Aprile 27th, 2021 Riccardo Fucile
“IL VIDEO DI GRILLO E’ LO SPECCHIO DEL PERCHE’ LE VITTIME DI VIOLENZA SESSUALE NON PARLANO”
Da una parte le urla di un uomo che, per difendere suo figlio Ciro accusato di
stupro, sfrutta il suo potere mediatico per farsi sentire.
Dall’altra l’esperienza di centinaia e centinaia di ragazze che ogni giorno non trovano la voce per raccontare quanto subito.
Non sono tante le vittime di violenza che hanno la forza di parlare di quanto subito o che riescono a rendersi conto dello stupro nei tempi – limitati – concessi dalla giustizia italiana per sporgere denuncia.
La legge Codice Rosso ha ampliato la forbice di tempo concessa alle donne di altri 6 mesi, allungando a un anno il periodo utile per andare dalle autorità e sperare di portare a processo lo stupratore. Ma ancora non basta. E la storia di Luce, che ha metabolizzato la violenza solo dopo più di un anno, è un esempio lampante.
Luce ha 23 anni e vive a Bologna, dove studia Lettere all’Università. Da circa due anni ha un canale Instagram dove fa informazione sul consenso sessuale.
Dopo quanto le è accaduto a 19 anni si definisce una survivor: «Ero in vacanza a Parigi ed ero rientrata a casa accompagnata da un ragazzo che conoscevo e di cui mi fidavo», racconta. «Mi sembrava più sicuro che andare in giro da sola alle 4 del mattino per una città che non conoscevo bene. Beh, mi sbagliavo».
La mattina dopo lo stupro, Luce ha voluto affrontare l’argomento con lui. «Disse che non si era accorto che dormivo e che pensava volessi fare la preziosa», dice.
La sua totale assenza di consapevolezza è, esattamente come quella che ha mosso Beppe Grillo nel suo video, figlia della cultura dello stupro. Quella cultura che minimizza la violenza e tende a non credere alle donne, che in quanto donne esagerano di default. Che spaventa e ti spinge a non esporti anche quando hai tutte le ragioni per farti sentire.
«Loro sono innocenti fino a prova contraria, noi bugiarde fino a prova contraria», dice. «E faranno di tutto per cercare appigli nella tua personalità per colpevolizzarti. Ti diranno che eri troppo ubriaca, che non avresti dovuto rimanere fuori casa fino a quell’ora».
Luce non ha dubbi: se a scuola le avessero insegnato che il consenso, quando c’è, non lascia zone grigie o spazi per il fraintendimento, avrebbe avuto gli strumenti per capire che si trattava di uno stupro fin da subito.
«Io ho realizzato di aver subito violenza solo mesi dopo, dopo aver letto una storia su Instagram simile alla mia. A scuola non ci viene insegnato che cos’è il consenso, né che ci sono delle situazioni in cui non puoi darlo – come quando sei ubriaca o stai dormendo», racconta. «Sembra una cosa scontata, ma non lo è. Non lo è in questo mondo per una ragazza di 19 anni».
(da Open)
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Aprile 27th, 2021 Riccardo Fucile
GRILLO CHIEDE UNA PERIZIA SULLO STILE DI VITA DELLA GIOVANE: LECITO DIFENDERSI MA PERCHE’ TENTARE DI COLPEVOLIZZARE LA VITTIMA?…. E PERCHE’ ALLORA NON INDAGARE SULLO STILE DI VITA DEGLI ACCUSATI?
Difendersi è lecito, ma non colpevolizzando e gettando fango sulla vittima. 
Beppe Grillo, dopo lo scandaloso video pubblicato su Facebook la scorsa settimana per difendere il figlio dai processi mediatici (in realtà avviati da lui proprio con quel filmato social) prosegue la sua offensiva.
E lo fa cercando di mettere in cattiva luce la giovane che accusa suo figlio Ciro e i suoi amici di stupro di gruppo.
Per farlo, ha deciso di dare mandato di “investigazione” a Marco Salvi, noto esperto già famoso per essersi occupato di alcuni dei casi più eclatanti di cronaca italiana.
