Marzo 18th, 2021 Riccardo Fucile
RAGGI 26,2%, BERTOLASO 19,7%, GUALTIERI 17.9%, CALENDA 15,3%… BALLOTTAGGI: RAGGI SCONFITTA DA GUALTIERI, BERTOLASO SCONFITTO DA RAGGI E GUALTIERI
Oltre mille interviste (1.042 per l’esattezza), realizzate tra lunedì e martedì scorso, rivelano che ad oggi la sindaca uscente parte in vantaggio con il 26,2% delle preferenze forte di mesi di campagna elettorale alle spalle avendo annunciato la ricandidatura ad agosto.
Se si candidasse per il centrodestra, l’ex capo della protezione civile Bertolaso arriverebbe secondo con il 19,7%. L’ex ministro dell’Economia ed esponente del Pd segue con il 17,9% staccando di oltre due punti il leader di Azione Carlo Calenda che si è candidato a metà ottobre e ad oggi è dato al 15,3%. Il senatore e candidato con la lista Rinascimento Vittorio Sgarbi invece si deve accontentare del 5,9% dei voti.
Infine gli scontenti e gli astenuti: il 15% degli intervistati non voterebbe nessuno tra i cinque sfidanti presentati dal sondaggio mentre il 5,8% non andrebbe proprio a votare.
Il ballottaggio tra primo e secondo classificato (Raggi – Bertolaso), finirebbe per favorire la sindaca uscente che conquisterebbe il bis con il 36,6% dei voti contro il 34,7% dell’avversario. Gli astenuti sarebbero il 28,7%.
La sfida tra M5s e centrodestra è uno scenario possibile nell’ipotesi in cui Roberto Gualtieri e Carlo Calenda corressero divisi: “Nel campo del centrosinistra la certezza è che in mancanza di un accordo tra i due competitori il rischio di essere esclusi dal ballottaggio è molto concreto”, commenta l’amministratore delegato di Izi Giacomo Spaini. Uno scenario di cui sono consapevoli sia il Pd sia Calenda che ieri, intervistato da Repubblica ha prospettato la ricerca di un candidato unitario per il centrosinistra.
La coalizione però, al momento è indefinita tanto quanto la scesa in campo di Gualtieri: Italia Viva deve ancora fare le sue valutazioni e l’ipotesi che vada a sostenere la corsa solitaria di Calenda insieme ai Radicali e ai Verdi non è da escludere.
Se ipoteticamente i due andassero al ballottaggio, ad avere la meglio sarebbe Gualtieri con il 29,6% dei voti, staccando Calenda di 3 punti (il leader di Azione conquisterebbe il 26,3%). Alta l’astensione, data al 44,1%.
Secondo Izi, l’ex ministro dell’Economia batterebbe tutti al ballottaggio: vincerebbe con il 34,6% contro Virginia Raggi e con il 39,1% se lo sfidante fosse Bertolaso.
L’ex capo della protezione civile attualmente impegnato in Lombardia per il piano vaccinale sarebbe sconfitto anche da Calenda e, come detto, da Raggi. Insomma da tutti.
Torniamo a quel 15% di persone che non sceglierebbe nessuno dei 5 nomi presentati nel sondaggio: è proprio il centrodestra a pagare lo scotto più alto perchè tra gli scontenti la maggior parte (il 45,8%), appartiene a questa area politica.
Sul destino di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia pesa infatti l’incognita del candidato reale che ancora non c’è visto che Bertolaso, corteggiato in particolare da Matteo Salvini e Forza Italia, ha detto più volte che non correrà anche se a malincuore. Dall’altra parte della barricata il 34,7% sempre degli scontenti è invece di centrosinistra: anche in questo caso le divisioni e la mancanza di un chiarezza sulla candidatura toglie una fetta importante di voti. Al contrario, essendo Raggi l’unica candidata del M5s, la percentuale di scontenti tra gli stellati scende al 19,4%.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2021 Riccardo Fucile
COALIZIONI CON IDEE CONFUSE E SENZA CANDIDATI FORTI
Senza coalizioni certe e senza candidati: Roma è in alto mare.
Ieri il freno a mano tirato da Enrico Letta sulla corsa dell’ex ministro Roberto Gualtieri, oggi il “no grazie” di Guido Bertolaso, impegnato sul fronte milanese dei vaccini e stufo delle perplessità di FdI sul suo nome.
