Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
AUTORI UN GRUPPO DI GIOVANI SFIGATI E VIGLIACCHI: “VI BRUCIAMO VIVE”… E POI QUALCHE CRIMINALE SI OPPONE ALLA LEGGE ZAN
Le hanno apostrafate urlando, “lesbiche schifose”, e minacciate di “bruciarle vive”. Come delle streghe. Poi le hanno picchiate. È l’ultimo, drammatico episodio di omofobia successo a Torino. A subirlo sono state due studentesse tredicenni della scuola media Rosselli nel penultimo giorno di lezioni, poco dopo essere uscite da scuola.
Le ragazze sono state aggredite nelle vicinanze del Campus Einaudi, sede di alcune facoltà universitarie, perché, hanno raccontato, una delle due portava una borsa arcobaleno, simbolo della battaglia per i diritti e l’integrazione. Ma quella borsa avrebbe innescato invece odio: la ragazza è stata insultata e colpita sul viso, e le botte le hanno fratturato il naso.
Ad accanirsi pare sia stato un gruppo di ragazzi conosciuti nel quartiere e che già in passato era stato segnalato come autore di diversi episodi «ma non dello stesso tenore di quanto avvenuto ieri – spiega il dirigente dell’istituto Rosselli Oscar Eugenio Maroni -. Siamo contenti che i genitori decidano di denunciare, sono episodi che sono avvenuti in pieno giorno. Episodi che vanno contrastati sempre. Ora dovremo cercare di individuare gli autori che non sono della nostra scuola».
Lo stesso istituto però dopo alcuni episodi aveve scelto di informare le forze dell’ordine: «Non erano episodi di discriminazione ma ci eravamo mossi per trovare una soluzione.Così – continua il dirigente – abbiamo tempo fa presentato un esposto pur non essendo di nostra competenza perché avvenivano nei giardinetti e avevamo spiegato ai genitori che avrebbero dovuto far denuncia».
Così le forze dell’ordine avevano incentivato i controlli in zona e anche all’interno della scuola con un intervento per spiegare ai ragazzi le conseguenze giuridiche. «Stiamo sostenendo le famiglie e coordinando le denunce, finora ci sono stati episodi ma mai così».
(da agenzie)
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Giugno 11th, 2021 Riccardo Fucile
TRE AI DOMICILIARI… I FATTI SAREBBERO AVVENUTI DURANTE UNA FESTA
Quattro ragazzi sono indagati per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una 21enne che dopo gli abusi, avvenuti in un appartamento a Siena, ha deciso di rivolgersi alla polizia.
Il più giovane degli indagati ha 17 anni, il più anziano 21.
Tre di loro, tutti maggiorenni, sono stati arrestati e messi ai domiciliari. Tra loro secondo quanto riportano il Tgr Toscana e il Corriere della Sera, c’è Manolo Portanova, calciatore del Genoa e della Nazionale under 20.
Il trequartista ha anche giocato anche la Juventus essendosi formato nelle Primavera bianconera.
I fatti risalgono alla scorsa settimana e, secondo quanto emerso, sono avvenuti a una festa tra amici. A seguito della denuncia della 21enne, residente a Siena, è stato attivato il protocollo ‘Codice Rosso’ per vittime di violenze e abusi. L’obiettivo è raccogliere tempestivamente tutte le informazioni e le testimonianze, dei protagonisti, ma anche di chi può aver visto o sentito qualcosa.
Finora la ragazza è stata sentita due volte e gli inquirenti stanno incrociando tutte le informazioni, tra cui anche i referti medici e altri accertamenti.
Gli arresti e le perquisizioni sono stati effettuati a Siena e in Sicilia. Massima riservatezza sui nomi dei protagonisti della vicenda. Tra di loro ci sarebbero volti conosciuti a Siena e, anche per tutelare la vittima, gli inquirenti si muovono nel massimo riserbo e continuano a indagare per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, capire se sui telefoni cellulari esistono prove, foto e filmati, che possono raccontare la violenza subita dalla giovane. Uno degli indagati ha parlato di un rapporto consenziente, mentre gli altri tre negano.
(da agenzie)
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Maggio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
NELLO SMARTPHONE DELL’UOMO SONO STATE TROVATE LE FOTO DI ALTRE RAGAZZE, ALMENO QUATTRO ALTRE VITTIME DI STUPRO
Chiara si è risvegliata nel suo letto, vestita esattamente come la sera precedente. Il suo fidanzato, preoccupatissimo, si era attaccato al citofono perché non riusciva a parlare con lei. Quando aveva provato a chiamarla la sera prima, a mandarle un audio su WhatsApp, aveva ricevuto una strana risposta: «Sono da amici», e una foto di lei con gli occhi semi-chiusi, già sotto l’effetto delle benzodiazepine.