L’outsider Salvi, infatti, si è occupato di Donato Bilancia – condannato a 13 ergastoli per 17 omicidi compiuti tra il 1997 e il 1998 – e dell’omicidio di Carlo Giuliani, morto durante gli scontri del G8 di Genova nel 2001.
A lui Beppe Grillo – come riporta il quotidiano La Repubblica – ha dato mandato di analizzare video e foto di quella notte tra il 15 e il 16 luglio del 2019 e di quelle ore trascorse dalla giovane nell’abitazione del comico genovese e garante del Movimento 5 Stelle insieme a Ciro Grillo e ai suoi tre amici. La ragazza, 19 anni all’epoca dei fatti, ha raccontato di aver subito violenza sessuale da tutti i giovani.
L’obiettivo di questa perizia è dimostrare la tesi difensiva tenuta dai ragazzi, fin dai primi interrogatori avvenuti nell’estate del 2019.
La versione dell’accusa è molto diversa da quella della difesa: la giovane ha raccontata di esser stata violentata sessualmente da tutti i ragazzi presenti in quella casa. E se Ciro Grillo non ha voluto rilasciare commenti, gli altri accusati hanno deciso di rompere questa cortina di fumo.
Il primo a parlare è stato Vittorio Lauria che ha rilasciato una dichiarazione a Non è L’Arena in cui ha dato la sua versione dei fatti: la giovane ha bevuto vodka a mo’ di sfida e poi ha avuto rapporti sessuali consenzienti con tutti.
Oggi, il Fatto Quotidiano ha riportato la testimonianza di Francesco Corsaglia, uno dei tre amici di Ciro Grillo accusati: “Ho avuto un rapporto consenziente con S.J., eravamo solo io e lei, poi mi sono addormentato. Di ciò che è successo dopo io non so niente”.
La difesa, dunque, è completamente spaccata. I racconti di due dei tre accusati hanno fornito una ricostruzione differente.
Forse la caccia alla colpevolizzazione della vittima dovrebbe essere placata davanti a queste evidenze.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 20th, 2021 Riccardo Fucile
FEDERICA DAGA SPIEGA A GRILLO CHE NON C’E’ UNA DATA PER DENUNCIARE UNA VIOLENZA O UNO STUPRO
Federica Daga, deputata del Movimento 5 Stelle spiega a Beppe Grillo che non c’è una data per denunciare una violenza o uno stupro. E racconta la sua dolorosa vicenda personale
Ieri Federica Daga, a caldo, ha spiegato a AdnKronos cosa pensava del video in cui Beppe Grillo ha detto “perché una persona che viene stuprata la mattina, il pomeriggio va in kite surf e dopo otto giorni fa la denuncia?”. La deputata ha espresso vicinanza umana all’Elevato, ma non senza rimarcare che una vittima non può essere messa sul banco degli imputati perché non denuncia immediatamente: “Umanamente mi dispiace per Beppe, il suo è il dolore di un padre. Quasi non riesco a commentare ciò che ha detto. Ho avuto una relazione con una persona violenta per un breve periodo e per elaborare quanto era successo ci ho messo sei mesi, poi ho denunciato”.
Daga poi ricorda la legge, approvata quando Bonafede era ministro della Giustizia, che ha consentito di allungare i termini per la denuncia: “Io ringrazio che ci sia il codice rosso, che consente alle donne di denunciare anche dopo sei mesi dal fatto, mentre io ho avuto solo tre mesi e infatti non ho potuto denunciare tutto quello che mi era successo. Mi dispiace per Beppe, la giustizia è lenta e io sono in causa da cinque anni. Non può essere così lunga una causa, non sai cosa ti può succedere nell’attesa”
Oggi poi la parlamentare pentastellata, in un’intervista a Repubblica è entrata nel dettaglio della sua dolorosa vicenda personale, spiegando che è stata picchiata. E definendo “parole gravi” quelle di Grillo: “Grillo ha fatto un discorso grave che mi ha fatto rivivere tutto il mio dramma. Un discorso da uomo arrabbiato. Ma come si fa a dire che una violenza non è violenza se viene denunciata otto giorni dopo? Io sono stata massacrata di botte e perseguitata da un uomo che sono riuscita a denunciare soltanto a sei mesi dalla fine di quell’incubo”.
