Agosto 30th, 2015 Riccardo Fucile
“SMARRITA LA ROTTA”: IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PRONTO AD APPOGGIARE RENZI
«Profondo disagio di stare con Sel se si smarrisce la rotta del centrosinistra». Dario Stefano, il presidente della giunta delle autorizzazioni, è al passo d’addio
Stefà no, sta per uscire da Sel?
«La mia casa è il centrosinistra ma ho timore che il partito non creda più nel progetto di coalizione, se pensa ad esempio di andare da sola un po’ ovunque alle amministrative prossime e di guardare, sempre per stare ad un esempio, a De Magistris come frontiera su cui misurare l’alternativa. Sono a disagio».
Non seguirà il partito di Vendola?
«La discussione non è chiusa, ma dal partito che mi ha candidato, a cui sono legato soprattutto per la esperienza di governo vissuta con Vendola, non sento la voglia di puntare a far rivivere la coalizione di centrosinistra. Renzi sta diventando un alibi per uno schema in cui la sinistra va per conto suo a prescindere, finendo col non essere una alternativa nemmeno alla destra populista e xenofoba che è il vero pericolo attuale in Europa».
Anche altri senatori vendoliani sono così a disagio?
«Diversi colleghi condividono la mia posizione, molti militanti mi chiedono “dove andiamo?”, e penso che anche i sindaci di Cagliari e Genova, potrebbero condividere questa mia politica”
Non crede nella scommessa della nuova sinistra con Fassina, Civati, magari Landini?
«Credo che per noi sia un errore chiudere con la pagina del centrosinistra, che ha rappresentato una indiscutibile pagina di cambiamento in Puglia come a Milano o Cagliari. Non voglio rinunciare all’idea che un centrosinistra doc possa tornare a governare il paese. Perchè diversamente disperdiamo una capacità di prospettiva. Una sinistra con Fassina, Civati, detta così, è un’operazione di ceto politico, non certo un progetto di popolo».
Però dà l’addio?
«Non esemplifichiamo troppo un punto che è tutto politico. Trovo comunque un errore quello di Vendola di assumere una posizione un po’ defilata. Tra tutti gli aspiranti leader del nuovo progetto di sinistra, Fassina, Civati o Landini, l’unico leader riconosciuto resta sempre Vendola».
Lei la riforma del Senato la voterà alla fine?
«Sulla riforma del Senato si parla ormai più per sostenere, a prescindere, le proprie tesi che nel merito delle cose. Quando gli stessi funzionari di Palazzo Madama definiscono il ddl Boschi una sorta di matassa informe, allora bisogna essere allarmati. È frustrante che la madre di tutte le riforme, quella costituzionale, non venga discussa in Parlamento ma altrove. Credo che il bicameralismo vada superato, ma senza storture istituzionali».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Luglio 12th, 2015 Riccardo Fucile
IL TENTATIVO DI DARE VITA A UN NUOVO SOGGETTO POLITICO, UNA “SINISTRA MODERNA”
Potrebbe anche chiamarsi Pds, Partito della Sinistra. O, più semplicemente, la Sinistra.
Diversi sono i nomi allo studio. Si vedrà .
Intanto c’è la conferma: a ottobre nascerà il tanto atteso nuovo soggetto che finora siamo stati costretti a definire, un po’ Nanni Moretti un po’ John Carpenter, la «cosa rossa», l’arcipelago delle varie sinistre, ex Pd, ex grilline, ex comuniste, ambientaliste, sindacaliste che cercano una casa comune.
Sel diventerà altro. Nichi Vendola ha indicato la rotta ieri, proponendosi come federatore di un nuovo partito, che verrà battezzato, con tanto di nuovo simbolo, in una grande convention d’autunno, nella speranza di mettere insieme Pippo Civati e il suo movimento «Possibile» e la coalizione sociale di Maurizio Landini.
In platea, durante l’assemblea nazionale di Sel che ha ratificato la decisione, si intravede anche il vecchio avversario di Rifondazione, Paolo Ferrero: «Bersani ci ha diviso, Renzi ci ha riunito» dice.
Ci sono anche due ex 5 Stelle e a nome dei fuoriusciti Pd c’è Stefano Fassina.
Vendola si tiene ancora prudente sullo scioglimento di Sel. Parla di «investimento» e assicura che si eviteranno le esperienze fallimentari del passato.
A solo sentirla nominare, la Sinistra Arcobaleno, il flop del 2008, si infervora: «Non faremo più cartelli elettorali improvvisati che siano un semplice accrocchio di ceti politici».
