimentale con un bagaglio di valori, emozioni, sedimentazioni culturali profonde.
“Partigiani”, “disoccupati”, “femministe”, “l’appello al meglio della intellettualità italiana”, il porsi come l’interprete di una comunità e non come un capo.
È solo l’inizio ma sembra una rivoluzione copernicana rispetto al Pd di questi anni. Il passaggio dalla cultura del conflitto — “noi” e “loro” — a quella del “patto”, come chiave per costruire una alternativa: patto tra lavoro, cultura, impresa, con la politica chiamata a far camminare le idee sulle gambe degli uomini, attraverso una alleanza larga e radicata nella società .
Questo voto rappresenta l’archiviazione del renzismo, del suo spirito, delle sue politiche, dei suoi uomini che, con questi numeri, non hanno — per la prima volta da tempo — la forza per limitare i margini di movimento del nuovo leader.
Ed è un voto che rende complicata una scissione dell’ex segretario, perchè è assai difficile immaginare che una tale prospettiva possa incontrare una parte consistente di questo popolo che ha chiesto di cambiare, ma di cambiare assieme, contro il governo e non contro il segretario che stava per eleggere.
E forse non è un caso che la prima dichiarazione di Renzi sia collaborativa e conciliante. Quantomeno l’eventualità è rimandata. Da domani la domanda chiave non sarà più il “che farà Renzi”.
Ma il “che farà Zingaretti” per non tradire la fiducia che un popolo largo ha riposto, ancora una volta, nel Pd ben oltre i meriti dimostrati dal partito in questi mesi e anni. Il titolo funziona: “Un nuovo Pd, una nuova alleanza, un campo nuovo e largo. Unità , e ancora unità . Cambiamento, e ancora cambiamento”. Ora lo svolgimento. Concreto.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 3rd, 2019 Riccardo Fucile
GIACHETTI E MARTINA: “SARA’ LUI IL SEGRETARIO”… ARRIVANO ANCHE I COMPLIMENTI DI RENZI… SI PARLA DI 1.800.000 VOTANTI
C’è un popolo che è andato a votare in massa ai gazebo del Pd. E non è poco. Ennesimo segnale di un risveglio democratico che c’è nel paese nell’era del governo gialloverde.
Come la manifestazione “anti-razzista” di Milano. Come la piazza della Cgil di qualche settimana fa. Un popolo democratico, che chiede una alternativa.
E ci sarà un segretario, Nicola Zingaretti, nel pieno delle sue funzioni, non condizionato dal gioco delle correnti, con una maggioranza assoluta nel partito che consentirà di aprire una “nuova stagione”.
Questo dicono i numeri, parziali, non definitivi. L’affluenza che, secondo le previsioni al Nazareno, dovrebbe raggiungere quota 1.700.000.
Fonti del comitato Zingaretti parlano di un numero di votanti superiore a 1,8 milioni. Più delle ultime primarie del 30 aprile del 2017 quando, evidentemente, era una altra era politica, prima della grande desertificazione del 4 marzo e del governo gialloverde.
I primi numeri indicano una partecipazione in crescita nelle grandi città come Roma, Milano, segno di una ripresa nel voto di opinione, e non di un consenso ai “capibastone” di partito.
Al comitato Zingaretti il clima è da festa annunciata. I dati che arrivano dai primi seggi scrutinati indicano una tendenza abbastanza chiara. Il Governatore del Lazio, secondo fonti del suo comitato, è oltre il 67%.
Gli altri due candidati alla segreteria dem – Roberto Giachetti e Maurizio Martina – secondo le proiezioni del Nazareno si fermano al 20%. Se non è un plebiscito, ci manca poco. P
aola De Micheli, la più tesa, inizia a rilassarsi quando il suo cellulare viene bombardato di numeri. A Genova Lagaccio: Zingaretti 85, Martina 16, Giachetti 15; a Genova Colle 81, 13, 17. Arriva qualche quartire di Como. A Turate 61, 22, 15; a Lurate Caccivio 57, 27, 17; Livorno: 140, 49, 41; stesso andazzo a Zola Predosa, paese di Vasco Rossi e a San Lazzaro di Savena.
