Luglio 7th, 2014 Riccardo Fucile “DA SEL TROPPE DELUSIONI”: IL LEADER AMAREGGIATO DALLA SCISSIONE
Lo sfogo – chè di sfogo si tratta – risalirebbe a qualche settimana fa, all’indomani delle Europee e delle polemiche laceranti dentro Sinistra ecologia e libertà .
Parole dette con il cuore pesante e gli occhi velati di tristezza per lo spettacolo di un partito che implode e vede lo sgocciolio all’esterno di uno, due, tre, quattro, dieci, dodici deputati.
Il capogruppo persino. E dunque ecco riaffacciarsi nel leader la tentazione dell’abbandono, la suggestione di una via di fuga da una politica che non riconosce più. «Mi viene da mollare tutto e andarmene in Canada quando avrò concluso il mio mandato da governatore»
I suoi collaboratori, l’onnipresente Paolo Fedeli, assicurano che si tratta di una bufala, magari di una voce messa in giro ad arte dagli avversari.
Eppure, mettendo l’orecchio a terra, nella prateria di Sel si sente alzarsi una domanda tra i dirigenti e militanti rimasti fedeli: «Ma Nichi che fa?».
A chi invece si chiedesse perchè mai il Canada, la risposta è presto detta.
Il compagno di vita di Vendola, Eddy Testa, è canadese. Ha studiato alla Concordia University di Montreal e alla Ottawa University.
Con il suo paese natale mantiene ovviamente rapporti, pur abitando insieme a Nichi a Terlizzi da una decina d’anni.
Vendola poi ama il Canada. Al Corriere canadese, cinque anni fa, confessò tutta la sua ammirazione: «Il Canada è una realtà che ha un mix straordinariamente avanzato di diritti sociali, individuali e umani. La destra canadese in Italia sarebbe considerata non dico di estrema sinistra, ma quasi».
Un Eldorado dunque, verso il quale Vendola già guardava con struggimento nella terribile estate del 2012, quando si scoprì indagato per abuso d’ufficio in merito alla nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari.
Il processo lo vide assolto con formula piena, ma «la botta » era stata forte.
E ancora adesso pesa su Vendola l’inchiesta che lo vede imputato di concussione aggravata nell’ambito dell’inchiesta sul disastro ambientale causato dall’Ilva.
Nichi vorrebbe essere giudicato subito, liberarsi da un fardello che ne appesantisce la leadership, ma non è tanto semplice.
I Riva infatti hanno chiesto lo spostamento del processo da Taranto e la Cassazione non si esprimerà prima di settembre-ottobre. Fino ad allora Vendola resterà sulla griglia
Intanto la crisi di Sel non ha ancora trovato un punto di arrivo.
Il capogruppo in sostituzione di Gennaro Migliore, che ha dato vita a Led, non è ancora stato trovato.
Si parla di Arturo Scotto, un pontiere tra vendoliani e dissidenti (almeno quelli rimasti).
Di questo e di come far uscire il partito dall’angolo si discuterà il 12 luglio nell’assemblea nazionale.
Sperando che quello sul Canada non sia altro che uno sfogo.
E finisca come quello di Veltroni sull’Africa.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Giugno 19th, 2014 Riccardo Fucile VENDOLA NON RIESCE A RICUCIRE: “PER ME ERA COME UN FIGLIO”… MIGLIORE: “ROTTO IL RAPPORTO DI FIDUCIA”
Manca solo l’ufficialità , ma la scissione di Sel, dopo le aspre polemiche di ieri, sembra ormai
inevitabile.
E comincia il fuggi-fuggi.
L’ex capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore, e Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, hanno comunicato oggi pomeriggio al presidente del partito, Nichi Vendola, le proprie irrevocabili dimissioni dal partito.
Migliore si dice su posizioni oramai “incompatibili con l’appartenenza” a Sel.
La lettera di Migliore.
“Si è interrotto”, scrive Migliore, “il reciproco rapporto di fiducia che è seguito alla discussione nel gruppo parlamentare sul decreto Irpef e al successivo voto parlamentare. Ieri però è stata messa in discussione, di fatto, non l’espressione di un punto di vista diverso, ma la deontologia di una posizione in seno a una comunità politica: sono stato accusato di “sequestro della linea” politica del partito, appunto. Di essere un sabotatore. Per me si è rotto ieri un vincolo di fiducia”.