Così, in vista dell’autunno — data più probabile per le urne il 10 e 11 ottobre — centrosinistra e centrodestra non sanno ancora chi sfiderà Virginia Raggi per il Campidoglio. Intanto, Grillo la blinda: “Massimo sostegno alla nostra guerriera”.
Il “non possumus” dell’ex capo della Protezione Civile arriva poche ore dopo i rilanci di Matteo Salvini e Antonio Tajani che lo indicavano come il nome più forte, l’unico capace di vincere al ballottaggio.
Ed è secco quanto freddo: “Non mi candiderò a sindaco di Roma. Sono qui in Lombardia, sto facendo il vaccinatore, mi pare che basti e avanzi. Per il resto abbiamo già dato”.
La scena si congela. Divisa tra chi considera Bertolaso “una primadonna in cerca di plebiscito”, suscettibile dunque di ripensarci, e chi più realisticamente archivia la partita. Fortemente sponsorizzato da Silvio Berlusconi, e “adottato” dalla Lega, è un nome mai digerito da Giorgia Meloni a causa (anche) di antiche ruggini.
FdI — cui spetta negli equilibri di coalizione la “primogenitura” per il Campidoglio e che, soprattutto, ha un bacino di voti molto cospicuo a Roma e nel Lazio – sogna il presidente della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca, che però ha declinato, ed ha quindi messo in campo il manager sportivo Andrea Abodi, finora distante dalla politica.
All’obiezione di azzurri e leghisti sulla scarsa notorietà di Abodi nei sondaggi, gli uomini della Meloni replicano che l’importante è avere dietro la coalizione unita: “Dopo una settimana a braccetto con i tre leader lo conosceranno tutti”.
Il punto, insomma, è politico. Fatto sta che un’intesa complessiva non è neppure all’orizzonte. “Chi candideremo dipenderà anche dove vogliamo arrivare” spiega un parlamentare bene informato. Tradotto: se giochiamo per vincere o per azzoppare qualche avversario. Ecco perchè prima di prendere decisioni, il centrodestra vuole capire le mosse del Pd.
Dove la situazione è ingarbugliata. Ieri lo stop alle macchine dato da Letta ai rumors su Gualtieri pronto a sciogliere la riserva in senso favorevole. Condito da “irritazione” per l’accelerazione e fastidio per il “metodo lunare” frutto delle vecchie dinamiche che hanno già portato i Dem a schiantarsi con le dimissioni di Zingaretti.
Oggi, grazie al colloquio tra il neo-segretario e il potenziale candidato, la situazione è ripartita, ma “nulla è ancora deciso”. Appuntamento — vago — ad aprile.
Nel frattempo, Letta proseguirà gli incontri in agenda: con Carlo Calenda probabilmente già domani, poi con Giuseppe Conte, con Roberto Speranza. Ma andrà avanti anche il “tavolo cittadino di programma” e consultazione con gli alleati. L’obiettivo del “cacciavite” lettiano è chiaro: costruire uno schema di gioco con l’alleanza più larga possibile, perchè sarà battaglia all’ultimo voto e neppure l’approdo al ballottaggio è scontato.
Se necessario, con il ricorso alle primarie di coalizione. Ecco il motivo dell’imminente faccia a faccia con Calenda, che non ha intenzione di ritirarsi ed è sostenuto anche da Italia Viva. “Letta semplifichi il quadro e dia un segnale concreto di cambio di linea puntando su Calenda — ha avvisato Ettore Rosato — Per noi è il più adeguato e può essere vincente”.
Giochi aperti con la speranza del jolly
All’uscita del faccia a faccia Gualtieri ha usato toni concilianti: “Sto riflettendo, in ogni caso darò il mio contributo per Roma”. Va detto che il pressing dei Dem romani su di lui è stato confortato da una serie di test che lo individuano come il profilo più “forte” al ballottaggio poichè suscettibile di prendere sia i voti di Calenda al centro che quelli dei Cinquestelle a sinistra. E profilo “autorevole” – come ex presidente della commissione Finanze a Bruxelles nonchè interlocutore della Commissione Europea sul Recovery Plan — adatto a guidare una grande metropoli.
