Maggio 11th, 2021 Riccardo Fucile
L’INSEGNANTE HA RICOSTRUITO LE DINAMICHE DELL’INCONTRO CHE HA FILMATO PER CASO
La replica di Report alle accuse mosse da Italia Viva (con tanto di interrogazione parlamentare) nei confronti della trasmissione condotta sa Sigfrido Ranucci dopo il servizio mandato in onda la scorsa settimana, si è sviluppata anche con il racconto dell’insegnante che ha ripreso con il suo smartphone quell’incontro all’Autogrill di Fiano Romano tra Matteo Renzi e Marco Mancini.
La donna – la cui identità rimane riservata – ha spiegato che, a differenza di quanto sostenuto dal senatore di IV, non c’è stato alcuno scambio di “babbi” natalizi tra i due. Questo il racconto della testimone Report video Renzi proprio alla trasmissione che ha realizzato l’inchiesta partendo dal suo filmato.
“Dovevo incontrarlo al Senato, me n’ero dimenticato. Doveva portarmi i babbi, un dolce romagnolo”. Questo aveva detto Matteo Renzi la scorsa settimana dopo l’esplosione della polemica per il video mandato in onda da Report. Questa circostanza, però, è stata smentita dall’insegnante che ha spiegato come non ci sia stato alcuno scambio di doni natalizi (era il periodo di Natale del 2020) tra i due.
La donna ha spiegato (e ribadito) le dinamiche che l’hanno portata a essere in quel posto nel momento in cui ha visto arrivare il senatore di Italia Viva.
Il padre (intervenuto anche lui raccontando la sua patologia) si era sentito male a causa dei medicinali che deve assumere per la sua malattia.
L’insegnante, mentre suo papà era in bagno, ha notato Renzi e la sua scorta arrivare nel parcheggio. Non sapeva chi fosse il suo interlocutore e lo ha scoperto solo dopo il servizio di Report.
Inoltre, il video inviato a Report (prima mandato alla redazione di un quotidiano online) non dura 40 minuti – durata dell’incontro -, ma solamente 28 secondi. Ma nei 40 minuti non c’è stato alcuno scambio di babbi.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2021 Riccardo Fucile
DOCUMENTI FALSI CHE DIFFAMANO REPORT SPEDITI AI GIORNALI… QUESTA SERA LA SECONDA PUNTATA
Questa sera Report manda in onda, coperto, il padre di quella che i renziani chiamano “la professoressa bionica”, la testimone dell’ormai noto e discusso incontro del 23 dicembre 2020 all’autogrill tra il capo di Italia Viva e il dirigente dei Servizi segreti Marco Mancini, che aspirava a una promozione.
L’anziano signore è costretto a spiegare che soffre “di una patologia che mi obbliga ad assumere dei farmaci abbastanza potenti per una leucemia mieloidecronica (…)
Questi farmaci producono questi effetti (…) attacchi ripetuti per cui sono stato costretto a entrare e uscire dal bagno diverse volte…”.
E questo per giustificare che la figlia, insegnante, si sia trattenuta nel parcheggio dell’autogrill di Fiano Romano durante i circa 40 minuti del colloquio tra Matteo Renzi e Mancini, abbia scattato alcune foto – che ha spedito subito al Fatto, purtroppo non le abbiamo viste – e girato un video di 28 secondi.
Ma soprattutto Report prova a ricostruire il dossier che gira da tre mesi e ora è finito in un’interrogazione del renziano Luciano Nobili contro la trasmissione di Sigfrido Ranucci, annunciata dallo stesso Renzi mentre spiegava di Mancini.
Parla di una fattura da 45mila euro che la Rai avrebbe pagato a una società lussemburghese in relazione a un imprecisato aiuto che un ex manager di Finmeccanica, Francesco Maria Tuccillo, avrebbe dato a Report per il servizio di novembre 2020 su Alitalia e Piaggio Aerospace, che coinvolgeva Renzi.
La fattura non si trova, Nobili non ce l’ha e a Report dice “non avete solo voi quelle informazioni, ce le abbiamo anche noi le informazioni”, accenna a “fonti giornalistiche stanche del fatto che la Rai ricorra a professionalità esterne”, a “dipendenti Rai”.