Le motivazioni di Fava.
“Una scelta dolorosa e insieme inderogabile”, scrive invece Fava, “Inderogabile per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario. La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo. Abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario”.
Gli altri in fuga.
Ma non è finita qui. Perchè sarebbero una decina i parlamentari — tra i quali Ileana Piazzoni, Nazareno Pilozzi, Guido Quaranta, Alessandro Zan e Fabio Lavagno — che dovrebbero seguire Migliore e probabilmente la deputata Titti De Salvo.
Ancora da stabilire il loro approdo immediato. Potrebbe esserci un primo passaggio al gruppo misto, per poi avviare un percorso unitario verso il Pd.
L’appello di Vendola.
“C’è il pericolo che qualche esponente vada via, non che il partito si spacchi. Le scissioni parlamentari sono altra cosa e spero che Gennaro Migliore torni sui propri passi perchè gli voglio bene e l’ho considerato come un figlio”.
Lo aveva detto il presidente Sel, Nichi Vendola, prima dell’annuncio di Fava, arrivando nella sede del partito per partecipare alla segreteria che oggi valuterà il da farsi dopo le dimissioni del capogruppo alla Camera Migliore
Storia di una spaccatura.
Questo pomeriggio, infatti, va in scena l’ennesima resa dei conti interna a Sel, dopo la recente diaspora di parlamentari verso il Pd, l’assemblea di sabato scorso e le fibrillanti riunioni del gruppo di Montecitorio, che hanno determinato una spaccatura tra le due anime del partito, il voto favorevole al decreto Irpef, e le dimissioni del presidente dei deputati, Gennaro Migliore.
La segreteria del partito, dunque, dovrà anche bilanciare i rapporti di forza interni, tra quanti caldeggiano una collaborazione attiva col Pd di Renzi e quanti invece chiedono di restare chiaramente all’opposizione di questo governo.
Il nodo dl Irpef.
“E’ in corso una discussione che riguarda una parte dei parlamentari e non il corpo diffuso di Sinistra Ecologia e Libertà “, aveva detto Vendola prima della segreteria in maniera piuttosto ottimistica. “Credo che abbiamo avuto un chiarimento che possa mettere sul giusto sentiero il nostro partito. Era del tutto legittimo votare sì” al decreto Irpef, “partendo dal fatto che quello che non si può fare è trasformare questo passaggio in un pretesto per entrare nella compagine di governo. Distruggere Sel – ha rilevato ancora – sarebbe uno spreco, perchè è una comunità esempio di buon governo”
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile META’ DEL GRUPPO DISERTA L’AULA… LA PAURA DI SPROFONDARE NELL’IRRILEVANZA POLITICA
Con 322 favorevoli e 149 contrari, il decreto Irpef riceve anche il via libera della Camera e viene dunque convertito in legge, a 5 giorni dalla sua scadenza.
Ma il voto di oggi invita a leggere tra le righe dei numeri, cominciando dall’alto numero degli assenti: sono 150, tra i quali diversi deputati di Sel in dissenso dalla decisione del proprio gruppo di votare sì al provvedimento.
Alcuni escono allo scoperto: uno di loro, Giulio Marcon (ex portavoce di Sbilanciamoci, intervenuto in Aula insieme all’ex Fiom Giorgio Airaudo) afferma che i dissidenti sarebbero circa la metà del gruppo.
Eppure, l’ordine di Vendola – o forse la presa d’atto del rischio enorme di chiudersi in un angolo, favorendo così l’esodo di altri parlamentari verso il Pd – ha la meglio, e non sfugge il dettaglio che la dichiarazione di voto sia affidata a Titti Di Salvo, certamente meno vicina al Pd rispetto al capogruppo Gennaro Migliore, a voler testimoniare che si tratta di una decisione condivisa da tutto il partito.
Le motivazioni del voto favorevole sono un po’ ballerine (Di Salvo parla di senso di responsabilità , quando certamente alla maggioranza non mancavano i numeri per approvare il testo, e di stimolo all’azione di un governo a cui proprio ieri Sel ha negato la fiducia), ma la scelta politica appare obbligata: il dibattito apertosi nella stessa lista Tsipras, tra chi voleva l’adesione al PSE e chi invece ha preferito la sinistra radicale, dimostra la paura di sprofondare nell’irrilevanza.