Quanto a un eventuale “gap di popolarità ”, la risposta starebbe nei sette mesi che mancano alle urne: Gualtieri si è già confrontato con due campagne elettorali per l’Europarlamento (nel 2009 e nel 2014) a suon di preferenze, mentre nel gennaio 2020 ha vinto alle suppletive il collegio di Paolo Gentiloni. Insomma, ci sarebbe tempo per costruire l’”empatia” del personaggio e scongiurare il rischio, evocato da Letta, di un Pd “partito della Ztl” che non convince le periferie.
Tuttavia, i giochi sono ancora aperti. E non sono escluse sorprese. A dicembre di quest’anno scade il mandato da presidente dell’Europarlamento di David Sassoli, ipotesi che con il voto ad aprile non era stata presa in considerazione per ovvi motivi. Ma soprattutto, molti sperano in una corsa in extremis di Nicola Zingaretti. Che, anche in privato, ha chiuso la porta a tentazioni di questo genere. Ci ripenserà entro aprile? Sarebbe il jolly: unitario, attrattivo per l’elettorato grillino, assai meno sgradito a Calenda dell’ex ministro dell’Economia.
Con una ricaduta a destra: l’addio anticipato del governatore aprirebbe la corsa per la Pisana, su cui punta il partito meloniano, sbloccando la griglia dei veti incrociati. Solo che a quel punto, per il centrodestra, la partita per il sindaco capitolino sarebbe davvero in salita.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 11th, 2021 Riccardo Fucile
LA RISPOSTA, POI CANCELLATA, A UN CITTADINO CHE CONTESTAVA IL COLLEGAMENTO BATTISTINI-CASALOTTI
A volte l’impulsività è una cattiva consigliera. Soprattutto quando mancano pochi mesi alle elezioni e l’istinto è quello di voler mettere tutti d’accordo.
Lo ha imparato ieri la sindaca Virginia Raggi che prima ha pubblicato una risposta su Facebook a un commento critico e poi l’ha cancellata, rendendosi conto che la pezza messa di corsa per coprire il buco ne avrebbe aperto uno ben più grande.
Il tema è l’approvazione in giunta del piano di fattibilità della funivia Casalotti-Battistini, un cavallo di battaglia della precedente campagna elettorale della Raggi che è stato tenuto chiuso in stalla per cinque anni per rispuntare ieri, appunto a pochi mesi dalle prossime elezioni amministrative.
Di fronte a un cittadino che commentava criticamente l’annuncio glorioso della sindaca su Facebook ricordando che il prolungamento della linea A è bloccato da anni, la Raggi ha candidamente risposto: “La funivia, qualora non dovesse più servire, si smonta e si può rimontare da un’altra parte mentre il prolungamento della metro richiede finanziamenti in molto maggiori rispetto a quelli della funivia uno studio molto più complesso una progettazione non banale e quindi la funivia può benissimo essere un mezzo di transizione in attesa della futura metropolitana ma ci sono degli studi che stiamo facendo per valutare il carico trasportistico della metro a che è già molto affollata e quindi cercare di capire se sia preferibile attestare il nuovo Capolinea a Casalotti o piuttosto nella zona di Monte Mario”.
A parte l’italiano zoppicante e l’uso non proprio rigoroso della punteggiatura, il commento politico riguarda soprattutto il contenuto del post: in sostanza, la sindaca annuncia un’opera assicurando però che può essere presto smontata e spostata altrove. L’anomalia non è passata inosservata al cittadino che l’aveva sollecitata sul tema e che ha risposto: “Ma quale mezzo di transizione e ipotesi di smontaggio…. Ma si rende conto?”.
In effetti, l’assurdità di quella risposta cerchiobottista deve essere saltata all’occhio anche alla prima cittadina, o a chi per lei ogni giorno riempie il suo profilo di annunci e buoni propositi, tanto che il post è stato prontamente cancellato.
Non prima però che qualche attento osservatore lo avesse fotografato a futura memoria, per inserirlo nell’album di una certa politica, quella dove tutto è possibile, soprattutto quando affidato alle parole.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2020 Riccardo Fucile
LA SUA ASSOLUZIONE FA SALTARE OGNI IPOTESI DI ACCORDO TRA M5S E PD, ALLONTANA CALENDA DAI DEM, MENTRE IL CENTRODESTRA NON TROVA ACCORDO SUL CANDIDATO
Ha postato le immagini dell’inaugurazione del presepe in piazza del Campidoglio, ha presenziato alla donazione di 300 pasti a ex detenuti in difficoltà , ha annunciato l’abolizione del canone agli operatori di car sharing a Roma.