“Non è una nostra fonte” ma “l’abbiamo incontrato, una sola volta”, racconta Ranucci. “Che Nobili ne fosse a conoscenza – osserva – è un fatto gravissimo, per la libertà di stampa ma anche per il funzionamento democratico di un Paese”.
Ranucci ricorda che Tuccillo “è stato tra i manager di Piaggio Aerospace che più si sono opposti al nuovo management filoarabo, sponsorizzato dal governo Renzi. Fu proprio Renzi che aprì le porte di un’azienda strategica per la sicurezza del Paese come Piaggio Aerspace, che produce tecnologia militare, agli Emirati Arabi. (…) Inolte Tuccillo aveva contribuito a catturare Roberto Vito Palazzolo, in arte Roberto Von Palace, il boss su cui aveva indagato Falcone e che da latitante in Sudafrica riciclava i soldi di Cosa nostra e avrebbe aiutato Finmeccanica a vendere gli elicotteri”.
Anche Tuccillo nega. La società lussemburghese dice di non conoscerlo.Le fonti dei giornalisti sono protette dalla legge sul segreto professionale, infatti ci allarmiamo se sono esposte a perquisizioni e intercettazioni e a maggior ragione se finiscono nel mirino di un partito che gioca alla controinformazione sui giornalisti sgraditi. Sarebbe inquietante se la magistratura cedesse alla richiesta di Renzi di perquisire l’insegnante perché sostiene di essere stato “intercettato”, quando al più è stato filmato per 28 secondi in luogo aperto al pubblico, senza captare una parola. Sarebbe un’intimidazione per chiunque accetti di parlare riservatamente con un giornalista.
Infatti Franco Bechis, direttore del Tempo e Augusto Minzolini, oggi editorialista del Giornale, non risulta abbiano denunciato chi, tre mesi fa, consegnò loro il dossier finito poi ai detective di Italia Viva.
Entrambi spiegano a Report di averlo ritenuto falso, ma ne usarono una parte su Rocco Casalino: si parlava di mail tra l’ex portavoce di Giuseppe Conte e Ranucci, chiamato “un conduttore Rai”, a proposito di contenuti da mandare in onda. Entrambi hanno smentito, nessuno mostra le mail.
L’incontro tra Renzi e Mancini non è uno scandalo in sé ma è una notizia, se non altro per la location autostradale; la concomitanza con la crisi del governo Conte 2 che si consumava anche sul tema della delega ai Servizi tenuta per sé dall’ex presidente del Consiglio; la figura di un dirigente dell’intelligence passato indenne per vicende oscure (Abu Omar, lo spionaggio Telekom) anche grazie al segreto di Stato, con un’ampia rete di relazioni e in conflitto con altri settori degli apparati, che aspirava a una vicedirezione e non l’ha avuta.
Infatti il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi sentirà Gennaro Vecchione, capo del Dis e di Mancini.
È ben più scandaloso che Renzi reagisca con un’interrogazione basata sul dossier falso che qualcuno ha fatto arrivare a tre giornali e a Italia Viva.
(da La Notizia)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
RESTITUISCE IL FAVORE DEL COPASIR: L’ALLEANZA TRA SOVRANISMO FINANZIARIO E DESTRA ECONOMICA
A fare più rumore nelle chat degli alleati di FdI e soprattutto tra chi conosce le dinamiche del Copasir, il Comitato parlamentare che controlla i servizi segreti, è stata però la difesa di Salvini. “L’asse tra i due Matteo si è consolidato anche sul Copasir” fanno notare dal partito di Giorgia Meloni che da settimane rivendica per sé, in quanto unico partito di opposizione, la presidenza.
Peccato che a presiedere il Copasir sia ancora il leghista Raffaele Volpi, di antica scuola Dc, che nonostante gli appelli di 40 costituzionalisti e le pressioni politiche non ha intenzione di lasciare il posto al candidato di FdI, Adolfo Urso. E a Renzi va bene così.
Non a caso Italia Viva, sempre molto attenta ai rapporti tra istituzioni e intelligence, sia l’unico partito che tace sul caso della presidenza del Copasir e abbia di fatto avallato la scelta della continuità di Volpi, in ottimi rapporti con Renzi.
