Novembre 21st, 2016 Riccardo Fucile
MICAELA QUINTAVALLE E’ UNA SIMPATIZZANTE DEI CINQUESTELLE
In tv a parlare dei “finti malati” che si assentano dal lavoro, con il permesso per malattia. 
E’ il caso, riportato da Il Messaggero, di Micaela Quintavalle, l’autista pasionaria di Atac, l’azienda per la mobilità di Roma
Ieri pomeriggio la Quintavalle è stata protagonista di un acceso dibattito a “L’Arena”. Durante la puntata, che ha ripreso le inchieste del Messaggero sui dipendenti della municipalizzata che si dichiaravano “inidonei fisicamente” per evitare di guidare i bus ma improvvisamente guariti dopo una vista medica, la sindacalista argomentava: i finti malati “vanno stra-licenziati”. Ma difendeva anche i colleghi: “C’è tanta gente onesta che viene discreditata”.
Tuttavia, come riporta il Messaggero, l’autista – che è anche sindacalista e simpatizzante per il Movimento 5 Stelle – ieri era assente dal posto di lavoro grazie a un permesso per malattia.
La Quintavalle ha poi sostenuto su Facebook di essere convalescente per un’operazione che risale all’inizio della settimana, a causa della quale non può svolgere il lavoro di autista anche se è in grado di camminare, stare in piedi e parlare. In più la trasmissione è andata in onda in orari che non coincidevano con quelli della visita fiscale.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 17th, 2016 Riccardo Fucile
L’EX NUMERO UNO: “ERA PER DISCUTERE PER PIU’ GIORNI DEI CONTRATTI DEL PUBBLICO IMPIEGO”
L’accusa è appropriazione indebita, in concorso con altri sei imputati, per essere stati in crociera con i
soldi del sindacato.
Ma Carmelo Barbagallo e Luigi Angeletti, segretario nazionale Uil e il suo predecessore, respingono le accuse.
I pm di Roma Stefano Pesci e Paolo Marinaro contestano, secondo quanto riporta La Repubblica, ad altri imputati l’acquisto di gioielli da Swarovski per oltre 7mila euro e un soggiorno al “California Camping Village”, in Toscana tra il marzo del 2010 e il maggio del 2012.
A giudizio davanti al giudice della IX sezione penale anche ci sono anche Goffredo Patriarca, Giuseppe Caronia, Romano Bellissima, Salvatore Bosco, Luigi Simeone e Ubaldo Conti.
Le indagini hanno accertato che ci sarebbero state contabilizzazioni anomale.
Per esempio la causale che ha permesso di pagare le vacanze per 16.456 euro era “contributo per progetto condiviso“.
Il 22 marzo del 2010 la Costa crociere ha ricevuto il bonifico da conti Uil. Angeletti, allora numero uno, e Barbagallo si erano imbarcati con altri tre sindacalisti e gli accompagnatori.
Anche l’anno successivo c’era stata una vacanza con le stesse modalità pagata il 27 maggio del 2011.
A dicembre del 2010 sempre con i soldi del sindacato Goffredo Patriarca avrebbe pagato, questa l’ipotesi della procura, un soggiorno a Ubaldo Conti per due settimane ad agosto del 2010 accompagnato in Toscana da madre e nipote.
Lo stesso Patriarca avrebbe speso circa 7mila euro in quattro puntate in gioielleria usando la carta di credito di Uil Trasporti.
“Ho piena fiducia nell’operato della magistratura e resto in attesa di poter chiarire ogni aspetto di questa vicenda. Personalmente, non ho mai neanche pensato di poter utilizzare risorse della Uil per fini estranei agli interessi dell’organizzazione alla quale ho sempre dedicato e dedico tutto il mio lavoro e la mia persona — fa sapere Barbagallo -. Sono impegnato a lavorare h/24 per il sindacato”.
Angeletti, sentito dai pm, si era difeso dicendo che le crociere “avevano lo scopo di consentirci di discutere in maniera approfondita, e per più giorni, di importanti tematiche relative principalmente al blocco dei contratti del pubblico impiego e delle politiche previdenziali dei governi in carica”
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 15th, 2016 Riccardo Fucile
OBIETTIVO 600.000 POSTI
Un piano straordinario dedicato all’occupazione femminile, giovanile e ai disoccupati di lungo periodo.
La Cgil, aggiornando il piano del 2013, ha illustrato una proposta per creare 520mila nuovi posti di lavoro pubblici e 80mila privati (tra cooperative e start-up) con un impegno di spesa pubblica tra il 2017 e il 2019 di oltre 30 miliardi di euro, nella convinzione che possa generare 1 milione 368 mila occupati aggiuntivi, diretti e indiretti.
Il piano propone l’assunzione a tempo indeterminato di 100mila persone nella pubblica amministrazione da impiegare tra l’altro per l’integrazione digitale, l’aumento prestazioni di diagnostica, di 20mila ricercatori per la green economy (cicli delle energie rinnovabili, riutilizzo dei rifiuti), oltre a 300mila contratti straordinari (3 anni + 3 che danno diritto a crediti formativi, titoli per i concorsi pubblici) per la prevenzione antisismica, la manutenzione del territorio e bonifiche, a 100mila contratti triennali nei beni culturali e archeologici.
Con facilitazioni amministrative e di credito (un bonus o trasferimento di 20mila euro a fondo perduto per ogni socio) si prevedono 60mila occupati in nuove cooperative in agricoltura biologica, tutela del territorio, assistenza familiare e 20mila occupati in nuove imprese giovanili per risparmio ed efficienza energetica, housing sociale
Il costo per finanziare il piano è di circa 10 miliardi e 149 milioni di l’anno (30 miliardi e 448 milioni nel triennio), contando gli effetti fiscali (Irpef di ritorno), di cui 2 miliardi e 424 milioni annui strutturali per le assunzioni stabili.