Il Natale di Virginia Raggi è un Natale di frenetico attivismo e “di luci accese per guardare avanti con fiducia”.
Messaggio, quest’ultimo, lanciato ai suoi concittadini ma soprattutto a se stessa, sindaca che quest’ultimo scorcio dell’anno ha fatto diventare icona del paradosso.
Attaccata dai suoi compagni di Movimento, derisa dagli esponenti di tutti gli altri partiti e confinata dai sondaggi a una percentuale che supererebbe di poco il 20 per cento, l’avvocata è stata rilanciata dall’assoluzione nel processo nomine e ora è, oltre al tenace Calenda che duella col Pd e al momento ha solo l’appoggio di “Azione”, l’unica vera candidata alla sua successione.
Colpi di coda di questo 2020 imprevedibile. Un amministratore uscente (amministratrice in questo caso) che nelle formule della politica è solitamente una costante diventa una variabile impazzita, capace di complicare i giochi delle maggiori forze, o coalizioni, e insieme di metterne a nudo incertezze e ritardi.
Non aspettavano l’ora di vedere Raggi fuori campo gli stessi maggiorenti grillini, Di Maio in testa, pronti a sacrificare Roma sullo scacchiere di un accordo nazionale sulle candidature nelle grandi città al voto, che prevede per i 5Stelle Napoli (leggi Roberto Fico) e non la Capitale.
Invece i vertici pentastellati sono ora “costretti” a sostenere la discussa inquilina del Campidoglio. Sì, proprio lei diventa d’un tratto paladina del Movimento, lei vista anche da Beppe Grillo come la sorella meno brava (eufemismo) dell’altro volto femminile della conquista delle metropoli, di quella Chiara Appendino che invece alle prossime elezioni non ci sarà .
Sull’altro campo un’eventuale condanna della sindaca di Roma avrebbe agevolato il Pd, che un pensierino (più di uno) a un’intesa con l’altro partner dell’unione giallorossa che sostiene Conte lo ha sempre fatto. E invece come si può proseguire il dialogo con un Movimento che ha come espressione la donna definita da Zingaretti “il principale problema di Roma?”.
Situazione che, peraltro, ha pure portato alla rottura del già esile filo del confronto con Carlo Calenda, il quale continua a maramaldeggiare sulla mancanza di candidati da parte dei dem. E non ha tutti i torti, visto che i rumors su una figura forte pronta a scendere nell’agone (Paolo Gentiloni, lo stesso Zingaretti) si sono spenti rapidamente.
Il fatto è che neppure il centrodestra ha un nome, atteso che Giorgia Meloni (altra leader di partito nata e cresciuta a Roma) non gradisce l’opzione Bertolaso e le bocce sono ferme.
Non è azzardato parlare di una rivincita per la prima cittadina costretta sempre a remare controvento, sfidando mai sopite accuse di malgoverno e sberleffi.
Ora Raggi si concede persino l’ironia di paragonarsi a Spelacchio, l’albero di piazza Venezia “deriso e poi rinato, come questa amministrazione”.
Si lascia persino andare a un tweet d’orgoglio nel rispondere a Vittorio Sgarbi che l’ha paragonata a una cameriera: “Io nella mia vita ho lavorato e tra le tante cose ho fatto anche la cameriera, che è un lavoro più che dignitoso”. E per questa reazione ha finito per ricevere pure applausi.
L’impavida Virginia non vincerà , probabilmente, seppur adesso si veda come naturale avversaria del centrodestra al ballottaggio. Ma, in attesa di un voto che potrebbe anche slittare oltre la primavera, il suo successo l’ha già ottenuto: ha indotto i big grillini diffidenti a inghiottire la sua presenza e si può specchiare nel vuoto di candidature di Pd, meloniani, berlusconiani e salviniani.
Chi l’avrebbe mai detto?
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 14th, 2020 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA NON E’ MESSO MEGLIO SE L’ALTERNATIVA SONO GILETTI O IL DIRETTORE SOVRANISTA DEL TG2 SANGIULIANO
Se i gazebo del centrosinistra dovessero chiudere oggi, il candidato sindaco del centrosinistra sarebbe Carlo Calenda. Sempre ammesso che le primarie si facciano e che il leader di Azione, finora contrario alla consultazione, vi partecipi.