A rispondere a quel messaggio era stato Antonio Di Fazio, l’imprenditore farmaceutico arrestato ieri con l’accusa di averla drogata e violentata dopo averla attirata con un’offerta di stage.
Alla pm di Milano Alessia Menegazzo, Chiara ha raccontato che l’incubo è iniziato dopo aver bevuto un caffè: «Mi si è offuscata la vista, sentivo suoni lontani. Non riuscivo a muovere le gambe e le braccia. Ricordo il braccio di quell’uomo su di me, aveva un Rolex d’oro al polso. Non avevo la forza di reagire».
Nello smartphone le foto degli abusi sessuali
Mentre lei era incosciente, lui l’ha spogliata e le ha scattato delle fotografie con il cellulare. Nel suo smartphone sono state trovate le foto di altre ragazze, almeno quattro. Il sospetto è che Di Fazio abbia usato lo stesso metodo anche con loro. Nel sangue di Chiara, due giorni dopo la violenza, i medici della clinica Mangiagalli hanno trovato un quantitativo abnorme di benzodiazepine: 900 milligrammi per litro, quattro volte il dosaggio giornaliero.
Una quantità da «avvelenamento» secondo gli inquirenti. La sera stessa, prima ancora delle dimissioni di Chiara dall’ospedale, il fidanzato è andato dai carabinieri di Porta Monforte a fare denuncia. Le sue parole sono state confermate da Chiara alle tre e mezzo di notte.
La vittima conosciuta durante una vacanza in Sicilia
L’imprenditore l’aveva conosciuta l’estate precedente, quando con la sorella e il cognato era andato in vacanza nell’albergo che la famiglia della vittima gestisce in Sicilia.
Chiara aveva detto che sarebbe andata a Milano a studiare alla Bocconi e Di Fazio le aveva proposto uno stage nella sua azienda farmaceutica, la Global Farma. «Non mi aspettavo che mi avrebbe cercato davvero». Invece lui ha provato a contattarla più volte. Pochi giorni prima della violenza, la ragazza ha detto ai pm di aver ricevuto un messaggio dalla sorella di Di Fazio: «Ciao, come stai? Chiama Anto che ti fa vedere l’azienda com’eravamo d’accordo, no?»
L’autista e la casa di lusso in zona Sempione
Chiara si è fidata. «È passato a prendermi da casa con l’autista alle 17». In programma c’era una visita in azienda e l’incontro alle 18 con importanti manager che avrebbero potuto offrire alla ragazza possibilità di lavoro. Ma l’azienda era deserta.
«Mi ha detto che avremmo incontrato i manager a casa sua», un appartamento di oltre 200 metri quadrati in zona Sempione che Di Fazio condivide con l’anziana madre e il figlio. Il 50enne ha congedato l’autista e insieme sono andati in macchina verso casa. Passando davanti al parco Sempione, Di Fazio le avrebbe proposto un giro in mountain bike o una corsetta nel verde. «Ho rifiutato infastidita».
Le benzodiazepine nel caffè e nel succo d’arancia
Anche prima, in azienda, Chiara si era sentita a disagio per l’eccessiva «confidenza e vicinanza» che l’uomo manifestava. Mai però si sarebbe aspettata quel che poi è successo. Appena arrivati in casa «mi ha offerto un caffè» nell’attesa degli altri ospiti. «L’ho accettato». Subito Chiara ha iniziato a star male: «Mi sentivo confusa e molto debole». Ha chiesto a Di Fazio qualcosa di zuccherato pensando a un calo di pressione. E lui le ha portato un succo d’arancia, pizzette e pasticcini. Entrambe le bevande erano, per l’accusa, cariche di benzodiazepine.
Da quel momento in poi, Chiara ricorda poco: «Ero senza forze, non mi era mai successo prima. Credo mi abbia fatto mangiare sushi. Era di fianco a me. Mi sono ripresa un attimo, ho sentito l’elastico dei pantaloni che scivolava sulle gambe. La sua mano mi toccava una coscia. Gli ho detto di riportarmi a casa».
