Gennaio 5th, 2018 Riccardo Fucile
IL PIANO ROM DELLA GIUNTA FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI E SI FA STRADA UNA PROPOSTA A CINQUESTELLE
Il famoso piano rom fa acqua da tutte le parti.
Il Camping River, primo campo destinato a chiudere entro il 30 settembre 2017 è ancora lì: soltanto quattro o cinque famiglie hanno abbandonato i lotti mentre 400 persone vivono ancora nelle baracche ma senza i servizi che erano prima garantiti.
Il piano prevedeva la cancellazione di due tra i sette campi “ufficiali” per 3,8 milioni di investimenti presi dai fondi europei.
A ottobre però il bando per la Monachina è andato deserto mentre quello di La Barbuta se l’è aggiudicato la Croce Rossa Italiana.
E allora per mantenere la promessa il Campidoglio sta pensando, scrive oggi il Messaggero, a un bonus di diecimila euro per chi se ne va:
Ai nomadi stranieri in sostanza verrebbe offerto il biglietto aereo e l’affitto pagato per un paio d’anni nel paese di origine, oppure in alternativa un assegno una tantum (fino a diecimila euro) per liquidare la pratica.
La misura è stata discussa in una serie di riunioni tra i funzionari comunali e i dirigenti della Polizia locale. Certo è che la strategia sui nomadi della giunta grillina deve cambiare, dopo il flop della fase 1 del piano annunciato prima dell’estate dalla sindaca Virginia Raggi.
E quindi l’ipotesi che circola è questa:
L’amministrazione ora è pronta a rimodulare la strategia, inserendo tra gli strumenti del piano rom anche i rimpatri. Volontari e ben remunerati, sia chiaro.
I fondi sono sempre quelli messi a disposizione da Bruxelles tramite il cosiddetto Pon, il Piano Operativo per la Città Metropolitana.
Con queste risorse il Campidoglio pagherebbe ai rom stranieri il viaggio di ritorno nel paese di origine e garantirebbe l’affitto di un alloggio per un periodo di circa due anni.
In teoria ogni nucleo famigliare a basso reddito può incassare fino a 10mila euro, così dice la delibera già votata dalla giunta, ma l’importo potrebbe calare, a seconda del paese straniero in cui il Comune si ritroverebbe a saldare la pigione.
La maggior parte degli ospiti del Camping River viene dalla Romania, dove un affitto medio si aggira tra i 100 e i 150 euro al mese.
Quindi per ogni famiglia il governo capitolino potrebbe liquidare un importo spalmato su 24 mesi tra i 2400 e i 3600 euro.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 30th, 2017 Riccardo Fucile
“VANNO EVITATI SGOMBERI FORZATI, VANNO GARANTITE PROTEZIONE LEGALE E ALTERNATIVA ALLOGGIATIVA”
evitare sgomberi forzati a danno delle comunità rom e garantire alle stesse, in caso di sgombero, protezione legale e un’alternativa alloggiativa adeguata
In una Nazione riconosciuta in Europa come il “Paese dei campi”, dove l’alternativa alla costruzione di “campi nomadi” sono stati per anni ruspe e censimenti etnici, la discriminazione e lo stato di segregazione imposti dallo Stato nei confronti dei rom rappresenta una grave violazione dei diritti umani fondamentali.
A dirlo senza giri di parole non sono attivisti o le solite organizzazioni per i diritti umani — da sempre accusate di buonismo e scarso senso della realtà — ma le Nazioni Unite nel Sesto Rapporto periodico redatto dal Comitato per i Diritti Umani che dal 6 al 10 marzo 2017 ha giudicato il grado di implementazione dei diritti umani fondamentali nel nostro Paese; al suo interno il capitolo dedicato alla violazione dei diritti delle comunità rom appare come il più ampio e dibattuto.
Il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è un organo composto da esperti indipendenti che periodicamente controlla in profondità lo stato di attuazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici di ogni singolo Stato.
Lo fa attraverso un rigoroso lavoro di osservazione e analisi a partire dalle relazioni inviate da organi istituzionali e organizzazioni indipendenti per poi redigere delle “osservazioni conclusive” alle quali, nel periodo successivo, lo Stato interessato è tenuto a tenerne conto.
Nel Rapporto reso pubblico ieri, 28 marzo, le Nazioni Unite hanno intimato all’Italia di «intensificare gli sforzi per sradicare la persistente discriminazione e la segregazione nei confronti delle comunità rom» che riguarda circa 28.000 persone presenti sul territorio nazionale in grave emergenza abitativa.