Tant’è che nell’ottobre 2019, con il governo Conte-2 appena insediato, il leghista fu eletto presidente a San Macuto al posto del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, proprio grazie al voto decisivo del senatore renziano Ernesto Magorno che gli permise di ottenere 6 preferenze su 10 ed evitare un pericoloso ballottaggio visto che Forza Italia rivendicava quella poltrona per Elio Vito.
Sicché, mentre il Comitato ha ripreso a lavorare sentendo ilcommissario all’emergenza Francesco Figliuolo, il sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli e il numero uno dell’Aisi Mario Parente, c’è chi vede nel rapporto tra Renzi e Volpi (e Salvini) la scelta del Copasir di “scordarsi” di audire proprio il leader di Iv e l’ex premier Conte sul caso della visita del ministro della Giustizia americano William Barr nell’ambito del Russiagate.
Un tema sensibile anche per la Lega. Epperò Volpi giovedì, quando il Copasir si riunirà per ascoltare il titolare dell’Aise Giovanni Caravelli su temi di politica internazionale (Libia, Iran, Cina), dovrà decidere cosa fare anche sull’incontro tra Renzi e Mancini.
Ne discuterà l’ufficio di Presidenza. “Non lasceremo che la questione rimanga sui giornali”, fanno sapere dal Pd, mentre anche FI e il M5S sarebbero intenzionati a chiedere chiarimenti per capire come sono andate le cose. E tra le ipotesi sul tavolo, fanno sapere fonti qualificate del Copasir, c’è anche la possibilità di convocare in audizione lo stesso Renzi, Mancini e il direttore del Dis Gennaro Vecchione. Oltre a raccogliere informazioni sul colloquio, i componenti del Copasir vogliono capire anche se i due interlocutori fossero pedinati. Per quanto risulta al Fatto, no.
È vero invece che l’intraprendenza di Mancini non è gradita da tutti nel governo: il dirigente, che ai tempi dell’incontro con Renzi puntava a una vicedirezione operativa o almeno del Dis, potrebbe essere ridimensionato. Intanto ieri la deputata M5S Vittoria Baldino ha presentato un’interrogazione a Mario Draghi per chiedere chiarimenti su un possibile nesso con la caduta del governo Conte.
(da il Fatto Quotidiano)
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Maggio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
LE FOTO IMBARAZZANTI E LE CRITICHE A CONTE PER LA DELEGA AI SERVIZI SEGRETI
La foto di un incontro tra Matteo Renzi e uno 007 di nome Marco Mancini in un autogrill è parte integrante di un servizio di Report in onda stasera e anticipato oggi dal Fatto Quotidiano.
Il contatto, dice il servizio di Giorgio Mottola, risale al 23 dicembre 2020, in un parcheggio dell’autogrill di Fiano Romano nei pressi di Roma. Dura – secondo Report – una quarantina di minuti.
Marco Mancini lavora al Dis, Dipartimento Informazioni Sicurezza, l’organo che coordina l’intera attività di informazione per la sicurezza, compresa quella relativa alla sicurezza cibernetica e ne verifica i risultati.
Ha lavorato nel Sismi con Nicolò Pollari. Ha ricevuto una condanna a 9 anni nel febbraio 2013 per sequestro di persona (l’imam Abu Omar) poi annullata dalla Cassazione. Nel marzo 2005 partecipa all’operazione che riporta in Italia dall’Iraq la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena.
Mancini è caporeparto del Dis e secondo l’anticipazione di Report l’incontro avviene per una nomina, magari in Aise o in Aisi, oppure come vicedirettore del Dis.
Il Fatto Quotidiano spiega che nei mesi precedenti l’incontro era esplosa una dura contesa sui servizi di sicurezza. Prima sulle regole per la proroga dei vertici, poi sulla delega affidata dalla legge al premier, infine sulla Fondazione per la cybersecurity. Tutto precipita dopo il consiglio dei ministri sul Recovery del 7 novembre 2020, interrotto per il tampone falso-positivo al Covid della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese prima che si voti.
Dopo l’incontro Renzi critica la gestione dei servizi segreti da parte del premier. E polemizza sulla delega che Conte ha tenuto per sé, come Gentiloni. Il 23 dicembre Renzi lo ripete all’Aria che tira, su La7. Poi va a Rebibbia a visitare Denis Verdini. Infine incontra Mancini in autogrill.