La doppia vita di Di Fazio
Per gli inquirenti, Di Fazio è un violentatore seriale e un millantatore dalla doppia vita. Da una parte c’è «Antonello» (come si faceva chiamare), che sul suo profilo Facebook posa in abito scuro insieme all’anziana madre che vive con lui nel lussuoso appartamento milanese a due passi da parco Sempione.
Poi c’è Antonio Di Fazio, con un altro profilo: cappellino di paglia, occhiali da sole, t-shirt, Maserati: «Sono un amante delle auto di lusso, degli yacht e del buon cibo». Un imprenditore rampante che racconta di fare affari a Singapore e sfoggia una fidanzata straniera e giovanissima.
Quando i carabinieri a inizio aprile hanno perquisito la sua auto, sotto al sedile passeggero hanno trovato un lampeggiante blu come quelli delle auto di scorta. Nel baule un borsone con soldi in contanti e una pistola a pallini senza tappo rosso: «Roba di mio figlio, solo giocattoli».
Il falso tesserino dei servizi segreti
Ma Di Fazio si spaccia spesso per quello che non è. Nel 2015 la Guardia di finanza lo aveva denunciato dopo avergli trovato un falso attestato di congedo dalle Fiamme gialle e un tesserino del ministero dell’Interno: «Sisde – Grado di comandante».
Lo stesso che i carabinieri di Milano gli avevano sequestrato un anno prima dopo averlo fermato ubriaco per strada. Di Fazio aveva tirato fuori il tesserino con foto e numero di matricola per sfuggire al controllo. Davanti agli amici e alla sua vittima, dice di lavorare per «l’Alto commissariato Covid-19».
Le minacce al fidanzato della vittima
I magistrati che lo interrogheranno domani gli chiederanno anche di spiegare una misteriosa telefonata di minacce ricevuta dal fidanzato della vittima. Dopo che la 21enne ha raccontato di essere stata violentata, il suo ragazzo furibondo ha telefonato all’imprenditore per capire cosa fosse accaduto la sera precedente. Di Fazio risponde: «È uno scambio di persona». Due giorni dopo, però, il ragazzo ha detto agli inquirenti che «un uomo con accento calabrese che diceva di parlare per conto di Di Fazio» lo ha contattato e minacciato: «Ti squarcio in due».
Il tentativo di crearsi un alibi
Infine, quando Di Fazio si è reso conto che la ragazza lo aveva denunciato, inizia a raccontare di essere al centro di un tentativo di estorsione da parte della famiglia della vittima: «Gente che sta al 41 bis», millanta al telefono con una sua amica cartomante, «volevano 500 mila euro in contanti. Sta t… ha dichiarato che l’ho stuprata. Io giustamente rido perché i segni dello stupro non ci sono. Io non l’ho neanche toccata, neanche baciata».
Al momento della violenza, in un’altra ala della casa, c’erano anche l’anziana madre e il figlio. Di Fazio ha detto di aver cenato serenamente con i famigliari e la 21enne mangiando sushi. Ma quando il ragazzo viene sentito dai carabinieri, il falso alibi crolla: «Il sushi non piace né a me, né alla nonna».
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2021 Riccardo Fucile
“VOLEVO ANDARE A MENARLI”
Tra i testimoni di quelle ore c’è anche un compagno di scuola delle ragazze, che è stato con loro al Billionaire e le ha riviste due giorni dopo il presunto stupro
Quella sera di metà luglio di tre anni fa al Billionaire, in Costa Smeralda, c’era anche un amico di Silvia (nome di fantasia). Un compagno di scuola, che aveva frequentato lo stesso liceo della ragazza e della sua amica Roberta, era in compagnia delle due ragazze la sera prima delle presunte violenze.
Il suo racconto è tra le testimonianze raccolte dai carabinieri di Milano alla fine di agosto, poco dopo che la 20enne italo-norvegese ha denunciato di aver subito uno stupro di gruppo da parte di Ciro Grillo, Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia. Un gruppo che sin dal primo impatto al ragazzo aveva già fatto una pessima impressione.
Da lui arriva un’ulteriore conferma sulle condizioni della ragazza nei giorni successivi a quella notte passata nella villa dei Grillo, quando ha visto l’amica ancora stravolta a distanza di due giorni.
«Quelli non mi piacevano. Per tutta la sera avevano dimostrato di tirarsela, in discoteca», avrebbe detto, secondo il Corriere della Sera, il ragazzo alle autorità milanesi.
Quando un paio di giorni dopo rivedrà Silvia in piscina – la giovane che con la sua denuncia ha fatto partire l’inchiesta della Procura di Tempio Pausania -, «non era più la stessa».