La Cgil stima che il tasso di disoccupazione scenderebbe al 4,8% nel 2019, con una crescita cumulata di 5,7 punti di Pil reale.
Sono tre le ipotesi per finanziare il piano.
La prima poggia sul cambiamento delle politiche europee, con l’adozione della proposta della Ces per un piano di investimenti pubblici di 260 miliardi all’anno per 10 anni e la sospensione del Patto di stabilità per tre anni.
Come seconda opzione la Cgil rilancia la patrimoniale sulle grandi ricchezze di tipo progressivo, per 20 miliardi di entrate annui.
La terza opzione poggia sulla riduzione dell’evasione con la trasmissione via app all’Agenzia delle entrate delle fatture Iva (si stima un aumento delle entrate annue fra 30 e 40 miliardi).
Intanto, in vista della riunione finale del 21 settembre al tavolo su pensioni e lavoro, la leader della Cgil Susanna Camusso ha detto di ritenere «difficile che possa essere un incontro conclusivo», sollecitando chiarezza sulle risorse.
Sempre ieri la segretaria generale della Cgil, insieme i leader di Confindustria, Cisl e Uil ha inviato una lettera al ministro del Lavoro per denunciare «l’inerzia di molte direzioni territoriali del lavoro» nell’applicazione del Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, sollecitando un intervento dello stesso Poletti.
Giorgio Pogliotti
(da “Il Sole24ore”)
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Giugno 14th, 2016 Riccardo Fucile
“COALIZIONE SOCIALE, NON RINUNCIO”
“L’errore lo abbiamo compiuto quando è caduto il governo Berlusconi nel 2011: abbiamo accettato che il
governo Monti cominciasse a dare applicazione alla lettera della Bce compiendo il primo attacco all’articolo 18 e alle pensioni… Ora Renzi agisce su un terreno già arato. Ma mentre dico ‘vive la France’, dico anche che in Italia la partita è ancora aperta”.
Maurizio Landini ci parla al telefono dall’aeroporto in attesa di un volo che lo porti in Sicilia per le manifestazioni dello sciopero di domani sul contratto dei metalmeccanici.
E’ per questo che non è in Francia. Dove naturalmente era stato invitato per l’ennesima manifestazione di protesta contro il Jobs Act francese.
Forte il rapporto tra il segretario Fiom e la Cgt che da mesi sta dando battaglia al governo socialista di Valls e al presidente Hollande in piazza.
Rapporto sindacale, politico e anche personale, visto che l’attuale segretario del sindacato francese, Philippe Martinez, è un ex operaio della Renault, ex segretario dei metalmeccanici francesi, dunque vecchia conoscenza dell’italiano Landini, “un amico”, ci dice.
Segretario, domanda ovvia: perchè la Francia protesta da mesi contro la riforma del lavoro mentre in Italia il Jobs Act è passato quasi sotto silenzio, solo uno sciopero generale di Cgil e Uil?
Va valutata la storia francese. E cioè il valore delle leggi che lì su un piano contrattuale è più forte. Lì non si discute solo di licenziabilità , ma anche delle famose 35 ore di lavoro alla settimana… E poi in Francia prima del sindacato, sono scesi in piazza i giovani precari con cui il sindacato ha avuto l’intelligenza di costruire un rapporto. E così si è costruito consenso anche nel paese, anche tra i non lavoratori, contro queste riforme.
Vuol dire che il Jobs Act di Renzi è più leggero di quello di francese?
Assolutamente no. La dico così: io penso che l’errore più grande lo abbiamo fatto quando è caduto Berlusconi. Allora abbiamo accettato che un governo come quello di Monti desse applicazione alla lettera della Bce compiendo il primo attacco all’articolo 18 e alle pensioni. Abbiamo accettato senza batter ciglio l’introduzione del pareggio di bilancio in costituzione e abbiamo accettato che, caduto Berlusconi, si instaurasse un governo che ha dato applicazione all’austerity. Abbiamo fatto solo tre ore di sciopero e basta. Quello che è arrivato dopo è una conseguenza: Renzi ha agito su un terreno già arato. Posso anche aggiungere che la discussione francese sull’articolo 2 in Italia è stata ‘risolta’ anche prima di Monti: dal noto articolo 8 di Sacconi che apre alla contrattazione aziendale. Ora gli errori di cinque anni fa hanno danneggiato la credibilità dei sindacati. Ancora oggi ci imputano di non aver fatto la battaglia sulle pensioni. Quegli errori hanno determinato conseguenze anche sull’attuale quadro politico. Con Renzi siamo arrivati allo sciopero generale, ma il governo ha messo il voto di fiducia ed è andato avanti come se nulla fosse successo. E anche sulla scuola il governo è andato avanti uguale. Ma io penso che in Italia la partita non sia ancora chiusa.
Prima di chiederle perchè non è chiusa, le chiedo: non avete protestato nel 2011 perchè l’anti-berlusconismo ha accecato anche i sindacati? In fondo, tre quarti di paese festeggiava Monti e il Pd in Parlamento lo appoggiava.
Si, l’anti-berlusconismo ha avuto un ruolo. E anche le convenienze politiche. E ora in Francia un governo socialista, che fa parte dell’Internazionale socialista, sta compiendo l’affondo finale allo Statuto dei lavoratori così come ha fatto in Renzi in Italia, anche lui premier di un governo socialista. E’ la fine di una storia: i partiti socialisti considerano di sinistra compiere una rottura storica anche con le rappresentanze sindacali. Mi auguro che la battaglia francese produca risultati perchè ha elementi di novità : un sindacato che non ragiona in termini di convenienza politica e che riesce a mettere insieme lavoratori, giovani, studenti, precari.