Conte cederà soltanto il 21 gennaio 2021, quando passa la delega all’ambasciatore Pietro Benassi. Troppo tardi. Il 13 gennaio si sono già dimesse le tre ministre di Italia viva. E il 26 gennaio il governo Conte cade.
Il servizio di Report nasce per una insegnante che il 23 gennaio si trova all’autogrilli di Fiano Romano e filma Renzi con il telefonino mentre parla con Mancini. Secondo Report Renzi ha detto che Mancini gli avrebbe consegnato per Natale i Babbi di cioccolato, specialità romagnole. Dice che è stato l’agente del Dis a raggiungere lui. La testimone oculare sostiene il contrario.
Secondo il Fatto il leader Iv si incontra regolarmente con Mancini dal 2016: “Quel 23 dicembre i due avevano un appuntamento già fissato e saltato perché Renzi se ne dimentica e parte per Firenze; recupera all’ultimo momento, pregando Mancini di raggiungerlo all’autogrill sull’autostrada. Ma – giurano – quel giorno non si parlò di nomine”.
(da “La Notizia”)
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Aprile 30th, 2021 Riccardo Fucile
“PUO’ ESSERE LA CITTA’ DEL FUTURO”
Matteo Renzi è divnetato editorialista di Arab News. Ovvero del quotidiano con sede a Riyad e considerato vicino al regime.
Lorenzo Giarelli sul Fatto Quotidiano oggi racconta che dopo il “Nuovo rinascimento” e il Gran Premio di Formula 1 nel Bahrein il senatore di Italia Viva è ormai proiettato nella penisola arabica.
L’editoriale d’esordio di Renzi è di qualche giorno fa ed è disponibile nella versione online del quotidiano. Titolo: “AlUla can be the city of the future, as well as of the past”; AlUla può essere la città del futuro, così come del passato. L’articolo contiene una serie di elogi per la città saudita, al centro di un progetto di urbanistica green di cui si occupa la già menzionata Royal Commission.
Renzi si affida subito alle citazioni, scegliendo di aprire le sue 5 mila battute con l’i mmarcescibi le “la bellezza salverà il mondo”, prima di avventurarsi in un parallelo tra AlUla e la storia di Matera.
Secondo Renzi “negli anni ‘50 Matera era povera e trascurata tanto che gli abitanti furono spostati in alcuni nuovi quartieri residenziali”, finché negli anni ‘80 non si decise per una “rinascita” at – traverso “investimenti pubblici e privati”. Tutto questo per dire che oggi AlUla può seguire quel modello di città in cui “una comunità moderna vive in armonia con il suo passato ”.
AlUla è allora “una grande opportunità”, anche grazie all’irreprensibile lavoro della Corona: “AlUla e l’Arabia Saudita stanno seguendo un approccio community- inclusive e culture-first ”.
Il Regno, insomma, citato come esempio di inclusività sociale oltreché di attenzione per la cultura. Prepariamoci, perché nei prossimi decenni “AlUla sarà un museo vivente” e il progetto della Royal Commission di cui Renzi fa parte è “assicurare che gli abitanti della regione siano centrali nel successo a lungo termine della città”.
(da agenzie)
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Aprile 25th, 2021 Riccardo Fucile
LA ISS GLOBAL FORWARDING PORTA A CARRAI E AL PATTO TRA LE MONARCHIE SAUDITE E ISRAELE
C’è una società che collega gli ultimi viaggi di Matteo Renzi tra Africa e Golfo Persico. Si chiama Iss Global Forwarding, è una multinazionale che porta a Marco Carrai e al patto tra le monarchie sunnite della Penisola arabica e Israele, gli Accordi di Abramo.
Arabia Saudita, Bahrein, Dubai e Senegal sono i Paesi in cui si è recato, da gennaio a oggi, il senatore. Viaggi che nulla hanno a che fare con il suo ruolo di parlamentare, visto che il leader di Italia Viva fa parte della Commissione Igiene e Sanità.
Cos’è andato a fare allora Renzi in tutti questi Paesi? Non l’ha mai spiegato.
“I miei viaggi sono legittimi, la mia dichiarazione dei redditi è pubblica, i miei numerosi incarichi internazionali sono tutti rispettosi delle regole del nostro Paese”, ha dichiarato.
Vero, perché la legge italiana non gli impedisce di svolgere attività d’affari private, tant’è che il senatore di Rignano ha appena aperto, come rivelato dall’Espresso, una società di consulenza basata a Roma, la Ma.Re Consulting.