I racconti di due giorni dopo: «Vuoi che vada a picchiarli?»
«Le ho chiesto se avesse fatto sesso con Ciro», racconta lui. Ma Roberta gli lancia un’occhiataccia, mentre lei resta evasiva. Lui insiste. Lei, dopo un po’ di domande, risponde che sì, era successo qualcosa, ma che le «hanno fatto bere mezza bottiglia di vodka». «Era strana, mi sembrava sconvolta», continua. «Le ho chiesto: ma solo con Ciro? Lei non mi rispondeva. Mi ha fatto capire che c’era stato sesso anche con qualcuno degli altri ragazzi e allora le ho chiesto se potessi fare qualcosa? “Vuoi che vada a menarli?”. Lei mi ha risposto di no».
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2021 Riccardo Fucile
BENVENUTI NELLA SUBURRA D’ITALIA DOVE GLI ANZIANI DIFENDONO I VIOLENTATORI… PER FORTUNA ENTRO BREVE SI TOGLIERANNO DAI COGLIONI
Nei giorni scorsi la storia della ragazza di diciotto anni che ha denunciato di essere stata stuprata da quattro suoi amici che l’avevano invitata con l’inganno ad una festa ha fatto molto discutere.
Soprattutto perché il padre della diciottenne in un primo tempo li aveva difesi definendoli “bravi ragazzi” mentre la figlia era “ubriaca” e quindi non attendibile. Si era parlato di minacce che l’uomo avrebbe subìto, e la figlia lo aveva anche difeso. Però oltre a questo di sicuro a Campobello c’è anche un problema culturale. Lo dimostra un servizio di Cartabianca in cui le risposte dei cittadini del paese in Sicilia ricordano tempi che sembravano ormai passati ma che in tante parti d’Italia sono ancora purtroppo ancora una realtà.
Nel servizio l’inviata chiede agli abitanti di Campobello un’opinione sulla vicenda.
E se le risposte dei ragazzi più giovani sono tutte in linea con una difesa non solo della ragazza ma anche del principio generale che non è possibile colpevolizzare una vittima perché era ubriaca o perché è “uscita con tre ragazzi”, invece dalle persone più anziane arrivano parole sconvolgenti.
C’è chi la chiama pollastra, c’è chi dice “che non è stata presa con la forza” e da padre si vergognerebbe di lei e non le avrebbe permesso di denunciare.
Chi la considera una “pollastra” e si chiede perché non stesse a casa invece di uscire con tre ragazzi. Come dire “se l’è cercata”.
Chi addirittura insinua che abbia denunciato il falso, perché “tu puoi dire ‘oggi ci divertiamo tutti’ e domani dici ‘no è stata una violenza’”.
Per finire con chi difende il padre che conosceva i ragazzi e quindi, si fidava e ha creduto alla loro versione e non a quella della figlia per questo. E si sente di nuovo quella frase “bravi ragazzi”, mentre a mezza bocca c’è chi lo dice chiaramente “un po’ è colpa della ragazza”.
Una fogna a cielo aperto
(da agenzie)
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Maggio 4th, 2021 Riccardo Fucile
CI AVEVE ROTTO I COGLIONI CON LA STORIELLA DELLA VITTIMA CHE “NON ASPETTAVA ALTRO CHE ESSERE STUPRATA”… NON SOLO UOMINI DI MERDA, MA ANCHE SENZA PALLE
Consenziente.
Sono tutte “consenzienti”, secondo la difesa, le ragazze che denunciano uno stupro. Tante ragazze, tante storie diverse, ma sempre questa identica argomentazione: ci stavano e poi hanno inventato la violenza.
Consenzienti, dunque, le ragazze di “Terrazza Sentimento”, consenzienti anche quando viene somministrata loro la droga dello stupro, consenzienti le due turiste stuprate dai carabinieri a Firenze, consenziente la ragazza stuprata a Cagliari al Poetto, consenziente, ancorché ubriaca perfino l’educatrice di un centro per minori in provincia di Ravenna, rinchiusa in una stanza e violentata per una notte (e poi inseguita da tre video diffusi dai suoi molestatori).
Consenziente anche Martina Rossi, morta in Spagna, secondo il sospetto dai magistrati, mentre cercava di fuggire ad un tentativo di stupro.
Il consenso (che non c’è) e il rituale del video (che c’è sempre più spesso) per la felicità dei segaioli. Che poi è il nuovo modo di esibire la preda nel tempo dei social. Per spiegare al mondo che quella donna, quella ragazza, sono una conquista di maschio seduttore, in realtà solo uno sfigato incapace di conquistare una donna in modi normali.
