Febbraio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
NON RIVEDREMO PIU’ LE SCENETTE DI SALVINI E LA D’URSO CHE PREGANO INSIEME L’ETERNO RIPOSO: AMEN
Ormai il mondo come era un anno fa non esiste più: c’era il governo Conte, ci ricordavamo ancora come era vivere senza le restrizioni della pandemia e Barbara D’Urso andava alla grande. Ma il pubblico di una volta ora non c’è più. “No more «I love you’s»” diceva la canzone ed è un po’ quello che è successo anche alla trasmissione serale di Carmelita, Live-Non è la D’Urso, che incredibilmente chiude in anticipo per gli ascolti troppo bassi.
Racconta Giuseppe Candela su Dagospia:
Il discusso talk show alle prese con i bassi ascolti, tra il 10-12% fino a notte fonda, dovrebbe salutare il pubblico di Canale 5 addirittura tra fine marzo e inizio aprile: dalle parti di Cologno Monzese il vento sembra essere molto cambiato da qualche tempo. Si starebbe studiando una soluzione per evitare di far passare la chiusura come una sonora bocciatura per Carmelita, come la chiamano i suoi fan
Al posto di Live Non è la Urso andrà in onda dall’11 aprile Paolo Bonolis e il suo “Avanti un altro” adattato alla prima serata.
Da chi andranno ospiti Salvini e Meloni adesso?
Quando mai rivedremo scenette così edificanti e opportune come quella del leader della Lega e della D’Urso che pregano insieme?
Vi ricordate quel momento di grandissima televisione andato in onda a Live — Non è la D’Urso? Matteo Salvini e la conduttrice Barbara D’Urso avevano “pregato” insieme recitando un velocissimo Eterno Riposo in diretta su Canale 5.
La D’Urso ci aveva tenuto a far sapere che per lei questa non è una novità , visto che lei recita il rosario tutte le sere e Salvini aveva risposto che anche lui lo fa.
In diretta ci sono anche Gianluigi Nuzzi e Alda D’Eusanio. “Siamo in due, Barbara”, rispondeva Salvini quando la conduttrice diceva di recitarlo tutte le sere e poi ripeteva la preghiera: “Risplenda ad essi la luce perpetua, riposino in pace amen”.
E amen sia.
(da NextQuotidiano)
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Febbraio 21st, 2020 Riccardo Fucile
LO SCANDALO MEDIASET CON RETEQUATTRO MONOPOLIO DEI SOVRANISTI… ANCHE SU LA7 IL LEGHISTA HA UNO SPAZIO DOPPIO RISPETTO AGLI ALTRI
La televisione italiana è sempre più TeleSalvini.
Dopo la sanzione dell’AGCOM per il mancato rispetto del pluralismo politico nei suoi notiziari la situazione non è mutata nemmeno a gennaio, visto che al leghista va il record di parola sia nel tg di Carbone (23 minuti, in crescita da dicembre) che in quello di Sangiuliano (15 e 35”, in crescita anche questo); il solo Tg3 è sembrato attento a contenere una logorrea mediatica non sempre meritevole di racconto (5 minuti e 44”, in calo).
Sul Fatto Quotidiano Domenico Crapis spiega la Lega parla quanto PD e M5S insieme:
Sia sul Tg1 che sul Tg2 Salvini parla più del premier e più di un capo di Stato non certo taciturno, visto che al Tg3 Mattarella è primo con 13 minuti.
Nei programmi Rai il quadro si fa più fosco: qui Salvini parla per 151 minuti, molto di più di Mattarella (89), il doppio di Zingaretti (74), anche se c’è spazio per Cuperlo, Delrio e Bonaccini (poco più di 30’a testa), ma pure per Giorgetti (59) e la Borgonzoni (26).
La Meloni poi ha 58 minuti, Renzi 48, Di Maio 32, accompagnato da Spadafora e Patuanelli (23 e 19).
Dunque: Salvini parla nei talk della Rai quanto Meloni, Renzi e tutti i grillini; mentre i tre della Lega (Salvini, Giorgetti e Borgonzoni, in tutto 236 minuti) poco meno di Pd (172) e 5 Stelle (74) messi assieme, cioè del primo e secondo partito alle politiche 2018, che per il garante è il riferimento per pesare la rappresentazione in video.
Se in Rai la situazione è fosca, a Mediaset è drammatica.