Sul vento nuovo di Syriza e Podemos, l’obiettivo è «una sinistra moderna» capace di tentare i delusi del Pd, lontana «dalla sinistra del rancore, dei custodi delle tombe».
Ma diversa anche dal partito della Nazione di Matto Renzi che ha segnato il de profundis per il centrosinistra.
Il primo banco di prova saranno le amministrative del 2016, dove l’alleanza con il Pd «non sarà più la regola, ma l’eccezione».
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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Gennaio 25th, 2015 Riccardo Fucile
VENDOLA LANCIA LA DOPPIA MILITANZA, MA GLI OSPITI DEM FRENANO
La “sala parto” di Milano non ha funzionato.
Complice anche la vigilia delle elezioni per il Quirinale, la tre giorni “Human Factor” di Sel non ha partorito il nuovo partito di sinistra da schierare contro Renzi nel nome di Tsipras.
Ma, tanto per restare in ambito ginecologico, è difficile persino scorgere l’embrione della nuova sinistra, fortemente voluta da Vendola, uno dei potenziali genitori.
Mentre l’altro, la minoranza dem, ancora non se la sente. Troppo forte il cordone ombelicale con la vecchia Ditta Pd, anche se ha cambiato padrone e ragione sociale.
E così, i quattro moschettieri dem che arrivano sul palco della Permanente di Milano, Civati, Cuperlo, Fassina e Pollastrini, gelano subito le aspettative della folta platea (migliaia di presenze nel weekend), chiarendo che sì, il dialogo con Sel va ricostruito, Renzi non ne azzecca una, ma “calmi, io non lascio il Pd”, come afferma Civati, dopo aver illuso i compagni affermando che “io qui mi sento a casa”.
Il deputato di Monza spera di poter recuperare terreno dentro il Pd, e così “ricostruire il centrosinistra con Sel, che si è rotto quando non si è votato Prodi al Quirinale nel 2013”.
“Io non sono minoranza, facciamole le primarie tra la nostra gente per sapere cosa ne pensa del patto con Berlusconi, voglio vedere come vanno a finire…”, insiste Civati, che accoglie la critica di Rodotà alla somma di frammenti di partito e spiega: “Dobbiamo partire da un progetto di governo, cosa farebbe la nuova sinistra sui temi più rilevanti dell’agenda?”.
Anche Fassina e Cuperlo, pur attaccando Renzi a più riprese, escludono rotture del Pd, e si limitano ad auspicare una collaborazione con Sel “che ci porti a una piattaforma comune pur restando ognuno nel proprio partito”, dice l’ex viceministro.
Vendola, nel suo lunghissimo intervento conclusivo, lancia l’idea di un “coordinamento” tra i vari soggetti riuniti a Milano, una “doppia militanza” che parta da iniziative comuni “sui temi dei diritti”.
“Non sarà un rassemblement di come eravamo o la somma algebrica delle sinistre del passato”.
A febbraio, secondo il governatore pugliese, i militanti delle varie forze dovrebbero lavorare insieme nei circoli e sui territori, per poi arrivare a un nuovo appuntamento comune “a primavera“.
“Dobbiamo realizzare un rimescolamento dei popoli, spartire insieme il pane della buona politica”, propone il leader di Sel.
Ma Fassina e Civati nicchiano. “Lo vedo più come un discorso di ricerca e di analisi comune, anche con iniziative e campagne insieme”, dice il primo.
E Civati ricorda come, nei fatti, la collaborazione tra Sel e minoranza Pd sia già in atto, “anche in Parlamento”.
“La doppia militanza facciamola in modo intelligente, condividendo battaglie comuni, come abbiamo già fatto a dicembre con i 10 punti per un nuovo centrosinistra, firmati anche da Sel”, spiega Civati ad Huffpost.
“Dobbiamo stare leggeri, concentrati sui contenuti, evitiamo di eccedere con la burocrazia e i coordinamenti”.
“Good luck e camminiamo insieme”, chiude Cuperlo. “dentro il Pd c’è una comunità che intende battersi a viso aperto e che è capace di innovazione profonda”.
Sono quei circoli e quegli iscritti di cui parla anche Fassina. E che vengono citati da Giuliano Pisapia.
Il sindaco di Milano spinge Sel a mescolarsi con il popolo delle feste dell’Unità “che non ama le larghe intese e vuole allearsi con noi. Io credo che questa sia la vera maggioranza del Pd”.