Antonio Misiani, poco distante: “Guarda qui i dati di Bergamo, la mia provincia. Stiamo stravincendo ovunque”. Insomma, è già festa, con i numeri più forti della scaramanzia. E il segretario in pectore? È a casa, collegato con i suoi, di ottimo umore e rilassato. Attorno alle otto di sera, nell’attesa, frigge qualche polpetta. La cena, poi il primo discorso da segretario del Pd.
I due sfidanti si sono complimentati con il governatore del Lazio. “Ho appena chiamato Nicola Zingaretti, che sarà il prossimo segretario del PD per complimentarmi per il suo risultato ed anche per il risultato della partecipazione alla quale abbiamo contribuito tutti #altrochemacerie”, ha scritto Roberto Giachetti su Twitter.
“Buon lavoro @nzingaretti, buon lavoro Segretario! Contento di avere contribuito a questa bellissima giornata. Da oggi sempre più #fiancoafianco nel PD per l’Italia”, ha scritto invece Maurizio Martina
I complimenti al nuovo segretario Pd arrivano anche da Matteo Renzi: “Quella di Zingaretti è una vittoria bella e netta. Adesso basta col fuoco amico: gli avversari politici non sono in casa ma al Governo. Al segretario Zingaretti un grande in bocca al lupo. A Maurizio, Bobo e a tutti i volontari grazie. Viva la “democrazia”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 3rd, 2019 Riccardo Fucile
LE PRIME INDISCREZIONI DOPO LA CHIUSURA DEI SEGGI
Lunghe code anche in chiusura. La prima prova è stata superata. Le primarie Pd sono state un successo di partecipazione.
Un milione era il traguardo fissato dai candidati negli ultimi giorni di campagna elettorale. E secondo stime sia del comitato di Zingaretti che di quello di Martina è stato ampiamente superato, si parla di 1.700.000 votanti.
Ma intanto c’è un primo possibile dato fornito da uno dei candidati: “Siamo oltre il 60 per cento”, dicono dallo staff di Zingaretti. Secondo rumors interni, Martina sarebbe secondo e Roberto Giachetti terzo a poca distanza.
Il 30 aprile del 2017, alle ultime primarie, l’affluenza era stata di un milione 800mila. Ma si trattava di un’altra fase storica.
Dal Moro ha affermato che “l’affluenza è stata omogenea in tutto il territorio nazionale, senza sacche di difficoltà e con un leggero picco al centro-sud, in particolare nel Lazio e in Campania”.
(da agenzie)
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Marzo 3rd, 2019 Riccardo Fucile
AFFLUENZA MOLTO ALTA: ALLE 12 HANNO VOTATO IN 80.000 IN EMILIA, 54.000 IN TOSCANA, 43.000 A MILANO… “NON CE LO ASPETTAVAMO”
A mezzogiorno, dal seggio di Corso Garibaldi a Milano, il presidente, cellulare all’orecchio, inizia a chiamare il coordinamento centrale: “Servono altre schede, stampatele. Portatecele, presto”.
La stessa scena si ripete in altri circoli da Torino a Palermo, passando per Roma, soprattutto nei quartieri centrali dove gli elettori si mettono in fila anche per un’ora.
Alle primarie dem stanno votando più persone del previsto: “Non ce lo aspettavamo”, si sente dire un po’ ovunque. In coda per scegliere chi sarà il nuovo segretario tra Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, c’è Grazia al seggio di via Scaldasole nel cuore di Milano: “La verità è che qui siamo tutti depressi, un minuto di respiro l’ho avuto ieri durante la manifestazione contro il razzismo e speriamo nella giornata di oggi”.
Ci sperano tutti. Nella Capitale, nel seggio storico di piazza Mazzini, dove c’è un serpentone di persone, vota Nicola Zingaretti: “Ieri sera la sconfitta era che non sarebbe andato a votare nessuno e ora ci sono file chilometriche ai gazebo”.
Al di là di chi vincerà , per il momento nel mondo dem, l’occhio è puntato sull’affluenza per capire quanto il Pd possa essere ancora una forza attrattiva. L’obiettivo è raggiungere un milione di votanti. “Spero sia finita l’epoca della guerriglia interna”, dice Giachetti mentre mette la scheda nell’urna e lo stesso Martina non nasconde che “serve davvero il coinvolgimento di tutti”.
A Roma si superano le cinquecento in ogni seggio del centro, ancora roccaforti di sinistra.
