Giugno 12th, 2021 Riccardo Fucile
ALTRI 300 ALLA DERIVA NEL MEDITERRANEO
Trecento migranti alla deriva nel Mediterraneo centrale. Lo rende noto Alarm Phone che afferma di essere in contatto con quattro barconi: «A bordo 300 persone su quattro barche in pericolo nella zona Sar di Malta. Sono alla deriva da ore. Le autorità sono informate, nessun soccorso in vista. Le persone fuggite dalla Libia e chiedono aiuto urgente».
Intanto proseguono gli sbarchi a Lampedusa dove in 24 ore sono approdati in 350.
Fra questi 24 sono stati tratti in salvo dai marinari di un peschereccio di Lampedusa che si sono tuffati per recuperare alcuni migranti finiti in acqua durante le operazioni di trasbordo. Allertata la Guardia costiera, sono stati condotti nell’isola.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2021 Riccardo Fucile
LA SUA FAMIGLIA NON SI POTEVA PERMETTERE LA SPESA, LUI RIESCE A RACCOGLIERE 5.000 DOLLARI E DEVOLVE LA CIFRA IN ECCESSO AI CANI DEL QUARTIERE…OGNI TANTO UNA NOTIZIA DI GRANDE UMANITA’
Il suo cane aveva contratto una grave infezione, così Bryson, 8 anni, ha venduto le carte della sua collezione di Pokemon per curarlo. Sui social si è scatenata una gara di solidarietà per aiutare l’animale e il piccolo Bryson.
La storia è accaduta negli Stati Uniti. L’animale, di nome Bruce, aveva contratto una pesante parvovirosi, infezione virale molto contagiosa che, nelle forme più gravi, può anche portare in breve tempo alla morte.
In una sola notte l’animale aveva perso oltre due chili, e necessitava di cure urgenti. La famiglia di Bryson però non poteva permettersi di curarlo, per via della situazione finanziaria poco agiata. I genitori avrebbero potuto sostenere il costo di soli tre giorni di permanenza dell’animale dal veterinario.
Da qui l’idea del piccolo Bryson Kliemann: allestire un banchetto in giardino dove ha messo in vendita le sue carte da gioco. “So che piacciono a tutti – ha successivamente raccontato all’emittente locale Wcyb –, per cui ho scelto di venderle”.
Il gesto di Bryson è diventato da subito virale. La madre del bambino ha pubblicato infatti una foto sul suo profilo Facebook a corredo di una raccolta fondi aperta su GoFundMe. Anche l’emittente Wcyb ha contribuito a far diventare ancora più celebre il gesto del piccolo Bryson. Così l’obiettivo iniziale di 800 dollari, circa 655 euro, è stato ampiamente superato, con ben 174 donatori da tutto il mondo.
Il piccolo, alla fine, è riuscito a raccogliere la cifra finale di 5.905 dollari, oltre 4.800 euro. “Irlanda, Inghilterra, Polonia, Australia: è folle – ha commentato la madre di Bryson su Wcyb –. Non potrei mai ringraziare abbastanza le persone per aver dimostrato così tanto amore nei confronti di mio figlio”.
Alla fine il cane Bruce ha dunque potuto ricevere tutte le cure per poi tornare a casa da Bryson. Tutti i fondi in eccesso raccolti dal piccolo sono poi stati devoluti a favore di tutti gli altri animali del quartiere. E il piccolo Bryson, come lieto fine della vicenda, ha anche ricevuto una sorpresa.
Lo staff del quartier generale dei Pokemon, nello stato di Washington, ha infatti saputo del bel gesto di Bryson, e ha deciso di inviare al bambino alcune carte molto rare come regalo. Nella lettera spedita a Bryson lo staff dei Pokémon ha scritto: “Ehi Bryson, siamo stati così ispirati dalla tua storia sulla vendita delle tue carte per il recupero del tuo cane, queste sono alcune carte per aiutarti a sostituire quelle che dovevi vendere”.
(da agenzie)
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Giugno 1st, 2021 Riccardo Fucile
NATO IN SENEGAL E CRESCIUTO TRA LE CASE POPOLARI DI CHIVASSO, FACEVA L’OPERAIO…SU TIKTOK IN 4 MESI HA RAGGIUNTO 65 MILIONI DI FOLLOWER
“Guarda, oggi ha iniziato a seguirmi Salvini!”. Khaby Lame, nato in Senegal e cresciuto a Chivasso, 21 anni compiuti il 9 marzo, 18 milioni di follower su Instagram e 64 su TikTok, ride molto durante l’ora e mezza di domande a cui risponde con gentilezza ma anche una partecipazione spesso distratta, come se il suo invidiatissimo successo sui social fosse un accessorio di cui gli importa il giusto.
