Dicembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
SI TRATTA DEI PAGAMENTI PROVVISIONALI, OVVERO GLI ANTICIPI DISPOSTI DALLA SENTENZA CON LA QUALE SONO STATI CONDANNATI HARALD ESPENHAHN E ALTRI CINQUE DIRIGENTI DELL’ACCIAIERIA TEDESCA
A più di sette mesi dalla condanna e a quattro anni dalla tragedia di Torino, la ThyssenKrupp non ha ancora rimborsato gli ex operai e alcuni familiari delle vittime come imposto dai giudici.
Si tratta dei pagamenti provvisionali, cioè gli anticipi sui rimborsi disposti dalla sentenza del 15 aprile scorso, con cui sono stati condannati l’ad Harald Espenhahn e altri cinque dirigenti dell’acciaieria tedesca.
Oltre all’accusa di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, i pm Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso hanno recriminato al primo i reati di omicidio e incendio volontari con colpa cosciente; e per gli altri omicidio e incendio colposo.
Queste ipotesi della procura sono state riconosciute dai giudici della Corte d’assise di Torino, i quali hanno stabilito che gli imputati devono versare dai 50mila euro in su per gli ex lavoratori e tra i 30 e 40mila euro per i parenti dei deceduti.
Gli avvocati degli ex operai, costituiti parte civile al processo, avevano anche chiesto che il pagamento fosse “immediatamente esecutivo” per via delle condizioni economiche precarie in cui si sono ritrovati dopo la chiusura anticipata dello stabilimento e per i gravi danni fisici e psicologici subiti per colpa della tragedia.
La corte ha ammesso la legittimità delle richieste: in base alle testimonianza di cinque addetti di turno tra il 5 e il 6 dicembre 2007 — è scritto nelle motivazioni — emerge “il dramma sconvolgente da loro vissuto quella notte, da cui deriva la fondatezza (peraltro riscontrata dalle perizie mediche) del danno non patrimoniale, costituito dal danno morale e dal danno alla salute da loro lamentato e di cui chiedono il ristoro economico”.
L’azienda e i condannati devono quindi pagare.
Gli importi della provvisionale potevano essere versati dal momento della decisione del tribunale (giorno da cui comincia il calcolo degli interessi) e sono diventati obbligatori dalla pubblicazione della sentenza, ma a 20 giorni dalle motivazioni non sono ancora avvenuti.
Lo segnala l’avvocato Sergio Bonetto, rappresentante di nove operai costituitisi parti civile: “Ho provato in tutte le maniere, sollecitando a voce il pagamento agli avvocati degli imputati, e anche per iscritto, ma ancora non è avvenuto niente — spiega -. Se l’attesa continuasse potremmo avviare le procedure per l’invio di ufficiali giudiziari per i pignoramenti”.
Antonio Boccuzzi, ex operaio sopravvissuto al rogo e ora deputato del Pd, afferma: “Stiamo tutti aspettando. La Thyssen avrebbe dovuto pagare immediatamente. Nessuno ha ricevuto un euro e non abbiamo notizie, se non voci su prossimi pagamenti”.
Il problema è che molti suoi ex colleghi “sono ancora senza un lavoro e a maggior ragione è importante che i soldi siano versati”.
Questo ritardo per lui è una conferma: “È l’atteggiamento dello stile Thyssen: anche dopo la sentenza Torino resta l’ultimo dei pensieri e dei doveri”.
I difensori degli imputati affermano che il ritardo è dovuto alla trattativa in corso tra la ThyssenKrupp, i dirigenti condannati e le parti civili: “Siamo obbligati a fare i pagamenti — premette l’avvocato Cesare Zaccone, difensore dell’azienda -. Si tratta di ritardi dovuti alle modalità di esecuzione, ma è anche un problema che riguarda le compagnie assicurative. I pagamenti devono avvenire al più presto”.
Andrea Giambartolomei
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile
NEL ROGO MORIRONO SETTE OPERAI, ACCOLTE LE RICHIESTE DELL’ACCUSA…FU UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA, CAUSATA DALLA COLPEVOLE OMISSIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA ALL’INTERNO DI UNO STABILIMENTO IN VIA DI DISMISSIONE
Non appena risuona la parola “colpevole”, i parenti delle sette vittime della strage della Thyssen Krupp trattengono a stento un moto di gioia.
Poi, con il passare dei minuti, non trattengono più le lacrime.
Fino a che un padre, sopraffatto dall’emozione, non viene adagiato su una barella.
Non hanno perso un’udienza e non potevano certo mancare alla lettura della sentenza che, seppure niente e nulla potrà mai ripagare il dolore di una morte, li premia.
Un verdetto pesantissimo quello della Corte d’Assise di Torino, che accoglie in pieno (e anche oltre) tutte le richieste dell’accusa.
Harald Espenhahan, amministratore delegato della Thyssen Krupp Italia, è stato condannato a sedici anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale.
È la prima volta che un Tribunale riconosce un reato così grave per “incidente” sul lavoro.
Tredici anni e sei mesi ai dirigenti Gerald Priegnitz e Marco Pucci, al direttore dello stabilimento torinese Raffaele Salerno e al responsabile sicurezza Cosimo Cafueri, imputati di omicidio colposo con colpa cosciente; 10 anni e dieci mesi (l’unica pena superiore alle richieste della pubblica accusa) al dirigente Daniele Moroni.
E’ da poco passata l’una del 6 dicembre 2007, quando, sulla linea 5 dell’acciaieria di corso Regina Margherita, si sviluppa un principio d’incendio. Antonio Schiavone, 36 anni e tre figli, si china per tentare di spegnerlo; improvvisamente cede un tubo, fuoriesce una gran quantità d’olio che provoca un’esplosione.