In Umbria alle 12 hanno votato 12mila persone, a Genova 9570, a Imperia si superano i 1500 elettori. In Toscana 54mila, in Emilia 80mila.
Le regioni rosse stanno andando forte. Questi sono solo alcuni dati che dalle varie sezioni arrivano a spoglio in corso.
Nessuno nel seggio di via Tibaldi, sempre a Milano, si aspettava che a mezzogiorno avessero votato già centocinquanta persone. Una famiglia intera, mamma, papà , nonni sono in coda.
Ma il figlio, sedicenne, rimane seduto un po’ più là : “Vota, vota”, gli dice il padre: “Così fai la fortuna di Salvini e Toninelli”. Ma lui non ne vuole sapere. E infatti, in giro, i giovani in coda non sembrano molti: “Stanno ancora dormendo . Magari ieri sera hanno fatto baldoria e stanno ancora dormendo”, Silvia ci spera e in effetti siamo nel cuore della movida milanese.
Si contano i fogli in cui si firma per votare, uno dopo l’altro e gli occhi dei segretari di seggio si illuminano così come quelli di tutte le persone attorno.
“E pensare che noi rispetto ai 5Stelle votiamo una volta sola”, scherza Marco Delgiaccio: “Questa non è mica la piattaforma Rousseau. Non a caso sono qua, spero ancora in qualcosa”. Milano trova forza nelle immagini di ieri che piazza del Duomo ha consegnato all’Italia: “Più in basso di così non possiamo andare, ma non possiamo lasciare l’Italia a Di Maio e Salvini”, dice ancora Grazia, mentre dal circolo di Corso Garibaldi
Francesca Castelvarco, ciondolo dell’Africa al collo e maglia rossa ‘Antifascista sempre’, osserva la coda: “Questo è un circolo storico di Milano, un’ex casa popolare che abbiamo difeso con i denti quando era sindaco la Moratti. Speriamo di resistere ancora”. E la resistenza oggi passa dal centrare l’obiettivo dell’affluenza.
“Siamo molto contenti,c’è una grande partecipazione ai gazebo delle primarie Pd. Mi sento di dire che se le ore del pomeriggio confermassero la partecipazione della mattina potremmo anche superare l’obiettivo del milione”. A dirlo è il responsabile dell’organizzazione Pd, Gianni Dal Moro.
Dal Moro sottolinea che “la partecipazione alle primarie è uniforme in tutta Italia, il che rappresenta un voto di opinione e un segnale forte nei confronti del governo, anche dopo la manifestazione di ieri a Milano”.
Roma e il Lazio rispondono bene, almeno fino adesso, alla chiamata ai gazebo per le Primarie del Pd. “Abbiamo file ai seggi ovunque, non solo a Roma. Chiediamo un pò di pazienza… Si dice che chi parte bene…” ha twittato questa mattina il segretario regionale Bruno Astorre, e notizie e fotografie che arrivano dal partito e dai social sembrano dargli ragione.
Nella Capitale forte affluenza è stata registrata nelle zone più centrali della città , da piazza Mazzini (dove ha votato Nicola Zingaretti), a Piazza del Popolo (dove Carlo Calenda ha fatto da scrutatore), a via Ottaviano.
Anche al circolo Arci di via Goito, nei pressi della stazione Termini (non certo una zona residenziale) già da questa mattina in parecchi si sono recati al seggio a cui ha votato Paolo Gentiloni.
Fila stamattina anche a via dei Cappellari, nella sezione Centro storico. Anche nelle zone meno centrali e periferiche, però, si sono registrate file per votare il nuovo segretario dem: bene, secondo quanto riferito, la storica enclave di sinistra della Garbatella; code anche a Tor Marancia e a Val Melaina Tufello. Affluenza positiva, poi, a via Erminio Spalla (Roma 70), a Casalpalocco, al Laurentino 38 e a piazza Anco Marzio a Ostia. Bene, secondo fonti di partito, anche largo La Loggia al Portuense, e il seggio di Torre Maura; sui social si riferisce inoltre di file a via Chiovenda (Palmiro Togliatti). Nel Lazio i seggi sono 560; l’organizzazione ha coinvolto circa 3000 tra iscritti, volontari e sostenitori.