Guardiamo per un attimo al governo francese. Anche lì ci sono elementi di novità rispetto a quello italiano? Il premier Valls e il presidente Hollande vanno avanti però non mi pare che usino toni di sberleffo o minaccia verso chi protesta. In fondo potrebbero metterla sul piano dell’unità nazionale contro l’allarme terrorismo Isis tutt’altro che risolto.
Condivido. Penso che il governo italiano voglia proprio arrivare al superamento del sindacato come soggetto politico di rappresentanza sociale. Imporre la contrattazione aziendale rispetto a quella nazionale vuol dire pensare a un modello americano di relazioni sociali e politiche. Ci vedo un collegamento con la riforma costituzionale di Renzi, un testo che fa a cazzotti con la rappresentanza democratica così come una dimensione puramente aziendale di gestione delle relazioni fa a cazzotti con la rappresentanza democratica nei posti di lavoro.
Sulle pensioni però il governo ha avviato un tavolo con i sindacati. La considera una mossa elettorale in vista del referendum di ottobre?
Da un lato il governo si è reso conto che il taglio alle pensioni non è più sopportabile e aver portato l’età pensionabile a 70 anni ha aumentato la disoccupazione giovanile. Dall’altro lato, però, il governo non si è detto pronto a ricercare un accordo con i sindacati. Si è invece affrettato a dire che la decisione spetta a Palazzo Chigi. Non voglio banalizzare ma uno che pensa che deve decidere lui e che non parla nemmeno di accordi, forse non ha tutto quel consenso che pensava di avere nel paese. Penso che il consenso di Renzi si stia incrinando: lui ha il consenso della minoranza del paese.
Diceva che in Italia la partita non è finita. Eppure però la coalizione sociale, cui lei ha dedicato larga parte del suo impegno l’anno scorso, non è nata…. Come se lo spiega?
Sarà perchè sono stato poco bravo io. E anche perchè molto spesso è stata declinata come un partito politico. E noi non volevamo fare la somma dei soggetti che c’erano già . Non so se coalizione sociale sia l’espressione giusta. La nostra idea era di unità sociale o riunificazione di tutto il mondo del lavoro ed è ancora aperta. Ora per esempio per la prima volta in cento anni di storia, la Cgil si sta facendo promotrice di referendum abrogativi del Jobs Act e della riforma della scuola. Stiamo raccogliendo le firme e le consegneremo a luglio. Chiediamo a tutti di andare a votare per cancellare leggi sbagliate. E’ questa la novità : mentre in passato io da sindacalista andavo a chiedere di applicare le leggi adesso devo chiedere di non applicare leggi sbagliate. Del resto quello che è mancato in Italia negli ultimi anni è la democrazia: da Monti a Letta, a Renzi, tutti governi eletti dal Parlamento ma non su mandato del popolo. Governi che non hanno applicato i programmi che il popolo chiedeva ma quelli chiesti dall’Europa e dalle istituzioni finanziarie. Non a caso sempre meno gente va a votare. Ecco perchè penso ancora che il sindacato debba svolgere un lavoro di produzione di cultura, come soggetto di iniziativa politica, oltre al classico lavoro sindacale.
Naturalmente la Fiom è schierata sul no al referendum costituzionale?
Io personalmente si e lo sto già facendo. Del resto, senza la Corte Costituzionale noi non avremmo vinto la battaglia giudiziaria e sindacale con la Fiat. E in più poi c’è il tema della legge elettorale, che è il completamento della riforma costituzionale. Una legge elettorale pericolosa e antidemocratica che rischia di determinare una logica autoritaria nella non rappresentanza del paese. La Cgil ha già prodotto un documento con un giudizio negativo sulla riforma costituzionale, quando sarà il momento si discuterà cosa fare ma io personalmente sono già impegnato per il no. Questa non è una riforma ma una revisione della Costituzione: invece bisognerebbe cambiare le leggi fatte negli ultimi anni e applicare la costituzione.
Anche la riforma costituzionale è stata chiesta dalle stesse istituzioni finanziarie che ci hanno dettato l’austerity?
Non lo dice la Fiom ma lo dicono documenti ufficiali di alcune grandi istituzioni finanziarie, documenti che sottolineano la necessità di cancellare le costituzioni antifasciste. Sono atti pubblici, non è complottismo. Il Jobs Act, la riforma della scuola e quella della Costituzione sono revisioni non riforme che vanno nella direzione di trasformare la repubblica fondata sul lavoro in un ente fondato sull’impresa, sul mercato e sul profitto. Al centro dovrebbe esserci la persona, non mi pare che sia così. E comunque vive la France!
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
UN FIUME DI DENARO, TRA PROVENTI DELLE ISCRIZIONI E FINANZIAMENTI PUBBLICI
Per Susanna Camusso è quasi un’ossessione. Da quando si è insediata al vertice della Cgil (il 3 novembre 2010) si è arrampicata 67 volte su palchi di ogni ordine e grado per invocare trasparenza.
La leader del più grande sindacato italiano se ne è poi però puntualmente dimenticata man mano si avvicinava la fine dell’anno e il momento per la Cgil di fare due conti sui contributi degli iscritti rastrellati nei dodici mesi.
Sì, perchè il sindacato di corso d’Italia, che non è tenuto a farlo per legge, si guarda bene dal pubblicare un bilancio consolidato: come del resto i cugini di Cisl e Uil, si limita a mettere insieme in poche paginette i numeri che riguardano la sola attività del quartier generale romano.