E così, in attesa che Vendola chiarisca (se possibile) la linea futura, il partito si spacca e finisce infilzato da più parti: da un lato, il Pd riscuote con soddisfazione e ringrazia; dall’altro, le altre forze di opposizione ironizzano su un’imminente entrata di Sel in maggioranza.
Andrea Sarubbi
(da “La Stampa“)
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Giugno 8th, 2014 Riccardo Fucile PENOSA LITE A SINISTRA DOPO IL LEGITTIMO CAMBIO DI IDEA DELLA SPINELLI PER LA QUALE SI PROSPETTA LA VICEPRESIDENZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Barbara Spinelli ha deciso: siederà in europarlamento con la sinistra del Gue, insieme e a sostegno del leader greco di Syriza Alexis Tsipras.
E a rimetterci sarà Sel.
La sua doveva essere una candidatura di servizio, ma adesso per la giornalista si prospetta un ruolo di prestigio: la vicepresidenza della Commissione Europea.
Il nome della figlia di Altiero, uno dei padri dell’Europa, ha infatti un forte ascendente anche sul Pse.
«Il Parlamento in cui intendo entrare – dice Spinelli – dovrà , su spinta della nostra Lista e delle pressioni che essa eserciterà in Europa e in Italia, essere costituente. Dovrà lottare accanitamente contro lo svuotamento delle democrazie e delle nostre Costituzioni, a cominciare da quelle italiane e dal vuoto democratico che si è creato in un’Unione che non merita, oggi, il nome che ha».
Parlando poi della decisione di andare a Bruxelles, la Spinelli si dice certa «che i tanti elettori di Sel, battutisi con forza per la nostra Lista, approveranno e comunque accetteranno una scelta che è stata molto sofferta, visti i costi che saranno sopportati dal candidato del Centro designato come il primo dei non eletti».
Il cambio di rotta rischia però di mandare in frantumi il già complicato tentativo di unità delle sinistre oltre il Pd.
Nemmeno il tempo di festeggiare il superamento della soglia del 4% dell’Altra Europa.
Il gioco delle preferenze (al netto della rinuncia di Spinelli) aveva accontentato tutti: un eletto della società civile, il giornalista Curzio Maltese di Repubblica ; uno di Sel, Marco Furfaro; una di Rifondazione, Eleonora Forenza.
Invece ora Spinelli, capolista nelle circoscrizioni Italia centrale e meridionale, ha deciso di optare per il centro, e così resta fuori Furfaro: «Al Sud non ero capolista, ma seconda dopo Ermanno Rea, e da molti verrei percepita come “paracadutata” dall’alto. Mi assumo l’intera responsabilità di quest’opzione, che mi pare la più giusta, nella piena consapevolezza del prezzo che essa comporterà . Io volevo fare il sorteggio ma avete detto di no».
Così scrive Spinelli in una lettera aperta. Ma la reazione della platea riunita ieri al teatro Umberto è stata di assoluta sorpresa: «E questa che democrazia è?». Critiche anche dal comitato di Milano.
Nei giorni scorsi su internet si erano fronteggiati due appelli: uno affinchè Spinelli mantenesse la parola e rinunciasse al seggio; un altro affinchè Spinelli accettasse il seggio, «per unire società civile e mondo dei partiti».
«Considero questa scelta grave – dice il coordinatore di Sel Nicola Fratoianni – perchè sottratta a un percorso collettivo. Sequestrato in modo autoritario da un singolo. Uno stile deludente e un po’ miserabile perchè Spinelli mai si è confrontata con nessuno».
E mentre Sabina Guzzanti firmava il primo degli appelli ma in realtà voleva optare per il secondo («scusate, a furia di firmare appelli mi sono sbagliata…», ha scritto su Twitter) Maltese dalla “Repubblica delle idee” esprimeva soddisfazione: «Bella notizia. Meglio Barbara di Iva Zanicchi».
Matteo Pucciarelli
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Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile IL NODO DEL RAPPORTO CON IL GOVERNO: CON RENZI O CON TSIPRAS?