Khaby, il tuo primo video su TikTok cos’era?
“Un tutorial ironico su come mettere l’Amuchina. Era marzo 2020, ci avevano appena chiusi in casa per il lockdown e mi sono detto: ‘Mi metto su TikTok’”.
Come mai non ti eri ancora iscritto?
“Mi sembrava un posto pieno solo di balletti, di cazzate. Un anno dopo, a marzo del 2021, avevo 2 milioni di follower. Da marzo 2021 a oggi, quindi in due mesi, 62 milioni”.
La svolta quale è stata?
“C’era questo video assurdo di una ragazza che non riusciva a togliere uno zaino legato a un palo (questo tipo di video si chiama life hack’ ndr). Io ho fatto lo stesso video mostrando (ironicamente) che toglierlo dal palo era molto semplice. E lì ho capito che quel tipo di video/parodia poteva funzionare. Con quello dello zaino ho fatto 50 milioni di visualizzazioni, con quello dopo 100 milioni”.
Hai delle persone che ti aiutano a idearli?
“No, li penso da me. Poi certo, ora i fan che mi seguono mi mandano i video con persone che fanno cose strampalate e mi danno molte idee”.
I tuoi genitori cosa fanno?
“Mio padre è in cassa integrazione da anni, mia mamma è casalinga”.
E tu cosa facevi prima di questo successo?
“Io facevo il controllo numerico in una fabbrica di filtri ad aria a Chivasso. Avevo frequentato la scuola d’arte e dei mestieri, specializzato in tornio e presa. Ma ho anche lavorato per Amazon e fatto quello che capitava”.
Dove sei nato?
“A Mbackè, in Senegal, e quando avevo un anno sono venuto qui in Italia con la famiglia. In Senegal ci sono tornato un mese, sei anni fa”.
Ti piace Chivasso?
“Tanto. Sono cresciuto nelle case popolari e nonostante quello che molta gente pensa sono belle, io sono felice di essere cresciuto lì, ho avuto tutto. Era pieno di ragazzini come me, ognuno coi suoi problemi, certo, ma eravamo tanti amici in un cortile, in un posto dove non ho mai avuto problemi di razzismo perché eravamo calabresi, siciliani, marocchini, napoletani, albanesi, tutti uguali. Ci siamo sempre aiutati tra di noi, c’è stato un legame speciale”
Se non fossi cresciuto lì?
“Non avrei capito il valore delle cose. Oggi, che magari ho tanto, non sono comunque viziato”.
Che ti dicono i tuoi amici?
“Sono tutti orgogliosi di me e io li aiuterò appena posso”.
In che modo?
“Magari, se va tutto bene, ne prendo qualcuno a lavorare con me”.
Hai fatto regali?
“Sì, i brand mi regalano un sacco di cose… scarpe, vestiti… io apro gli scatoloni quando arrivano e li invito a scegliersi quello che vogliono”.
Cosa sognavi di diventare da bambino?
“Il comico. Guardavo Il principe di Bel-Air con Will Smith, i film di Checco Zalone, di Eddy Murphy e facevo già il pagliaccio con gli amici. A me piace far ridere le persone. Però voglio dire che la vita dell’operaio, pure se non dovessi riuscire a diventare un attore comico, non mi dispiace”.
Quando hai smesso di fare l’operaio?
“Durante il lockdown, ma perché mi hanno licenziato. Non bisognerebbe dirlo per la tragedia che abbiamo vissuto, ma alla fine per me è stata una cosa positiva perché in casa ho capito cosa mi piaceva fare”.
I tuoi genitori però si saranno preoccupati.
“Mi dicevano: ‘Ma perché non mandi curriculum anziché fare video?’”.
Ora quando vedono i tuoi video che dicono?
“Soprattutto mio padre, non lo avrei mai detto, si spacca. Lui è uno che non guardava queste cose, è molto ‘militare’ come modi”.
Ti controlla?
“Sì, è un secondo manager”.
Cosa ti dice di non fare?
“Io sono musulmano, mi dice di non cambiare, di ricordare le mie origini”.
Niente alcol, dunque.
“No, ma non mi piace neppure l’odore, non mi pesa. E non fumo”.
Donne?