Federica Daga spiega che ha avuto una breve relazione con il fratello di un deputato del suo gruppo parlamentare. E che anche quando è finita lui ha continuato a perseguitarla:
Cosa è accaduto nella vostra relazione.
«Mi picchiava. Con ferocia. Per quattro volte ho davvero temuto di finire male. Mi sbatteva la testa contro il muro. Aveva sviluppato un attaccamento morboso nei miei confronti. Ma nello stesso tempo cercava di demolirmi come persona, diceva che non valevo niente».
Quanto è durato il rapporto?
«Pochi mesi, anche perché la sua aggressività si è manifestata subito. Controllava il mio telefono, il mio computer, i miei spostamenti. Un incubo. E ci sono donne che per anni subiscono queste persecuzioni. Sono riuscita a troncare il rapporto ma non a liberami di lui».
Era diventato uno stalker?
«Continuava a cercarmi a minacciarmi. Eppure ci ho messo sei mesi per riuscire a denunciarlo».
La parlamentare M5S ricorda che si vergognava, si sentiva colpevole per essersi fatta coinvolgere in una relazione tossica. Per questo ci ha messo tanto a denunciare: era troppo sconvolta, come spesso accade alle vittime di violenza, che sovente non denunciano affatto, sia perché non riescono ad elaborare il loro dolore, sia perché hanno paura di essere messe sul banco degli imputati con argomentazioni simili a quelle che ha usato Grillo. Daga conclude ricordando a Grillo: “Le donne non si inventano le violenze”.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2021 Riccardo Fucile
AVEVA CHIAMATO “TROIE” LE DUE CONSIGLIERE
Alla fine sono arrivate le dimissioni di Alessandro Savoi, presidente della Lega Trentino, al centro della bufera per le frasi sessiste nei confronti di due consigliere che hanno lasciato il partito di Salvini per approdare in FdI e per questo chiamate “troie”.
“Io sottoscritto Alessandro Savoi, Presidente della Lega Salvini Trentino, con la presente – a seguito delle dichiarazioni pubblicate sui social – rassegno le dimissioni dal ruolo di presidente del Partito, onde evitare strumentalizzazioni politiche che possano recare danno alle battaglie della Lega sul territorio locale e nazionale”, fa sapere in una nota.
“Nel rassegnare le dimissioni, mi assumo la responsabilità delle mie parole – che sono il primo a riconoscere frutto di un grave errore – e formulo le mie scuse a quante si sono da esse sentite offese nella loro dignità personale, prima che politica e istituzionale”, conclude il leghista.
La bufera si è scatenata dopo che Savoi, in un post su Facebook ha usato il termine “troie” per attaccare Alessia Ambrosi e Katia Rossato, consigliere provinciali in regione, “colpevoli” di aver lasciato il partito di Salvini per quello di Meloni.
Un addio che ha scatenato l’ira del presidente regionale leghista, il quale sui social ha attaccato i fuoriusciti – cui si aggiunge anche il consigliere comunale di Trento, Daniele Demattè – definiti “torobetti”, (‘burattini’ nel dialetto locale), parlando di “gente infame” e “traditori”.
In un altro post ha rincarato la dose: “E niente. Nella vita, come nella politica, i leoni restano leoni, i cani restano cani e le troie restano troie”.
L’attacco non è passato inosservato. A puntare il dito anche la giornalista Selvaggia Lucarelli: “Ieri due consigliere provinciali (prima la Ambrosi, poi la Rossato) sono uscite dalla Lega Trentino per passare a Fdi. Il presidente del partito leghista e consigliere provinciale Alessandro Savoi ha scritto un post pacato, degno del partito che rappresenta”, scrive su Twitter, postando le parole di Savoi.
Immediata la solidarietà bipartisan verso le due consigliere. La senatrice di FdI Isabella Rauti, responsabile del Dipartimento Pari Opportunità del partito, ha condannato Savoi: “Violente e gravissime le parole del presidente della Lega in Trentino verso due nostre consigliere provinciali in Regione, la cui ‘colpa’ sarebbe quella di aver aderito a Fratelli d’Italia. A loro va tutta la mia solidarietà e vicinanza non soltanto come esponente politica ma in quanto donna”.