Spiccioli, rispetto al vero giro di soldi delle confederazioni, che negli anni si sono trasformate in apparati capaci di lucrare pure su cassintegrati e lavoratori socialmente utili (nell’ultimo anno l’Inps ha versato a Cgil, Cisl e Uil 59,4 milioni di trattenute su ammortizzatori sociali)
«I sindacati hanno un sacco di soldi», si è lamentato nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che non li ama davvero.
Diversi recenti episodi di cronaca confermano che di denari nei corridoi delle sedi sindacali ne girano parecchi. E che il loro uso è molto spesso un po’ troppo disinvolto.
Ai primi di novembre 2014 ha mollato di colpo il suo incarico il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: nel palazzo circolava un dossier dove si documentava l’impennata del suo stipendio dai 79 mila euro precedenti la nomina ai 336 mila del 2011.
E quest’estate una mail di un dirigente della Cisl ha alzato il velo sulla retribuzione d’oro di alcuni suoi colleghi capaci di mettere il cappello su più incarichi: il presidente del patronato Inas-Cisl, Antonino Sorgi, per esempio, nel 2014 ha portato a casa 77.969 euro di pensione, più 100.123 per l’Inas e altri 77.957 per l’Inas immobiliare.
I soldi dunque li hanno. Ma sapere quanti è quasi impossibile.
I veri bilanci dei sindacati sono uno dei segreti meglio custoditi del Paese.
Loro si rifiutano di fornire dati esaustivi. E chi conosce le cifre preferisce non esporsi. Così, almeno su alcuni capitoli, bisogna andare per approssimazione. Vediamo.
IL TESORETTO DEI TESSERATI
Lo zoccolo duro delle finanze sindacali è la tessera, che ogni iscritto paga con una piccola quota dello stipendio di base (o della pensione).
Nei bilanci delle tre confederazioni sono indicati complessivamente 68 milioni 622 mila 445 euro e 89 centesimi. Ma è una presa in giro bella e buona.
Si tratta infatti solo delle quote trattenute dalle holding.
Per avvicinarsi alla cifra vera bisogna seguire un altro percorso. Cgil, Cisl e Uil dichiarano di rappresentare tutte insieme 11 milioni 784 mila e 662 teste (che scendono in picchiata quando è il momento di versare i contributi alla Confèdèration Europèenne des Syndicats, dove si paga un tanto per iscritto).
I sindacati chiedono per l’iscrizione lo 0,80 per cento della retribuzione annua ai lavoratori attivi e la metà ai pensionati.
Conoscendo la ripartizione degli iscritti tra le due categorie, gli stipendi medi dei dipendenti italiani (25.858 euro lordi, secondo l’Istat) e le pensioni medie (16.314 euro lordi, per l’Istat), è dunque possibile fare il conto.
La Cgil dovrebbe incassare 741 milioni di euro e rotti (loro ammettono poco più della metà : 425 milioni).
Alla Cisl si arriverebbe a 608 milioni (in via Po parlano di 80 milioni circa).
E la Uil intascherebbe 315 milioni (in via Lucullo ridimensionano a un centinaio di milioni).
Solo le tessere garantirebbero dunque quasi 1,7 miliardi.
Ora: è possibile che i calcoli de “l’Espresso” siano approssimati per eccesso, se si considerano il mix degli iscritti (full-time, part-time, stagionali); la durata del versamento, non sempre ininterrotto; l’incidenza di eventuali periodi di cassa integrazione.
Ma una cosa è certa: il tesoretto delle tessere non vale solo i circa 600 milioni e spicci che dicono Cgil, Cisl e Uil.
Secondo quanto “l’Espresso” è in grado di rivelare, infatti, nell’ultimo anno solo l’Inps ha trattenuto dalle pensioni erogate, e girato a Cgil, Cisl e Uil, 260 milioni per il pagamento della tessera sindacale.
Una cifra alla quale va sommata la quota-parte di competenza delle confederazioni sui 266 milioni che l’Inps incassa da artigiani e commercianti e poi trasferisce alle organizzazioni dei lavoratori per la tassa di iscrizione.
Già con queste voci si arriva vicino alla somma totale ammessa da Cgil, Cisl e Uil. I conti dunque non tornano.
Fin qua abbiamo comunque parlato di soldi di privati e quindi di affari dei sindacati e di chi decide di finanziarli (anche se Cgil, Cisl e Uil non sempre giocano pulito: una serie di meccanismi impone a chi straccia la tessera di continuare a versare a lungo il suo obolo).
Poi c’è, però, tutto il capitolo dei quattrini pubblici, dove la trasparenza non dovrebbe essere un optional.
In prima fila si trovano i Caf, i centri di assistenza fiscale che aiutano i cittadini per la dichiarazione dei redditi (e intanto fanno proselitismo): in teoria sono cosa a parte rispetto ai sindacati, ma il legame è strettissimo.
La legge di Stabilità 2011 ha tagliato i loro compensi. Così piangono miseria, tanto più oggi con l’arrivo della dichiarazione precompilata, che toglierà loro clienti.
Ma che presidino un business ricchissimo lo dimostra un fatto: per scardinare il loro monopolio è dovuta intervenire, il 30 marzo del 2006, la Corte di Giustizia Europea, che ha imposto al governo italiano di consentire la presentazione dei modelli 730 anche a commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro.
All’Agenzia delle Entrate dicono che su 19 milioni, 41 mila e 546 dichiarazioni 2014 quelle passate dai Caf sono più di 17,6 milioni (il 92,6 per cento).