“Neanche, sono un po’ nerd, sempre stato molto al computer, non sono mai stato troppo dietro alle ragazze, ora poi sono fidanzato e fedele”.
I tuoi genitori quando sei esploso sul web che ti hanno detto?
“Secondo me non hanno capito molto cosa è successo e nemmeno io a dire il vero” (ride).
Se ti chiedono che lavoro fai?
“Difficile da spiegare, sono un tiktoker, ma ora devo lavorare su molte cose”.
La tua crescita sui social è impressionante.
“Sai che volevo festeggiare il raggiungimento di una certa cifra di follower con dei palloncini coi numeri e ogni volta che andavo a comprarli, poi dovevo ricomprarne dei nuovi perché avevo già superato la cifra che volevo festeggiare? Steart, quando mi faceva la grafica dei numeri coi Simpson, doveva rifarla appena la finiva perché quando la terminava erano il doppio” (io l’ho intervistato 4 giorni fa, aveva 62 milioni di follower su TikTok, oggi ne ha 64 milioni).
Di che crescita parliamo?
“Il 15 aprile ero a mezzo milione di follower su Instagram. Ora 18 milioni”.
Come te lo sei spiegato?
Interviene Alessandro Riggio, il suo manager: “Ha creato un nuovo content, poi arriviamo dal periodo ‘Lives Matter’, che rappresenta un cambiamento politico importante. E aggiungiamo che lui ha una mimica facciale incredibile. Ci sono molti ragazzi che mi scrivono ‘Ho realizzato anche io il video che ha fatto Khaby ma non ridono, perché?’. È la sua faccia che funziona, neppure Mr Bean fa ridere quanto lui. Neymar l’altro giorno lo ha visto in videochiamata e piangeva dalle risate per le smorfie che faceva Khaby. Poi, sai, nei video lui appunto non parla, i suoi contenuti sono internazionali”.
Potrebbe farli parlando in inglese.
Interviene Khaby: “Non parlo inglese! Ma ora mi metto a imparare”.
Quante proposte hai ricevuto?
“Tante. Mi hanno proposto di fare l’allenatore dell’Uganda in un film, poi mi ha cercato Netflix, mi hanno invitato in America… Mi hanno scritto tante persone famose… Devo raggiungere Marcelo, il giocatore del Real, che vuole fare un video…”.
Per chi ti sei emozionato?
“Mi tremavano le mani per Alex Del Piero”.
Se ti scrivesse la Kardashian?
“Preferisco Del Piero, quando me lo sono trovato davanti al ristorante è stata una sorpresa incredibile. L’ha organizzata il mio manager, poi abbiamo fatto anche un video insieme. Ora lui mi chiama nipote, io zio”.
Cosa farai quindi come prima cosa, tra le tante che ti hanno proposto?
“Un video con Will Smith, in autunno dovrei andare in America”.
La notte riesci a dormire tranquillo o pensi a quello che ti sta accadendo?
“Dormo tranquillo e comunque mi ammazzo di anime fino alle sei del mattino”.
Mi dici qualcosa della tua fidanzata?
“Si chiama Zaira, ha 18 anni e stiamo insieme da otto mesi”.
Come l’hai conosciuta?
“Le ho risposto a una storia su Instragram”.
Il primo appuntamento dove?
“Al McDonald’s a Chivasso. Abbiamo mangiato il pollo sulle scale perché non ci si poteva ancora sedere per il Coronavirus…”.
Poi l’hai invitata in qualche bel posto?
“Ora la porto a mangiare in posti come si deve, ogni tanto. Ma anche al McDonald’s eh”.
È la prima fidanzata seria?
“No, cioè…aspetta… forse…”.
Se ci devi pensare, mi sa di sì.
“Sì infatti!” (ride).
Hai paura di essere usato da qualcuno, ora che sei famoso?
“No perché ho il pitbull, il mio manager Alessandro”.
(Mi rivolgo ad Alessandro).
Dite no a molte cose?
“A quasi tutto, sono della scuola americana, poche cose ma fatte bene”.
Cosa può sbagliare un ragazzo con quasi 100 milioni di follower?
“A 20 anni può sbagliare anche a farsi un selfie con la persona sbagliata. O a farsi ammaliare da una proposta da 50.000 euro, che sembrano tantissimi, ma che guardando i suoi numeri non sono nulla. Poi, come dicevamo, deve imparare l’inglese subito. Lui ha qualche difficoltà in più perché è dislessico. Deve fare interviste con Washington Post, New York Times, Daily Mail…” (nel frattempo Khaby mi prende il telefono e inizia a suggerire titoli di anime che gli piacciono a mio figlio, appassionato come lui…).