La sua stringata dichiarazione non è però sufficiente a spiegare il motivo del continuo girovagare.
Per capire perché Renzi da gennaio ad aprile si sia recato nello stesso numero di Paesi extraeuropei di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, si più partire da ciò che accomuna le nazioni visitate. Ed è qui che ci si imbatte in Carrai, da sempre grande amico dell’ex premier.
Il consigliere e amico
Console onorario di Israele in Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna, tra i tanti incarichi all’attivo, Marco Carrai ha anche quello di consigliere d’amministrazione della Iss Global Forwarding Italy, sede a Milano, attiva nel settore delle spedizioni. È la filiale italiana della multinazionale Iss Global Forwarding, gigante della logistica, energia in particolare.
Presente in oltre 100 nazioni, è controllata dalla Investment Corporation of Dubai, braccio finanziario dell’emirato. Lo stesso dove Renzi si è recato a marzo in compagnia di Carrai, ha rivelato La Stampa.
Non è la prima volta che l’imprenditore amico dell’ex premier si ritrova in imprese dove si uniscono interessi italiani e mediorientali. Succede anche nella Wadi Ventures, società d’investimento basata in Lussemburgo: accanto a manager e imprenditori nostrani come il costruttore Michele Pizzarotti, il finanziere Davide Serra e l’ex consigliere di Leonardo Fabrizio Landi, nel capitale spicca per quantità di denaro investito la Golden Landscape di Dubai.
Come raccontato dal Sole 24 Ore, a staccare l’assegno da 500 mila euro con cui l’anonima società emiratina è diventata il principale investitore del veicolo lussemburghese è stato in realtà il Kingdom Wealth Fund, fondo creato da Mohamad Al Akari, imprenditore nel settore petrolifero, consulente d’affari della famiglia reale saudita e di altre monarchie del Golfo.
Wadi Ventures fa capo a un’altra lussemburghese, la Wadi Ventures Management Company, ed è tra gli azionisti di quest’ultima che compare Carrai, o almeno compariva.
Poi, il 24 marzo scorso, ha ceduto tutte le sue quote all’israeliano Jonathan Pacifici, presidente del Jewish Economic Forum. Il risultato è che oggi i beneficiari della Wadi Ventures Management Company sono tre. Oltre a Pacifici c’è Vittorio Giaroli, socio anche della Cambridge Management Consulting, l’impresa fiorentina fondata dallo stesso Carrai, e c’è Marco Norberto Bernabè, figlio di Franco, l’uomo appena scelto dal governo Draghi come presidente di Ilva.
Coincidenza.
Anche Carrai è alle prese con vecchie acciaierie da far ripartire: è infatti nel cda della ex Lucchini di Piombino, oggi di proprietà della famiglia indiana Jindal, per il cui rilancio s’immagina un futuro fatto di idrogeno, gas e logistica. Proprio i settori in cui opera Iss Global Forwarding.
Gli accordi di Abramo
Dubai è al centro degli Accordi di Abramo e degli affari che ne conseguono. Firmati il 15 settembre scorso alla Casa Bianca, i patti hanno normalizzato i rapporti diplomatici tra Israele, Emirati Arabi Uniti (di cui fa parte Dubai) e Bahrein. Secondo il governo degli Emirati, gli accordi potrebbero portare fino a 500 milioni di dollari di nuovi scambi con Israele.
Sullo sfondo c’è l’Arabia Saudita, altra nazione dove Renzi si è recato ultimamente in virtù di due incarichi affidati direttamente dal principe Mohammed Bin Salman (come consigliere del Future Investment Institute e come e della Royal Commission for Al Ula, come rivelato di recente dal Domani). Capitale mondiale dell’islam sunnita e della produzione petrolifera, Riyad non ha firmato gli Accordi di Abramo ma ha benedetto l’intesa dando il permesso di attraversare il proprio spazio aereo agli aerei commerciali che fanno la spola tra Israele e Dubai.
Dubai e l’hub africano
Infine c’è il Senegal, altro Paese visitato da Renzi. In questo caso il motivo del viaggio l’ha spiegato il presidente della Repubblica africana, Malick Sall: Renzi è stato a Dakar in compagnia della famiglia Ferrari, titolare dell’azienda di trasporti bresciana Germani, per parlare di “un progetto per una piattaforma di trasporto e logistica nella zona economica speciale di Diass”, ha detto Sall.