E lancia alcune stoccate al suo partito: “L’Italia non è la Grecia, lì c’è stato un lavoro di anni e anni, qui veniamo dai fallimenti della Lista Arcobaleno, di Ingroia, e anche la lista Tsipras non è andata oltre il quorum”.
Di qui la frustata di Pisapia, l’invito all’autocritica: “Bisogna avere l’obiettivo di vincere e governare, non di superare il 4%, dobbiamo essere più innovativi”.
C’è anche una stoccata al leader, l’invito alla “rotazione degli incarichi” e a “cambiare cavallo”.
Più incoraggianti Landini e Cofferati, che mandano due messaggi.
“Continueremo a camminare insieme”, scrive il leader Fiom. “Un’altra storia è vicina”, dice l’ex leader Cgil uscito dai democratici pochi giorni fa.
A Vendola tocca la chiusura, durissima con Renzi, “giovane leader del populismo conservatore”, che “rispetto al Parlamento si comporta ancor peggio di Berlusconi”. “Non sciolgo Sel, ma ai miei dico che dobbiamo fare molti passi avanti”, sono le parole finali, per dire che “questi tre giorni non sono stati un episodio, ci rivedremo presto, non è stato il ballare di una sola giornata”.
Per ora è difficile pensare a un doppio tesseramento di massa. Più facile immaginare una cooperarazione rafforzata in Parlamento tra Sel e minoranza dem, dalle riforme ai dossier economici.
Ma il voto sul Quirinale può rompere tutti gli schemi, frenare o anche accelerare il nuovo processo a sinistra. In queste ore, alla vigilia dell’incontro di Renzi con i gruppi parlamentari (previsto per lunedì mattina), la minoranza dem punta le sue fiches su un accordo dentro il Pd per il Colle.
E per questo in parte schiva l’abbraccio di Nichi e compagni. “Voglio archiviare il passato e cercare una convergenza”, dice Fassina a margine dell’evento di Sel.
Solo due giorni fa aveva definito Renzi il capo dei 101. Il 29 gennaio si vota per il dopo Napolitano, non è il momento per strategie di lungo periodo.
(da “Hufffingtonpost”)
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Gennaio 25th, 2015 Riccardo Fucile
“NON SI RICOSTRUISCE GUARDANDO A LORO”
Mentre gli occhi sono puntati sul voto in Grecia, sulla tre giorni vendoliana a Milano e sulla “brigata Kalimera” ad Atene, il dibattito a sinistra in Italia ha anche altri protagonisti. Di peso, anche se ora in sordina
La testa pensante è Stefano Rodotà ma accanto a lui ci sono nomi del calibro di Maurizio Landini, Gino Strada, don Luigi Ciotti.
Mentre i “kalimeriani”, vendoliani, rifondazionisti, “tsiprasiani” più o meno doc, sperano di importare in Italia il soffio di Tsipras e mentre oggi a Human Factor Nichi Vendola, Pippo Civati, Paolo Ferrero, Stefano Fassina spiegheranno la loro idea di sinistra, quegli altri studiano altre strade. Senza strappi o scontri.
Senza divergenze sul ruolo catalizzatore che potrebbe avere la vittoria di Syriza. Ma con altre priorità .
Nichi Vendola, oggi, assicurerà che non ci sarà nessuna “ora X”.
Ma l’ora X è nelle cose e la decisione di Sergio Cofferati di abbandonare il Pd ha accelerato l’attesa e il vorticoso rito delle riunioni.
Tutti in cerca di un possibile rimescolamento dei gruppi dirigenti che si conoscono da decenni. Sotto traccia, però, la discussione è più complicata.
Il perchè lo spiega una intervista a Stefano Rodotà , già parte della “sinistra indipendente” quando c’era il Pci, candidatura illustre, per quanto snobbata, alla presidenza della Repubblica, che su Micromega espone una idea molto diversa dell’ipotesi assemblativa presentata finora.
“La sinistra italiana ha alle spalle due fallimenti” risponde Rodotà : “La lista Arcobaleno e Rivoluzione Civile di Ingroia. Due esperienze inopportune nate per mettere insieme i cespugli esistenti ed offrire una scialuppa a frammenti e a gruppi perdenti della sinistra”.
Qui il giudizio è spietato: “Chi pensa di ricostruire un soggetto di sinistra o socialmente insediato guardando a Sel, Rifondazione, Alba e minoranza Pd sbaglia. Lo dico senza iattanza, ma hanno perduto una capacità interpretativa e rappresentativa della società . Nulla di nuovo può nascere portandosi dietro queste zavorre”.