Per farlo indica alle autorità nazionali e locali tre percorsi definiti: «fornire mezzi effettivi e strumenti risarcitori per quanti hanno subito violazioni dei diritti umani conseguenti al decreto della “Emergenza Nomadi”», terminato nel 2012, i cui effetti devastanti sono sotto gli occhi di tutti; «adottare tutte le misure possibili al fine di evitare sgomberi forzati a danno delle comunità rom e garantire alle stesse, in caso di sgombero, protezione legale e un’alternativa alloggiativa adeguata», «sospendere qualsiasi Piano sociale che possa tradursi nella realizzazione di nuovi campi o aree residenziali nelle quali le comunità rom risultino segregate».
Il messaggio è chiaro e non lascia ombra di dubbi.
Esso è rivolto a tutte quelle amministrazioni che invece di allargare il campo dei diritti a quanti vivono la marginalità e l’esclusione, hanno deciso di comprimerli sempre di più.
E’ rivolto in primis alla Giunta De Magistris che in queste settimane sta completando, ad un costo superiore al mezzo milione di euro, la costruzione di un nuovo “campo” in via del Riposo e che, prima di Pasqua, dovrebbe avviare la sgombero forzato del più grande insediamento informale italiano, quello di Gianturco dove da anni vivono 1.300 rom di nazionalità rumena.
Ma riguarda direttamente anche la sindaca Raggi che a breve approverà il suo sciagurato “Piano di inclusione rom” che, oltre a lasciare per strada migliaia di rom, di fatto si inaugura con la costruzione di un nuovo insediamento — rigorosamente per soli rom — nel XV Municipio.
Nel duro rapporto del Comitato troviamo anche uno specifico riferimento alla Capitale.
Il Comitato delle Nazioni Unite incoraggia l’adozione di «azioni necessarie per revocare tutte le misure di sicurezza restrittive imposte all’interno degli insediamenti segreganti per soli rom» e per questo riporta come esempio virtuoso la decisione dei mesi scorsi del Comune di Roma di congelare il bando per la costruzione del nuovo campo realizzato su approcci fortemente sicuritari e limitanti i diritti fondamentali. Ma neanche il tempo di ricevere un apprezzamento che la Giunta Raggi ha pensato bene di cambiare idea ed il 7 marzo scorso ha revocato la misura: il campo segregante e discriminatorio si farà e già nei prossimi giorni la Commissione giudicante procederà all’apertura delle offerte di quelle organizzazioni chiamate a contendersi il milione e mezzo di euro previsto.
Tanto costa a Roma segregare e concentrare 500 rom. Alla faccia dell’Onu e di Mafia Capitale, i cui ricordi si fanno sempre più sbiaditi.
Rispedita quindi al mittente la “medaglia” appena consegnata ed ancora una volta quello della “legalità ” appare un concetto dall’astrattezza assoluta e dall’applicazione totalmente arbitraria.
Una legalità che è facile urlare dentro i Palazzi ma che poi è terribilmente complicato declinare in diritti nelle periferie più estreme delle nostre città .
Carlo Stasolla
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 29th, 2015 Riccardo Fucile
LA QUESTIONE SARA’ RISOLTA SE SARA’ PRESA IN CARICO DA QUELLE ISTITUZIONI CHE DEVONO GARANTIRE A TUTTI LA LEGALITA’
La questione dei rom potrà essere risolta solo quando verrà sfilata agli estremisti di cui sopra e presa in carico da coloro che avrebbero, per ruolo istituzionale, l’elementare compito di ripristinare la legalità .
Rom: ecco una delle poche parole che possono ancora scaldare gli animi in un Paese che pare aver digerito tutto.
Non ci si divide più per destra e sinistra, Berlusconi viene applaudito da Fazio e si vota tranquillamente un condannato. Ma su quelle tre lettere – erre, o, emme – c’è la guerra.
Guerra come la si intende da noi, ovviamente. Cioè a suon di accuse e di insulti vicendevolmente scambiati tra due categorie di estremisti, che per comodità chiameremo razzisti da una parte e negazionisti dall’altra.
Il razzista è un tipo umano che solitamente fa cominciare le proprie argomentazioni con una premessa – «io non sono razzista» – e le fa proseguire con un «però».
Io non sono razzista però questi rom qua rubano sporcano e campano a spese nostre, poi so per certo che l’altro giorno al supermercato una delle loro donne ha rapito un bambino dei nostri strappandolo dal passeggino.
Il razzista, quando c’è una tragedia come quella dell’altro ieri a Roma, non prende neppure in considerazione il fatto che, a volte, i pirati della strada o i delinquenti che non si fermano ai posti di blocco possono essere anche italiani. In qualche caso perfino del Nord.
Il razzista, quando c’è una tragedia come quella dell’altro ieri a Roma, considera stranieri solo gli investitori, e non gli investiti (la donna morta è filippina, come un’altra gravemente ferita; e sull’asfalto è rimasta pure una francese).
Il razzista fa una certa fatica a distinguere tra stranieri e stranieri, figuriamoci tra nomadi e nomadi.
Troppo complicato mettersi lì a disquisire sulle varie provenienze, religioni e culture. Non è più comodo chiamarli tutti zingari?