In quel caso avrebbe buone chance di arrivare primo, almeno a osservare i risultati della rilevazione portata avanti per 4 giorni sul sito di Repubblica: il 50% delle preferenze dei 26.000 partecipanti vanno all’ex ministro che vince per distacco.
Ecco le percentuali:
Carlo Calenda 50% 13.100 voti
Monica Cirinnà 9% 2.393 voti
Stefano Fassina 4% 1154 voti
Tobia Zevi 4% 1.119 voti
Paolo Ciani 4% 1099 voti
Giovanni Caudo 4% 1062 voti
Senza un altro “big” non sembra esserci un contendente in grado di insidiare il leader di Azione nella competizione interna alla coalizione traghettata dai dem. Anzi, al secondo posto, il 18% dei votanti fa sapere di non essere convinto da nessuno dei potenziali candidati emersi finora.
Seguono la senatrice Monica Cirinnà al 9%, mentre al 4% ci sono il minisindaco del III Municipio, Giovanni Caudo, Stefano Fassina di Sinistra per Roma, l’attivista Tobia Zevi e Paolo Ciani, consigliere regional di Demos. Al 2% ecco i presidenti del I e VIII Municipio, Sabrina Alfonsi e Amedeo Ciaccheri. Con loro anche il deputato radicale Riccardo Magi. Chiude con l’1% delle preferenze la consigliera regionale Michela Di Biase, che ha fatto sapere di non essere interessata alla corsa.
Queste cifre potrebbero essere argomento di discussione già oggi, quando si aprirà il tavolo per costruire la coalizione di centrosinistra verso le prossime comunali e dove alcune forze politiche (Italia viva in primis) avanzeranno proprio il nome di Calenda in attesa che la nave del leader di Azione tolga gli ormeggi e prenda il largo.
Se in solitaria o seguita anche dall’intera flotta del centrosinistra si vedrà presto: nei prossimi giorni sul tavolo dell’ex ministro dovrebbero arrivare i due sondaggi commissionati (gradimento come candidato sindaco col Pd o senza il suo supporto). Poi deciderà che fare. Intanto ieri il leader di Azione ha incassato il gradimento del ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano («ma deve decidere il Pd di Roma») ma anche l’altolà dell’ex segretario dem Maurizio Martina («Non si vince a colpi di tweet»).
Per ora la posizione del Pd, emersa ieri durante la direzione del partito romano, ribadisce la necessità delle primarie ma con una via d’uscita: «Se ci sarà una candidatura condivisa da tutti non sono un obbligo». Ma il percorso è in salita e le candidature “unitarie” scarseggiano. Di certo, l’obiettivo dei dem è di non disperdere le forze e arrivare ai gazebo, se ci saranno, con un unico nome. Molto più difficile pensare a un’intesa tra Pd e 5 Stelle al primo turno che prevederebbe un passo indietro di Virginia Raggi.
A questa (complicata) possibilità starebbe lavorando AreaDem, la corrente che fa capo al ministro della Cultura, Dario Franceschini. Ma il tentativo non piace a tutti dentro al Pd, con tanti che preferirebbero ragionare solo di un possibile travaso di preferenze al ballottaggio. «Ma in questo caso – ragionano ancora i dem romani – Calenda non sarebbe il candidato più adatto perchè difficilmente verrebbe votato dall’elettorato M5S».
E il centrodestra? Antonio Tajani dal pulpito di Forza Italia accantona l’ipotesi del conduttore Massimo Giletti. Resta la disponibilità assicurata alla Lega dal direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano
(da agenzie)
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Settembre 15th, 2020 Riccardo Fucile
CINQUE PRESIDENTI DI COMMISSIONE PUBBLICANO UNA NOTA ANTI-SINDACA
Virginia Raggi contro tutti. Anche contro i suoi.
Dopo aver annunciato la sua ricandidatura alle prossime elezioni comunali, che si terranno fra nove mesi, la sindaca di Roma si trova alle prese anche con un fronte interno ostile. Cinque esponenti M5S con un peso non indifferente nella giunta comunale hanno emanato tutta la loro voglia di cambiamento.
Sono presidenti di commissione chiave (tra cui Mobilità e Lavori Pubblici), come riporta La Repubblica, che risponderebbero ai nomi di Enrico Stefano, Donatella Iorio, Marco Terranova, Alessandra Agnello e Angela Sturni. Il malcontento sembrerebbe essere scoppiato attraverso una nota pubblicata in una chat interna. I cinque avevano anche disertato il ritiro di Ostia.