Anche a gennaio nei tg, ma soprattutto nei talk dell’azienda-partito, la sovra-rappresentazione a favore della destra va oltre la decenza.
Censurabili sul piano del pluralismo soprattutto il Tg5 e i talk di Rete4: al Tg5 l’uomo del Papeete sovrasta tutti gli altri anche a gennaio parlando per oltre 22 minuti, seguito da Silvio Berlusconi (17 minuti e 20”) e da Zingaretti (16), mentre Di Maio (13), Conte (12) e Mattarella (11) sono lontanissimi.
Se il Tg5 traccia il solco, a difenderlo ci pensa Rete4: nei suoi talk (Fuori dal coro, Diritto e rovescio, Quarta Repubblica, Stasera Italia) a gennaio parlano quasi soltanto Meloni, Salvini e Borgonzoni, per 5 ore e 25 minuti (!), mentre degli altri i più ciarlieri, cioè Bonaccini (52), Sgarbi (48), Casini (39), Mastella (38), Paragone (36), Mulè (26) e Cofferati (25) dispongono di qualche manciata di minuti.
Per giunta, poi, basta un colpo d’occhio per accorgersi che, a parte Bonaccini, Cofferati e (forse) Casini, nei primi dieci sono tutti schierati dalla stessa parte e che dei 5 Stelle non c’è neanche l’ombra.
E La7? nel TgLa7 Salvini parla poco più di Zingaretti (10 minuti contro 9), ma Mattarella, Di Maio, Conte, Segre e Meloni seguono con 3 minuti e anche meno; nei talk il leghista straripacon 4oree 20minuti, lasciandosi molto indietro gli altri, da Renzi (2 e 20′) a Bonaccini e Zingaretti (2 e 10’circa per uno), a Di Maio (2 ore), fino a Calenda, Conte, eccetera, in una ripartizione che pur rispettosa di un equilibrio generale regala all’ex comunista padano una visibilità oltre ogni limite.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
ALLA STESSA ORA A CARTABIANCA E A DI MARTEDI: SARDINE 7,72% DI SHARE CONTRO IL 5,88% DI SALVINI
Gli ascolti Tv e i dati Auditel di martedì 21 gennaio 2020, in prima serata, hanno visto la consueta disfida tra talk politici fra Cartabianca di Bianca Berlinguer su Rai3 e DiMartedì condotto da Giovanni Floris su La7.
CartaBianca ha totalizzato infatti 1.390.000 spettatori, mentre DiMartedì ha convinto 1.415.000 spettatori.
Nella sovrapposizione tra Matteo Salvini intervistato da Bianca Berlinguer e l’ospitata delle Sardine da Giovanni Floris, sono state le seconde a prevalere per quanto riguarda l’interesse del pubblico sintonizzato.
Per portare dati precisi, le Sardine a diMartedì (nell’orario compreso fra le 21:46 e le 22:13) hanno totalizzato 2.045.030 spettatori con uno share del 7,72% mentre Salvini a Cartabianca (fra le 21:52 e le 22:41) ha catalizzato una media di 1.501.818 individui all’ascolto con uno share del 5,88%.
(da agenzie)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
ALTRO CHE PAR CONDICIO, LA TV E’ INFESTATA DALLA PRESENZA DELLA ZECCHE PADANE
Ieri sera Matteo Salvini era ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta su Rai Uno. Questa mattina il leader della Lega è andato ad Agorà su Rai Tre e stasera interverrà su Radio Uno, ospite di Zapping.
Ieri, 22 ottobre, invece il Presidente della Regione Friuli Massimiliano Fedriga è intervenuto a CartaBianca su Rai 3. Sempre ieri su Radio Uno c’era un discreto affollamento leghista, alle sette e trentacinque Dario Galli è intervenuto a Radio Anch’io (per poi passare ad Agorà ), nel pomeriggio l’ex viceministro Garavaglia è stato intervistato durante Radio1 in viva voce e per finire alla sera l’ex ministra Giulia Bongiorno ha partecipato a Zapping.
Questi naturalmente sono solo alcuni degli impegni televisivi dei leghisti.
Perchè ieri all’ora di pranzo Matteo Salvini ha partecipato a Tg2 Post mentre lunedì è stato il turno dell’ex ministro Gian Marco Centinaio ad Agorà .
Insomma, la Lega di certo negli ultimi tre giorni non si è risparmiata. E stiamo parlando solamente delle apparizioni in programmi radiotelevisivi del servizio pubblico. Perchè naturalmente quella delle ospitate su altre emittenti è un’altra storia.