Il razzista fa le fiaccolate solo quando i responsabili di un’aggressione, di uno stupro o di un incidente stradale sono rom, non certo quando sono, ad esempio, camorristi: anzi qualche anno fa a Napoli fu la camorra a gestire una marcia contro i campi rom, risolvendo il problema.
Il razzista non arriva certo a dire che la «soluzione» debba essere affidata appunto alla criminalità organizzata: bastano le ruspe, come ha chiesto il leader politico di riferimento.
Anche il negazionista è un curioso tipo umano.
Pure lui, infatti, pare aver voglia di vedere solo ciò che vuol vedere. Vede benissimo, ad esempio, le misere condizioni igieniche in cui vivono i bambini dei campi rom: a volte in mezzo ai topi. Molto meno riesce tuttavia a vedere le responsabilità dei loro genitori.
Il negazionista è molto informato sulle ormai famose leggende nere che avvolgono il mondo dei rom.
E non ha torto, perchè in effetti circolano molte calunnie.
Tuttavia accanto alle leggende nere ci sono le storie vere. Sono stati celebrati, in Italia, alcuni processi per «riduzione in schiavitù», perchè ci sono nomadi che costringono i bambini (quasi mai figli loro) a rubare fino a quando compiono 14 anni, cioè fino a quando non sono punibili per legge e la polizia, subito dopo l’arresto, li deve rilasciare.
Ma ricordarlo, per il negazionista, è «speculazione politica». Come è «speculazione politica» parlare del disagio dei cittadini italiani che vivono vicini ai campi rom subendo furti e trovandosi la spazzatura sotto casa… D’altra parte il negazionista abita in centro.
Morale.
La questione dei rom potrà essere risolta solo quando verrà sfilata agli estremisti di cui sopra e presa in carico da coloro che avrebbero, per ruolo istituzionale, l’elementare compito di ripristinare la legalità .
Il che vuol dire no alle ruspe, no a cacciare dall’Italia i nomadi e sì all’accoglienza.
A patto, però, che gli accolti rispettino la legge, paghino i servizi e non vadano a rubare.
Perchè i rom non devono vivere fra i topi, ma non devono neppure fare i topi d’appartamento.
Michele Brambilla
(da “la Stampa”)
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Aprile 10th, 2015 Riccardo Fucile
IL COMMISSARIO EUROPEO MUIZNIEKS: “BASTA COI CAMPI ROM, SERVONO SOLUZIONI ABITATIVE DECOROSE”… GLI ESEMPI DI MESSINA E ALGHERO
Pochi argomenti scatenano reazioni più viscerali delle discussioni sui rom.
Stereotipi, sensazionalismo e luoghi comuni spesso hanno la meglio sui fatti.
Molte persone sembrano credere che i rom scelgano di vivere ai margini della società in accampamenti di baracche in condizioni abominevoli, e che rientri nella loro cultura far crescere i bambini nella melma, togliendoli dalla scuola per mandarli a chiedere l’elemosina.
Eppure, nella maggior parte dei casi, coloro che nutrono questi pregiudizi nei confronti dei rom e alimentano queste voci non hanno mai rivolto loro la parola.
Ho fatto visita ad alcuni campi rom in Italia e in molti altri paesi europei, e le persone con le quali ho parlato non volevano vivere lì.
Non vogliono vivere in luoghi demoralizzanti nei quali sono segregati contro la loro stessa volontà .
Non ci si dovrebbe dimenticare che molti rom che vivono in accampamenti ghetto sono stati scacciati a forza dai loro alloggi precedenti, e nessuno degli abitanti di quei campi che ho conosciuto durante il mio sopralluogo del 2012 ha dichiarato di essersi trasferito lì di sua volontà .
Anzi: mi sono stati riferiti molti esempi che spiegano in che modo – rispetto alla loro situazione abitativa precedente – vivere in quei campi limita il contatto, e quello dei loro figli, con la popolazione in generale, e in che modo vivere lì contribuisce quindi alla loro emarginazione.
Già nel mio rapporto del 2012 sull’Italia e in una lettera spedita al sindaco di Roma nel 2013 raccomandavo alcune misure atte a facilitare l’integrazione dei rom nella società tradizionale e facevo presente la necessità di porre fine alle politiche che portano alla creazione di campi isolati ed emarginati e agli sfratti coatti.
Malgrado ciò, sono stati fatti pochi passi avanti: queste pratiche proseguono e così pure continuano a esserci ostacoli che precludono ai rom che vivono in accampamenti fatiscenti di accedere all’edilizia popolare.
In alcuni comuni, tra i quali Roma, Torino e Milano, sono stati costruiti o ristrutturati campi ghetto
Questa strada è chiaramente sbagliata. I campi ghetto portano a gravi violazioni dei diritti umani. Violano sia i parametri internazionali e nazionali sia la politica delle stesse autorità italiane in materia: la Strategia nazionale per l’inclusione dei rom del 2012 non lascia spazio alcuno agli accampamenti che emarginano.