Capan nelli dei depu tati di Sel si rag gru mano, si scom pon gono, si ricom pon gono in un Tran sa tlan tico ancora sotto l’effetto del Renzi-boom, il 40,8 per cento del Pd che sta già «ren ziz zando» l’emiciclo, una forza cen tri peta che attira ogni cosa verso il premier.
Non siamo alla scis sione, anzi la scis sione guai a nomi narla, è una «pro fe zia interessata», «un’entrata a gamba tesa nel nostro dibat tito interno» da parte dei cro ni sti.
E allora è almeno un divor zio, quello che già si vede all’orizzonte nel movi mento di Ven dola.
E per una volta viene dopo una vit to ria, quella della Lista Tsi pras, che con tro tutti i pro no stici dome nica ha acciuf fato il 4, 03 per cento.
La rot tura non è con su mata, ma ormai non sem bra evi ta bile.
Per chè se su Repub blica il capo gruppo di Sel alla Camera Gen naro Migliore pro po neva di «costruire in Ita lia un sog getto uni ta rio di sini stra, rego lato dalla demo cra zia interna, che possa far vivere le aspet ta tive di cam bia mento. Senza restare cia scuno, Pd e Sel, nel pro prio con te ni tore», sul Mani fe sto la depu tata Ileana Piaz zone andava oltre: «Vogliono fare un nuovo sog getto a sini stra: io non ci sto, ma non voglio fare nean che la parte di quella che si mette di tra verso».
In entrambi i casi sono pro po ste in rotta di col li sione con il co-working delle sini stre unite nella lista Tsipras.
Il dis senso era ampia mente annun ciato, si era già con tato al con gresso nello scon tro fra pro-Schulz e pro-Tsipras, e poi in una suc ces siva dire zione del feb braio scorso.
Poi i dis si denti, sareb bero una quin di cina di depu tati, ave vano tenuto disci pli na ta mente le boc che cucite durante la cam pa gna elet to rale, per evi tare l’accusa di sabotaggio.
Ma ora la casa ven do liana va in fibril la zione. «Dichia ra zioni intem pe stive, a bal lot taggi in corso in mezza Ita lia», è una delle obie zioni dei con trari.
I favo re voli invece: «Non si può non ren dersi conto che dopo il 40,8 per cento è cam biato tutto», rigo ro sa mente a tac cuino chiuso.
«Quello che dice Gen naro non è pere grino, stanno cam biando la linea del con gresso con pic cole suc ces sive furbizie».
Ileana Piaz zoni, ‘miglio ri sta’ dichia rata: «Non capi sco la linea di Sel: se dopo la lista Tsi pras non si fa una costi tuente di sini stra, che l’abbiamo fatta a fare la lista uni ta ria? Per eleg gere tre euro de pu tati? Ma se si fa, sarebbe il cam bio di linea rispetto al con gresso».
Quindi chie dete un con gresso? «Nean che per sogno. Sta a loro fare una pro po sta sul futuro». State trat tando con il Pd? «Par liamo con tutti i dem, ma il pro blema non è il Pd ma la col lo ca zione rispetto al governo. Non si può non rico no scere un ten ta tivo rifor ma tore in Renzi».
Nicola Fra to ianni, coor di na tore di Sel e ultrà dell’operazione Tsi pras sil laba un «no com ment, ci con fron te remo alla riu nione di pre si denza di venerdì». Dalla sua parte vige la con se gna del silen zio. Ma tira aria gelida. E c’è chi vede in que sto silen zio persino un invito ai dis si denti di levare il disturbo.
Anche Nichi Ven dola non com menta. Lui che a con gresso si era bat tuto come un leone per evi tare la rot tura fra i suoi, cerca anche sta volta quella che nei par titi si chiama «la sin tesi».
«Se Renzi riu scirà a ribal tare l’agenda di governo dell’Europa tra sfor me remo le nostre cri ti che e i nostri dis sensi in con senso». Non sono pre ci sa mente i toni che i garanti della lista usano nei con fronti del pre mier («Il Pd è una nuova Dc», ha detto lunedì Bar bara Spi nelli), ma lo si potrà misu rare meglio sabato pros simo, all’assemblea dei can di dati della lista, dove sarà lan ciata la pro po sta di «andare avanti»: ma i modi di que sto «andare avanti» sono tutto per Sel.