Il Senegal punta a diventare l’hub africano del trasporto internazionale di merci gestito da Dubai. Lo dimostra l’accordo firmato lo scorso novembre dal governo di Dakar per aderire al “World Logistics Passport”, un progetto con cui l’emirato dice di voler aumentare il commercio tra le nazioni del sud del mondo. Obiettivo strategico: trasportare merci tra Americhe e Asia, attraverso Senegal e Dubai.
Negli ambienti renziani, nessuno vuol rilasciare commenti sugli eventuali interessi del senatore di Italia Viva. La multinazionale Iss Global Forwarding, nella cui filiale italiana è presente Carrai, potrebbe però essere la pedina costruita per partecipare a questa partita che unisce interessi politici ed economici. Un nuovo Grande Gioco.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 22nd, 2021 Riccardo Fucile
FUGGI FUGGI DAL PARTITO DA NORD A SUD: “ORMAI MATTEO PENSA SOLO AGLI AFFARI”
Italia Viva è sempre più morta. Nei sondaggi il partito di Matteo Renzi è in caduta perenne e ormai riesce ad assommare i voti dello zoccolo duro e basta.
E mentre il suo leader e fondatore apre società di consulenza e porta a casa incarichi “segreti” per i maxiprogetti di Bin Salman, scatta il fuggi fuggi.
L’ultima ad andarsene è stata Patrizia Baffi. Consigliera regionale in Lombardia e grande amica di Attilio Fontana, è passata da Italia Viva a Fratelli d’Italia dopo essere stata eletta al Pirellone con il Partito Democratico. Ma, ricorda oggi Il Fatto Quotidiano, prima di lei negli ultimi giorni anche in altre parti d’Italia ci sono stati degli addii. A inizio aprile 11 dirigenti in Calabria hanno lasciato il partito. Perché il senatore Ernesto Magorno, responsabile di IV nella Regione, vuole avvicinarsi al governatore leghista Nino Spirlì.
A molti renziani calabresi non è andato giù nemmeno l’intergruppo parlamentare con Forza Italia e Lega a favore dello Stretto di Messina. Così hanno lasciato 11 esponenti di peso tra cui Stefania Coviello della Direzione Nazionale. I 4 coordinatori provinciali Lidia Chiriatti (Reggio Calabria) Salvatore Giorno (Cosenza), Maria Salvia (Vibo Valentia) e Caterina Sirianni (Catanzaro), oltre a consiglieri comunali e dirigenti dell’Assemblea nazionale di Italia Viva
Lo stesso succede in Campania dove Italia Viva aveva preso un ragguardevole 7,3% alle ultime elezioni. Il gruppo consiliare a Napoli una settimana dopo le elezioni si è sciolto dopo l’addio dei tre consiglieri Manuela Mirra, Gabriele Mundo e Carmine Sgambati e adesso in tutta la Regione i renziani della prima ora iniziano ad andarsene: c’è il renzianissimo Tommaso Ederoclite oggi passato nello staff di Antonio Bassolino, la deputata Michela Rostan oggi nel Misto e almeno 4 consiglieri municipali di Napoli che, come ha raccontato Il Mattino, sono pronti a lasciare dopo la scelta di candidare Gennaro Migliore a sindaco di Napoli senza alcun coinvolgimento sul territorio.
Altri abbandono a Sarzana e a Palermo oltre ai coordinamento provinciale. Mentre al Senato sono sempre in bilico Leonardo Grimani e Mauro Marino che vorrebbe tornare nel Partito Democratico.
Anche Carmine D’Alessandro contesta la linea del Capo: “Non possiamo allearci con la destra – dice – formare il centro non risolve il problema politico: dobbiamo stare nel centrosinistra”.
E intanto nel ventre dei gruppi parlamentari l’irritazione per le notizie sul conferenziere Renzi e per il distacco da deputati e senatori aumenta: “Ormai Matteo pensa solo agli affari”, conclude amaro un senatore di Italia Viva.
(da La Notizia)
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Aprile 20th, 2021 Riccardo Fucile
DETTAGLI DEL POTERE NEL GRANDE BLUFF
Erano giovani, entusiasti, toscani. Si contrapponevano ai dinosauri stanziati a Roma, dipinti come ferraglia da portare allo sfasciacarrozze, sassi umani sul binario delle riforme nell’Italia che ripartiva.