Si devono dunque trovare valide alternative abitative.
Per agevolare l’inclusione dei rom nella società , si rende necessario un cambiamento di politica. Gli sfratti coatti e i campi ghetto devono finire nel dimenticatoio.
Nuovi sforzi devono essere fatti per andare incontro alle necessità abitative dei rom.
Tutto ciò è importante perchè l’accesso a un’abitazione decorosa è un requisito fondamentale per usufruire di molti altri diritti umani, in particolare l’istruzione.
Come possono i bambini che vivono in baraccopoli di località remote, circondate da fango e prive di accesso all’acqua potabile, a sistemi fognari, alla rete elettrica e ai trasporti pubblici, frequentare la scuola con regolarità e apprendere, restando alla pari con gli altri bambini?
Per cercare alternative migliori, l’Italia non ha bisogno di guardare tanto lontano.
Alcune esperienze incoraggianti portate avanti a livello locale potrebbero essere prese a esempio.
A Messina alcuni edifici comunali abbandonati sono stati ristrutturati direttamente dai rom del campo di San Ranieri che in seguito vi si sono trasferiti.
Ad Alghero il 15 gennaio è stato chiuso il campo di Arenosu e 51 rom hanno ricevuto un aiuto quadriennale dalla Regione, dal Comune e dalle associazioni per pagare l’affitto di normali appartamenti.
Queste iniziative dimostrano che, con un adeguato impegno politico, alcuni progetti ben strutturati possono effettivamente migliorare l’integrazione dei rom e una reciproca comprensione con la popolazione maggioritaria.
È di fondamentale importanza finanziare e attuare la strategia nazionale di inclusione di rom e sinti.
Alcune risorse, comprese quelle provenienti da finanziamenti Ue, potrebbero essere convenientemente mobilitate per promuovere iniziative adeguate di edilizia e integrazione.
È giunto il momento di smettere di trattare i rom come cittadini di serie B.
Emarginarli non può che portare a maggiore alienazione, emarginazione, pregiudizi.
L’Italia deve mostrare molta più determinazione nel risolvere i problemi di abitazione che i rom si trovano ad affrontare, anche facilitando il loro accesso all’edilizia popolare.
Le vigenti leggi anti-discriminatorie dovrebbero renderlo possibile: le si deve quindi applicare. Questo è il prerequisito di base per garantire che i diritti umani dei rom, siano essi italiani o originari di altri paesi europei, siano interamente rispettati.
Nils Muiznieks
Commissario ai Diritti Umani del Consiglio d’Europa
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Aprile 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PAPA PARLA E LA DESTRA ACCATTONA ANNUISCE E SE NE FREGA… SI FANNO IL SEGNO DELLA CROCE PER ABBINDOLARE UN ELETTORATO CHE VUOLE ESSERE A POSTO CON LA COSCIENZA PER POI FARSI GLI AFFARI PROPRI
Una cosa è parlare (o sparlare) di valori e un’altra è viverli nella quotidianità ; una cosa è sproloquiare di “Dio, patria e famiglia” e un’altra è declinarle seriamente, quelle parole, nel proprio impegno pubblico.
Una cosa è cercare di allisciarsi la Chiesa e un’altra è seguirne davvero i precetti.
Ecco, in sostanza, cosa insegna la vicenda dei nomadi a Roma.
Quel che è successo è una lezione di buona politica: l’occupazione pacifica della basilica di San Paolo da parte dei rom, sgomberati dal Comune da un campo abusivo a Casal Bruciato, ai margini della capitale, si è conclusa grazie all’intervento della chiesa.
I nuclei familiari, tra applausi e abbracci, si sono tutti ricongiunti,, sono usciti da un ingresso laterale della basilica e, a bordo di autobus, sono partiti per raggiungere il centro dalla Caritas.
«I rom che in questi giorni hanno trovato riparo nel chiostro della basilica saranno trasferiti presso una struttura di accoglienza in città », ha reso noto nel tardo pomeriggio l’ente assistenziale del vicariato di Roma sottolineando che nella sistemazione dei rom saranno rispettati i nuclei familiari.
Quasi contemporaneamente la sala stampa vaticana ha fatto conoscere i sentimenti di Benedetto XVI sulla vicenda.
Il Vaticano ha auspicato che la disponibilità della Caritas «preluda a una sistemazione stabile adeguata».
Non stiamo qui a discutere sul merito.
Quel che interessa è mettere in risalto la vuota retorica di una destra che, a corto d’idee e d’ideali, in piena crisi d’identità , cerca disperatamente di appoggiarsi a una qualsiasi autorità “altra”: che sia Berlusconi o la Chiesa poco importa.