Mentre la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della commissione d’inchiesta sul femminicidio a Palazzo Madama, ha chiesto un intervento dei vertici leghisti: “Un atteggiamento indegno. I vertici della Lega intervengano”. Il consigliere regionale di Fdi Alessandro Urzì ha promesso di portare il caso in consiglio regionale.
(da agenzie)
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Marzo 14th, 2021 Riccardo Fucile
INDEGNO COMPORTAMENTO DELLA POLIZIA METROPOLITANA DI FRONTE A CHI ESPRIME DOLORE E RIVENDICA IL DIRITTO DELLE DONNE A USCIRE DI CASA IN SICUREZZA
La veglia per Sarah Everard, 33enne sparita mentre tornava a piedi a casa a Londra il 3 marzo e ritrovata morta una settimana dopo nella campagna del Kent, non è stato un momento di conciliazione, anzi.
Le immagini della polizia che trascina e ammanetta donne che si erano ritrovate sui prati di Clapham Common, il parco che Sarah ha attraversato prima di essere rapita, per renderle omaggio e per piangere l’ennesimo episodio di violenza ai danni di una donna, hanno fatto il giro del mondo, suscitando amare ironie e nuove accuse nei confronti della polizia metropolitana.
Secondo la polizia sono state arrestate 4 persone in tutto «per ragioni di sicurezza», ma l’associazione che ha organizzato la veglia, Reclaim These Streets, accusa le forze dell’ordine non soltanto di aver agito con eccessiva forza ma di non aver interagito in modo costruttivo con loro
nella pianificazione dell’evento.
Sia il ministro dell’Interno Priti Patel sia il sindaco di Londra Sadiq Khan hanno chiesto ufficialmente spiegazioni, mentre cresce il coro di politici che puntano il dito contro il capo della polizia metropolitana Cressida Dick.
Intanto va avanti il processo. Sabato 13 marzo Wayne Couzens, l’uomo al centro del caso, è apparso in tribunale per la prima volta, dove dovrà rispondere dell’accusa di rapimento.
Il ritrovamento del corpo e l’arresto del poliziotto Couzens
L’ultima volta che Sarah era stata vista in vita erano le 21 circa del 3 marzo quando ha lasciato la casa di una amica a Clapham, quartiere al sud di Londra. Stava tornando a casa da sola quando è sparita nel nulla dalle strade della capitale. Per giorni la polizia ha setacciato i dintorni di casa e i parchi del quartiere, per le strade sono comparsi manifesti con la sua foto e i giornali hanno pubblicato lunghe descrizioni degli abiti che indossava nella speranza che qualcuno potesse ritrovarla.
Martedì 9 marzo, poco prima della mezzanotte è arrivata una notizia inquietante: la polizia ha annunciato di aver arrestato un poliziotto nel Kent, contea a sud della capitale, in connessione all’omicidio.
Il giorno dopo è stato ritrovato il corpo di Sarah in un bosco ad Ashford nel Kent, a decine di chilometri da dove era sparita una settimana prima. L’uomo accusato di averla uccisa è stato identificato: si chiama Wayne Couzens, ha 48 anni, padre di due figli, da circa tre anni in servizio tra le fila della polizia metropolitana.
In passato lavorava come meccanico nell’officina di famiglia. Era assegnato al servizio di protezione del corpo diplomatico e dei politici di Westminster, il parlamento britannico.
È stata arrestata anche la moglie, con l’accusa di essere sua complice. «Una famiglia in apparenza normale», dicono i vicini. «Una vicenda davvero disturbante», il commento di Scotland Yard.
Il Paese si interroga sulla violenza contro le donne
Lo è anche per la società civile britannica che comincia ad interrogarsi su quanto sia pericoloso per una giovane donna girare da sola di sera anche in quartieri ben illuminati e relativamente sicuri come Clapham e Brixton. Così, nei giorni dopo la sparizione di Sarah, sui social media e sui giornali è un crescendo di testimonianze di donne.