Chiunque abbia modo di fare un po’ di zapping qua e là tra radio e televisione non potrà fare a meno di notare che la Lega non è certo un partito a rischio di estinzione o sotto rappresentata sul piccolo schermo rispetto al suo peso reale in Parlamento (dove ha il 17%).
Eppure due consiglieri del CdA di Viale Mazzini oggi hanno accusato una trasmissione di Rai Tre di violare la par condicio in vigore per le elezioni in Umbria.
Per quella che è senza dubbio una semplice coincidenza la trasmissione incriminata è una delle poche cui Salvini non ha concesso un’intervista: Report. Non certo perchè non sia stata chiesta, visto che la segreteria di Salvini non ha risposto alle richieste della redazione di Report.
Guarda caso Report lunedì sera ha mandato in onda un’inchiesta tutta dedicata al caso Moscopoli, al Russiagate, al ruolo di Savoini e ai rapporti — mai chiariti — di quest’ultimo con la Lega e del partito di Salvini con l’oligarca russo Konstantin Malofeev.
E sempre per pura casualità sono stati due consiglieri indicati dal centro destra a sollevare la questione: Igor De Biasio (indicato dalla Lega) e Giampaolo Rossi (indicato da Fratelli di Italia). Secondo i consiglieri Rita Borioni (Pd) e Riccardo Laganà (dipendenti) invece Report avrebbe solo esercitato il diritto di cronaca.
Ciononostante è curioso che i due consiglieri indicati dalla Lega e da FdI si siano accorti unicamente del servizio di Report e non di tutto resto di quello che è successo in Rai in questi ultimi 18 mesi, a partire magari da quando il Tg2 liquidò la vicenda del Metropol con un fantastico “e allora Togliatti“. Anche perchè, tornando su Rai 3, il deputato PD Michele Anzaldi ha buon gioco ha dimostrare che nel mese di settembre Salvini è stato il politico con più spazio di parola nei talk show della terza rete RAI. E allora, di cosa stiamo davvero parlando? Non è che i leghisti hanno paura di quello che ha detto Report?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 14th, 2019 Riccardo Fucile
NULLA GLI VIETA DI ESSERE PER L’ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER, MA NELLA NOSTRA COSTITUZIONE QUESTA POSSIBILITA’ NON ESISTE
«Ma quale gaffe sull’elezione del premier! Sono laureato in giurisprudenza con 110 e lode. Conosco molto bene la Costituzione».
Così Massimo Giletti risponde alle polemiche per la frase pronunciata ieri a Non è l’Arena durante l’intervista con Giorgia Meloni quando il giornalista de La 7 aveva detto che «sono anni che noi non eleggiamo… caso incredibile e unico nel sistema» il Presidente del Consiglio. Giletti che appunto la Costituzione la conosce molto bene ci tiene a spiegare cosa voleva dire davvero.
«È chiaro che mi riferivo ad un fatto: da molti anni succede che diventi premier qualcuno che non è stato chiaramente presentato come candidato premier durante la campagna elettorale. L’ultimo presidente del Consiglio indicato come candidato premier di una coalizione già durante la campagna elettorale è stato Silvio Berlusconi, quindi dal 2008 al 2011», spiega Giletti.
Ma a Giletti sfugge ad esempio che in quell’occasione Berlusconi era il capo della coalizione di centrodestra. Poi che in caso di vittoria di una coalizione il leader di quel gruppo di partiti venga proposto come candidato Presidente del Consiglio è un altro discorso.
Per la cronaca in Italia non esiste costituzionalmente la figura del “premier”, un termine che i giornalisti usano più che altro come sinonimo per evitare fastidiose ripetizioni.
«Poi non è più successo, nè con Mario Monti, nè con Enrico Letta, nè con Matteo Renzi, nè con Paolo Gentiloni, nè con Giuseppe Conte. E secondo me non è un bene. È una cosa triste», continua Giletti, ed è curioso che non abbia detto nulla quando Conte è stato eletto Presidente del Consiglio per la prima volta, grazie ai voti della Lega, ma solo ora che è al governo con i voti del centrosinistra. Ma Giletti è uno che la Costituzione la conosce “molto bene” per questo non solo parla sempre di premier e mai di Presidente del Consiglio (che è il termine usato nella Costituzione) ma ci tiene a ribadire che il suo «non è un inno all’elezione diretta del premier» che appunto non è prevista dalla nostra Costituzione (quella che conosce molto bene).