Nella nota si legge come ci sia voglia di cambiamento e maggior pragmatismo: ”Roma è una città complessa, che vive da anni un declino che solo pochi hanno provato a contrastare. Nelle ultime settimane il dibattito politico cittadino sta scadendo sempre di più. Vuoti slogan che lanciano soluzioni semplicistiche per problematiche complesse, estrema personalizzazione della contesa elettorale alla spasmodica ricerca del candidato “ideale”, tutto a discapito della costruzione di un progetto serio che si fondi su proposte concrete, portato avanti da una squadra di persone, dotate di capacità e visione”.
“Se si vuole invertire questa tendenza”, continuano i cinque nella nota, ”è necessario coinvolgere uomini e donne che abbiano voglia di mettersi in gioco al di là degli schieramenti e delle appartenenze politiche”.
Poi, delineano le linee guida per il futuro: “L’ambiente e i cambiamenti climatici, la mobilità , il lavoro e l’economia, le infrastrutture fisiche e digitali, le nuove tecnologie, la cultura e la ricerca, sono questi i temi principali su cui fondare l’azione politica futura puntando sulla riduzione delle disuguaglianze sociali e ripensando il concetto stesso di città , e degli spazi pubblici in particolare, in un’ottica di sostenibilità , trovando un punto di equilibrio tra azioni di sviluppo per un rilancio economico e qualità della vita dell’intera comunità cittadina”.
Per realizzare questo piano, “Si rende necessario dunque un salto di qualità , come MoVimento 5 Stelle, da realizzare con il coinvolgimento di tutte le persone volenterose e capaci, animate dal nostro stesso spirito di rinnovamento”.
Anche se il nome di Virginia Raggi non viene mai esplicitamente dichiarato, è chiaro il riferimento al suo lavoro. Così, la sindaca si dice “destabilizzata”, anche se accetta la volontà del cambiamento. “Quello che trovo più difficile da accettare e capire è l’ingiustizia di alcune affermazioni. Finchè avrò forza e voglia continuerò a guidare questa nave consentendovi di fare i vostri percorsi politici e di sparare anche contro di me”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 30th, 2020 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA DEM LANCERA’ LA SUA SFIDA DOPO LE REGIONALI… UN CANDIDATO CREDIBILE: VENTI ANNI IN CAMPIDOGLIO E PALADINA DEI DIRITTI CIVILI… OBIETTIVO SIA DEL M5S CHE DEL PD E’ ARRIVARE AL BALLOTTAGGIO E POI GIOCARSELA CON IL CENTRODESTRA
Il Pd lavora sul candidato sindaco, il M5s sugli elettori di centrosinistra. In questa corsa alle comunali 2021, i due partiti alleati di governo e nemici in Campidoglio hanno condividono la stessa determinazione di arrivare al ballottaggio contro il centrodestra e pur giocando (in teoria) dalla stessa parte della barricata, puntano all’obiettivo con strategie differenti.
Da una parte i dem cercano di evitare a tutti i costi alleanze con gli stellati, a maggior ragione se guidati dalla sindaca Virginia Raggi e mentre la linea indicata dal segretario Nicola Zingaretti e condivisa da molti è quella di aspettare le elezioni di settembre per proporre un candidato sindaco di livello internazionale (l’obiettivo sarebbe David Sassoli), una parte del centrosinistra lavora alla candidatura della senatrice Monica Cirinnà , il cui nome circola da tempo e che sarebbe pronta a mettersi in gioco. Dal 1993 all’epoca Alemanno ( unica donna del Pd in consiglio comunale), ha passato vent’anni in Campidoglio e, una volta a palazzo Madama, si è costruita un profilo incentrato sulla difesa dei diritti civili.
Il suo nome avanza in sordina, spinto tra le fila dell’attivismo sociale, dell’ambientalismo e del movimento delle donne.
Intanto i 5s, che al netto di colpi scena la candidata ce l’hanno dal 10 agosto, si muovono per recuperare voti. Non dei grillini, visto che i fan della Raggi vengono dati per acquisiti ma degli elettori di centrosinistra.
Ieri il capostaff della sindaca Max Bugani sul Fatto Quotidiano ha aperto al dialogo coi dem e con tutta la sinistra proprio in vista delle elezioni comunali 2021, romane e non.