Quel che importa è prendere la scorciatoia, dando in appalto il cervello e sacrificando i residui di autonomia intellettuale, di vera “autorità “.
Senza accorgersi delle infinite contraddizioni a cui si va incontro.
E così la destra alemannian-papalina si trova a tradire i valori fondamentali della Chiesa cattolica.
L’accoglienza? Chi se ne frega!
La solidarietà ? L’altruismo? Roba da comunisti.
Tutto gettato nel cestino in nome di un populismo disperato e perdente.
In nome di un’antipolitica degna del peggior estremismo di destra.
Ascoltano le parole del papa, dicono.
Eccole, le parole del papa: «Ogni scelta politica sia ispirata dal rispetto per la persona umana. Bisogna accogliere con solidarietà profughi e rifugiati che, in questi giorni, arrivano dall’Africa. A loro arrivi la solidarietà di tutti; gli uomini di buona volontà siano illuminati ad aprire il cuore all’accoglienza, affinchè in modo solidale e concertato si possa venire incontro alle necessità impellenti di tanti fratelli».
Il papa parla, la destra valoriale annuisce e se ne frega.
Quel che è successo a Roma dimostra quanto sia bugiarda e ipocrita la propaganda di chi si fa il segno della croce solo per nascondere la propria anima nera, di chi parla di valori solo per abbindolare – così credono – un elettorato che vuole sentirsi a posto con la coscienza e poi farsi, amabilmente, i fatti propri.
(da “Il Futurista”)
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Febbraio 16th, 2011 Riccardo Fucile
DA SCILIPOTI ALLA POLIDORI, DA RAZZI ALA SILIQUINI: DOPO ESSERE PASSATI CON BERLUSCONI ADESSO GIRANO CON AUTISTA E LAMPEGGIANTE…IN ATTESA DELLE POLTRONE PROMESSE NEL PROSSIMO RIMPASTO DI GOVERNO
C’è chi per un posto di governo è disposto a ripercorrere il Cammino di Santiago de Compostela, come i mendicanti medievali.
È il caso dell’ex giornalista del Tg1 Francesco Pionati, oggi deputato dell’Alleanza di centro, l’Adc.
Ogni fine settimana il figlio dell’ex sindaco di Avellino riunisce i suoi aderenti in un’amena località religiosa: a Padova, presso la basilica di Sant’Antonio, a Cassino, sotto l’abbazia di San Benedetto.
A una certa ora, miracolo, si materializza la voce di San Silvio, in collegamento telefonico con i discepoli pionatiani, puntualmente ripreso da tutti i tg della sera.
Malignano che non di iscritti all’Adc si tratti, ma di autentici pellegrini arruolati per una giornata a basso costo e tutto compreso, visita al monastero-messa-pranzo al sacco-telefonata del presidente del Consiglio, ma l’importante è che tutto questo girovagare serva a consegnare a Pionati la tanto desiderata poltrona di sottosegretario.
Altrimenti non resterà che andare a Lourdes.
Pionati è solo una delle tante anime in pena che soffrono in questi giorni di passione.
Il Cavaliere li chiama la terza gamba della maggioranza, insieme a Pdl e Lega.
Sono i 21 deputati del gruppo dei Responsabili.
“Più disponibili che responsabili”, corregge un collega.
Formati da transfughi di ogni genere (c’è l’imprenditore ex veltroniano e l’operaio ex dipietrista, l’ex fascista e l’ex comunista), una babele di dialetti e di idiomi preferibilmente originari del regno delle Due Sicilie, decisivi per tenere in vita Berlusconi e la legislatura.
La casella a sorpresa nelle grandi e infime manovre dei rimpasti e degli allargamenti prossimi venturi che devono consentire al governo di superare i passaggi più delicati: la ripresa dello scontro sulla giustizia, il federalismo, il tentativo di riportare il processo breve nell’aula di Montecitorio nelle prossime settimane e il vero match di cui già si vocifera, l’eventuale conflitto di attribuzione da sollevare con il tribunale di Milano sul processo Ruby.
All’ultima cena nell’abitazione romana di Silvio Berlusconi sono stati omaggiati di una cravatta e di un pacco dono preparato dai ragazzi della Comunità Incontro di don Pierino Gelmini.
Ma la vera sorpresa li attendeva all’uscita, nel cortile di palazzo Grazioli. Arriva una macchina con lampeggiante e carica tutto felice l’ex Idv Domenico Scilipoti, detto “the Penguin”, il Pinguino.
Arriva un’altra vettura con sirena e prende in consegna Catia Polidori, l’ex finiana.
Entrano altre berline e salgono a bordo Maria Grazia Siliquini (ex Futuro e Libertà ) e Antonio Razzi (ex Italia dei Valori).
Un carosello di autoblu degno delle Zil nere che segnalavano il saliscendi dei gerarchi nella nomenklatura brezneviana.