Cos’è allora la sua? «È una constatazione amara sul fatto che da molti anni noi votiamo dei partiti rimanendo però ‘al buio’ su chi sarà il premier e poi i palazzi decidono a posteriori. Lo so che costituzionalmente nulla osta. Ma a me, e credo anche a tanti altri elettori, questa cosa non piace. Se poi quelli che commentano vogliono aggrapparsi con le unghie ai vetri pur di polemizzare, lo facciano pure. Ma il senso delle mie parole era molto chiaro».
Ora dobbiamo ricordare che Giletti è laureato in Giurisprudenza con 110 e Lode e conosce molto bene la Costituzione (quella secondo la quale l’Italia è una repubblica parlamentare). Forse conosce meno bene la storia: perchè ad eccezione delle trovate di marketing elettorale di Berlusconi di presentarsi agli elettori come “candidato Presidente” la storia della nostra Repubblica ha funzionato sempre così: gli elettori hanno votato dei partiti senza “sapere” chi sarebbe stato il Presidente del Consiglio.
O forse Giletti si ricorda di quando gli italiani votarono per “eleggere” De Gasperi, Andreotti, Rumor, Fanfani, Cossiga, Scelba o Craxi (per citarne solo alcuni) come Presidenti del Consiglio? Non può ricordarselo perchè non è mai successo.
Noi invece ricordiamo a Giletti che ieri ha detto questo: «diciamo che non abbiam più scelto un presidente del Consiglio da una vita… lo dico per ricordarlo a tutti: sono anni che noi non eleggiamo… caso incredibile e unico nel sistema… il presidente del Consiglio» e che quando Giorgia Meloni ha detto «noi adesso non votiamo, che facciamo prima» alludendo al fatto che ci avrebbero tolto il diritto di voto perchè è cambiato il governo Giletti non ha detto nulla. Proprio a lei che venne eletta nel 2008 con Berlusconi “candidato premier” e poi finì per votare la fiducia a Mario Monti.
Possibile che a Giletti, così esperto e preparato, sia sfuggita quella piccola incongruenza?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 17th, 2019 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI RIACE PERMETTE ALLA TRASMISSIONE DI FORMIGLI DI VINCERE LA SFIDA CON PAOLO DEL DEBBIO
Mimmo Lucano batte Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.
Niente urne, nè schede elettorali, non stiamo parlando di voti ma di telecomandi e televisori.
Guardando i dati Auditel delle prime serate di giovedì 16 maggio, il programma in cui era ospite il sindaco auto-sospeso di Riace ha superato quello in cui presenziavano i leader di Lega, Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Nel confronto delle curve di ascolto di Piazzapulita (La7) e Dritto e Rovescio (Rete 4), il programma di Corrado Formigli è sempre stato sopra a quello condotto da Paolo Del Debbio.
Su Mediaset si sono seguite senza soluzione di continuità le interviste ai quattro leader politici, che hanno ottenuto il 4,8 per cento di share (838mila spettatori).
Il programma di approfondimento di La7, iniziato con 35 minuti di intervista a Lucano e poi con un reportage sulla nave Mare Jonio, è stato guardato da poco più di un milione di persone, per il 5,7 per cento di share.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2018 Riccardo Fucile
PER LA FINALE MONDIALE DELLE AZZURRE AUDIENCE CALCISTICA: 14 MILIONI DI CONTATTI, 8 MILIONI DI PICCO MASSIMO, 43,1% DI SHARE E LA PALMA DI EVENTO PIU’ VISTO DELLA GIORNATA
Oltre 6,3 milioni di telespettatori (6,313), con uno share medio del 36,1 per cento, incollati alla tv per ammirare la finale, purtroppo sfortunata, dei mondiali femminili di pallavolo.
Otto milioni il picco massimo di spettatori, pari al 43,1 per cento di contatti, per la trasmissone in onda su Rai2 e curata da Raisport.
Numeri che molto raramente vengono raggiunti da sport diversi dal calcio, in particolare da quelli al femminile: le migliori performance di Tania Cagnotto, ad esempio, avevano sfiorato quota cinque milioni. Per avere un’idea dell’effetto finale, si pensi che la semifinale aveva avuto poco meno di 1,1 milioni d’ascolti, pari al 18,7 di share (la gara si svolgeva nella mattina di un giorno lavorativo, la finale è andata in scena all’ora di pranzo del sabato).