È un diritto di difesa, si potrebbe obiettare. E lo è, a patto che nessuno dimentichi il fatto che una ragazza viene trascinata nella polvere, screditata, sottoposta a indagine e dubbio, subendo (di fatto) un secondo stupro, per effetto di questa gogna pubblica.
Nessun giustizialismo, accertamento dei fatti e sentenza.
Ma se uno sostiene che “la vittima era consenziente” e tale non era, si introduca come aggravante il doppio della pena.
Perchè nella vita ti devi prendere le tue responsabilità.
Essere un coglione non è un’attenuante e criminalizzare la vittima è da uomini di merda.
Punto.
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Maggio 1st, 2021 Riccardo Fucile
AVEVANO PURE FATTO UNA DIRETTA INSTAGRAM… CON CERTI RIFIUTI UMANI NESSUNA PIETA’, GALERA E BUTTARE LA CHIAVE
La vicenda del padre della ragazza di Campobello di Mazara che ha denunciato uno stupro di gruppo e che ha difeso i presunti violentatori ha scosso tutti. Ora emergono nuovi particolari
Il giorno dopo la violenza, l’8 febbraio, la ragazza si era presentata ai Carabinieri per denunciare tutto. E proprio in quell’occasione i quattro, poi arrestati, sono andati a casa di lei. Hanno preso il padre e lo hanno portato in caserma, dove lui ha difeso la loro versione dei fatti smentendo la figlia: “Mia figlia si è inventata tutto, era ubriaca,
questi sono dei bravi ragazzi”. La dinamica di questo episodio non è casuale tanto che, come scrive Repubblica
Una dichiarazione che il giudice Riccardo Alcamo ha voluto fissare all’inizio del provvedimento di arresto, perché fosse chiaro qual è il clima che si respira attorno a questa brutta storia, nel cuore della provincia di Trapani. Innanzitutto, c’è la paura. Il padre, convocato dai carabinieri, ha ammesso che i quattro avevano bussato a casa sua: «Hanno detto che mia figlia aveva bevuto e che i lividi se li era fatti quando loro avevano tentato di rimetterla in auto». Non ha aggiunto altro, ma ha fatto capire di avere subito pressioni.
Non è stata l’unica intimidazione che ha dovuto subire la ragazza e la sua famiglia: “Noi siamo amici, che stai facendo? Ritratta”, le ha scritto uno dei quattro su Instagram. Il clima che c’è dietro è quello che la mamma della diciottenne ha raccontato ai Carabinieri: “Io ho paura, temo ripercussioni da parte di due ragazzi in particolare del gruppo, non hanno una buona fama. A Campobello, ci sono troppi atteggiamenti mafiosi, bruciano macchine, ci sono persone poco istruite. Voglio andare via da questo paese”.
Vale ancora di più il coraggio di questa giovane, che si è battuta denunciando nonostante gli ostacoli e anche una cultura ostile.
I genitori non ritenevano opportuno che uscisse con tre ragazzi. Ma lei ha continuato a ribadire con loro: “Lo volete capire che non potevano comportarsi cosi? Mi hanno violentata, se io dico no e grido non mi devono toccare”. Non è stato inutile.
Il papà, spiega il procuratore Pantaleo, “Dopo un primo momento, ha mostrato piena solidarietà alla figlia e ha collaborato per l’accertamento dei fatti”. E la figlia in un messaggio Facebook lo difende: “Quando è andato dai carabinieri non sapeva bene i fatti. Io ero in ospedale, lui ha chiamato tutti per capire cos’era successo”
In più, racconta ancora il quotidiano, mentre due dei quattro stupravano la ragazza, gli altri due hanno pubblicato una diretta su Instagram.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2021 Riccardo Fucile
GLI INQUIRENTI HANNO LE PROVE…. ORA SI INDAGHI SE IL PADRE E’ STATO MINACCIATO O GLI SONO STATI OFFERTI SOLDI, LO SCHIFO NON HA MAI FINE
“Questi sono dei bravi ragazzi, le ferite che mia figlia ha alle braccia sono dovute al fatto che i suoi amici tentavano di riportarla a casa, ma lei era ubriaca e faceva resistenza”: questo avrebbe detto il padre della ragazza che accusa di stupro quattro coetanei a Campobello di Mazara presentandosi in caserma con loro.
La vicenda è riportata da Repubblica Palermo in un articolo di Salvo Palazzolo.