Giudizi così sferzanti spiegano, forse, perchè Rodotà non sia presente alla kermesse milanese.
“Rifondazione è un residuo di una storia – continua l’ex candidato al Quirinale – Sel ha avuto mille vicissitudini, la Lista Tsipras mi pare si sia dilaniata subito dopo il voto alle Europee. Ripeto: cercare di creare una nuova soggettività assemblando quel che c’è nel mondo propriamente politico secondo me è una via perdente”.
Rodotà non rinuncia ad avanzare proposte: “Bisogna partire da quel che definisco “coalizione sociale”.
Mettere insieme le forze maggiormente vivaci ed attive: Fiom, Libera, Emergency – che ha creato ambulatori dal basso – movimenti per i beni comuni, reti civiche e associazionismo diffuso. Da qui, per ridisegnare il nodo della rappresentanza”.
La linea del professore ha un retroterra teorico nel suo ultimo libro, Solidarietà , il cui titolo è già un programma.
Ma si nutre anche dei rapporti con i soggetti indicati anch’essi assenti dalla tre giorni vendoliana.
La Fiom ha inviato alcuni suoi rappresentanti ma non Maurizio Landini che non vuole più vedere associato il suo nome, e quello del suo sindacato, alla ricostruzione della sinistra politica.
Ma anche Libera di don Ciotti non è presente e così anche molti dei costituzionalisti che avevano lanciato la manifestazione “La via maestra”.
La Fiom, ad esempio, sta riflettendo seriamente sulla tematica del mutuo soccorso quella che ha portato Syriza a realizzare mense autogestite o ambulatori popolari .
Ci sono già collaborazioni avviate in questo senso tra Libera ed Emergency e la stessa Fiom potrebbe realizzare qualcosa di simile.
Da segnalare, poi, il canale diretto aperto da don Ciotti con Beppe Grillo, incontrato due giorni fa e con il quale l’associazione che si batte contro le mafie, ma anche contro la miseria, sta pensando di predisporre una proposta parlamentare sul reddito di cittadinanza.
C’è quindi un altro racconto a sinistra. Parla più il linguaggio del “sociale” e non si appassiona molto alle riunificazioni di altri tempi.
Anche questa è una novità .
Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
STATI GENERALI DELLA SINISTRA CONVOCATA DA VENDOLA A GENNAIO
«Altro che andare a vivere all’estero come dissero che avrei fatto dopo la scissione di Sel…». Nichi Vendola lancia la riscossa della sinistra con lo slogan “Battiamo Renzi” e chiama un pezzo di Pd, i sindacati Cgil e Fiom, i movimenti.
In tutto sono 450 gli inviti per “Human factor” dal 23 al 25 gennaio a Milano.
Una anti Leopolda o una Leopolda rossa — spiega — «per fare politica e cultura, abbassare il rumore e accendere il pensiero, federare le esperienze alternative a Matteo Renzi e batterlo».
Tutto online, interattivo, con un grande sforzo organizzativo e la possibilità per chi vorrà di proporre le ricette per la nuova sinistra.
I nomi che il leader rosso vuole coinvolgere sono tanti, ma due sopra tutti: Maurizio Landini, il segretario della Fiom e Romano Prodi, il padre dell’Ulivo.
Speranze un po’ velleitarie? Intanto Vendola mira a rappresentare tutto quel mondo di lavoratori e di disagio sociale che ritiene quella renziana una «svolta a destra».
«La sinistra si è addormentata socialdemocratica e si è svegliata alfaniana o sacconiana », attacca.
Il gioco del “chi ci sarà e chi non ci sarà ” è ancora incerto.
Stefano Fassina, l’ex vice ministro dell’Economia del governo Letta, oggi uno dei dissidenti dem, ci sarà .
«Andrò con interesse, perchè dobbiamo condividere l’analisi e proporre un progetto che poi parli a tutta la sinistra e il centrosinistra. Però noi siamo e rimaniamo nel Pd. Discuteremo di temi importanti e non di contenitori».
Quella parte di sinistra del Pd che fa capo a Cuperlo e a Fassina non prevede di abbandonare la “ditta”.
Diversa è la posizione di Pippo Civati e della sua corrente.
Civati sarà a “Human”, ma batte a sua volta un colpo. Il 13 dicembre ha organizzato una convention a Bologna. Titolo: «La sinistra? Possibile».