Numeri degni dei momenti d’oro di Alberto Tomba o di Valentino Rossi, che hanno assicurato a Egonu e compagne la palma del programma più visto della giornata, quasi due milioni di spettatori rispetto al solito Alberto Angela, prevedibile vincitore della prima serata con “Ulisse, il piacere della scoperta2, visto da 4,453 milioni di spettatori con share al 22,5 per cento.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LA TRASFORMAZIONE DELLA TV GENERALISTA IN CANALE INFORMATIVO
Negli ambienti Mediaset, con ampollosità che appare francamente eccessiva, la chiamano “la rivoluzione totale di Retequattro”.
Ma al posto di Danton, Marat e Robespierre, la rete berlusconiana mette in campo nientemeno che Gerardo Greco (neodirettore del Tg4, un passato Rai ad Unomattina e ad Agorà ), Roberto Giacobbo (sì, quello di “Voyager-Cazzenger”, secondo la parodia di Crozza) e Piero Chiambretti, il giovane comico valdostano che si avvia però a festeggiare i 63 anni. Manca solo il ritorno di Emilio Fede.
Obiettivo della “rivoluzione copernicana”, come l’ha definita lo stesso Chiambretti nel corso della presentazione mondan-monegasca davanti al direttore di rete, Sebastiano Lombardi: trasformare la tv generalista (e cenerentola) del gruppo di Segrate in un canale prevalentemente informativo. E non è detto che non ci scappi un Pulitzer.
Sulla tavola apparecchiata a pixel saranno servite ben cinque serate in prime time. Con piatti pieni di manicaretti politici e di attualità .
L’antipasto sarà offerto in guanti bianchi dall’onnipresente ed eterna signora Barbara Palombelli in Rutelli, che ha fatto l’opinionista praticamente in tutte le emittenti possibili e immaginabili (compresi, per chi l’avesse dimenticato, l’Ottoemezzo con Ferrara su La7 e la Domenica in di Mara Vernier): sarà lei, ogni sera, a condurre una striscia d’introduzione denominata “Stasera Italia”.
Titolo cordialmente un po’ sovranista, come dettano i tempi. Rassicurante conformismo a gogò.
In effetti, a ben guardare, l’originalità non è certo il punto di forza del “new deal”. Non si può desistere dall’immediato paragone con l’esperienza di “La7”: la rete di Cairo è ormai un’ammiraglia del dibattito politico a tutte le ore.
E sta facendo breccia tra i concorrenti. Dalle parti del Biscione — e delle sue emittenti sorelle — si è capito che non si può restare con le mani in mano. Ed ecco il restyling del logo di Retequattro, che ora sembra la posologia consigliata per un medicinale generico.
Via al nuovo corso di una rete costruita apposta per la casalinga di Voghera, un tempo abbagliata dalla prestanza del cavaliere finchè non l’ha tradito con il più giovane e barbuto leader della Lega.
Un’attenzione ancora più scandagliante non può tralasciare, però, la sparizione dai palinsesti di Retequattro di due maestri del giornalismo: Paolo Del Debbio e Maurizio Belpietro.
I due intrattenitori, noti per la moderazione e l’autocontrollo, avranno forse peccato d’eccesso con la loro specializzazione — al pari di un ufficio d’igiene — nell’ispezionare baraccopoli e campi rom dando voce all’etnia indigena, nell’esplorare ghetti suburbani di ogni fattura, anfratti di segregazione e di malaffare, nell’accertare occupazioni abusive, nel fornire di microfono cittadini esasperati dal vicinato non ariano?
E se avessero esagerato con lo zelo, tirando la volata non al loro anziano datore di lavoro, nonchè ex ed aspirante premier elettorale, ma al fustigatore Matteo Salvini nel ruolo di “arrivano i nostri”?
Ecco allora che i dirigenti Mediaset, per tranquillizzare tutti, giustificano la rivoluzione come conseguenza della “fine di un ciclo”.
Del Debbio e Belpietro, alzando il livello della paura sociale tra vittime di furti e di palpeggi multirazziali, avrebbero insomma fatto il loro tempo. Sarà così? “Le scelte politiche non c’entrano” ha assicurato Berlusconi junior con la stessa sincerità che caratterizza il genitore.
E chi sarà garante della ritrovata deontologia da piccolo schermo? Chi altri se non la stessa Barbara Palombelli in Rutelli, buona per tutte le cause, da quelle di Forum a quelle dei Palazzi?