La procura di Marsala ha fatto scattare quattro arresti: i cugini Eros e Francesco Biondo, 23 e 24 anni, sono in carcere; Giuseppe Titone e Dario Caltagirone, 20 e 21 anni, sono invece ai domiciliari.
Per tutti, l’accusa è quella di violenza sessuale di gruppo aggravata. Un minorenne è indagato a piede libero.
La ragazza di diciotto anni ha accusato quattro persone di averla stuprata durante una festa privata di Tre Fontane a Campobello di Mazara in provincia di Trapani. Quattro giovani, di età tra i 20 e i 24 anni, sono stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Mazara del Vallo. Per due di loro è stata disposta dal gip la custodia cautelare in carcere, per gli altri i domiciliari. L’accusa è di violenza sessuale di gruppo aggravata.
Le indagini le hanno iniziate l’8 febbraio scorso, quando la vittima si è presentata dai carabinieri per presentare denuncia. La ragazza ha raccontato che l’avevano invitata ad una festa in una casa di amici. Dovevano esserci sia ragazzi che ragazze. Al suo arrivo la vittima avrebbe però trovato solo i 4 arrestati.
Dopo alcuni momenti trascorsi tra musica e alcol la giovane avrebbe avuto un rapporto sessuale con uno di loro in una stanza al piano superiore dell’abitazione. Improvvisamente il giovane avrebbe chiamato gli amici.
Ma il padre della giovane si è presentato assieme ai violentatori. E ha detto al comandante della stazione: “Questi sono dei bravi ragazzi, le ferite che mia figlia ha alle braccia sono dovute al fatto che i suoi amici tentavano di riportarla a casa, ma lei era ubriaca e faceva resistenza”. Perché questa difesa dei carnefici? Il padre è stato minacciato? O, forse, non voleva che la figlia denunciasse per il buon nome della famiglia?
La vittima ha raccontato di aver iniziato ad urlare, di essersi ribellata, ma i quattro l’avrebbero violentata procurandole lividi e contusioni in tutto il corpo. Secondo il racconto fatto ai militari della compagnia di Mazara del Vallo, mentre lei implorava di fermarsi i quattro ridevano.
Subito dopo la denuncia i carabinieri hanno fatto partire le indagini e hanno disposto intercettazioni telefoniche e ambientali, raccogliendo ulteriori elementi di conferma .
Il gip ha disposto gli arresti per i 4 indagati sostenendo l’esistenza del pericolo di inquinamento probatorio e “l’alta probabilità di reiterazione del reato per la pericolosità sociale e la personalità” dei ragazzi coinvolti.
(da agenzie)
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Aprile 29th, 2021 Riccardo Fucile
“PENSAVO DI ANDARE A CASA DI AMICI, UNA TRAPPOLA”… NEGLI SMARTPHONE DEGLI INDAGATI LA PROVA DEGLI ABUSI
L’avevano invitata a una festa fra amici, ma era solo una scusa. Una diciottenne si è ritrovata prigioniera del branco, che l’ha violentata, all’interno di un’abitazione estiva di Tre Fontane, nel comune di Campobello di Mazara. Era l’8 febbraio scorso. Qualche giorno dopo, la giovane ha trovato la forza di denunciare tutto ai carabinieri del comando provinciale di Trapani.
E, questa mattina, sono scattati quattro arresti nei confronti di giovani che hanno un’età compresa fra i 20 e i 24 anni: due sono andati in carcere, gli altri ai domiciliari. Pesante l’accusa contestata dal giudice delle indagini preliminari di Marsala, che ha accolto la ricostruzione della procura diretta da Vincenzo Pantaleo: violenza sessuale di gruppo aggravata.
“Il giorno della denuncia sono subito iniziate le indagini dei carabinieri della Compagnia di Mazara del Vallo – spiega adesso un comunicato dell’Arma – attraverso l’attivazione di intercettazioni telefoniche e ambientali, sono stati anche sequestrati gli smartphone degli indagati, tutto questo ha consentito di raccogliere molteplici elementi di prova”.
“Mi avevano rassicurato che alla festa ci sarebbero stati degli amici e soprattutto altre ragazze – ha raccontato la giovane nella sua denuncia – ma era una trappola”. Sul corpo della vittima, i medici hanno trovato lividi e contusioni. “Ho provato a divincolarmi, a urlare. Ma non è servito a nulla”.
Il pericolo di inquinamento delle prove ha portato agli arresti.
(da agenzie)
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