Dove è più seguito Khaby?
“America, Brasile, Russia, Italia… è molto amato ovunque e molti adulti lo conoscono perché lo conoscono i figli. L’altra sera eravamo al ristorante qui a Milano e non ci facevano mangiare, c’erano tantissimi adulti che chiedevano la foto per i figli…”
Guadagni?
“Ti dico subito che 50 milioni di follower non sono 50 milioni di euro e, se totalizzi 70 milioni di follower in 45 giorni, non diventi milionario. Adesso Khaby ha fatto sponsorizzazioni con Barilla, ma siamo ancora agli inizi”.
Come e quanto monetizza?
“La monetizzazione per Khaby arriva dai contenuti di TikTok, dove lui guadagna sull’engagement. Molti pensano che si monetizzi soprattutto dalle views, invece si monetizza di più se il video prende tot like, commenti condivisioni eccetera… Il guadagno viene dall’engagement generalizzato. Lo sharing, i commenti e i like contano più delle visualizzazioni. Inoltre il conteggio è basato sulle 24 ore, non sul cumulo dei numeri degli altri giorni. Guadagni sui 20 milioni di views in 24 ore, non sui 200 in due mesi”.
E poi ci sono i brand.
“Certo, che ci contattano. Ma ora se parla di marchi lo fa ancora per piacere, perché gli piccono le cose che gli regalano. C’è poi Sky che gli vuole fare un contratto con Del Piero per Europei, Hal-Thani l’emiro del Paris Sant- Germain lo vuole testimonial per i Mondiali in Qatar in quanto Khaby è il musulmano più famoso del mondo. Ha numeri superiori a Ronaldo, è il numero uno al mondo per crescita organica”.
Diventerà il tiktoker numero 1.
“Prevediamo entro un anno. Al momento la numero 1 è Charli D’Amelio, che ha 116 milioni di follower. La sorella di Charli, Dixie, Khaby l’ha già l’ha superata e lei ora lo segue”.
(Torno a parlare con Khaby, che sembra disinteressato all’aspetto più materiale del suo successo e continua a messaggiarsi con amici e fidanzata).
Sei felice?
“Sì, ma io lo ero già prima, sono sempre stato felice, non è che adesso essere il primo e le classifiche mi cambiano. Io vivo come se fossi ottantesimo, io mi diverto a fare video”.
Però la tranquillità economica conta
“Certo! Sono più tranquillo, più sicuro, so come andrà a finire il futuro economico per la mia famiglia, però i soldi e la fama non fanno la felicità. Si dice sempre, lo so, ma è vero”.
Hai fratelli e sorelle?
“Ho 4 fratelli maschi”.
Tifano per te?
“Tutti!”.
Vivi ancora con i tuoi nelle case popolari?
“Sì, ma ormai sono spesso a Milano, mi spiace vederli così poco”.
Cambierete casa?
“Forse si avvicineranno a me, sì. Ma non a Milano, è troppo stressante. Magari a Gallarate, o Varese, che mi piace molto”.
Sei fiero di aiutarli?
“Moltissimo, ma io li aiutavo anche quando lavoravo per Amazon. Non ho neppure la macchina, non ho la patente. Non ho mai pensato solo a me, ma sempre alla famiglia”.
Hai hater?
“No. Me li aspettavo e invece per ora no”.
In Italia si parla di te come l’italiano più famoso nel mondo, a livello di numeri sui social.
“E non ho la cittadinanza italiana. Ma tanto, sai, anche se non mi danno la carta io mi sento italiano lo stesso. Ho vissuto qui, ho fatto scuola qui… e per la verità mi sento anche senegalese. Sono le mie origini”.
In Senegal parlano di te
“Sì, sono nei tg e sui giornali senegalesi quasi tutti i giorni!”.
I politici senegalesi ti hanno cercato?
“Sì, volevano fare cose con me per propaganda, sai sono ‘il fenomeno senegalese che sta facendo successo in Italia!”.
Dove ti immagini in futuro?
“Vorrei fare un film con Checco Zalone. ‘Tolo tolo’ era bellissimo, lui è diverso dagli altri comici, fa cose più mature”
Il primo italiano famoso sui social prima di te per dei video (su YouTube) è stato Favij. Anche lui delle tue parti, Torino.
“È vero! Lo seguivo, mi piaceva vederlo quando giocava coi suoi cappelli strani, tutti lo seguivamo alla mia età”.