Cele ste Costan tino, che pure non era fra gli entu sia sti di Tsi pras chiede «calma, discustiamo, è chiaro che la stra-vittoria di Renzi cam bia tutto, ma io non voglio restare schiac ciata fra due posi zioni pre sunte. Nes suno sta chie dendo lo scio gli mento di Sel. Abbiamo fatto l’esperienza della lista, abbiamo vinto, pos siamo vedere que sto pro cesso dove porta prima di dichia rarlo chiuso?».
Ma il ciclone Renzi non può non porre dei pro blemi, nei capan nelli si ragiona «nei col legi i nostri com pa gni sono con fusi, non si può soste nere che in quel 40,8 per cento non ci sia anche un po’ della nostra sini stra».
La replica è «ma ora che Grillo è in crisi dob biamo essere un rife ri mento per quelli che lo abban do nano. Alleanze con il Pd? Ripar lia mone nel 2018».
Oggi, alla riu nione della pre si denza, ci sarà il primo round del con fronto. Il 14 giu gno l’assemblea nazio nale, che però è com po sta a stra grande mag gio ranza da pro-Tsipras, qual siasi cosa oggi voglia dire: tutti i pro-Tsipras esclu dono «un ritorno alla vec chia Rifon da zione e alla sini stra identitaria».
L’ora della verità però potrebbe arri vare anche prima sul decreto degli 80 euro, che scade il 23 giu gno.
Pre sto andrà al voto del Senato, dove però dei sette sena tori nes suno al momento sarebbe sulla linea di Migliore.
Poi alla Camera, dove invece sareb bero una quin di cina quelli che dichia rano di non essere dispo ni bili a votare no.
La media zione potrebbe essere la scelta dell’astensione. Ma non è nean che detto che i ‘miglio ri sti’ siano dispo ni bili ad accettarla.
Daniela Preziosi
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Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile UNA VENTINA DI DEPUTATI E TRE SENATORI, GUIDATI DA GENNARO MIGLIORE, SONO PRONTI A ENTRARE NEL PD E SOSTENERE IL GOVERNO
Il dialogo con Matteo Renzi è stato già avviato”. 
Il primo tassello della diaspora, i dissidenti di Sel, sono pronti a metterlo tra pochi giorni.
Non appena in Parlamento si discuterà del decreto sugli 80 euro in busta paga. Il provvedimento è approdato ieri in Senato.
“Sarà guerra”, dice un parlamentare che preferisce mantenere l’anonimato, “perchè la direzione di Sel non è ancora convinta se votare a favore. Noi invece — e siamo una ventina — vogliamo sostenere questo provvedimento con il nostro voto”.
Non si tratta di una “semplice” spaccatura. È l’inizio di un esodo. E c’è chi azzarda l’ipotesi di una drammatica accelerazione. “Siamo pronti a passare nel Pd. Le trattative sono in corso. Anche prima delle elezioni europee, se necessario”.
Di certo, l’argomento in questi giorni sta tenendo banco. E il riferimento alle elezioni europee del 25 maggio, ovviamente, non è un dettaglio.
L’ala del partito legata a Gennaro Migliore — contrapposta ai fedelissimi di Nichi Vendola e Nicola Fratoianni — non ha mai gradito l’appoggio di Sel alla Lista di Alexis Tzipras, preferendo sostenere il tedesco Martin Schulz.
Il motivo: da un lato l’allontanamento, in Europa, dal Pse; dall’altro il rischio di una sconfitta, poichè è difficile che la Lista Tsipras riesca a superare lo sbarramento del 4 per cento.
E così una ventina di deputati e tre senatori sono già pronti all’ammutinamento : prima che Sel affondi in Europa, potrebbero abbandonare la barca, per creare la sinistra interna al Pd, alleandosi con Pippo Civati.
Lo scenario della diaspora prima delle elezioni europee, comunque, è quello meno probabile: l’elezione per Bruxelles, infatti, resta l’occasione migliore per contarsi all’interno del partito — dal tesseramento ai voti ottenuti dai singoli candidati.
I parlamentari malpancisti non sono d’accordo sulla direzione presa da Sel che, attestandosi sempre più in un ruolo di opposizione, si sta allontanando dall’originaria vocazione riformista
Le spinte e i malumori arrivano anche dai territori: “La scelta — sostiene la nostra fonte — è dettata anche da pressioni della base del nostro elettorato: ci chiedono di essere una forza di governo e non più solo di opposizione”.
