CEMENTO SELVAGGIO, TORNANO QUELLI DEL “SILENZIO ASSENSO”
IL CAVALLO DI TROIA CHE DEPOTENZIA IL RUOLO DELLE SOPRINTENDENZE E I CONTROLLI
Ci risiamo: è lo stesso, eterno copione. Da Berlusconi, a Renzi e oggi a Salvini: abbattere le odiate soprintendenze, sciogliere ogni vincolo che possa frenare l’arbitrio privato. E nel frattempo sterilizzarle, ridurle all’impotenza. Oggi il cavallo di Troia si chiama disegno di legge 1372, in discussione al Senato, e intitolato Delega al Governo per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica. Nell’introduzione si mente per la gola, ma non si riesce a trattenere il ghigno, affermando che la legge “rappresenta un passo importante verso una gestione più efficiente e moderna delle autorizzazioni paesaggistiche. La tutela del patrimonio culturale e ambientale deve rimanere un obiettivo primario, ma è necessario bilanciarla con l’esigenza di non paralizzare l’attività edilizia e urbanistica con procedure eccessivamente lente e complesse”. Una excusatio non petita, seguita da un’orgia di ipocrisia: bilanciare la tutela dell’ambiente con il cemento è come bilanciare la legalità con la mafia. Perché in Italia abbiamo un articolo 9 della Costituzione in cui si dice che la Repubblica tutela il paesaggio, cioè l’ambiente, e abbiamo un articolo 42 che dice che “L’iniziativa economica privata … non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno … all’ambiente”.
Perché questo è il punto: in un Paese come il nostro il cemento è un interesse privato, l’ambiente è l’interesse generale. E invece il ddl che cosa fa? Resuscita il vecchio mito dei palazzinari: il silenzio assenso. Se la soprintendenza non risponde entro un termine preciso, abbassato in alcuni casi a 30 giorni, allora si può procedere: ma la semplificazione amministrativa deve garantire l’interesse di tutti, non quello privato. Così il gioco è scoperto: le soprintendenze sono prive di personale e definanziate, e i cementificatori, amici degli stessi politici che fanno le leggi e tolgono i mezzi alla tutela, hanno via libera. E poi, alla prima alluvione, tutti a piangere sulla cementificazione che porta morti, e danni per miliardi.
Ma non basta. Il ddl modifica l’articolo 152 del Codice dei Beni culturali, che prevede che “nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni nell’ambito e in vista” di “cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali”, “complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici” o di “bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”, la soprintendenza debba esprimere parere vincolante.
Cioè se voglio piazzare una fabbrica davanti a una cattedrale, o una pala eolica sopra un albero secolare oggi devo passare per il parere di chi tutela i beni di tutti noi. Ma se passa questa legge, il parere sarà sì obbligatorio, ma non più vincolante: ergo i privati tireranno diritto, in un nuovo sacco d’Italia. Non basta ancora: il parere delle soprintendenze sarebbe carta straccia anche per gli interventi nelle aree tutelate per legge, come i “territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni
elevati sul mare; i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi … e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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