Schiavone muore sul colpo.
Dietro di lui sei compagni di lavoro vengono travolti dalle fiamme.
L’ottavo componente della squadra, Antonio Boccuzzi, oggi parlamentare del Pd, riesce miracolosamente a scampare.
Sei ore dopo l’esplosione muore Roberto Scola, 32 anni e due figli, giunto al reparto grandi ustionati del Cto di Torino pienamente cosciente.
Il cuore di Angelo Laurino, 43 anni e due figli, si ferma all’Ospedale San Giovanni Bosco il pomeriggio del 6 dicembre. Bruno Santino muore di sera; aveva 26 anni e della fabbrica non ne poteva più e di lì a poco si sarebbe licenziato per aprire un bar con la fidanzata ventunenne.
La Torino post olimpica, d’un tratto, scopre che gli operai esistono ancora. E che muoiono sul lavoro.
Il 16 dicembre 2007 la città accompagna in duomo i funerali delle prime quattro vittime, poche ore prima che, in una stanza delle Mollinette, finisca la lotta di Rocco Marzo, 54 anni e due figli, il più anziano (sarebbe andato in pensione dopo poche settimane) del gruppo.
Tre giorni dopo, il 19 dicembre, muore anche Rosario Rodinò, 26 anni, stessa età di Giuseppe Demasi, che resiste fino al 30 dicembre.
Sette morti, una strage mai vista.
Il verdetto della Corte d’Assise di Torino arriva dopo un processo celebrato a tempo di record, tre anni e cinque mesi dopo quella notte maledetta.
Indagini chiuse il 23 febbraio 2008, un primo risarcimento record di 12 milioni e 970 mila euro da parte della Thyssen-Krupp alle famiglie delle vittime (giugno) poi l’udienza preliminare e il rinvio a giudizio (novembre), quindi il dibattimento iniziato a gennaio 2009 e conclusosi ieri.
Ottanta udienze spesso concitate in cui non sono mancati colpi di scena, su tutti l’indagine parallela a carico di una decina di persone che, “avvicinate” dall’azienda, avrebbero dichiarato il falso in dibattimento.
Secondo l’accusa il rogo della Thyssen Krupp fu una “tragedia annunciata”, causata dalla colpevole omissione di adeguate misure di sicurezza all’interno di uno stabilimento in via di dismissione: sistemi di rilevazione incendi assenti, estintori vuoti o malfunzionanti, carenza di manutenzione, sporcizia e, soprattutto, quell’email firmata Harald Espenhahan in cui l’amministratore delegato dichiarava il dirottamento di un investimento di 800 mila euro (sollecitato dalle assicurazioni nel 2006 dopo un analogo incendio nello stabilimento tedesco di Krefeld) “from Turin”, cioè non a Torino, ma a Terni, dove la linea 5 avrebbe dovuto essere smontata e trasferita (nonostante il picco di produzione raggiunto appena due mesi prima della strage).
Per i pubblici ministeri Guariniello, Longo e Traverso “from Turin” era la pistola fumante, motivo dell’imputazione di omicidio volontario con dolo eventuale a carico di Espenhahan, che avrebbe coscientemente risparmiato sulla sicurezza accettando il rischio di incidenti anche gravi.
Secondo i difensori — tra cui spiccava l’avvocato Franco Coppi, già legale di Giulio Andreotti — l’imputazione di omicidio volontario era “obbrobriosa”, formulata dalla Procura “in modo frettoloso sull’onda dell’emozione”, addirittura un “processo politico” contro “la fabbrica dei tedeschi” (dal titolo del documentario di Mimmo Calopresti).
Secondo la difesa l’azienda non trascurò la sicurezza degli operai, cercando in qualche modo — pur dichiarando di volerlo evitare a tutti i costi — di addossare ai lavoratori la responsabilità di quanto accaduto.
La Corte d’Assise di Torino non ci ha creduto.
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Febbraio 4th, 2008 Riccardo Fucile
LA COLLETTA IN PARLAMENTO PER LE FAMIGLIE DEI SETTE OPERAI DELLA THYSSEN SI CONCLUDE CON UN OBOLO DI 45 EURO A TESTA DI MEDIA …SOLO 46 SU 630 HANNO CONTRIBUITO.
All’alba del 6 dicembre scorso, nell’acciaieria torinese della ThyssenKrupp si sviluppa un incendio che investe un gruppo di operai, sette dei quali perderanno la vita. Cinque anni prima in quella che era stata definita la “fabbrica dei ragazzi”, perchè il 95% dei180 dipendenti aveva meno di 30 anni, si era sviluppato un incendio che era stato domato solo dopo tre giorni. Nonostante questo precedente, che avrebbe dovuto costituire un grave campanello di allarme, nessun controllo ha evitato che si verificasse, a breve distanza, una tragedia che ha colpito sette famiglie operaie del torinese. Tante autorità ai funerali, tanta sofferenza sui volti dei politici, tante responsabilità che si verranno ad accertare, tante promesse…
Nei giorni successivi due deputati bipartisan ( Roberto Poletti dei Verdi e Maurizio Bernardo di Forza Italia) lanciano una sottoscrizione tra i 630 colleghi parlamentari per un aiuto concreto alle famiglie delle vittime, scrivono a tutti e confidano, entro Natale, di poter consegnare una cifra congrua come segnale di “sensibilità ” dei politici verso i cittadini colpiti dalla tragedia. Raccolgono inizialmente la somma di 1.300 euro, levitata in seguito a critiche feroci, a 6.000 euro, pari a 9 euro a testa. Intervengono i gruppi parlamentari e integrano la colletta arrivando a 12.500 euro totali. Continua »
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