“Poche chiacchiere”, intimava il più giovane presidente del Consiglio d’Italia (più giovane pure di Mussolini, battuto di pochi mesi con scaltra manovra effrattiva), citando chissà se involontariamente il motto affisso sulla casa del Fascio.
Circondato da una piccola corte di indigeni eredi del Rinascimento (avvocati di provincia, allenatori di squadrette del Valdarno, soci di municipalizzate del Comune che amministrava, vigilesse di Firenze), prendeva possesso delle stanze del potere, cavalcando un’estetica amorale e futurista.
C’era un’epica, dietro ai dettagli: device Apple ultimo modello, pranzo al sacco di Eataly, la Smart, i Consigli dei ministri alle 7 di mattina, i selfie, i tweet, le slide, i post, il blog, i video, tutte epitomi della comunicazione rapida, disintermediata, da “premier” a utente, da Matteo a Lucciola85.
Con lui, il “Giglio magico”, i giovani riformatori: Lotti, Boschi, Bonifazi e a latere, in un ruolo mai chiaro, Carrai, intervistatissimo dai giornali liberali, affascinati dalle amicizie del “royal baby”, quale prototipo dell’imprenditore del futuro tra il Chiantishire e la Silicon Valley, molto chic perché allergico a tutto, forse celiaco. “Tocca a noi, siamo una nuova generazione”, e intendeva “noi ingenui ma genuini, noi capi-scout d’Italia”, e mai “noi” ha voluto dire tanto “io”. “Non contano le conoscenze, ma la conoscenza”, e intanto piazzava affini e contigui nelle partecipate e ai ministeri; Carrai, console onorario di Israele per Lombardia, Toscana e Emilia-Romagna, lo voleva alla cybersecurity, nientemeno.
Dopo la caduta rinfaccerà: “Gli stessi che prima elemosinavano una parola, un sms, uno sguardo sono spariti”. Impossibile querelarci, lo ha detto lui: “Centinaia di beneficiati hanno ricevuto, osannato, adulato”, stipendiati da noi.
Poi erano i baccanali neolib della Leopolda: una maratona di tre giorni forsennati, lui tedoforo con la fiamma del futuro in mano; ai “tavoli”, imprenditori, banchieri, squali della finanza, astronauti, atleti (che poi cominciarono a declinare: temendo i suoi auguri come la peste) e vip, per lo più compagni di scuderia dell’agente Presta.
Competizione, darwinismo dei “migliori” (la Bellanova, Scalfarotto). E lo “storytelling” deflagrava in epos: il Rolex in regalo dai sauditi (già allora!), le camicie giallo-blu dei partigiani del “25 aprile Tutto blu”, gli aeroporti di Pisa e di Firenze, il dream team per il Giubileo, il trolley, le periferie, i millennials, il modello Scampia, l’inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria (20 km: piuttosto l’inaugurazione della Laino Borgo-Campotenese).
Nel 2017, già in declino, il già autista di camper prese in affitto un treno, sì, un treno speciale Trenitalia, a spese del Pd cioè nostre, su cui percorse l’Italia in 108 province (quelle che lui voleva abolire). Con lui Bonifazi, Richetti, Rosato, Delrio, persino Zingaretti, e giornaliste in solluchero; trionfo della comunicazione populista, politica accoppata; poi furono costretti a non comunicare più le tappe perché alle stazioni venivano subissati dai fischi e dagli insulti: un calvario.
I giovani idealisti si rivelavano vieppiù pescicani, figli di intrighini e di funzionari di banche in declino per cui da ministri trattavano acquisizioni, parvenu del potere, rancorosi, facili alla querela.
Oggi un massone dice di aver promesso alla Boschi (e a Renzi, e a Verdini) un milione di voti in cambio della promessa di far cadere Conte.
Lotti, ex ministro (dello Sport: era allenatore nella categoria pulcini) ha parecchie grane: Consip su tutte, e ora l’accusa di corruzione per la Fondazione Open (oltre che di finanziamento illecito, per cui sono indagati pure Bianchi, Boschi, Carrai e Renzi stesso).