Anche qui tanti inviti, soprattutto a pezzi di sindacato, a Sel, ai Verdi che stanno riunificandosi, anche alle “partite Iva”.
Civati dice di puntare a un contro-Patto del Nazareno. L’accordo tra Renzi e Berlusconi sulle riforme va smantellato e sostituito con una sorta di «Carta» di programma di sinistra.
Da proporre per primo allo stesso Pd di Renzi. «per vedere cosa risponde — osserva il dissidente dem più ostile al renzismo — Non credo che allo stesso Renzi può fare piacere avere una forza del 10% alla sua sinistra».
Civati non trae ancora le conseguenze, ma da settimane lascia intendere che potrebbe anche andare via: «Non è possibile che qualsiasi raggruppamento non renziano sia subito bollato come residuale, allora è un po’ difficile restare».
Sembra esserci un’accelerazione a sinistra. La piazza dei lavoratori, gli scioperi sociali stanno evidentemente facendo da detonatori.
Tutto da vedere poi, se il movimento avrà respiro o resterà una ridotta minoritaria. Vendola è combattivo e convinto di non rischiare «una ridotta di duri e puri, che contesti Renzi standosene all’opposizione», bensì di avere avviato un’operazione politica ricca di futuro.
«Contro la cortigianeria e il conformismo», rivendica il leader di Sel. Utilizzando il social network Medium dedicato alla condivisione di documenti, come sperimentò Obama in America. Il riferimento a Prodi è sibillino.
Se Blair è considerato da Palazzo Chigi un profeta del futuro, mentre non c’è nulla di «più archiviabile come modernariato politico», non si vede perchè — ribadisce Vendola — Prodi debba essere trattato «come protagonista della preistoria».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Agosto 3rd, 2014 Riccardo Fucile
DOPO L’OSTRUZIONISMO IL PARTITO DI VENDOLA SI APPRESTA A DIALOGARE CON RENZI… NESSUNA ROTTURA TOTALE CON IL PD
La festa di Sinistra Ecologia e Libertà , a piazza San Giovanni in Roma, si trascina stancamente. Chi sta dietro lo stand, dopo la fatica di giorni e sere in cui, a volte, non si è vista anima viva, ammette sconsolato: “Prego Dio, e anche la Madonna, che finisca presto”.
Stasera sarà accontentato, la festa di chiusura permetterà ai militanti di andare in vacanza.
Ma l’attenzione alle mosse future di Sel resterà alta.
Il partito di Vendola, infatti, dopo una prima fase di forte opposizione alla riforma di Renzi, ha tirato giù le vele dell’ostruzionismo e sembra tornare a una più normale dialettica parlamentare. Frutto delle offerte in materia di legge elettorale, si dice, o paura di essere risucchiati in una spirale grillina.
“La nostra non è una trattativa che può far cambiare orientamento a Sel sul voto finale che daremo sul provvedimento” assicura il senatore Peppe De Cristofaro.
“Voteremo contro la riforma costituzionale voluta dal governo Renzi. Continueremo la nostra battaglia alla Camera e poi di nuovo al Senato nella terza lettura”.
Battaglia di lungo periodo che sfocerà nei “comitati per il No” quando si terrà il referendum confermativo.
Resta però il sapore di un rientro dopo i giorni più duri di una rottura annunciata.
Le offerte di Renzi sulla legge elettorale sono state decisive.
Sel aveva già ricevuto garanzie dal Capo dello Stato che si era adoperato per una revisione dell’impianto dell’Italicum in direzione di un abbassamento delle soglie per accedere al Parlamento.
Sel punta al 4% ma anche un 5, dicono nel partito, “per noi è potabile”.
C’è poi la partita delle elezioni regionali che ha visto anche settori del Pd preoccuparsi di una rottura che, in regioni come la Calabria o la Puglia, significherebbe la sconfitta per il centrosinistra.
A pesare di più, però, è la strategia di Sel.
Fin dalla rottura con Rifondazione comunista, il partito di Vendola ha fatto della prospettiva di governo un obiettivo fondante.
Dismettere questo orientamento significherebbe vanificare anni di lavoro politico. “Diciamo che siamo in una guerra di lungo periodo”, spiega il responsabile organizzativo Massimiliano Smeriglio: “Il nemico è una delle tante varianti del neoliberismo e noi siamo impegnati in piccole sortite di guerriglia”.
Ecco, oltre la guerriglia, Sel non può andare.