Siccome i centri di assistenza incassano dallo Stato 14 euro per ogni dichiarazione (e 26 per i 730 presentati in forma congiunta dai coniugi) e il 45 per cento del settore è appannaggio dei sindacati è facile calcolare il loro giro d’affari: se anche le dichiarazioni che compilano e presentano fossero tutte singole (e così non è) si arriverebbe a più di 111 milioni.
In questo caso, i dati ufficiali del ministero dell’Economia non si discostano troppo dalle stime: dicono che nel 2014 il Caf della Cgil ha incassato 42,3 milioni di euro (oltre ai contributi volontari della clientela), quello della Cisl 38,6 milioni e quello della Uil 15,5 milioni.
Ai quali vanno sommati i 20,5 milioni che l’Inps ha versato nell’ultimo anno ai Caf confederali per i modelli 730 dei pensionati.
E gli ulteriori 33,9 milioni sborsati sempre dall’istituto presieduto dal professor Tito Boeri a favore dei Caf confederali per la gestione di servizi in convenzione (dalle pratiche relative agli assegni di invalidità civile a quelle dell’Isee, l’indicatore per l’accesso alle diverse prestazioni assistenziali).
SOLO DALL’INPS 423 MILIONI
Poi ci sono i patronati, che forniscono gratuitamente servizi di assistenza a lavoratori e pensionati per prestazioni di sicurezza sociale e vengono poi rimborsati dagli istituti di previdenza.
Secondo la “Nota sul finanziamento diretto e indiretto del sindacato”, messa a punto da Giuliano Amato su incarico dell’allora premier Mario Monti, solo nel 2012 l’Inps ha versato loro 423,2 milioni di euro (quattrini esentasse, per giunta, in base a una logica imperscrutabile).
Secondo quanto risulta a “l’Espresso”, a fare la parte del leone sono stati Inca-Cgil (85,3 milioni di euro), Inas-Cisl (65,5 milioni) e Ital-Uil (31,2 milioni).
«Sembra evidente che il funzionamento dei patronati non comporti un finanziamento pubblico, sia pur indiretto, delle associazioni o organizzazioni promotrici (i sindacati, ndr)», ha scritto Amato nella sua relazione.
Poi però lo stesso Dottor Sottile si è sentito in dovere di aggiungere una postilla: «C’è per la verità un’unica disposizione (non legislativa, ma statutaria) che può essere letta in questa chiave e cioè quella secondo cui, nel caso di scioglimento dell’ente (il patronato, ndr), è prevista la devoluzione dell’intero patrimonio di quest’ultimo in favore dell’organizzazione promotrice. Al di la di ciò…».
Ma come sarebbe a dire “al di la di ciò”?
Stefano Livadiotti
(da “L’Espresso”)
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Settembre 17th, 2015 Riccardo Fucile
“IL PD E’ CONTRO I LAVORATORI, IL SUO MODELLO E’ MARCHIONNE”
Prima l’ha definito un “circo per i padroni”, e poi, Bruno Papignani, leader della Fiom Emilia Romagna, ha lanciato un appello a tutta la Cgil: “Basta con gli stand alla festa dell’Unità , il Pd è di destra”.
Secondo il segretario regionale delle tute blu, il partito guidato da Matteo Renzi “è contrario ai lavoratori — spiega al fattoquotidiano.it — e lo dimostra la posizione assunta dal presidente del Consiglio. Quando un leader dice che a Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrisler, si dovrebbe fare un monumento, mi pare che abbia scelto un modello sindacale, quello, appunto, di Marchionne, che però punta a fare fuori il sindacato. Allora, bisognerà che facciamo fuori Renzi”.
Nel mirino di Papignani, però, c’è anche l’attaccamento di molti sindacalisti alla Festa dell’Unità .
Tra cui, i numerosi volontari tesserati alla Camera del lavoro.
“Molti di voi — scrive su Facebook — sono ancora legati a quelle cose, ma quando vedo che la Cgil è alla Festa e viene definita associazione non so cosa ci andiamo a fare. Non volantiniamo nemmeno contro il Jobs Act, come avevo proposto. Se vogliamo creare una cultura diversa, dobbiamo essere coerenti”.
Parole per le quali, tra i corridoi di via Marconi, sede della Camera del Lavoro di Bologna, cuore pulsante del sindacato guidato da Susanna Camusso, c’è già chi grida allo strappo.
Se, infatti, il segretario della Cgil bolognese Maurizio Lunghi, nell’ascoltare la proposta di Papignani, lanciata durante un direttivo dei metalmeccanici, ha risposto con un sorriso gelido, Bruno Pizzica, segretario generale Spi-Cgil Emilia Romagna, passa al contrattacco. “Ci sembrava che il tempo delle censure fosse superato da molti anni — scrive in una lettera indirizzata al leader regionale dei metalmeccanici — ma a leggere queste dichiarazioni ci viene qualche dubbio. Dunque la Cgil non deve più aprire un suo stand alla Festa dell’Unità e i suoi dirigenti devono stare alla larga dal Parco Nord, luogo di un partito di destra. Innanzitutto ognuno va dove vuole, e se tanta parte della nostra gente va al Parco Nord (e non solo a mangiare, ma anche a lavorare volontariamente) forse faresti bene a tenerne conto. Capisco poi questa ansia di isolarsi e di affermare la tua purezza politica, ma non capisco dove pensi di andare a parare con la tua categoria, dentro la Cgil e nei rapporti con la politica”.