La sindaca però è un punto fermo perchè ” gli iscritti al Movimento l’hanno già promossa ” e visto che su questo punto l’accordo tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti è impossibile, la strategia è puntare all’elettorato dell’avversario.
Anche perchè, spiegano fonti del Campidoglio, la sindaca è convinta di poter arrivare al ballottaggio contro il centrodestra. Per farlo serve recuperare lì dove ha perso consensi ad esempio nel mondo fatto di attivismo e femminismo che gravita attorno alla Casa Internazionale delle donne e di cui Cirinnà è tra le paladine.
Su questo terreno, assicurano, ci sarà un cambio di paradigma ma, ammesso si concretizzi, non sarà facile far cambiare idea a chi vede Raggi come la donna, prima sindaca della capitale, che ha tradito e fatto guerra a suon di sfratti proprio alle donne.
Si vedrà , intanto l’altro terreno su cui battere è quello delle periferie, altra questione cara alla sinistra. Basta guardare gli ” Aggiornamenti del Campidoglio” pubblicati ieri sul sito del comune e rilanciati sul profilo social della sindaca: da San Basilio a Malafede passando per Casalotti, Casal Bruciato e Tor Sapienza è qui, in periferia che Raggi va alla ricerca di consenso.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
UNA CANDIDATURA SENZA SPERANZA CHE E’ SOLO UN FAVORE AI SOVRANISTI
Il “Daje Virginia” postato da Beppe Grillo è solo una parte della nuova questione romana. Che sarebbe meglio definire questione giallorossa.
Il gioco d’anticipo di Virginia Raggi, pronta a ricandidarsi a sindaco di Roma con la sponda di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, ha scombussolato il piano a cui il segretario del Pd stava lavorando da un anno. Il disegno prevedeva una doppia mossa, si racconta in ambienti della maggioranza di governo.
Una possibile dimissione di Zingaretti da presidente della Regione Lazio per un posto nel governo, così da far tornare la Pisana al voto nel 2021 insieme alla Capitale. E a questo punto un candidato grillino alla regione Lazio, forse Roberta Lombardi, e un candidato dem forte al Comune. E invece, come per le regionali, la maggioranza di governo andrà in ordine sparso.
L’endorsement del garante M5s ha spazzato via gli ultimi dubbi su una candidatura tris, contando la stagione di Virginia Raggi come consigliera comunale, dell’attuale sindaco di Roma.
Ma soprattutto ha creato l’ennesima contraddizione all’interno della maggioranza di governo. Ormai la candidatura è stata lanciata e potrebbe arrivare nelle prossime settimane, magari prima del voto del 20 settembre per le regionali e il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, la consultazione sulla piattaforma Rousseau per una deroga al limite dei due mandati.
L’accelerazione impressa dalla sindaca alla sua ricandidatura finora non ha registrato contrarietà a viso aperto nel Movimento, anzi tutt’altro. Anche perchè una deroga per la sindaca al tetto dei due mandati spianerebbe la strada ad un analogo provvedimento per ministri e parlamentari 5 Stelle.
Il Pd non intende sostenere la sindaca. Troppo ampie le distanze accumulate in questi anni. Ma i dem al momento sono senza un candidato. Da mesi si rincorrono ciclicamente nomi di alto profilo, Enrico Letta, David Sassoli, Carlo Calenda, ma i diretti interessati si sono chiamati subito fuori dalla corsa.
Ci sono figure più locali, come i presidenti di Municipio Giovanni Caudo, Sabrina Alfonsi ed Amedeo Ciacchiari che domandano le primarie. E poi parlamentari radicati a Roma come il sottosegretario Roberto Morassut o il deputato radicale Riccardo Magi che potrebbero entrare in partita.
Ma manca ancora una sintesi. Zingaretti a questo punto potrebbe trovarla dopo il voto di settembre per le regionali, il primo test dell’intesa con il Movimento anche negli Enti locali.
L’obiettivo dei Dem sarebbe quello di arrivare al secondo turno con un candidato capace di intercettare anche i voti grillini al ballottaggio. Lo stesso perseguito, a parti inverse, dalla sindaca e dai 5 Stelle.
Una delle poche certezze in questa contesa, visti i trend elettorali degli ultimi anni in città , è che il centrodestra al ballottaggio sembra destinato ad arrivarci
Anche a destra però manca un candidato, al netto delle voci su Giulia Bongiorno, Roberta Angelilli o Fabio Rampelli.