Sal. Can.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 28th, 2014 Riccardo Fucile
LA CONTINUA VERIFICA DEL NUMERO LEGALE E IL VOTO SEGRETO ALLARMANO IL GOVERNO
In realtà , al termine di una riunione di deputati e senatori, Sinistra e libertà la sua l’ha detta: con Matteo Renzi “non c’è nessuna trattativa in corso, i nostri emendamenti restano”.
Ma nella cerchia del premier non la considerano una chiusura finale e totale sul tema delle riforme, che restano ancora al palo in Senato.
Perchè, dicono dal gruppo Pd a Palazzo Madama, “da Sel arrivano segnali ambigui, tanto che ci chiediamo a chi rispondano i senatori di Vendola…”.
Una lettura che invece da Sel smentiscono seccamente: “Loro giocano a dividerci, ma non è vero…”.
E i vendoliani non gradiscono affatto la lettera spedita oggi da Renzi ai senatori di maggioranza. “Continua a parlare solo alla maggioranza”, è l’accusa.
Il succo è che ancora nulla si muove sulla strada delle riforme: il macigno di migliaia di emendamenti è ancora lì a rendere incerta la marcia verso la scadenza fissata per l’8 agosto.
E c’è un’altra nuvola in arrivo, sempre più pesante man mano che ci si avvicina alla pausa di agosto: il numero legale.
Già stamattina alla discussione sul decreto cultura al Senato l’aula si è presentata abbastanza vuota.
Normale, si dirà , come ad ogni discussione generale prima del voto.
Ma tanto basta per seminare un po’ di ansia nel gruppo del Pd, in vista della maratona sulle riforme.
L’inizio era previsto in serata ma è slittato a domani, con il Pd d’accordo sul rinvio.
I Dem si aspettano richieste di verifica del numero legale a raffica da parte del M5s, richieste sempre più pericolose man mano che ci si avvicina alle ferie di agosto.
Senza considerare che verificare ogni volta il numero legale ruba tempo alla discussione: così facendo, la celerità non è garantita nemmeno dalla decisione presa dalla conferenza dei capigruppo di contingentare i tempi del dibattito.
Tra l’altro, la stessa maratona dalle 9 alle 24, tutti i giorni compresi i weekend, obbliga a un ritmo di lavoro forsennato e a Palazzo Madama ci si interroga seriamente sulla capacità dei senatori di resistere.
Tanto che circola una battuta: “La maratona sarà una sorta di selezione naturale tra i senatori…”.
Darwin a parte, dal Pd si dicono comunque certi che la maggioranza non farà mancare il numero legale, ma certo i margini sono risicati se parte dell’opposizione decide di stare in piazza a spiegare la riforma invece che in aula, come hanno annunciato i grillini.
Quanto alla maggioranza però, dicono dal Pd che la lettera inviata oggi da Renzi dovrebbe essere servita a serrare i ranghi.
Allo stesso tempo, la stessa lettera non è piaciuta a Sel.
Dove l’hanno commentata con stizza. Della serie: Renzi continua a parlare solo alla maggioranza. Un motivo in più per non retrocedere sulla scelta di non ritirare gli emendamenti. Eppure Renzi e i suoi non considerano chiusa la partita con Sel, artefice di 6mila emendamenti, quasi tutti ammissibili. Certo, c’è il problema che molte di queste proposte di modifica sono state firmate anche dal M5s e dunque i vendoliani non possono più decidere da soli sull’eventuale ritiro.
Si vedrà in aula. A questo punto, non è escluso che uno sblocco intervenga all’ultimo momento.
Tanto che il governo sta mettendo in conto di approvare il grosso della riforma entro l’8 agosto, rimandando il resto — magari solo la discussione e il voto finali — alla riapertura di Palazzo Madama, vale a dire l’ultima settimana di agosto.
In questo modo, il Senato avrebbe chiuso solo per due settimane: dal 9 al 24 agosto, un inedito nella storia del Palazzo.
C’è da dire che a Palazzo Chigi non dispiacerebbe una riapertura dei lavori già il 18 agosto, da qui il dictat del ministro Maria Elena Boschi: “Si vota l’8 o niente ferie”. Ma l’ipotesi più probabile è che si ricominci il 25.
E se il numero legale è un’incognita, lo è anche il voto segreto, possibile su alcuni emendamenti, come ha stabilito il presidente del Senato Pietro Grasso la settimana scorsa.
Nel Pd considerano a rischio l’emendamento che oltre al numero dei senatori riduce anche quello dei deputati.