Anche se la scorta, giustificata con le minacce ricevute dai transfughi dopo il passaggio nel campo berlusconiano, è solo il primo gradino.
Verso il trionfale ingresso nel governo.
Nonostante le smentite di rito, nelle cucine berlusconiane stanno preparando il rimpasto.
Per superare indenne la corsa a ostacoli delle prossime settimane a Berlusconi non bastano i 314-315 deputati finora racimolati.
Bisogna allargare, anche perchè il prezzo, le condizioni poste da ciascun componente del gruppo, diventa di giorno in giorno più esoso.
“Per votare la fiducia a Sandro Bondi i due deputati sud-tirolesi pretendevano il parco dello Stelvio. Cosa vorranno per salvare Berlusconi dal processo: il Lombardo-Veneto?”, sbotta un deputato del Pdl.
Ecco perchè è diventata così importante la possibile new entry radicale, che vale da sola sei deputati alla Camera e consentirebbe al governo di superare la soglia di sicurezza.
Berlusconi e Marco Pannella non hanno bisogno di mediatori, sono in ottimi rapporti da tempo immemorabile, al punto che di Giacinto detto Marco ministro con il centrodestra si parlò già nel 1994, e finì invece con la nomina di Emma Bonino alla Commissione europea.
La trattativa va avanti da più di due mesi: alla vigilia del voto della Camera del 14 dicembre, lo scontro frontale tra il premier e Gianfranco Fini, l’intesa si era quasi trovata su un documento con uno slogan ad effetto, sei riforme per sei deputati.
Ma tra i sei punti di Pannella c’era qualcosa che suonava troppo simile a un’amnistia: utile anche a Berlusconi, probabilmente, ma la Lega non l’avrebbe gradita neppure per scherzo, e non se ne fece niente.
Ora le danze si sono riaperte.
Non ci sono poltrone per Pannella, se non il sogno di essere consacrato senatore a vita.
Nè rappresentano un problema le questioni etiche: sul testamento biologico il Pdl lascerà libertà di coscienza e amen.
In fibrillazione ci sono gli ex pannelliani approdati dalle parti di Arcore, Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella, Daniele Capezzone, ma se ne faranno una ragione.
Il vero ostacolo, semmai, viene dall’ostilità di Emma Bonino, leale con il Pd con cui si è candidata appena un anno fa alla regione Lazio e contraria a fare patti con il Cavaliere.
Nonostante l’ira di Emma i colloqui Silvio-Marco non si sono mai interrotti e ruotano su due questioni.
La riforma elettorale: consigliato da Mario Segni, suo partner ai tempi dei referendum elettorali dell’inizio degli anni Novanta, il leader radicale chiede la cancellazione del Porcellum e il ritorno dei collegi uninominali.
Un maggioritario hard che – oltretutto – agli occhi del Cavaliere avrebbe il bel risultato di spazzare via il Terzo Polo, costretto se non vuole sparire a scegliere se stare di qua o di là , come successe nel ’94 al centro di Segni e di Mino Martinazzoli.
La seconda condizione è la riforma della giustizia: un piano per le carceri, storica battaglia radicale, e in più la separazione delle carriere e una responsabilità civile dei giudici molto più punitiva dell’attuale.
Musica per le orecchie del premier che in questi giorni ha valutato la possibilità di un clamoroso cambio al ministero di viale Arenula.
Un tecnico, tipo l’ex componente laico del Csm Mario Patrono, al posto di Angelino Alfano.
Molto più credibile un giurista appoggiato dai radicali per fare la sempre annunciata riforma della giustizia.
Anche perchè per Angelino si progetta un futuro di prima linea.
Ritorno al partito, ma da coordinatore unico.
Riorganizzare le truppe del Pdl che nei sondaggi resta intorno al trenta per cento ma che da tre anni è affidato a un uomo macchina come Denis Verdini, di certo non un personaggio da spedire in tv a difendere l’operato del governo, oltre che già abbastanza inguaiato di suo in inchieste e ispezioni. Angelino, dunque, coordinatore unico, giovane e affidabile.
E Guido Bertolaso, disoccupato di lusso dopo il suo addio alla Protezione civile, all’organizzazione, alla guida di una rete di presunti volontari (roba da coccolone per Maurizio Scelli, ex capo della Croce rossa, che nella scorsa legislatura coltivava identica ambizione).
Un ticket per rivitalizzare il Pdl.
E per placare gli appetiti dei Responsabili.
In testa alla lista c’è il siciliano ex Udc Francesco Saverio Romano, in corsa per un ministero.
E un pugno di poltrone in palio: il calabrese Aurelio Misiti vice-ministro alle Infrastrutture, il veneto Massimo Calearo vice-ministro al Commercio con l’estero, l’eterno dc Vincenzo Scotti ritornerebbe ministro (alle Politiche comunitarie) per svuotare il posto da sottosegretario al ministero degli Esteri. Per Pionati?