Alla Camera si contano circa la metà dei deputati pronti a passare nel Pd.
Secondo le indiscrezioni tra i dissidenti figurano il capogruppo di Sel alla camera dei deputati, Gennaro Migliore, il tesoriere del partito Sergio Boccadutri, Claudio Fava, Nazzareno Pilozzi, Gianni Melilla, Martina Nardi, Ileana Piazzoni, Ferdinando Ajello.
Nell’altro ramo del Parlamento, invece, sarebbero tre i senatori pronti a passare nel partito di Matteo Renzi: Massimo Cervellini, Peppe De Cristofaro e Luciano Uras. Forti segnali di rottura si sono registrati già durante il congresso di Sel — con la storica rivalità tra Fratoianni e Migliore che risale ai tempi di Rifondazione comunista — che ha rieletto Nichi Vendola segretario del partito.
In quella sede Vendola chiuse a ogni possibile accordo con il governo.
Il passaggio di un così cospicuo numero di parlamentari di Sinistra ecologia e libertà nel Pd rischierebbe di segnare la fine del partito nato nel 2008 dalla scissione con Rifondazione comunista.
Antonio Massari e Loredana Di Cesare
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 18th, 2014 Riccardo Fucile E IL PARTITO SI SPACCA: PER IL GOVERNO IN ARRIVO IL SOCCORSO ROSSO TENUE
Sinistra e libertà è a un passo dalla frattura. Il partito di Nichi Vendola, finito nel mirino del
premier, vive infatti ore travagliate.
Una fetta rilevante della pattuglia parlamentare di Sel, delusa dalla “svolta greca“ e dal matrimonio con la lista Tsipras, attende solo le Europee per mollare gli ormeggi.
E nel quartier generale renziano non si fa più mistero di lavorare all’allargamento della maggioranza. In fondo, è quanto sostiene in privato anche l’ex sindaco di Firenze: «Il cantiere è aperto »
Contano soprattutto i numeri. E a Palazzo Madama Sel può contare su sette senatori. Vitali, in un contesto così fluido.
Le prove generali si sono avute ieri, in occasione di alcune votazioni sul Def. La risoluzione che rinvia il pareggio di bilancio al 2016 su cui serviva la maggioranza assoluta di 161 voti – passa con 170 sì.
Otto senatori dell’opposizione – tra i quali cinque di Sel e due ex grillini – votano a favore.
Il Def, invece, ottiene il via libera con 156 voti favorevoli, con il no dei vendoliani
Ufficialmente nulla di strano, visto che il partito di Vendola sostiene compattamente la risoluzione.
In realtà , però, è proprio il leader pugliese a salvare in extremis l’unità della pattuglia. I malpancisti, infatti, avrebbero comunque sostenuto il rinvio del pareggio di bilancio, sancendo la frattura del gruppo.
La verità è che i contatti tra l’ala renziana di Sel e il quartier generale del Pd sono ormai molto avanzati.
A Palazzo Madama almeno quattro senatori vendoliani sono pronti a reclamare un progressivo ingresso in maggioranza.
E a Montecitorio i “dissidenti toccano addirittura quota quindici deputati. Sono gli stessi che un paio di mesi fa votarono un documento molto duro verso Vendola.
Tutto si consumerà dopo le Europee, perchè i renziani di Sel sono convinti – anche a causa di recenti sondaggi della lista Tsipras inferiori alla fatidica soglia del 4% – che l’esperimento greco sia destinato a fallire.
I rapporti umani, poi, sono ormai consumati. Anche per questa ragione non è escluso che un gruppetto di malpancisti possa decidere di lasciare il partito anche prima delle Europee.
Con loro potrebbero schierarsi anche alcuni ex grillini, primo passo di quel progetto di Nuovo centrosinistra osservato con attenzione anche dalla minoranza Dem.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Marzo 8th, 2014 Riccardo Fucile SUL CASO ILVA “NON DICE LA VERITA’, DEVE DIMETTERSI”
“Su Ilva e Taranto, Vendola racconta una storia che non è la realtà ». Il leader dei Verdi Angelo Bonelli incalza il governatore pugliese e leader di Sel all’indomani della richiesta di rinvio a giudizio per concussione, presentata nell’ambito dell’indagine sul disastro ambientale provocato dalla grande acciaieria
Ha rivolto cinque domande a Vendola per evidenziare il suo fallimento sul caso Ilva?