Se passasse, il governo dovrebbe recuperare alla Camera. “Ci faranno gli scherzetti col voto segreto, ma in questo caso riaggiusteremo alla Camera”, ha detto Renzi giorni fa.
In realtà , il renziano Matteo Richetti ha detto che “una riduzione del numero dei deputati è possibile”.
Ma questa, dicono i renziani del Pd, è una sua posizione personale.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 14th, 2014 Riccardo Fucile
ASSOCIAZIONE “PER BATTAGLIE COMUNI” E UNA “SINISTRA RINNOVATA”
«Non ho fatto tutta questa strada per diventare un piccolo Fioroni» afferma dal palco Pippo Civati.
Come dire, che l’associazione “Possibile” lanciata ieri a Livorno dal parlamentare democratico non ha nessuna intenzione di diventare una corrente del Pd. L’aspirazione è molto più grande e mira ad unire tutto quel mondo della sinistra per tornare a parlare di lavoro, diritti civili, economia e riforme costituzionali.
Tornare a farsi sentire è, appunto, possibile.
Se ne discute con il pensiero su quanto sta succedendo a Gaza. E che ci sia bisogno di spingere di più sull’acceleratore ne sono convinti lo stesso Pippo Civati, Nichi Vendola e Gianni Cuperlo.
“Possibile” è stato il filo conduttore del Politicamp di Villa Corridi. «Questa associazione non è una corrente del Pd per avere assessorati, ma è nata per fare battaglia politica » spiega Civati, che pensa ad un grande contenitore di «battaglie politiche comuni ».
Nessuna fuoriuscita dal Pd, nessuna fuga dentro Sel, ma solo la voglia di pungolare e condizionare le scelte della maggioranza del Pd e del governo Renzi sui temi più caldi.
Si partirà a settembre con le prime proposte di legge di iniziativa popolare sulla legalizzazione delle droghe leggere, le unioni civili e il reddito minimo garantito.
Fuori e dentro il teatro The Cage, nello spazio all’aperto davanti al palco degli interventi, ieri erano in quasi duemila le persone giunte a Livorno da tutta Italia per seguire la giornata conclusiva della tre giorni civatiana.
Di un’ ipotetica linea di collegamento fra Vendola e la sinistra del Pd ha parlato il leader di Sel annunciando una «possibile nascita di esperienze comuni a sinistra partendo dal semestre europeo, qui ci sono tanti insoddisfatti per l’andamento delle cose e per la leva del renzismo».
Tracciato l’asse, Vendola, ipotizza una sorta di Leopolda rossa con l’anima della sinistra del Pd.
«La sfida è non chiudersi in un unico orto» dice Gianni Cuperlo, promotore di Sinistradem, sottolineando la necessità di superare una volta per sempre la logica della contrapposizione interna al Pd.
«Renzi oggi è pienamente legittimato, qui non si tratta di cercare rivincite madi consolidare quel 40%. Le anime della sinistra sono da sempre bravissime a dividersi, la sfida oggi è provare a unirle» spiega Cuperlo.
Quindi «non è in agenda nessuna fuoriuscita dal Pd: semmai c’è da cercare di dare al Pd un ancoraggio a sinistra » ribadisce l’esponente di punta della minoranza democratica.
Lo sfidante di Renzi alle primarie per la segreteria del Pd riafferma «sarebbe sbagliato andarcene ». Anzi.
«Dobbiamo sentirci parte dell’equipaggio in nome della voglia di cercare l’unità per una sinistra rinnovata» precisa Cuperlo. Con un’idea chiara: «-alziamo lo sguardo, il tempo della divisioni è alle spalle, lavoriamo per l’unità » dice lanciando la proposta di un evento in autunno «partendo da obiettivi comuni».
Seduto sul palco c’è Vendola che lo ascolta, subito dopo tocca a lui parlare e la prima cosa che fa è raccogliere l’assist di Cuperlo.
«Non vi dico: rompete o uscite. Non faccio shopping» precisa il leader di Sel, «dico che c’è una sinistra che non fa battere il cuore perchè non offre speranza. Quella speranza che viene offerta a buon mercato da Renzi, che ha due ingredienti: Renzi non è stato associato all’austerity; si è costruita l’idea che l’aggressione grillina potesse conquistare il primato nel Paese».
Apre a «Pippo e Gianni», dice di voler fare «cose insieme a voi» e che servono «reti di sinistra».