Alle 13 nei 348 seggi allestiti in provincia di Milano per le primarie del Pd hanno votato più persone del 2017. Più precisamente 43.128, cioè il 7,5% in più.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 3rd, 2019 Riccardo Fucile
SCHEDE IN ESAURIMENTO, PARTECIPAZIONE OLTRE LE PREVISIONI… BENE COSI’, L’ITALIA HA BISOGNO DI UNA OPPOSIZIONE (E NON SOLO DI SINISTRA) PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI
Il primo a votare alle primarie, tra i volti noti del Pd, è stato Walter Veltroni. L’ex segretario si è recato al gazebo di piazza Fiume, a Roma, alle 8 in punto, per esprimere la sua preferenza. In mattinata a Roma il voto di Paolo Gentiloni, poi quelli di Nicola Zingaretti e Roberto Giachetti. Intanto arrivano foto di file ai gazebo per scegliere il nuovo segretario del Pd.
Carlo Calenda vota e fa lo scrutatore in mattinata nel Gazebo di Piazza del Popolo, sempre a Roma. Il leader storico dell’Ulivo Romano Prodi a Bologna. Matteo Renzi è andato in Vespa al seggio delle Leopoldine allestito in piazza Tasso.
“Sono stato a votare alle Primarie Pd. Un grande festival della democrazia. Una bella giornata per chi crede nella politica”. Lo scrive su Facebook Matteo Renzi che ha postato una sua foto al seggio delle primarie.
Martina voterà nella sua Bergamo e ha scherzato in chat con i suoi sostenitori: “Vota Antonio! Vota Antonio! Vota Antonio! Ah, no, vota Maurizio Martina! Vota la Mozione Fiancoafianco!”.
“Vota questa squadra bella che ha lavorato tanto – dice Martina – siamo la mozione che ha detto a chiare lettere ‘rompiamo gli schemi e uniamo il Pd contro questa destra pericolosa’. Serve davvero il coinvolgimento di tutti -continua – per cui passiamo parola e passiamo questo audio. Facciamo in modo che domani ci siano tante persone a sostenere la nuova stagione dei democratici”.
“Sono contento di queste lunghe file in tutti i combini, è una risposta meravigliosa. Io avevo chiesto fiducia e passione per cambiare. Mi pare che questo messaggio sia arrivato. Ora tocca a noi non tradire la fiducia degli italiani e se toccherà a me giuro che non la tradirò mai”, ha detto Nicola Zingaretti, candidato alle primarie del Pd, in fila a Piazza Mazzini per votare ai gazebo. “Credo che sia il tempo di ricostruire e il tempo di cambiare quello che serviva era questa grande presenza degli italiani. Già così, grazie a tutti quanti stanno partecipando. Di fronte a problemi immensi mi sono buttato nella. Mischia per dimostrare che il Pd deve cambiare ma è l’unica risorsa dell’Italia per l’alternativa. Il governo come unica ricetta degli italiani offre l’odio e la divisione”, ha aggiunto Zingaretti.
La Commissione Congresso del Partito Democratico, riunita permanentemente per le primarie, sta approvando una delibera che autorizza – si apprende da fonti dem – a usare fotocopie delle schede, per fare fronte al loro progressivo esaurirsi dovuto alla grande affluenza che si registra dalle prime ore del mattino
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2019 Riccardo Fucile
50% PIU’ UNO PER AVERE UN SEGRETARIO LEGITTIMATO E NON PRIGIONIERO DELLE CORRENTI
Sono due i dati che dovranno essere tenuti d’occhio domani sera a partire dalle 20, quando si chiuderanno i seggi delle primarie del Partito democratico.
Il primo è certamente quello dell’affluenza: sarà il termometro che misurerà lo stato di salute del Pd presso i suoi elettori, ma anche la forza che avrà il prossimo segretario per imporre le proprie scelte e non presentarsi sin dall’inizio come una ‘anatra zoppa’.
Il secondo, ovviamente, la percentuale del primo arrivato: se Nicola Zingaretti, il grande favorito, si attesterà saldamente sopra il 50%, potrà contare più facilmente su una luna di miele in grado eventualmente di superare anche i primi ostacoli che si potranno frapporre sul suo cammino, dalle regionali in Basilicata (il 24 marzo) alle più importanti elezioni europee del 26 maggio.