A fare da eco al segretario regionale dello Spi c’è Valentino Minarelli, leader dei pensionati Cgil di Bologna. “I lavoratori hanno bisogno di un sindacato non arroccato, che sappia confrontarsi con tutti. Altrimenti siamo destinati a vedere lasciate nel cassetto le aspirazioni del mondo del lavoro. La Cgil ha delle proposte e non vedo perchè non debba diffonderle, i pensionati bolognesi e lo Spi di Bologna non hanno alcuna intenzione di isolarsi dalla società bolognese, anche per questo sono alla festa dell’Unità di Bologna a diffondere i loro documenti e volantini”.
Accuse che Papignani accoglie con un’alzata di spalle. “Prima o poi capiranno che anche per i pensionati è finita la cinghia di trasmissione, siamo in una nuova era e i pensionati di oggi sono come me”.
Ma nemmeno davanti a chi lo accusa di “fare male ad attaccare il Pd proprio quando vogliamo lavorare per la coalizione”, Papignani retrocede.
“Se fosse questa la coalizione — sottolinea il leader regionale dei metalmeccanici — se per farne parte mi fosse richiesto di tenere la bocca chiusa sul Partito democratico, non esiterei ad esserne estraneo. Basta consociativismo, basta ipocrisie e soprattutto, basta interessi personali. Il segretario del Pd, che è anche capo del Governo, è al servizio di Confindustria. Quindi niente silenzi, niente compromessi”.
Sostegno alle parole del segretario della Fiom regionale, invece, è arrivato da Piergiovanni Alleva, consigliere regionale l’Altra Emilia — Romagna.
“Bisogna capire che il Pd non è la casa di tutti, ma la casa dei padroni, con una cameretta sempre più angusta e defilata per i maltollerati lavoratori. Se è vero, e anche da qui si inizia a dimostrarlo, che la Cgil è contraria al Jobs Act, cioè alla più tremenda legislazione anti — operaia degli ultimi 50 anni, è il momento di dimostrarlo mettendo alle strette il Pd. Che da un lato pretende di averla tra i suoi ospiti, e dall’altro attacca costantemente tutti i valori di cui la Cgil è portatrice”.
Annalisa Dall’Oca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 24th, 2015 Riccardo Fucile
ENTI, FONDI E COMITATI AFFIANCANO LA VITA DEL SINDACATO
Gli stipendi d’oro dei sindacalisti fanno scandalo.Ma costituiscono solo la punta di un iceberg più
corposo. I 336 mila euro di Raffaele Bonanni (l’anno prima di andare in pensione), i 256 mila di Antonino Sorgi, dell’Inas-Cisl o i 262 mila euro del segretario della Fisascat-Cisl, Pierangelo Raineri (262 mila), fanno impressione.
Ma non si tratta solo di furbizia o malversazione.
Certi redditi sono possibili anche per l’enorme quantità di enti, fondi, comitati che affiancano la vita del sindacato, di cui poco si conosce e che il Primo Rapporto sugli Enti bilaterali redatto da Italia Lavoro (767 pagine) aiuta a capire meglio anche se i rivoli sono infiniti come dimostra il caso degli Enti di formazione che vedremo più avanti.
Bilaterale a vita
Sono più di 10 mila le poltrone “bilaterali”. Gli Organismi da cui derivano nascono nei contratti di lavoro ed erogano servizi di assistenza previdenziale, sanitaria, formazione, sostegno al reddito.
Sono per lo più “associazioni non riconosciute” che non presentano bilanci pubblici e, soprattutto, non sono sottoposti a nessun controllo.
Alcuni esulano dalla definizione istituzionale come l’Enasarco che gestisce la previdenza degli agenti di commercio, ma sempre in base a un accordo tra le parti sociali.
Uno status ancora differente è quello dell’Inpgi, l’istituto previdenziale dei giornalisti, che pure è controllato dalla categoria.
Ci sono, poi, i Fondi previdenziali, quelli sanitari, i Fondi per la formazione professionale. Generano presidenze ambite, vicepresidenze ben retribuite, gettoni di presenza a piovere.
Una rete finanziata dal “monte salari” (anche se formalmente sono le imprese a versare i contributi) con un prelievo dello 0,30 -0,50% in busta paga che può arrivare all’1%.
Per i fondi previdenziali e sanitari ( i primi sotto il controllo del Covip e i secondi dell’Anagrafe del ministero della Salute) si arriva anche al 3-4%).
I 536 fondi previdenziali, nel 2013, gestivano 104 miliardi di euro per 5,8 milioni di iscritti. I 260 fondi sanitari avevano 7 milioni di iscritti e i 545 Enti bilaterali (di cui solo 29 nazionali) abbracciano la gran parte del lavoro dipendente.
Ci sono poi i 21 Fondi Interprofessionali, una serie di Fondi di solidarietà regolamentati dalla legge Fornero, e altre strutture minori.
Si tratta di oltre 1300 organismi in cui, nei consigli di amministrazione, non ci sono mai meno di sei membri (tre per Cgil, Cisl e Uil e tre di parte datoriale).
Più spesso si supera il numero di dieci. Da qui, la cifra di oltre 10 mila poltrone più o meno retribuite. Quanto?
Posti da 70 mila euro
Secondo un studio della Filcams-Cgil, sindacato del commercio in cui gli Enti bilaterali abbondano, “i compensi per la presidenza e gli altri organi variano nelle diverse realtà (…) fino a raggiungere indennità elevatissime — 70 mila euro annui — per la Presidenza”.
I regolamenti sindacali imporrebbero di versare gettoni e indennità alla propria associazione ma spesso non accade. Oppure non ci sono le sanzioni.
Quel che è peggio, nota la Filcams, è che la quantità di risorse destinate ai servizi “non supera quasi mai il 50% dei contributi incassati”. Soldi sicuri per i super-stipendi, meno per i servizi da erogare.