Per Vendola «c’è uno spazio per fare cose insieme partendo da un’agenda di lotte. Con il diritto di disturbare il manovratore italiano e anche europeo in questo semestre di presidenza italiana». Insomma il dado è tratto.
E tutto potrebbe diventare più facile se, come consiglia Civati a Renzi, scorrendo la rubrica del cellulare «prima di Verdini c’è Vendola. Può parlare anche con lui, secondo me vengono fuori cose buone per il Paese».
Osvaldo Sabato
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Luglio 8th, 2014 Riccardo Fucile
IL LEADER DI SEL SMENTISCE LE INDISCREZIONI: “NON FACCIO LA VALIGIA”… MA LA SCISSIONE E’ UNA FERITA APERTA
Che fa? Se ne va davvero in Canada? I telefoni degli esponenti di Sel ieri sono stati roventi. Per tutta la giornata.
Telefonate di iscritti e militanti che chiedono ragguagli. Il quesito riguarda Nichi Vendola che, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe pronto ad emigrare in Canada nel 2015, alla fine del suo mandato alla guida della Puglia.
Che Vendola ami il Canada non è un mistero: lì è nato il suo compagno Ed e spesso la coppia ci passa le vacanze.
Ma da qui ad emigrare il passo è molto lungo. Anche perchè in politica 10 mesi sono lunghissimi, ed è questo il tempo che Vendola ha ancora davanti come governatore.
Lui smentisce, con una certa nettezza: «Ho letto un racconto a me sconosciuto sul mio stato d’animo, di un leader depresso pronto a partire. Non è così », spiega da Bari.
«Il vostro presidente di Regione non è depresso, non ha fatto la valigia e non vuole andare a vivere in un altro posto che non sia questo. E poi in Canada fa troppo freddo…».
In Transatlantico la truppa di Sel è un po’ smarrita.
Ma chi lo conosce bene assicura che «ogni tanto Nichi ha di questi pensieri, magari avrebbe pure voglia di staccare dalla politica e dedicarsi alla scrittura e agli studi. Ne parla spesso, poi non lo fa mai…».
Quale sarebbe la ragione? «Non intende lasciare alla deriva la barca di Sel. Prima deve condurla in un porto sicuro, poi si vedrà », spiega un deputato.
Certo, la ferita provocata dalla scissione di Gennaro Migliore non è ancora sanata.
Nè Sel ha ancora trovato un equilibrio tra chi spinge verso Tsipras e chi vuole restare comunque ancorato a una sinistra di governo: una faglia che, pur sottotraccia, vive anche nella truppa “depurata” dai 12 transfughi che sono andati via nelle ultime settimane.
Tra molti deputati rimasti, infatti, un eccesso connubio con i partner della lista Tsipras viene visto come fumo negli occhi.
Oggi il gruppo della Camera si riunirà per scegliere il nuovo capogruppo.
In pole position c’è Arturo Scotto, 36 anni, campano, eletto per la prima volta in Parlamento nel 2006 con i Ds e poi uscito con Mussi al congresso di Firenze nel 2007.
Lui è uno dei pontieri che nelle scorse settimane aveva lavorato per far rientrare lo strappo con Migliore e gli altri. Il 12 luglio poi c’è la riunione dell’assemblea nazionale di Sel, la prima dopo lo strappo.
E il 19 la riunione a Roma dei comitati della lista Tsipras. Appuntamenti molto delicati per Sel che ha in cantiere una conferenza programmatica per l’autunno in cui vorrebbe rilanciare il proprio profilo di opposizione al governo Renzi ma da una prospettiva di «sinistra di governo». «Vendola in Canada? Una bufala incredibile, non c’è nulla di vero, anzi sarà più protagonista di prima», assicura Nicola Fratoianni, il coordinatore di Sel.
Del resto, in questi giorni, per il governatore sono arrivate buone notizie dalla Corte dei Conti sul governo della Puglia.
I bilanci regionali sono stati valutati positivamente dai magistrati contabili: «Sono stati rispettati gli equilibri di bilancio, il patto di stabilità interno ed i limiti legali d’indebitamento ».
Voti buoni anche sulla spesa pubblica, la capacità di riscossione fiscale e sul delicato capitolo della Sanità , dove «sono stati conseguiti significativi miglioramenti delle performance dell’intero sistema… si è passati da una situazione di disavanzo di 332 milioni di euro ad un saldo attivo di 3,9 milioni. Una boccata d’ossigeno per il governatore.
E anche, dicono i suoi, «una certificazione delle sue capacità di governo».
A.C.
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