A lei è dunque affidata la prima serata. Sottotitolo “per raccontare la nuova politica”. Quella che vede eclissarsi, ahinoi, proprio l’anziano padrone di casa.
Più che “Stasera Italia”, meglio “Stanotte Italia”.
(da Globalist)
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Giugno 24th, 2018 Riccardo Fucile
“DORMO 4-5 ORE PER NOTTE. STANCHEZZA? IL NOSTRO NON E’ UN LAVORO USURANTE”
Quando Enrico Mentana parla, spesso non guarda in viso. Non è scortesia. O timidezza. Ma come spiega lui stesso, “sono multitasking”, vuol dire che risponde alle domande, poi con un quarto di occhio controlla il match dei Mondiali di calcio (e commenta), con un altro quarto monitora il computer e il susseguirsi di notizie, quindi legge gli articoli per il telegiornale della sera, scrive i titoli, arrivano i messaggi sul cellulare, poi allo scadere dell’ora tonda c’è il collegamento con Rds per il suo Cento secondi con.
“La fortuna è che non conosco lo stress, non sento la fatica e da sempre. Quanto dormo? Boh, poco”.
È una macchina da guerra.
“Solo macchina”.
Nel libro di Liliana Segre La memoria rende liberi ha definito il “Giorno della memoria“ una “routine ipocrita”.
Il rischio è quello. Quando ero piccolo a fine ottobre c’era la giornata del risparmio, in qualche modo spinta dalla stessa Cassa di Risparmio, e sistematicamente a scuola ci propinavano il tema sull’argomento; ho sempre pensato: per un giorno fingiamo attenzione, responsabilità , partecipazione, consapevolezza, quindi il perfetto lasciapassare per fottersene il resto dell’anno.
È già così?
In realtà i cicli storici si interrompono con la generazione che li ha vissuti.
(Alla destra della scrivania ha una sorta di baracchino, all’improvviso si accende, c’è la sigla della radio. “Si prepara il testo per l’intervento?”. “No, vado a braccio”)
Cosa manca oggi?
L’impianto forte della democrazia, cioè i partiti di massa, l’impegno come punto di confronto all’interno della famiglia politica e dopo con le altre famiglie. I partiti rappresentavano grandi ideologie, speranze, illusioni, tutto questo portava passione, erano scuole di formazione culturale; i grandi intellettuali erano organici, e penso a saggisti, pittori, scrittori, latinisti. Oggi è impensabile. Mi ricordo i comizi nelle piazze, i momenti forti della vita politica…
Lei ci andava a prescindere dall’appartenenza.
Ho avuto la sorte di una vita molto veloce, in buona sostanza a 25 anni ho iniziato come giornalista in televisione.
Magari al liceo
Ero un giovane anarchico di un gruppo libertario, tra noi c’era persino Michele Serra, frequentavamo lo stesso liceo nel quale, anni dopo, si è iscritto Matteo Salvini (si ferma, la Nigeria ha sfiorato il gol). Ah, c’era anche un altro Salvini, il giudice, anche lui anarchico, protagonista di una storia in stile Dà¼rrenmatt: è stato lui a far confessare il suo ex compagno di lotte giovanili, Mario Ferragni, riguardo all’omicidio dell’agente Custra (Milano, 1977).
Lei alle interrogazioni liceali.
Sono entrato in quarto ginnasio nel 1968, ed eravamo prede di una curiosità devastante: volevamo conoscere tutto e contestare altrettanto; volevamo capire per poi sfidarci in collettivi e assemblee, magari per far colpo sulle ragazze.
Stimolo immancabile.
Funzionava la capacità di parlare in pubblico, di sostenere delle idee. (Segna la Nigeria, scatta la parentesi calcistica. È soddisfatto per l’arrivo di Nainggolan all’Inter: “Lui è proprio forte”)
Torniamo al liceo…
Quella voglia di parlare in pubblico e mostrare le proprie idee è il vero motore per tanti di noi poi diventati giornalisti.
Giornalista più per sapere o per trasmettere?
Cercare di capire per poi raccontare, è una condizione continua e senza ansie.
Niente ansie?
Non ne soffro, vado tranquillo.
Insomma, quanto dorme?
Quattro o cinque ore, massimo sei.
Il riposo estivo-pomeridiano è una bestemmia.