Il like di Zuckerberg è stata una bella soddisfazione.
“Ero emozionato, sì, mi ha anche risposto in privato. Mi ha scritto ‘Bel lavoro, bravo!’”.
Poi, chi ti segue
“Guarda! Salvini mi segue da oggi!” (ride).
Tu lo segui?
“No che non lo seguo”.
Perché?
“Non è uno con cui mi farei una foto, col figlio magari sì”.
Cosa farai per il tuo prossimo compleanno?
“Vorrei tanto andare in Giappone, indossare un kimono e, visto che sono nato il 9 marzo, vedere la fioritura dei ciliegi. Che sogno, non ci posso pensare! A proposito, per il suo compleanno a tuo figlio devi regalare una delle katane di Zoro, te lo dico io, che così non sbagli, fidati!”.
PS: dall’inizio alla fine dell’intervista Khaby ha guadagnato almeno 200.000 follower. E lui, davvero, sembra pensare ad altro. Per esempio a come fare felici gli altri. Che meraviglia.
(da TPI)
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Maggio 30th, 2021 Riccardo Fucile
NEL 2007, A 14 ANNI, SBARCA A BARI E RAGGIUNGE LA CAMPANIA… “L’ITALIA MI HA DATO TUTTO: GLI AMICI, UNA FORMAZIONE E UNA PROSPETTIVA”
A piedi, a cavallo, su un gommone, aggrappato sotto un camion.
Quando è arrivato la prima volta in Italia, nel 2007, a 14 anni, Rahmat aveva appena compiuto il suo personalissimo viaggio attraverso Afghanistan, Iran, Turchia e Grecia. Sbarcato a Bari, ha raggiunto con mezzi di fortuna la Campania, dove è diventato ospite di un centro di accoglienza a Piedimonte Matese, provincia di Caserta.
“Quella è stata la mia lunga rotta verso la salvezza”, ricorda. Grazie ai suoi “angeli senza ali”, che lo hanno accolto, supportato e aiutato nello studio, Rahmat Rezai nel 2021 si è laureato in Ingegneria Meccanica all’Università Federico II di Napoli. Col massimo dei voti. “L’Italia ha avverato il mio sogno. Ora è il momento di ripagarla”.
“La mia vita è stata come tutti gli altri cittadini afghani, se non peggio”, ricorda Rahmat. Di etnia Hazara, minoranza rispetto ai Pashtun, con la famiglia fugge verso l’Iran a 6 anni. Perde i contatti definitivamente con i suoi genitori dopo un posto di blocco dei Talebani. Arriverà nel Paese con suo zio, finirà per lavorare per produrre borse e zaini.
“In Iran ogni giorno la situazione peggiorava: non avevamo il diritto nemmeno di studiare”, ricorda. Rahmat ha resistito per qualche anno. Poi, racconta, è arrivato il momento in cui non aveva più nulla da perdere. E ha fatto una promessa: “Se arriverò in un posto migliore, mi impegnerò con tutte le mie forze”.
A 13 anni, dopo aver messo da parte un po’ di soldi, parte con tre amici verso l’Europa. “Per noi era la terra del futuro”. L’obiettivo era raggiungere la Finlandia, anche se “non sapevamo nemmeno dove fosse”. Si sono fermati in Italia, perché l’importante era “stare lontani dal nostro Paese d’origine. E dalla guerra”.
La seconda vita di Rahmat comincia così nel centro di accoglienza ‘Emiliano De Marco’ di Piedimonte Matese, comune che fa da collegamento fra la pianura casertana e il massiccio del Matese. “Siamo stati trattati benissimo, le operatrici non ci facevano mancare nulla. Appena ho cominciato ad andare a scuola ho capito che ci sarebbe stato un futuro per me”.
Rahmat è ripartito dalla seconda media, completando il liceo scientifico e riuscendo ad ottenere il diploma. Quando, oramai maggiorenne, deve insieme ai suoi amici lasciare la struttura, i gestori decidono di mettere loro a disposizione un piccolo appartamento dove autogestirsi.
Tutti cominciano a lavorare. Rahmat no. Si iscrive all’Università Federico II di Napoli, studia, passa le giornate sui libri “dalle sette del mattino a notte fonda”. Fino a ottenere la laurea, triennale prima e magistrale poi, in Ingegneria meccanica, con il massimo dei voti.