«Quello che è successo a Sarah Everard ha colpito duramente tante donne perchè ogni giorno facciamo calcoli simili a quelli che faceva lei — scrive su Twitter in un lungo thread la giornalista politica Kate McCann -. Prendiamo il percorso più lungo e meglio illuminato, mettiamo da parte la paura per lasciare spazio alla voce dentro di noi che dice “non essere sciocca, hai tutto il diritto di tornare a casa a piedi da solo la notte ed essere al sicuro […] ma facciamo comunque un piano: le chiavi strette tra le dita prendiamo nota dei negozi all’angolo in cui potremmo rifugiarci lungo il percorso. Sostituiamo le scarpe che indossiamo con quelle da ginnastica, nel caso avessimo bisogno di correre. Manteniamo la musica bassa o spenta».
Le fanno eco la parlamentare Dianne Abbot, così come anche la giornalista televisiva Julie Etchingham, ma le testimonianze di donne sui social media sono tantissime.
Se nei giorni dopo la sparizione di Sarah la polizia metropolitana aveva esortato le donne a fare attenzione a non avventurarsi da sole, soprattutto di sera, dopo l’arresto di Couzens il capo della polizia metropolitana Cressida Dick ha cercato di riportare un po’ di pace dichiarando che è comprensibile che le donne, in particolare a Londra «si possano sentire preoccupate e spaventate», ma aggiungendo che il rapimento di una donna per strada è un evento «incredibilmente raro».
(da Open)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
LA VIOLENZA DI GENERE IN AUMENTO: GLI OMICIDI DI DONNE SALGONO DAL 35,2% AL 41,1%
In vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, come ogni anno vengono
riportati i dati relativi alla violenza di genere dal Ministero dell’Interno, che si conferma ancora come un fenomeno grave e da combattere con ogni mezzo, un fenomeno complesso e che ha radici culturali profonde.
Questo quadro impietoso sulla condizione di molte donne in Italia emerge dall’analisi dei dati, riferiti al 2020, provenienti da tutte le forze di polizia ed elaborati dal Servizio analisi criminale della direzione centrale Polizia criminale del dipartimento della Pubblica sicurezza.
Il 2020 ha visto una diminuzione significativa dei “reati spia” (-6%) ovvero di tutti quei delitti che sono espressione di violenza fisica, sessuale, psicologica diretta contro una donna in quanto tale.
Diminuzione che si accompagna anche al netto calo degli omicidi (-13% rispetto al 2019) consolidando un trend in flessione già da alcuni anni.
Ma se in valori assoluti sono diminuiti tali reati, è aumentata allo stesso tempo l’incidenza percentuale di donne uccise, passando dal 35,2% nel 2019 al 41,1% nel 2020 (sul totale di omicidi commessi): un incremento significativo se si considera che il 2020 è stato un anno che ha registrato un calo generalizzato del numero dei reati a causa delle misure adottate per contenere il contagio da Covid 19.
Sempre nel 2020 sono diminuiti gli omicidi commessi in ambito familiare (151 nel 2019, 144 nel 2020), è aumentata di 6 punti percentuali l’ incidenza delle vittime donna (dal 62% nel 2019 al 69% nel 2020), vittime che hanno trovato la morte per lo più per mano del partner o dell’ex partner.
Il Ministero dell’Interno rinnova il suo lavoro costante e continuo per offrire una adeguata tutela alle donne, così come si impegna a mantenere alta l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere, soprattutto in fase di prevenzione, anche attraverso indicazioni e nuove prassi operative che tengano conto delle particolari condizioni psicologiche in cui si trovano le vittime.
La gravità del fenomeno della violenza di genere, inoltre, mette in luce la necessità “di favorire e supportare – accanto alle azioni di prevenzione e contrasto – anche iniziative di rete da realizzare in collaborazione con altre istituzioni e associazioni di settore per contribuire alla diffusione di una reale crescita culturale che porti al rifiuto di ogni forma di violenza e discriminazione”.