«Non spetta a me processarlo, ma deve delle spiegazioni. Si vanta di aver varato una legge per abbattere le emissioni di diossina dalle acciaierie. Ma quella legge non è stata applicata. E ora chiedo perchè non è stato avviato il monitoraggio in continuo ed è stato fissato un livello soglia superiore a quello previsto per i centri siderurgici della Germania. Quella legge venne concordata con Ilva e con il governo Berlusconi, proprio come dicono i giudici»
E gli altri quattro quesiti?
«Vendola ci spieghi i ritardi nell’istituzione del registro tumori. E perchè non ha impugnato dinanzi alla Consulta la legge favorevole all’Ilva sulle emissioni di benzoapirene, il veleno industriale che uccide i tarantini. Vorrei capire, inoltre, perchè la Regione diede parere favorevole all’Aia del 2011, nonostante i dubbi che poi hanno trovato conferma nell’inchiesta. E da ultimo vorrei comprendere come mai non sia stata avviata una indagine epidemiologica per decifrare gli impressionanti dati sulla mortalità a Taranto»
Secondo lei Vendola dovrebbe dimettersi?
«Sul web circola una sua foto. In mano ha un cartello e sopra c’è scritto: i politici indagati devono dimettersi. Non c’è altro da dire».
Il governatore sostiene di aver difeso migliaia di lavoratori…
«A Taranto bisognava difendere il diritto alla salute e alla vita prima di ogni cosa. E migliaia di agricoltori, pescatori e mitilicoltori hanno perso il posto. Nessuno li ha difesi»
Il futuro a Taranto è un punto interrogativo?
«Invece di fare leggi speciali per un risanamento discutibile con la prospettiva di riconsegnare la fabbrica ai Riva, il governo dovrebbe istituire una no tax area per attirare investimenti, ridisegnare il centro urbano di una città straordinariamente bella. Renzo Piano si è detto disponibile. Una politica seria non deve far cadere nel vuoto questa opportunità ».
Mario Diliberti
(da “la Repubblica”)
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Marzo 7th, 2014 Riccardo Fucile CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER RIVA, IL GOVERNATORE PUGLIESE E ALTRI 51 INDAGATI
“Sono stato ricevuto dal senatore Kerry a Washington o da Schwarzenegger come leader di una posizione ambientalista… E poi vengo rappresentato come uno che ride dei tumori… Insomma, capisce bene che per me non è una grana giudiziaria, è essere spellato vivo, è essere mutilato della cosa più importante che ho accumulato nella mia vita, che è la reputazione… ”.
Si chiude con queste parole, il 23 dicembre scorso, l’interrogatorio di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, accusato di concussione, dalla procura di Taranto, nell’inchiesta sull’Ilva.
Si chiude dopo sei ore e mezza di risposte che non convincono l’accusa: ieri la Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio, per Vendola e altri 53 indagati (50 persone fisiche e 3 società ), confermando l’accusa di concussione.
Per decenni — commenta Vendola — a Taranto nessuno ha visto niente e troppi hanno taciuto. Io no. Per decenni gli inquinatori hanno comprato il silenzio e il consenso politico, sociale e dei media. Io no. Infatti non siamo accusati di corruzione. Siamo accusati di essere stati compiacenti, a titolo gratuito, nei confronti dell’Ilva. Accusati in un processo in cui tutti i dati del disastro ambientale sono il frutto del nostro lavoro”.
Ben 258 le parti lese dall’inquinamento dell’Ilva individuate dalla Procura. Rischiano di andare a processo il deputato di Sel Nicola Fratoianni, l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro (Idv), accusati di favoreggiamento personale nei confronti di Vendola che, secondo l’accusa, avrebbe esercitato pressioni sul direttore dell’Arpa Giorgio Assennato per “ammorbidirlo”, indagato anch’egli di favoreggiamento nei confronti del presidente pugliese. Chiesto il rinvio a giudizio per un intero sistema politico: il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano (abuso d’ufficio), l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva.