Il primo pensiero dopo la proclamazione? A dir la verità quella sensazione di libertà per aver finito tutti gli esami: “Laurearsi in Ingegneria meccanica non è facile – ripete –. Non pensavo di riuscire ad arrivare a questo punto. Non avevo la mia famiglia, non avevo supporto economico. Sento di aver superato in un certo senso i limiti”.
Una gioia da condividere con gli amici, i professori, ma soprattutto i gestori della casa di accoglienza, i componenti della famiglia Civitillo: Andrea, Eolo, Genny, Vittorio.
“Non ho mai visto persone così generose nella mia vita. Ci hanno fatto crescere: ognuno di noi ha avuto un futuro grazie a loro. Sono stati padri, amici, sempre al nostro fianco. Sono, come mi piace chiamarli, angeli senza ali”.
Quando gli chiedi quali sono state le difficoltà più grandi, Rahmat sorride: “Le persone qui ti vogliono bene senza pensare che sei straniero, senza chiedere da dove vieni. Studiare la lingua, soprattutto la grammatica è stato davvero complicato”, risponde,
Come si immagina il futuro, ora che a 28 anni ha tutta la vita davanti a sé? “Spero di lavorare in un’azienda che produce batterie al litio dove ho già fatto il tirocinio”.
Con la sua storia vorrebbe dire ai giovani italiani di approfittare delle strutture e dei mezzi che hanno a disposizione: “Ci sono molte persone in altre parti del mondo che hanno tanta voglia di crescere, andare avanti, diventare qualcuno, ma che purtroppo non hanno mezzi economici perché i loro Paesi non sono abbastanza sviluppati da accogliere le loro possibilità”.
Per Rahmat la crisi causata dalla pandemia colpirà soprattutto i giovani. “Vorrei dire loro di non mollare, di crescere, di studiare come ho fatto io”, sorride. Oggi, alla fine del suo viaggio, sente l’Italia come il suo Paese: “È la mia terra – continua –. L’Italia mi ha dato tutto: gli amici, una formazione, una prospettiva. Ora – conclude – è il momento di restituire tutto quello che ho ricevuto”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 19th, 2021 Riccardo Fucile
L’IMMAGINE SIMBOLO DELLA CRISI MIGRATORIA IN SPAGNA
Si chiama Juan Francisco è un agente del Gruppo Speciale di Attività Subacquee della Guardia Civil (GEAS) di stanza a Ceuta, e ha salvato dall’annegamento un bambino caduto in acqua nella giornata di ieri 18 maggio. I
l bambino, di appena due mesi, è in buone condizioni. L’immagine simbolo dell’arrivo in massa di almeno 8 mila migranti – tra cui adolescenti, donne e bambini – in meno di due giorni a Ceuta, enclave spagnola in Marocco, è stata diffusa dallo stesso organismo di sicurezza sul proprio account Twitter.
Nelle immagini condivise sui socia si possono anche vedere altri due agenti che salvano due bambine dalle rocce , una delle quali aiutata da un volontario della Croce Rossa , che sta partecipando ai soccorsi di molte di queste persone che stanno arrivando sulla spiaggia di El Tarajal, vicino al confine col Marocco.
Nelle ultime 24 ore, la Spagna ha battuto il record di arrivi di migranti in un solo giorno dal Marocco. Sono almeno 8mila, tra cui un migliaio di minori, i migranti che nella sola giornata di lunedì hanno superato il confine e sono arrivati – a nuoto o a piedi – a Ceuta, sulla costa del Nordafrica. Il governo spagnolo ha poi precisato che, da ieri, circa la metà è stata rimpatriata.
Secondo alcuni media iberici, ci sarebbe anche una vittima, un giovane che stava tentando di passare a nuoto la barriera tra i due Paesi.
(da agenzie)
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Maggio 17th, 2021 Riccardo Fucile
“CI VUOLE UN TAGLIO NETTO CONTRO L’IGNORANZA”
Tra pochi giorni il Comitato Olimpico italiano deciderà il nome dell’atleta che guiderà la squadra azzurra ai Giochi di Tokyo. Nelle ultime ore sono circolati alcuni nomi che sarebbero stati inseriti in una short list – in fase di valutazione – del Coni.
Tra di loro ci sarebbe anche quello di Paola Egonu, fortissima pallavolista di Conegliano e della nazionale di volley femminile. La giovane, 22 anni, sarebbe onorata ed è entusiasta all’idea di essere scelta come portabandiera alle prossime Olimpiadi.