La partita per il Campidoglio, dati elettorali alla mano, si gioca nei popolosi e difficili Municipi delle periferie più esterne, Ostia, Tor Bella Monaca, Tiburtino, Primavalle.
La vincerà chi sarà in grado di intercettare al contempo il malcontento delle periferie per una città dai servizi pubblici scadenti e il disagio del centro storico. Raggi guarda a sinistra, ma la sinistra non ha intenzione di sostenere una coalizione che abbia lei come aspirante sindaco. E l’asse giallorosso entra di nuovo in fibrillazione.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 21st, 2020 Riccardo Fucile
MA NON E’ CRISI: “PIENA FIDUCIA MA SINDACA RIVEDA LA DELIBERA”… LA RAGGI PARE INTENZIONATA A NON FARE PASSI INDIETRO SULLA NUOVA DISCARICA
Clamoroso ko in assemblea capitolina per la giunta Raggi, messa sotto dalla sua stessa maggioranza al momento del voto di due mozioni ‘gemelle’ di FdI e Pd, approvate con i voti del M5s, la prima con 28 favorevoli, 3 contrari e 3 astenuti, la seconda con 21 favorevoli, 1 contrario e 10 astenuti.
Atti che impegnano la sindaca e i suoi assessori a ritirare la delibera di giunta che stabilisce la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti nell’area di Monte Carnevale a Roma ovest, tra Malagrotta e l’autostrada Roma-Civitavecchia, sito non a caso soprannominato “Malagrotta 2”
I consiglieri di maggioranza, subito dopo il voto, hanno comunque “ribadito la piena fiducia alla sindaca” a patto però che riveda la delibera che designava l’area a Roma ovest.
Il voto favorevole dei due provvedimenti è arrivato al termine di una giornata nera per la maggioranza capitolina iniziata col presidio in piazza del Campidoglio di centinaia di residenti della Valle Galeria, che per decenni ha ospitato la maxi-discarica di Malagrotta che per quasi 50 anni ha raccolto i rifiuti della Capitale e che venne chiusa sei anni fa dal sindaco Marino.
Una delegazione di “no alla discarica” è poi salita nell’aula Giulio Cesare per assistere ai lavori consiliari e ha accolto con applausi ed esultanze il voto dell’assemblea.
A spiegare le ragioni dei consiglieri M5s che hanno votato contro la linea dell’amministrazione è stata la ‘leader dei ribelli’ pentastellati sulla questione rifiuti, Simona Ficcardi: “Siamo contrari alle discariche in generale, ma oggi bisogna prendere atto di una situazione emergenziale e della necessità di individuare una discarica che sarebbe ingiusta sia a Roma che in provincia”.
Con la Ficcardi, ecco gli altri 11 consiglieri M5s che hanno votato contro la giunta e a favore della mozione FdI: Allegretti, Catini, Coia, Di Palma, Diaco, Donati, Ferrara, Ficcardi, Guadagno, Paciocco, Seccia e Sturni. Tre si sono astenuti (Bernabei, Spampinato e Stefà no) mentre altri tre consiglieri (Ardu, Chiossi e Diario) hanno votato contro.
Ancora Ficcardi: “Bisogna riaprire il tavolo tecnico che ha individuato gli 11 siti, in gran parte dentro cave, perchè l’istruttoria è stata carente fin dall’inizio, fin dall’individuazione delle aree. Inoltre l’atto votato nel 2019 in quest’aula, la delibera per la salvaguardia della Valle Galeria, prevedeva una variante di tutela, non certo una nuova discarica”.
E aggiunge: “Io voto a favore delle proposte dei due gruppi politici perchè dopo la discarica di Malagrotta quel territorio va risanato. La richiesta di ritirare la delibera di giunta – ha concluso la consigliera M5s- è perfettamente coerente con quello che abbiamo sempre detto in quest’aula e con il programma che come M5s ci ha visto vincere le elezioni”.
A quanto si apprende dal Campidoglio, la sindaca Virginia Raggi non avrebbe comunque intenzione di tornare indietro e ritirare delibera di giunta tanto criticata dello scorso 31 dicembre che individua la località di Monte Carnevale come sito per la realizzazione della nuova discarica della capitale.
(da agenzie)
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