Gli ultimi sondaggi sembrerebbero sostenere il segretario in pectore su entrambi questi dati.
La sua candidatura potrebbe raccogliere secondo le rilevazioni di alcuni tra i principali istituti demoscopici una percentuale compresa tra il 55 e il 60%, mentre a recarsi negli oltre 7000 seggi allestiti in tutta Italia e anche (150) all’estero dovrebbe essere (sostiene Emg) circa un quinto degli elettori dem, ossia – considerando i 6,1 milioni di voti delle politiche 2018 – più o meno un milione e 200mila persone.
L’asticella fissata virtualmente da Zingaretti e Martina è di un milione di votanti e in questo modo sarebbe ampiamente superata.
Negli ultimi giorni, d’altra parte, anche i ‘padri nobili’ Romano Prodi e Walter Veltroni si sono spesi in appelli pubblici per esortare a popolare i gazebo.
L’impresa, c’è da dire, appare comunque difficile.
Quella che sta per terminare è stata infatti la campagna congressuale meno esaltante nella storia del Pd: un candidato favorito (ma non abbastanza da poter puntare a una semplice ‘incoronazione’ a furor di popolo) che non ha saputo, o forse nemmeno voluto, scaldare più di tanto gli animi del popolo dem; il suo principale avversario (Martina) imprigionato tra la continuità con la passata stagione renziana, di cui si porta dietro buona parte della classe dirigente, e un afflato al rinnovamento tenuto prudenzialmente sotto controllo; un outsider (Giachetti) certamente appassionato e talvolta sopra le righe, che non garantisce nemmeno la sua permanenza all’interno del partito se dovesse perdere.
D’altra parte, questo è stato l’aspetto principale che ha determinato tutti gli equilibri congressuali.
Segnati da un grande nodo irrisolto, la questione Renzi: il che cosa è stato e il che cosa farà , all’interno di una gigantesca rimozione della sconfitta è evidente che l’ex segretario ha puntato al fallimento delle primarie del Pd, inaugurando il tour del suo libro in contemporanea e politicizzando la vicenda degli arresti dei genitori, con una torsione berlusconiana sulla giustizia. E’ evidente che l’ombra del suo partito personale ha avvolto le primarie del Pd.
Il Partito democratico dopo queste primarie sopravviverà così come l’abbiamo conosciuto o è destinato a essere sostituito da qualcos’altro?
Le spinte disgregatrici sono tante e vanno in molteplici direzioni: la lista unitaria per le europee proposta dall’ex ministro Calenda, la disponibilità a rinunciare al simbolo ventilata da Zingaretti (e poi lasciata cadere), fino alla costante seppur sempre smentita minaccia di una scissione guidata da Matteo Renzi, che ha finito per spaccare anche il suo stesso Giglio magico, con Maria Elena Boschi da una parte (con Giachetti, nell’area pronta all’exit strategy) e Luca Lotti dall’altra (con Martina, ancorati al Pd).
Proprio la garanzia di rimanere dentro il partito a ogni costo era stata la condizione pregiudiziale posta a suo tempo da Marco Minniti per candidarsi a segretario sotto l’egida renziana, una condizione che non ha trovato riscontro dalle parti di Rignano.
È stato quello il passaggio che, in qualche modo, ha chiuso la sfida congressuale, togliendo dal campo l’unico candidato che avrebbe potuto dare del filo da torcere a Zingaretti.
Ed è stata anche la conferma della spada di Damocle che penderà ancora a lungo sulla testa del prossimo segretario, che sarà costretto a calibrare bene le sue mosse per evitare di dare alibi a Renzi per riattivare i suoi comitati civici, rimasti in sonno fino ad ora, e dare vita a un partito a sua immagine e somiglianza.
Tutte le altre cose appaiono come dettagli: la scelta delle alleanze, una vocazione maggioritaria ormai archiviata, la distinzione tra segretario e candidato premier, le forze civiche da aggregare (quali? come?), le personalità da coinvolgere nella lista aperta per le europee, il rapporto con gli ex elettori dem transitati con il M5S.
Sono le scelte che il prossimo segretario dovrà affrontare, se il partito non subirà prima un’onda d’urto più impetuosa.