La sua emozione trapela dalle parole pronunciate durante l’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera
“Sarebbe fantastico, un onore pazzesco. Wow, poi potrei morire anche subito! Mi piacerebbe prendermi sulle spalle questa responsabilità, davvero: io, di colore, italiana e la bandiera. L’ignoranza e certe cose del passato hanno bisogno di un taglio netto. Sono pronta. Facciamola, bum, questa rivoluzione!”.
sarebbe una vera e propria rivoluzione, come sottolineato da Paola Enogu. Una decisione che si basa sulla meritrocrazia (è, di gran lunga – la migliore pallavolista europea), ma anche per dare un chiaro ed evidente segnale nei confronti di quella fronda – non solo sportiva – che ancora basa i propri ragionamenti sul colore della pelle. Insomma, una scelta che sembra convincere a 360 gradi.
Un futuro da portabandiera olimpica, dopo che per anni – nonostante la sua giovanissima età – si è fatta carico di moltissimi temi sociali: dal razzismo all’omofobia.
Perché nel suo recente passato è bastata una dichiarazione in cui aveva detto di “amare una donna”. Parole che hanno provocato il classico male atavico italiano delle “etichette”. Ma lei, anche in questo caso, guarda alla sostanza e non alla forma:
“Ho ammesso di amare una donna (e lo ridirei, non mi sono mai pentita) e tutti a dire: ecco, la Egonu è lesbica. No, non funziona così. Mi ero innamorata di una collega ma non significa che non potrei innamorami di un ragazzo, o di un’altra donna. Non ho niente da nascondere però di base sono fatti miei. Quello che deve interessare è se gioco bene a volley, non con chi dormo”.
L’ennesima lezione. A soli 22 anni.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2021 Riccardo Fucile
ORA CERCANO DI AIUTARLO AD ACQUISTARE UN ABBONAMENTO ANNUO
«La dignità ha un sapore bellissimo» scrive su Facebook l’autista del bus che racconta questa vicenda. Che è una storia di viaggi, perché la vita dei migranti che arrivano in Italia è tutta una storia di viaggi, ma al tempo stesso di orgoglio, del proprio lavoro, dei propri doveri e del proprio ruolo in una società.
Un migrante, probabilmente africano, di cui non si conosce né il nome né il preciso tragitto quotidiano, al termine del suo viaggio a bordo di un mezzo pubblico, la linea R6 Anm che collega i quartieri napoletani di Fuorigrotta e Pianura, nella zona Occidentale, poco prima di scendere si avvicina al lato del guidatore e lascia lì una moneta da un euro. Col suo gesto intende pagare il viaggio.
L’uomo è stato più volte rimproverato per il suo comportamento: gli autisti dei mezzi pubblici non possono accettare denaro da nessuno, ovviamente. Dovrebbe semmai fare il biglietto, il ragazzo. O meglio, un abbonamento che a conti fatti, visto lo spostamento giornaliero, gli costerebbe molto meno di un euro a corsa. Niente da fare. Non si sa se per incapacità materiale o per altri problemi non lo fa.
Racconta l’autista testimone del gesto:
Poco prima di scendere, per evitare di ottenere il giusto e netto rifiuto da parte degli autisti, lascia furtivamente un euro sul cruscotto dell’autobus e poi scende.Un euro la mattina ed un euro il pomeriggio. Non riusciamo a fermarlo per spiegargli che non può e non deve farlo! Una volta un collega lo ha rimproverato anche bruscamente, ma lui si è incazzato ancor più del collega!
Tra l’altro, gli costerebbe molto meno un abbonamento mensile o addirittura uno annuale. Se qualcuno lo riconoscesse dalle immagini, per piacere, gli spieghi che lui è costretto a munirsi di titolo di viaggio prima di salire sul bus e che, soprattutto, gli autisti non possono percepire soldi.
Questa storia è così ricorrente, quotidiana, che uno dei dipendenti della società di trasporto napoletana, l’Anm, ha deciso di immortalarla con un video e di girarlo a Francesco Borrelli, uno dei politici napoletani più “social” in assoluto, insieme al re dell’informazione radiofonica napoletana Gianni Simioli. Obiettivo: cercare questo ragazzo, magari aiutarlo con una colletta per acquistare un abbonamento annuale.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2021 Riccardo Fucile
COLPITO DA UNA COLTELLATA AL CUORE DALL’EX COMPAGNO DELLA MAMMA CHE AVEVA FATTO IRRUZIONE IN CASA A TORTORI’, IN SARDEGNA
Mirko Farci aveva solo 19 anni: è morto ieri a Tortolì in Sardegna colpito da una coltellata al cuore dall’ex compagno della mamma, che aveva fatto irruzione in casa per aggredirla. Lei è gravissima in ospedale
Chi conosceva Mirlo lo descrive come un ragazzo gentile e sorridente, che voleva aprire una sua attività, come la pizzeria gestita dalla mamma, una delle più conosciute di Tortolì.