Non esiste. Probabilmente se lavorassi in una miniera dormirei maggiormente, mentre la nostra professione non è stancante; mica siamo impegnati nei campi per ore e ore, o in fabbrica, o in bottega.
Altro che maratone televisive alla Mentana.
Ogni volta dicono: ‘Incredibile, è stato dieci ore in onda’, quando c’è gente che è rimasta dieci ore a guardare. Secondo me è più facile trasmettere che assistere.
Chi trasmette deve avere tutto sotto controllo, chi assiste può anche distrarsi.
È il mio lavoro.
Sa qual è la curiosità più diffusa in Rete riguardo alle maratone?
Sì, come riesco a non andare in bagno. Però ribadisco: in qualsiasi lavoro se c’è il massimo di attenzione, di adrenalina, di compartecipazione, non senti certi stimoli, o stanchezza, o dolori vari.
Va oltre.
Ci sono attori balbuzienti che davanti a un riflettore vanno diritti.
Chi è il direttore?
Chi dà l’esempio su tutto, chi cerca di stare sempre sintonizzato sulla necessità del prodotto. Chi fa i titoli del telegiornale e va in onda; chi cura il piano ferie e le vertenze sindacali; chi concilia le liti tra giornalisti e dà ogni giorno le linee guida.
Percentuale di fallibilità ?
L’errore lo vedi sul lungo periodo, ma quello che conta è saper dire sì o no e cosa fare. È necessario offrire sempre una risposta, l’incertezza è il vero errore.
Si è mai sentito inadeguato?
Mai. Quando si agisce, non ci si sente inadeguati.
Neanche quando è andato a dirigere un telegiornale a 36 anni
Se uno si sente non adatto a quell’età , vuol dire che non hai un buon rapporto con te stesso. E comunque avevo anche delle doti e non era un’impresa titanica, ma solo bellissima, nella quale ho potuto costruire da zero qualcosa di esaltante.
Le sue doti?
Sono veloce di testa.
Paura di perderla?
Ho 63 anni suonati, e ho presente che tutto questo è stato causato anche da una serie di colpi di fortuna.
Tradotto?
Il punto chiave è quello di prima: quelli della mia età che volevano diventare giornalisti, ci sono riusciti; oggi ci sono giovani bravissimi, ma impossibilitati. Non ci sono spazi. I nuovi non entrano, siamo sempre nello stesso recinto, il nostro mestiere si è chiuso e non interagisce con l’esterno, i grandi giochi li gestiscono solo quelli già posizionati. E il giornalismo è la metafora dell’Italia: persone sedute che non si alzano più.
Nessun ricambio.
So benissimo di suscitare simpatia tra i giovani per le mie maratone, ma questo peggiora la situazione: se il tuo punto di riferimento è un sessantenne, vuol dire che non hai l’esigenza di soppiantarlo, di cacciarlo e rinnovare.
Lei conosce il potere da 40 anni. Com’è cambiato?
Non contano nè i soldi nè il potere, ma l’affermazione, il realizzarsi.
Sì, ma il potere in Italia.
È sempre stato strano per via della partitocrazia, quindi un equilibrio tra imprenditoria, istituzioni e partiti, dove quest’ultimi decidevano, tanto è vero che a un certo punto il mondo dell’economia e della finanza ha creato un suo partito intorno a Enrico Cuccia.
E oggi?
Il potere è sempre stato una forza residuale, anche quando è arrivato Berlusconi.
Prima della “discesa in campo”, Berlusconi ne capiva e si interessava di politica?
Da sempre aveva ben chiaro un punto: doveva semplificare. E quando ha vinto le elezioni, lo choc per la classe dirigente di allora è stato di perdere i posti di controllo. Anche per questo l’hanno disarcionato.
Insomma, qual è il vero potere forte?
Chiunque arriva al governo non sa come muoversi, non sa come mettere in pratica le promesse elettorali.
Comandano i mandarini.
Esatto. In un grattacielo di 30 piani la figura più importante non è chi abita nell’attico, ma il tecnico dell’ascensore.
“Loro” di Sorrentino le è piaciuto?
Non mi appassiono a quello che tutti devono vedere o leggere, perchè argomento di discussione. Non sono salottiero. E la sera vado a casa. (Silenzio. “Rete! Aspettiamo il replay, sembra l’azione di Mazzola a Budapest: partono dalla difesa in contropiede”).
Allora niente “Loro”
Non ho neanche affrontato la Versione di Barney quando è scoppiato il caso.
Cosa legge?