Pur con tutti i suoi limiti, il Pd rimane comunque l’unico partito italiano in grado di mobilitare 35mila volontari impegnati nell’organizzazione e centinaia di migliaia di elettori per eleggere democraticamente il proprio leader.
Persone che si incontrano, discutono, accettano di iscriversi a un albo e alla fine decidono con il loro voto. Un processo di partecipazione che merita rispetto, nonostante le prevedibili e già ventilate possibili irregolarità che possono riscontrarsi in qualche realtà (osservate speciali sono Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, nonchè Roma e Frosinone).
L’ipotesi di un clamoroso stravolgimento dei risultati delle primarie, con Martina e Giachetti che si accordano per scalzare Zingaretti se dovesse stare sotto il 50%, appare assai improbabile. Ma certamente dover passare da un accordo con il secondo arrivato non sarebbe per chiunque un buon viatico per una leadership destinata a durare quattro anni.
Lo spoglio inizierà subito dopo la chiusura dei seggi. Al Nazareno sarà allestita una sala stampa e nella stessa sede dem sarà presente anche Maurizio Martina, mentre Nicola Zingaretti attenderà i risultati con il suo comitato alla Domus Circo Massimo a Roma, in via dei Cerchi 89. La sala stampa sarà aperta a partire dalle ore 19.30.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 2nd, 2019 Riccardo Fucile
COME E DOVE SI VOTA… AI GAZEBO SI SCEGLIERANNO ANCHE I COMPONENTI DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE
Domenica 3 marzo si vota per eleggere il segretario del Pd. I candidati a guidare il partito sono Maurizio Martina, Nicola Zingaretti e Roberto Giachetti. Ai gazebo si sceglieranno anche i componenti dell’Assemblea nazionale, il massimo organismo democratico del partito creato per decidere sulla politica e sull’organizzazione del Pd.
Rimane in carica quattro anni, come la segreteria, ed è composto da mille persone elette alle primarie con le liste collegate ai candidati, cui si aggiungono trecento rappresentanti eletti in concomitanza con le elezioni delle Assemblee regionali e cento componenti eletti dai parlamentari.
QUANDO SI VOTA?
I seggi saranno aperti dalle 8 alle 20.
DOVE?
Sono circa 7mila, tra sedi Pd e gazebo allestiti in piazza, i seggi presenti in tutta Italia. Per trovare quello più vicino basta collegarsi al sito del Pd dedicato alle primarie (https://www.pdprimarie2019.it) e inserire il proprio comune ed eventualmente anche il numero della sezione elettorale, che si trova sulla tessera con la quale si vota alle elezioni Politiche o Amministrative.
CHI PUO’ VOTARE?
Per votare è necessario recarsi al seggio con un documento di riconoscimento in corso di validità e la tessera elettorale. Gli elettori fuorisede, i giovani fra i 16 e i 18 anni, i cittadini italiani residenti all’estero o temporaneamente all’estero che si siano precedentemente registrati online (il termine è scaduto lo scorso 25 febbraio) devono presentarsi con un documento di riconoscimento. I cittadini comunitari non italiani ed extracomunitari possono votare portando un documento di riconoscimento o il permesso di soggiorno o ancora la ricevuta di richiesta di rinnovo.
QUOTA DI PARTECIPAZIONE
Chi vuole votare deve versare un contributo minimo di due euro.
PER VOTARE BISOGNA ESSERE ISCRITTI AL PD?
No, basta firmare una dichiarazione in cui si conferma di riconoscersi nella proposta politica del Pd e di sostenere i Dem alle prossime elezioni.
COME ESPRIMERE LA PROPRIA PREFERENZA?
L’elettrice/elettore sceglie il suo segretario tracciando un unico segno su una delle liste di candidati all’Assemblea nazionale.
CHI VINCE?
Vince il candidato che avrà ottenuto il 50 per cento più uno dei consensi, che corrispondono ai componenti dell’assemblea nazionale attraverso il meccanismo delle liste collegate. La proclamazione ufficiale a segretario avviene durante la prima riunione dell’Assemblea nazionale, che è già stata convocata per domenica 17 marzo. Se nessun candidato raggiunge la maggioranza assoluta, i due più votati vanno al ballottaggio. A scegliere il segretario saranno quindi i mille delegati eletti nel corso della prima Assemblea nazionale.
(da agenzie)
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