Cosa è successo? Shaid Masih, 29 anni, originario del Pakistan, aveva avuto una relazione con la mamma di Mirko. Una storia finita a causa della gelosia e delle violenze che si traducevano in scenate e botte. Lei lo aveva denunciato per stalking.
Ma non è bastato: nonostante sia stato prima arrestato, ha passato qualche settimana in carcere, e poi diffidato ad avvicinarsi alla casa della donna, il 29enne ha fatto irruzione accoltellando la mamma di Mirko. Che per difenderla è morto.
Il Corriere ripercorre la dinamica dell’aggressione:
Martedì all’alba a Tortolì — capoluogo dell’Ogliastra — si è arrampicato su una gronda, ha sfondato una finestra. Paola Piras, 50 anni, dormiva; ha urlato, Shaid aveva in mano un coltello e ha colpito furiosamente lei e il figlio che ha cercato di difenderla: una cinquantina di fendenti, uno ha squarciato il cuore di Mirko, 19 anni, che è morto dissanguato in pochi minuti.
Su Paola, che barcollava, 17 coltellate: all’addome, al petto, alla gola. È in condizioni disperate in ospedale. Catturato poche ore dopo, Shaid era ancora fuori di sé: poche frasi sconnesse, i jeans intrisi di sangue, felpa e mascherina sul volto, una grande paura quando, all’uscita della caserma, i carabinieri hanno trattenuto a stento una cinquantina di persone decise a far giustizia sommaria
L’uomo non era uno sbandato: aveva un lavoro come metalmeccanico in un cantiere nautico. La mamma di Mirko invece era vedova: il marito si era suicidato e lei era responsabile della crescita dei suoi tre figli.
Quando si è resa conto che la storia non poteva andare avanti ha denunciato. Ma lui non ha mai smesso di starle addosso, tanto che lei spiegava alle amiche “Ho paura”.
L’ennesimo delitto che si consuma tra le mura domestiche, l’ennesimo atto di ferocia scatenato contro una donna
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
LA VEDOVA DEL CAMPIONE DEL MONDO RACCONTA I PRIMI MESI SENZA DI LUI
Il 7 maggio Sofia Elena Rossi ha compiuto nove anni e in regalo ha ricevuto 9 rose rosse. “Auguri mia Principessa. Con tutto l’amore di sempre. Papà”, recitava il biglietto.
Era il 26 gennaio quando la sorella maggiore, Maria Vittoria, di rose ne riceveva 11, tanti quanto gli anni che compiva quel giorno. Le due bambine sono figlie di Paolo Rossi, il campione del Mondiale 1982 scomparso lo scorso dicembre.
E’ stato lui a chiedere alla moglie, Federica Cappelletti, di far sì che le figlie lo ricordassero, regalando loro un mazzo di rose, tante quanti gli anni compiuti, per ogni compleanno senza di lui.
Si legge sul Corriere della sera:
“Paolo è con noi sempre. Sabato scorso, per esempio, siamo andate al mare noi tre, e le bambine mi hanno chiesto di portare qualcosa del padre, in modo che ci fosse anche lui. Ci portiamo sempre dietro qualcosa, dipende: magliette, maglioni, la copia della Coppa del Mondo… Sofia Elena e Maria Vittoria hanno creato un rapporto simbolico con il padre molto delicato: la grande, quando deve riflettere, va a rinchiudersi nella nostra stanza, dice che è la camera dei segreti dove incontra il papà; la piccola giorni fa mi ha detto: ‘Ho un segreto, ma lo sa solo papà’”.
La giornalista è riuscita a far tornare in Italia la famosa maglia numero 20 che suo marito indossava il giorno dei tre gol al Brasile, pagandola 50 mila euro.
“Paolo mi ha sempre voluta accanto pure nella gestione della sua vita professionale e dunque l’ho sempre vissuta in prima persona. Ho saputo da subito che c’era una parte di lui che apparteneva a tutti. Ma poi c’era il privato, i nostri momenti di intimità con le bambine: ho avuto la fortuna di vivere questo e nessuno me lo potrà mai togliere”
(da Huffingtonpost)
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