Al novanta per cento saggi.
Biografie
Sì, ma non amo quelle romanzate. E leggere è l’antidoto al motore di ricerca, una malattia della quale si ha poca cognizione.
Acquisiamo cognizione
Non ho la patente, non uso calcolatori, non ho l’agenda, i numeri li so a memoria; detesto tutto ciò che del progresso e della tecnologia si sostituisce alla mente umana. Ciò che priva e diventa una mutilazione.
Quindi
Il motore di ricerca è la stagnazione del cervello giovanile. Bisogna leggere.
Sui social è molto attivo.
Il giornalista del 2018 non può restare su una torre d’avorio e fregarsene di quello che accade nei bassifondi; deve misurarsi con la nuova agorà del web, dove — purtroppo o per fortuna — il confronto è molto diretto e dove avviene il contrario del celebre aforisma…
Quale?
Uno non deve mai discutere in pubblico con uno scemo: chi ti segue potrebbe non cogliere la differenza, e poi lui ti batte con l’esperienza.
Giusto “sporcarsi”…
Se sul web lasci spazio ai cretini, quelli prendono campo e già ne hanno tanto.
Scrive molto, non frasette.
Perchè contesto la logica breve di Twitter, anche se sarei avvantaggiato dalla frasetta-battuta-cazzata.
Ha mantenuto intatti i suoi ideali da ragazzo?
Sono un figlio del Novecento, sono uno che crede nella differenza tra sinistra e destra, anche se la laicità di pensiero e la visione delle cose mi ha fatto comprendere che uno non deve fare il tifo per l’uno o l’altro. Però sono diverse, uno non può essere per l’accoglienza e per il rigore. Mi spiego: Renzi ha distrutto il Pd? No, gli ha allungato la vita.
Ne è certo?
Quel Pd di Bersani sarebbe arrivato allo stesso punto di oggi, ma prima. Il problema è che gli ideali di sinistra si sono scontrati con le nuove realtà ; dal punto di vista delle pulsioni la piramide si è rovesciata: il nemico dei giovani non è più il capitale, ma la persona di colore o il rom.
Le hanno mai proposto di diventare massone?
Ci sono due campi che non mi hanno sfiorato: la droga e la massoneria.
Niente droga
A volte sembro scemo, ma non ho mai visto uno tirare di cocaina, e non mi capacito di come le persone sottovalutino un dato: farsi anche solo uno spinello vuol dire interagire con le organizzazioni criminali.
A 45 anni giocava con la Playstation, oggi?
Allora era un modo per stare con mio figlio 13enne, e poi avevo una lontana tendenza alla ludopatia, quindi ho lasciato perdere. Preferisco il sudoku. (Si riattiva il baracchino, altro collegamento con Rds).
Di quale mistero italiano le piacerebbe conoscere la verità
Ce ne sono tanti, a partire da Piazza Fontana…
Rapimento Moro
In questo caso sono più avantologo che dietrologo: quella è stata una questione delle Br, dove poi ognuno ha messo il suo cip. La questione è più sugli Anni di piombo.
Vissuti in prima persona
Ho visto compagni di liceo entrare nella lotta armata (sono le 19.05, inizia a leggere i pezzi della sera). Allora c’era un’idea della violenza.
I suoi genitori erano preoccupati
Non ho mai avuto questa percezione, poi a 18 anni sono entrato nei socialisti.
La sua notte prima degli esami
Sono un cazzone, come ho detto non sento lo stress nè l’ansia, e il giorno dell’orale mi sono comportato da cretino.
In che modo
Ho rischiato la bocciatura.
Cosa aveva combinato
Il membro esterno, un prete, mi chiede Dei sepolcri e perchè “li dedica a Pindemonte e non a Mentana?”.
E lei?
Rispondo: ‘Me l’aveva offerto, ma per questione di sponsorizzazione non ho potuto accettare’.
Non ha resistito alla battuta
Impossibile.
Per chi tifa ai Mondiali
Croazia. Modric è l’ultimo grande centrocampista, uno alla Pirlo.
Cosa si aspetta dal domani?
Avere la capacità di invecchiare tranquillamente: sarà difficile uscire da tutto questo, magari mi piacerebbe creare un giornale online solo di giovani.
E poi
Riuscire ad andare ai giardini e fare l’umarell, il pensionato che sta alla grata mentre gli operai lavorano.
Senza stare zitto.
Se uno smette di parlare, muore.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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