E poi il gruppo Riva: il ‘patron’ Emilio, il vice presidente del gruppo Riva Fire Fabio Riva, il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante E il responsabile delle relazioni pubbliche, Girolamo Archinà . .
Reati che variano dall’associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale all’avvelenamento di acque e sostanze alimentari.
Il verbale di Vendola è zeppo di “non ricordo” e anche di un’accusa al Fatto Quotidiano che, in esclusiva, sul proprio sito web, pubblicò la telefonata in cui il Presidente, ridendo con Archinà , assicurava che non si sarebbe defilato.
“Hanno avuto bisogno di manipolarla un po’ — dice Vendola — di tagliarla e di rimontarla…”. Falso. Il fattoquotidiano.it   pubblicò sia la versione integrale della telefonata, sia quella montata, ma nessuna versione manipolata.
E sulla risata con Archinà — che aveva strappato il microfono a un giornalista che faceva domande – , Vendola commenta così: “Ho avuto la sensazione di averlo offeso, perchè ridevo di lui, del suo scatto felino, scatto da servitor zelante, questo era il motivo esclusivo della risata…”.
E su un testimone scovato in esclusiva dal Fatto , a un certo punto, verte l’interrogatorio a Vendola. L’argomento è cruciale per l’accusa: la riunione del 15 luglio 2010, dopo la quale, i Riva, in un’intercettazione commentano: “Tieni presente che già psicologicamente, ieri, è avvenuto questo: Assennato è stato fatto venire al terzo piano però è stato fatto aspettare fuori… come segnale forte…”.
“Io non ho memoria di Assennato — risponde Vendola — non era nel palazzo, non era nel mio campovisivo… non lo convocammo nel corso della riunione… non ricordo che nessuno l’abbia convocato con un sms…”.
Eppure il testimone rintracciato dal Fatto , interrogato dalla procura, conferma di aver incontrato Assennato in uno stato d’animo “rassegnato” proprio nei corridoi della Regione.
“E quando? — risponde Vendola — A che ora? Mi risulta che avesse un appuntamento con l’assessore Nicastro alle 10… è arrivato in anticipo a un appuntamento che aveva con Nicastro… non con me…”.
“Ricorda — continua il pm Piero Argentino — se qualcuno dei partecipanti lasciò la riunione per andare a parlare con Assennato?”. “No”.
Sono, troppi i “non ricordo” di Vendola, e tutti su episodi cruciali per l’accusa che gli viene mossa. Il suo è un interrogatorio costruito su flussi di coscienza: “Ma lei pensa che io potessi anche soltanto pensare di delegittimare Assennato? Ma Assennato per me è un eroe… è un prototipo umano…”.
E ancora: “Mi scrivono molti bambini… ho una discreta corrispondenza epistolare con i bambini… raccolgo le loro lettere e i loro disegni… pubblichiamo — se posso consegnarvelo — questo libro ‘Sognando nuvole banche’, con una piccola prefazione scritta da me, che consegnerò a Berlusconi quando chiederemo un intervento del Governo su Taranto e sull’Ilva…”.
Oppure: “Quest’indagine mette in discussione tutto quello che ho fatto nella mia vita… da quando ho preso coscienza delle problematiche ambientali… che ho fatto a Brindisi, a Taranto, tutte le volte che ho dormito davanti alla centrale di Montalto… La storia s’incaricherà di dire che mentre un Governo nazionale faceva un regalo ai Riva, forse in cambio della vicenda Alitalia, un governo regionale cercava disperatamente un gancio normativo per impedire che quel decreto, del governo Berlusconi, chiudesse i conti con il benzo(a)pirene nella città di Taranto…”.
E inoltre: “La prima domanda che ho fatto a Riva è stata: ‘Lei è credente?’, glielo chiedo perchè dovremo parlare a lungo di diritto alla vita’”.
La procura, però, vuole risposte sugli appuntamenti con Archinà , sugli incontri tra quest’ultimo e Assennato, tra i suoi funzionari e il direttore dell’Arpa o lo stesso Archinà .
Ma è una sequenza di “non ricordo”.
Ricorda invece di essere stato “prigioniero nell’ufficio di Gianni Letta”, in un tavolo tecnico a Palazzo Chigi.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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