E lui, individuo apicale di questo consorzio, motore primo della fabbrica del nulla che è stato il renzismo, si dà non all’ippica, come da più parti auspicato, ma agli affari con le petromonarchie sanguinarie, e li lascia chi più chi meno nelle pesti. Benché egli neghi (ma piuttosto: siccome nega), potrebbe stare per mollarli.
I 45 di Italia viva in Parlamento (renziani Dop più varie figure sopraggiunte, tra cui un massone e qualche 5Stelle), eletti con un altro partito e migrati nel gruppo a cui il Partito Socialista (alla faccia della rottamazione) ha dovuto subaffittare un pezzo di simbolo, temono che si metta a pensare ai fatti suoi, che poi è esattamente quel che ha fatto finora, ma stavolta col 2% invece che col 40 a cui era dato per certo; vanno piagnucolando che costui, che intanto è diventato milionario, li sta per abbandonare al loro destino, che è quello di sparire nel nulla; sentono l’horror vacui di non saper fare altro nella vita che “i renziani”. Fuoriclasse, purosangue, dicono di lui: perché ha mandato al governo Brunetta, Garavaglia e Gelmini.
Da un anno tentava di far cadere tutto, ma nel febbraio 2020 la gente invece che alle sue bizze si è messa a pensare ai parenti intubati.
Ha dovuto lavorare di lima sorda, ogni giorno un ricatto, finché, intuendo la caduta psicologica di una nazione, ha provocato la crisi che si è goduto da Riyad, svenevolissimo col mandante di un omicidio, chiedendo il Mes e il Ponte sullo Stretto, che da Draghi, stranamente, non vuole.
“Un capolavoro”, dicono quelli smart come lui; e in effetti un numero gli è riuscito, quello di sparire, Houdini del 2%, nel Paese che amava al punto da volerne svecchiare la Costituzione, che a lui e alla moritura e già gagliarda oligarchia gigliata non piaceva (meglio quella saudita): “Piaccia o non piaccia”, “Un passettino alla volta”.
Un passettino alla volta, gli italiani hanno capito il grande bluff umano e politico che è stato il renzismo e, quanto al suo artefice, hanno imparato a detestarlo, e i più saggi – tra i quali non siamo – a ignorarlo, come si fa con un rumore molesto.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 20th, 2021 Riccardo Fucile
SOCIETA’ DI SERVIZI, ANALISI E CONSULENZE ALLE IMPRESE IN MATERIA DI STRATEGIA AZIENDALE… SI PREPARA A UNA PROFESSIONE FUTURA?
Si chiama Ma.Re Consulting srl ed è una società di consulenza aperta la settimana scorsa. Da Matteo Renzi. Il senatore e leader di Italia Viva, secondo quanto risulta alla Camera di Commercio di Roma ed è stato riportato dall’Espresso, ha aperto una Srl per dedicarsi a consulenza, assistenza, prestazione di servizi, svolgimento di analisi, studi.
E ancora: ricerche dirette alle imprese, soggetti e servizi in genere, in materia di strategia aziendale e industriale e così via
Ma.Re Consulting, che porta nel nome le iniziali del senatore di Rignano, avrà sede in via Bocca di Leone 78 a Roma. Ovvero nel palazzo dei Torlonia.
Renzi due anni fa aveva già fondato la Digistart con il medesimo obiettivo, poi però la chiuse subito. La Ma.Re., fa sapere l’ex premier, non sarà utilizzata per fatturare le sue prestazioni di conferenziere in giro per il mondo, poiché per tale scopo utilizza la partita Iva.
Adesso Renzi ha una carriera lavorativa in piena attività e gestisce un partito, senza cariche, non proprio in piena salute.
La dichiarazione dei redditi dell’ex premier ho toccato 1,092 milioni di euro nel 2020, ma Italia Viva non si schioda dal 2per cento nei sondaggi politici.
Questa società a responsabilità limitata (srl) con 10.000 euro di capitale interamente versato ha soltanto qualche giorno di vita. È stata costituta presso lo studio fiorentino del notaio Niccolò Turchini, conosciuto anche per aver certificato il primato mondiale di abbracci davanti a Palazzo Vecchio con la partecipazione di 1.186 cittadini capitanati dal sindaco Dario Nardella. Ma presto Ma.Re potrebbe accogliere nuovi soci.
(da La Notizia)
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