Chissà : la Farnesina val bene un pellegrinaggio.
Marco Damilano
(da l’Espresso“)
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Dicembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
APERTO UN FASCICOLO SULLA BASE DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE CIVILE CHE HA ACCOLTO IL RICORSO DI 10 NOMADI PER LE CASE POPOLARI, PRIMA ASSEGNATE POI TOLTE….NEL PROGRAMMA DEL PDL C’ERA L’IMPEGNO A COSTRUIRE ALLOGGI POPOLARI SUFFICIENTI PER TUTTI: DOVE SONO?
Il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, ha aperto un fascicolo, per ora senza indagati nè ipotesi di reato, sulla base della sentenza del Tribunale civile di Milano che nei giorni scorsi ha accolto il ricorso presentato da 10 nomadi, a proposito delle case popolari assegnate e poi tolte dal Comune.
Nella sentenza si parla di possibili comportamenti omissivi del Comune di Milano per motivi di discriminazione razziale.
Il fascicolo, come ha spiegato il procuratore aggiunto Spataro, è stato aperto «d’intesa con il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati». Si tratta, ha aggiunto Spataro, «di un fascicolo iscritto al cosiddetto modello 45 e dunque non vi sono nè indagati noti o ignoti, nè ipotesi di reato».
È un fascicolo di «atti relativi all’assegnazione delle case Aler ai nomadi e trae origine dall’ordinanza del giudice Roberto Bichi del 20 dicembre scorso, nella quale si fa riferimento a possibili attività determinate da motivi di discriminazione razziale».
Il giudice civile, infatti, nella sua sentenza, con cui ha riconosciuto il diritto a 10 nomadi romeni di entrare nelle case popolari, che gli erano state prima assegnate e poi negate, aveva parlato di possibili ragioni di discriminazione razziale per i comportamenti omissivi del Comune di Milano.
L’amministrazione comunale, infatti, aveva prima stipulato una convenzione per assegnare le case ai rom e poi aveva fatto marcia indietro.
Mercoledì mattina si è tenuto un incontro con l’avvocato Alberto Guariso (che rappresentava i nomadi nel giudizio civile) e con don Massimo Mapelli della «Casa della carità ».
Saranno richieste informazioni anche al prefetto, che è anche commissario per l’emergenza nomadi in Lombardia.
In merito alle dichiarazioni del sindaco di Milano Letizia Moratti, che ha criticato la sentenza del tribunale civile, Spataro commenta: «Ovviamente alla magistratura non possono interessare le valutazioni politiche, le parole del sindaco Moratti non sono certamente nuove e in ogni caso vorrei ricordare che l’assegnazione delle case in questione alle 25 famiglie rom di via Triboniano fu frutto di una scelta dell’amministrazione comunale».
Dunque, secondo Spataro, «non si riesce a comprendere di quale invasione di competenze si parla», riguardo alla decisione del tribunale civile.
Infine, ha concluso Spataro, «che il mutamento di posizione del Comune sia avvenuto nei termini descritti nell’ordinanza è stato oggetto di una precisa intervista rilasciata dal prefetto di Milano il 30 ottobre al Corriere della Sera e richiamata dal giudice civile Bichi».
Il giudice nell’ordinanza aveva fatto riferimento a possibili ragioni di discriminazione razziale riguardo ai comportamenti omissivi del Comune e della Prefettura.
Apprendendo dell’inchiesta, il vicesindaco Riccardo de Corato si è detto «stupito», e ha parlato di «secondo intervento a gamba tesa» da parte della magistratura, dopo la sentenza del Tribunale civile.
«Spetta alla politica decidere i provvedimenti che riguardano l’amministrazione cittadina e non alla magistratura – ha commentato De Corato, in una nota -. Altrimenti conviene consegnare le chiavi della città ai giudici e ce ne andiamo tutti a casa. E va detto che non esiste una delibera che imponga la cessione di case ai rom. Il Comune ha solo concesso un affitto calmierato per 25 case Aler escluse dalla disciplina Erp e destinate a situazioni di fragilità sociale».
«La questione discriminazione razziale – ha continuato – è poi sconfessata a priori. Perchè nel momento in cui il prefetto, che è commissario all’emergenza nomadi, adotta un progetto di riqualificazione e messa in sicurezza dei campi autorizzati, e che prevede tra l’altro accompagnamento all’autonomia abitativa dei rom, piano finanziato dal ministero dell’Interno con 13 milioni di euro, be’, questa è la prova provata che ci prendiamo a cuore del problema. Se fossimo razzisti, governo, prefetto, Comune, non avremmo scucito un euro».
La tesi di de Corato andrebbe benissimo se il Comune, dopo aver assegnato la casa popolare ai 10 rom e dopo aver concordato il loro allontanamento dal campo precario di via Triboniano, non gliela avesse negata in un secondo momento.