In tale direzione, spiega il ministero, “va l’ impegno, in primo luogo di prefetti e questori, per creare sinergie e forme di più intensa collaborazione con la stipula di protocolli e intese con amministrazioni locali, Asl, uffici scolastici provinciali, centri antiviolenza e associazioni che si occupano di tutela delle donne, in linea con le iniziative assunte a livello nazionale”.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile
LA SPETTACOLARIZZAZIONE DEL DOLORE PER FARE AUDIENCE SAREBBE GIORNALISMO?
Spettacolarizzazione del dolore sempre, comunque e a tutti i costi. Nella puntata di ieri di Non è
l’arena Giletti ha parlato con la vittima diciottenne di Genovese, la famosa ragazza rimasta bloccata in una stanza con lui per venti ore subendo violenze indicibili.
Indicibili, appunto, ma che in Italia troviamo opportuno sondare in prima serata dando vita a dialoghi che dovrebbero svolgersi al riparo dei tribunali, con le vittime tutelate.
Invece tutte le giovani donne ospiti di Giletti hanno avuto come solo riparo il fatto si essere di spalle, ospiti di quel programma che ha trattato la questione speculando a un livello tale da costringere le vittime a passare di lì per ripulirsi la reputazione. Per essere credute. Ieri e la scorsa settimana, ancora una volta, ha vinto il giornalismo sensazionalistico fatto sulla pelle delle donne.
Le domande incalzanti e inopportune di Giletti alle vittime di Genovese
Nei dialoghi di Giletti con le vittime ci sono vari momenti in cui il conduttore cerca di incalzare le ragazze per ottenere reazioni da loro, quelle lacrime che suscitino pietà . Puntare sull’emotività in questo caso garantisce audience ma non di fare un giornalismo adeguata a una situazione del genere.
Continuando a rimarcare la differenza che deve esserci tra un tribunale e uno studio televisivo, riportiamo un momento in particolare: «L’altra ragazza che dice di essere stata stuprata anche lei dice che ricorda e sente addirittura il dolore», afferma Giletti. «Io me lo ricordo», gli fa eco lei. E poi arriva la domanda: «Che tipo di dolore?», quella domanda che cerca di cavare fuori a tutti i costi il marcio per esporlo davanti al mondo. La diciottenne non cede: «Il dolore che provi quando ti violentano, non so come descrivertelo sinceramente». Tagliamo corto, insomma.
Perchè occorre piangere e sviscerare in diretta tutto questo per essere credute?
Già la scorsa settimana Giletti aveva intervistato altre due giovani donne. Stesso stile paternalistico, stessi discorsi sulla droga. In particolare, in un momento, una delle vittime si è messa a piangere. «Non ti devi vergognare delle lacrime, le lacrime sono una verità », dice Giletti. «Questa sera so che era pesante per voi ma è anche importante uscire con tutto quello che avete dentro ma è anche un’occasione per fare arrivare a casa quello che è successo davvero».
Sul fatto che nessuno debba vergognarsi non c’è alcun dubbio, ma viene spontaneo riflettere: perchè tutto questo “deve arrivare a casa”? Perchè le lacrime, la tragedia, il dolore che diventano tangibili per il pubblico che guarda da casa devono essere la condizione imprescindibile perchè il mondo creda a una donna vittima di stupro?
(da agenzie)
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Dicembre 28th, 2020 Riccardo Fucile
POI CERCA DI METTERE UN TAPPULLO PEGGIORE DEL BUCO
Era il 24 dicembre quando il consigliere comunale della Lega a Modena Giovanni Bertoldi
spiegava in tutta la sua illuminante chiarezza (che riporta alla mente, inspiegabilmente, un famoso aforisma) cosa ne pensava della posizione di Nicole Kidman riguardo alla violenza perpretrata sulle donne.
Secondo un articolo di Repubblica l’attrice ha spiegato che “Oltre al COVID c’è un’altra pandemia: la violenza sulle donne, metto la faccia per loro”.
Il sagace consigliere ha capito benissimo, come del resto succede a tanti politici nella Lega, quale fosse il topic della situazione e infatti si è concentrato sull’età della Kidman: “le belle donne, quando invecchiano, si inacidiscono e reagiscono con sentimenti di odio verso gli uomini”.