Uno dei nomi reso pubblico da Fausto Scandola, Pierangelo Raineri, è segretario della Fisascat Cisl, consigliere dell’Enasarco, consigliere del fondo di sanità integrativa Est, presidente della cassa di assistenza sanitaria Quas.
I suoi 262 mila euro si spiegano anche così.
Un altro caso è quello di Brunetto Boco, segretario della UilTucs ma anche presidente dell’Enasarco, incarico per il quale percepisce 135.324 euro lordi annui a cui aggiungere 270 euro per ogni seduta del Cda. L’Enasarco ha in bilancio la bellezza di 1,3 milioni di euro per il funzionamento dei suoi organi statutari (48 mila euro di Raineri vengono da qui).
Ma Boco è anche vicepresidente del fondo Est, che ha messo a bilancio 420 mila euro per il funzionamento degli organi. Il suo reddito è quindi paragonabile a quello dei dirigenti Cisl contestati.
Il Fonchim (chimici), primo fondo italiano con 4,7 miliardi di patrimonio gestito, è presieduto dal professor Adriano Propersi, indicato dalle imprese, mentre il vice è il sindacalista Femca Cisl, Paolo Bicicchi che, prima di passare al Fonchim era vicepresidente di un altro fondo, il Pegaso. Nel Cda, per la Cgil, siede Alberto Morselli che è stato fino al 2012 il segretario generale della categoria. Fonchim destina agli organi statutari 588 mila euro annui e spende per la gestione 1,2 milioni di euro.
Il Fondo Cometa, dei metalmeccanici, è presieduto dall’ex segretaria Fim, Annamaria Trovò, ha dodici componenti per il Cda e spende per i suoi “organi”, 250 mila euro annui più 1,1 milioni per il personale.
Giornalisti manager
È invece un ente di diritto privato controllato dal ministero del Lavoro, l’Inpgi, l’istituto dei giornalisti il cui Cda è formato da 16 componenti di cui 11 eletti nella categoria.
Il presidente, Andrea Camporese — indagato per il caso Sopaf — guadagna 255.728 euro annui a cui vanno aggiunti 60 mila euro di “ristoro del danno da aspettativa non retribuita”.
Totale, 315 mila per un istituto per il quale si è appena resa necessaria una manovra di aggiustamento.
Camporese è stato segretario dei giornalisti del Veneto e il suo vice, Paolo Serventi Longhi, 43.148 euro di indennità , è stato il segretario della Fnsi.
Trattandosi di centinaia e centinaia di enti, la pratica del doppio incarico è molto diffusa. Come Raineri, quattro incarichi anche per Paolo Andreani, segreteria Uil-Tucs, vicepresidente della Coopersalute, presidente di Quadrifor, consigliere Quas; Ferruccio Fiorot, segreteria Fisascat, presidente dell’ente Ebinter, consigliere dell’ent Ebnter, direttivo nel fondo est; Fabrizioo Russo, della Filcams-Cgil, è nel consiglio Ebinter, in quello di Ebnter e nel Comitato del fondo Est. Curioso il caso di Michele Carpinetti, Cgil, presidente di Ebnter, consigliere di Ebinter ed ex sindaco di Mira, cittadina veneta dove è stato sconfitto dal Movimento 5 Stelle.
Fondi senza controllo
Fondimpresa è il più grande Fondo di formazione professionale. Sono in tutto 21, gestiscono circa 600 milioni l’anno derivati dal contributo dello 0,30% sul monte stipendi versato dalle aziende all’Inps che a sua volta lo gira ai fondi. Fondimpresa nel 2014 ha gestito 363 milioni, il 47% del totale.
Alle spese di gestione ha destinato oltre 5 milioni, mentre 347 milioni sono andati direttamente alla formazione. I 2,5 milioni stanziati per “personale e organi statutari”, però, rendono comunque appetibile il suo Cda.
Non a caso presieduto dall’ex presidente di Confindustria, Giorgio Fossa, mentre Cgil, Cisl e Uil vi hanno designato un ex segretario di categoria, Bruno Vitali della Fim-Cisl, il responsabile dei fondi interprofessionali della Cgil, Luciano Silvestri e l’ex segretario confederale Uil, Paolo Carcassi.
I Fondi interprofessionali attualmente non rendono conto a nessuno. Al loro interno può capitare, e capita spesso, quello che è avvenuto alla Fisascat (ancora!) di Roma e Lazio il cui segretario, Giuseppe Pietro Janni (ora fuoriuscito) tramite una srl, la So.GE.L. controllava l’ente di formazione (Micene Srl) che gestiva i corsi di formazione appaltati dal suo stesso sindacato.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
CALO IN TUTTE LE CATEGORIE, AUMENTA IL PESO DEI PENSIONATI
Sono sei pagine di tabelle fitte, suddivise per categorie e territori, a cura della Cgil nazionale, “area
organizzazione”.
Ma in prima pagina, in fondo, c’è il numero che ha fatto venire un brivido lungo la schiena ai dirigenti che hanno ricevuto il documento: rispetto alla fine del 2014, ad oggi, il sindacato “rosso” ha 723.969 iscritti di meno.
E va bene che la Confederazione di Corso Italia poteva comunque contare su 5,6 milioni di tessere – quindi si tratta di una perdita del 13 per cento – ma quel numero, per rendere l’idea, è quasi quanto gli abitanti della provincia di Genova.
Che ieri c’erano e oggi non più.
Un’emorragia che preoccupa e non poco i piani alti della Cgil, nonostante ci sia davanti tutto l’autunno per recuperare e nonostante il raffronto con lo stesso periodo del 2014 parli di un -110.917 iscritti.