Perchè quando si firma un patto lo si rispetta, invece che stare dietro alle stronzate della Lega.
Quello del Comune era un atto dovuto .
E finiamola con la guerra tra poveri e le relative speculazioni.
Invece che mettere gli uni contro gli altri, che si pensi a costruire un numero sufficiente di case popolari, come era scritto nel programma del Pdl, invece che raccontare palle mediatiche.
Se i senza casa fossero ad es 1.000 e gli appartamenti popolari corrispondenti a tal numero, nessuno si lamenterebbe e finirebbe ogni polemica.
Se invece a qualcuno fa comodo non costruirle, per poi fomentare odio razziale, è giusto che ne risponda al Paese tutto e ai giudici nei casi specifici.
Noi non abbiamo simpatia o antipatia per nessuno: chi si comporta bene e non ha risorse va aiutato, che sia italiano o straniero.
Lo Stato dovrebbe soprattutto aiutare gli indigenti, non certo i benestanti che non ne hanno bisogno.
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Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
UNA INTERESSANTE ANALISI DI UNO STUDIOSO ROMENO SULLA STORIA DEGLI ZINGARI IN ITALIA E IN EUROPA… PER CONOSCERE MEGLIO ORIGINI , MENTALITA’ E CULTURA DELLA COMUNITA’ ROM
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni.
Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalè (gitani della penisola iberica).
A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità .
Essi hanno un’origine comune, l’India del nord e una lingua comune, il romanès o romani, divisa in svariati dialetti.
L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire.
La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita.
Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione.
Circa l’80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa è rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia.
Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara.
Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto.
Dall’India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia.
Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani.
A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi.
Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tià’, glà se, brèg (ted. tià’ch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), nià’te = nulla (s. c. nista), a à’tar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perchè i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra?
Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Continua »
argomento: Costume, economia, Lavoro, radici e valori, zingari | Commenta »
Dicembre 20th, 2009 Riccardo Fucile
LA BARACCOPOLI LEGHISTA A GENOVA NON NE AZZECCA UNA: LA VOLTA SCORSA HANNO BESTEMMIATO DURANTE LA RACCOLTA FIRME A DIFESA DEL CROCEFISSO…STAVOLTA REGALANO UN BAMBIN GESU’ CON UN BULLONE ROTTO SULLA NUCA E L’AUREOLA CHE NON SI AVVITA… COMPRATI 300 PEZZI A 50 CENTESIMI: DAI CINESI O DAI MAROCCHINI?
Ormai è come sparare sulla Croce Rossa: la Lega a Genova è un partito umoristico, ogni sua iniziativa dovrebbe avere al seguito, invece che i cronisti politici, gli inviati de “La sai l’ultima” o quelli de “le Jene”.
Sbagliano i genovesi che accolgono le loro iniziative a insulti o che, passando accanto ai loro banchetti di raccolta-firme monotematici, urlano loro giudizi impubblicabili.
In fondo basterebbe vedere il lato umoristico della loro attività : assistere alle loro esibizioni è meglio che andare al cinema ad assistere all’ultimo film natalizio di De Sica: la Lega di Rixi e Bruzzone garantisce spettacoli gratuiti.
Mettete la battaglia per il mantenimento dei crocefissi nelle scuole: qualche settimana fa raccolgono firme in piazza De Ferrari e regalano dei piccoli crocefissi, spacciandosi per cristiani proprio loro che predicano xenofobia e razzismo (che di fede cristiana notoriamente non hanno nulla).
Allora, nel bel mezzo della iniziativa a un loro collaboratore, mentre litigava con un passante, non venne in mente di cominciare a bestemmiare, tirando in mezzo Cristi e madonne? La cosa non passò inosservata ai cronisti presenti e finì sui giornali di tutta Italia.
Ovviamente da via Bellerio nessun provvedimento.
Due giorni fa si replica: stesso posto, stessa raccolta firme, ma stavolta il crocifisso è sostituito da un piccolo Bambin Gesù, dato in omaggio dalla premiata ditta Rixi, forse per limitare gli insulti dei passanti.
Pensate che stavolta sia filato tutto liscio?
E allora non conoscete le grandi doti politico-organizzative dei “dottori” leghisti genovesi.
E pensare che avevano investito ben 150 euro nell’operazione: ovvero avevano acquistato 300 Bambin Gesù con aureola a 0,50 eurini l’uno, parola di Rixibar.
Ma o il Bambin Gesù si è ribellato ad essere strumentalizzato dai “cristiani per caso e per convenienza” o il Rixi ha preso una fregatura.
Eh sì, perchè ogni Bambin Gesù aveva un bullone sulla nuca che avrebbe dovuto rendere stabile l’aureola, ma qualcuno ha pensato bene di rifilare a Rixi una partita fallata. Continua »
argomento: Bossi, Centrodestra in Liguria, Genova, LegaNord, Politica, radici e valori, zingari | Commenta »