Il pensiero di Bertoldi, che rischiava di passare inosservato, per fortuna è stato reso noto ai più grazie a Selvaggia Lucarelli che lo ha riportato sui suoi social.
Il leghista però non ha avuto il coraggio di rivendicare parole tanto rivoluzionarie e si è scusato. Ma con moltissima calma. Prima infatti (12 ore prima) aveva ribadito che si trattava di una “provocazione” e che lui scrive “commenti ruvidi” e “contro il pensiero unico”:
“Fantastico! Ora la gente di sinistra ha intentato una vera e propria aggressione mediatica nei miei confronti: stanno andando a ricercare tutti i miei vecchi post . Non paghi di ciò hanno coinvolto anche la mia famiglia. Ovvio che non avrò difficoltà ad adire a vie legali per tutelarmi. In questo paese uno deve avere il diritto a fare provocazioni (cosa che ho sempre fatto con Facebook), fare commenti ruvidi e contro il pensiero unico. Detto questo, ribadisco il no alla violenza, compresa quelle sulle donne e posso assicurare di non avere problemi di sorta nei rapporti con l’altro sesso. Tutt’al più ho potuto toccare con mano quanto nelle separazioni e nei divorzi nella maggior parte delle volte l’uomo risulti soccombente, ma ad essere sinceri ieri più di oggi. Che queste posizioni non piacciano al mondo femminista lo comprendo, ma io rivendico il diritto di pensare altrimenti”
Solo la sera del 26 dicembre Bertoldi si è deciso a scusarsi, ma sempre con motivazioni illuminanti:
“Dopo una giornata convulsa, mi sento di scusarmi nei confronti di chi si eÌ€ sentito offeso da un commento che ho pubblicato sul profilo fb di Repubblica (per altro rimosso da me poco dopo, ma fotografato dalla Lucarelli e diffuso). Mi sono lasciato prendere la mano percheÌ infastidito dalle star che viaggiano su aerei privati e che fanno crociate moralistiche per motivi che io credo legati alla loro immagine e al business che ne consegue. Ho una bella famiglia e una compagna che amo e che rispetto. Auguro a tutti un anno sereno.
Insomma la lotta alla violenza sulle donne è una crociata moralistica.
Vai così, Bertoldi, again!
(da Giornalettismo”)
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Dicembre 18th, 2020 Riccardo Fucile
DATO CHE IL CUSTODE ERA ITALIANO E CON PRECEDENTI PER MAFIA I LEADER SOVRANISTI NON DEDICANO DUE RIGHE AL FATTO
Si recava spesso al cimitero per andare a pregare davanti alla lapide della madre morta. Ed è proprio al cimitero che è stata vittima di abusi sessuali.
A subire la violenza è stata una ragazzina di 15 anni di Buccinasco, alle porte di Milano, che però ha trovato il coraggio di denunciare.
I fatti risalgono ai mesi scorsi: ad approfittare della fragilità di una 15enne appena rimasta orfana di madre è stato il custode del cimitero, un uomo di 63 anni.
Ora per lui, come riportato dal “Corriere della sera”, è arrivata la sentenza di condanna con rito abbreviato a quattro anni e due mesi di reclusione.
L’uomo lavorava nel cimitero per conto di una cooperativa a cui il Comune di Buccinasco aveva affidato la gestione del servizio. Ed era proprio durante le sue ore di lavoro che aveva visto la 15enne recarsi spesso al cimitero. L’incubo per la ragazzina, durato settimane, era poi finito con la sua denuncia alle forze dell’ordine.
La minorenne aveva trovato il coraggio di presentarsi alla polizia locale e denunciare l’uomo, già noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti per mafia.
Così per il custode del cimitero era scattato l’arresto per violenza sessuale aggravata e il pubblico ministero aveva avviato la procedura del codice rosso introdotto nel 2019 e che prevede maggior tutela alle vittime di violenza. L’uomo era poi stato portato in carcere in attesa del giudizio per rito abbreviato e della sentenza di primo grado, arrivata ieri: il giudice si è espresso con una condanna a quattro anni e due mesi di carcere.
(da Fanpage)
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