Che però sono il doppio (220.891) se si confronta giugno 2013 con giugno 2015.
Il primo grande male che affligge non solo la Cgil, ma il sindacato in generale, è lo strapotere delle categorie dei pensionati.
I numeri della Confederazione lo confermano: al 1° luglio gli iscritti attivi, cioè i lavoratori, sono 2.185.099. A fronte di 2.644.835 di tesserati allo Spi.
Ovvio che nel complicatissimo gioco di equilibri interni finisca per prevalere una visione ancorata più al passato, e questo per semplici ragioni anagrafiche.
Ma il bacino finora sicuro dei pensionati si sta assottigliando pure quello: nel giugno 2013 i tesseratiover erano 2.728.376, e qui – dicono dalla Cgil – c’entrerebbe molto la riforma Fornero che ha rimandato la pensione a centinaia di migliaia di persone.
Va anche aggiunto che tra il dichiarato di Cgil, Cisl e Uil e il dato reale dell’Inps sui pensionati nel 2015 c’è una differenza di quasi un milione di iscritti. In meno
Altro capitolo, le varie categorie prese singolarmente.
Il Nidil, che in teoria dovrebbe rappresentare tutti gli atipici, quindi il fronte più ampio di possibile espansione, per ora ha il 48,8 per cento in meno di iscritti.
Il commercio, la Filcams: -24 per cento. Gli edili, la Fillea: -21,4 per cento. Il ramo dell’agricoltura, la Flai: -20,6 per cento.
Le tute blu della Fiom: -12,5 per cento, con le battaglie a viso aperto di questi ultimi anni che, controindicazione, hanno portato i 12mila iscritti del gruppo Fiat a poco più di 2mila.
E poi, i disoccupati: sugli oltre 5 milioni di iscritti, nel 2014 solo 15.362 erano i senza lavoro (e sono 8mila oggi).
Insomma, ne esce fuori un quadro a tinte fosche: incapacità di entrare in contatto con i più giovani, gli stessi piagati dalla miriade di contratti precari; irrilevanza nel mondo di chi il lavoro per ora se lo sogna.
Sono anni difficili per il sindacato, sotto ogni punto di vista. L’indice gradimento dell’istituzione in sè è ai minimi storici e l’attacco più forte in questi ultimi mesi è arrivato da dove uno meno se l’aspetta, cioè la nuova dirigenza del Pd.
È anche per questo motivo che dopo ben sette anni la Cgil ha deciso di indire per il 17 e 18 settembre prossimi una “Conferenza di organizzazione” a Roma.
Una sorta di check-up del sindacato, quattro temi fondamentali da prendere in esame: “contrattazione inclusiva”, “ democrazia e partecipazione”, “territorio e strutture”, “profilo identitario e formazione sindacale”.
Nino Baseotto è il membro della segreteria che ha in mano le chiavi della macchina organizzativa. Spiega che «sono numeri parziali, è troppo presto per commentare, il quadro sarà più chiaro ad ottobre. Facciamo questi conteggi più per motivi tecnici che altro».
Ma non si nasconde nemmeno dietro a un dito: «Stiamo vivendo dei profondissimi mutamenti nella società e non possiamo rimanerequelli di sempre. Le persone tutelate dal contratto nazionale sono sempre di meno e diventa vitale rivolgerci a tutti gli altri ».
I luoghi di lavoro – ragiona – non sono più le aziende di una volta, la frammentazione e l’atomizzazione non aiutano a fare rete.
La crisi poi ha ridotto del 20 per cento la capacità produttiva.
«La sfida vera – continua Baseotto – è cambiare paradigma: da 20 anni si parla di flessibilità e deregolamentazione per creare lavoro. È vero il contrario. Servono investimenti pubblici, semmai».
Per rinnovarsi, la Cgil ha sul piatto l’accorpamento di alcune categorie e il maggior coinvolgimento dei delegati nella vita stessa dell’organizzazione. Tradotto, più lavoratori e meno apparato.
Bisogna capire, ancora, quando entrerà in vigore l’accordo sulla rappresentanza firmato da Cgil, Cisl e Uil e Confindustria.
Matteo Pucciarelli
(da “La Repubblica”)
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Agosto 10th, 2015 Riccardo Fucile
ESPULSO IL SINDACALISTA VENETO CHE HA DENUNCIATO LA VICENDA
Nomi e cifre da capogiro: nella Cisl scoppia il caso degli stipendi d’oro, con vette di circa 300mila
euro annui.
Un dossier firmato dal veneto Fausto Scandola sta creando polemiche nel sindacato guidato da Annamaria Furlan.
Iscritto alla Cisl dal 1968, Scandola si è però visto notificare un provvedimento di espulsione.
Avrà dieci giorni di tempo per fare appello. La vicenda è riportata dal quotidiano “la Repubblica”.
“I nostri rappresentanti e dirigenti ai massimi livelli nazionali – dice Scandola – si possono ancora considerare rappresentanti sindacali dei soci finanziatori, lavoratori dipendenti e pensionati? I loro comportamenti, lo svolgere dei loro ruoli, come gestiscono il potere, si possono ancora considerare da esempio e guida della nostra associazione che punta a curare gli interessi dei lavoratori?”
Il segretario generale Furlan promette un cambio di rotta.
“L’organizzazione aveva bisogno di nuove regole e se le è date con il regolamento approvato il 9 luglio, che entrerà pienamente in vigore il 30 settembre – spiega il numero uno della Cisl – escluse d’ora in poi le possibilità di cumulo delle indennità . Abbiamo imboccato la strada della trasparenza e la completeremo con l’assemblea di organizzazione di novembre”.
(da “Huffingtonpost”)
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