CI VOLEVA IL “NEW YORK TIMES” PERCHÉ SALVINI SI ACCORGESSE CHE IN SICILIA C’È UN’EMERGENZA SICCITÀ: GLI INVASI SONO AI MINIMI STORICI, ALCUNI COMUNI NON VEDONO L’ACQUA DA OLTRE 40 GIORNI, GLI ALLEVATORI VEDONO MORIRE LE LORO BESTIE PERCHÉ NON SANNO COME DISSETARLE
E LA POLITICA? LOLLOBRIGIDA VUOLE ISTITUIRE UNA TASK FORCE DI CARABINIERI E FINANZIERI CONTRO I FURTI D’ACQUA. MA SE L’ACQUA NON C’È? SCHIFANI AVEVA CHIESTO 130 MILIONI A ROMA, MA NE SONO STATI INVIATI SOLO 20
Negli invasi, sotto terra, tra le foglie, nel fango. Perfino nelle fogne. La stanno cercando dappertutto, nel Sud, l’acqua che può aiutare a sopravvivere a questa estate dove tutto sa di sete. In un’Italia nota al mondo ora per la sua drought , la siccità siciliana. Alla quale dedica l’apertura il New York Times , spiegando che «dopo aver perso i raccolti per la siccità, la Sicilia teme di perdere anche il turismo». E raccontando di allevatori in lacrime tra colline simili a dune e laghi trasformati in crateri
Il clamore del servizio del Nyt infuoca la polemica nostrana. Invettive a sfondo meteorologico. Chiede il dem Peppe Provenzano: «La crisi idrica è nota alla Regione siciliana da mesi, la prima interrogazione l’abbiamo fatta a febbraio e il governo non ha risposto. Aspettavate la pioggia?». Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, lancia il sasso nello stagno secco delle responsabilità che si perdono nel tempo: «È un’emergenza nazionale per la quale stiamo mettendo in campo ogni azione utile a superare le criticità emerse ed evidenti da anni».
Gli invasi vuoti Ma come ogni anno gli invasi sono vuoti da far paura.
Il record è a Ogliastro, in Sicilia, dove la capienza attuale è più di cento volte inferiore a quella prevista. Martedì, nella diga di Monte Cotugno, in Basilicata, secondo i dati di Acque del Sud spa c’erano 129 milioni e 200mila metri cubi d’acqua. Ce n’erano 272 milioni e 636mila il 23 luglio 2023.
Cambiamenti climatici e mancanza d’acqua stanno sballando l’agricoltura. Oggi in Sicilia ci sarà la prima vendemmia del 2024: a Contessa Entellina, provincia di Palermo. Nel Foggiano la mietitura del grano è stata anticipata già da oltre un mese e il raccolto è dimezzato.
Vagano stordite per le campagne, le bestie, con questo caldo. Si è visto un gregge di capre bere fango vicino Caltanissetta. E allevatori, sempre nel Nisseno, che portano al macello i loro capi perché abbeverarli è diventato impossibile o troppo costoso. A Palermo l’amministrazione ha ordinato di docciare i cavalli da traino, stressati per il calore, e con quale avidità bevevano. Perfino nei canili è diventato un problema far arrivare l’acqua.
SPRECHI E INCOMPIUTE UN FIUME DI SOLDI PUBBLICI PROSCIUGATO NEGLI ANNI
L’ultimo provvedimento per arginare la siccità in Sicilia l’ha annunciato in pompa magna il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: «Una task force di carabinieri e finanzieri contro i furti d’acqua». Ma quali furti se l’acqua non c’è?
Il caso della Sicilia è emblematico. Negli ultimi 17 anni, i governatori che si sono alternati — da Cuffaro a Lombardo, da Crocetta a Musumeci, a Schifani — hanno avuto a disposizione tre miliardi e mezzo di euro. «Prima ancora dell’acqua sono spariti i soldi, non solo in Sicilia, ma anche nelle altre regioni del Mezzogiorno», denuncia Tommaso Castronovo, il presidente di Legambiente Sicilia.
«E, adesso, come sempre, si rincorrono le emergenze, che in realtà sono problemi strutturali mai affrontati per davvero». Il dato più eclatante riguarda le reti di distribuzione: da Napoli a Palermo, perdono un litro d’acqua su due. E non è affatto una novità di questi ultimi giorni.
«Ben più grave — prosegue il deputato di Alleanza Verdi Sinistra — è l’ordine perentorio dato dal ministero delle Infrastrutture diretto da Matteo Salvini: alla Regione siciliana è stato imposto di gettare in mare gran parte dell’acqua di un invaso importante come quello di Castelvetrano. Per motivi di sicurezza, hanno detto». Nella Sicilia della grande sete sembra il provvedimento più folle. «In realtà, questa è una storia emblematica — accusa il leader dei Verdi, che su questo caso sta preparando un’interrogazione — la diga di Castelvetrano, come tutte le altre tredici in Sicilia, non è stata mai collaudata.
C’è dunque il rischio che l’acqua butti giù tutto».
GLI INVASI IN SICILIA
Ecco il vero spreco: «Il lago diventa sempre più vuoto non per la siccità, ma per una disastrosa gestione della cosa pubblica », accusa Bonelli, che intanto amplia la lista dei provvedimenti “più dissennati” come li definisce: «Per il ponte sullo Stretto sono stati distratti un miliardo e 600 milioni che dovevano essere destinati a opere idriche». E alle regioni più assetate sono rimaste le briciole per provare a sistemare le incompiute di sempre. Dalla Calabria alla Campania, dalla Basilicata alla Sicilia, la lista è lunga.
Eppure, nell’estate della grande sete, anche il fiume dei soldi pubblici sembra essersi al momento prosciugato. Il governatore Renato Schifani aveva chiesto 130 milioni a Roma. A maggio, ne sono stati inviati solo 20 dalla Protezione civile oggi sotto l’egida del ministro Nello Musumeci, ex presidente della Regione siciliana.
«Una cifra del tutto inadeguata», hanno tuonato le associazioni degli agricoltori e degli albergatori.
Venti milioni serviranno appena per sistemare le cose che dovrebbero funzionare e invece non funzionano. Ad esempio, alcuni pozzi. E, poi, le autobotti: ne verranno acquistate solo 8 nuove, ce ne sono 78 da riparare. Mentre altre sorprese sono dietro l’angolo. Sì, perché nella Sicilia della grande sete e della politica che spesso improvvisa, riescono pure a sprecare i pochi fondi che arrivano.
Nei giorni scorsi, il capo della protezione civile siciliana, Salvo Cocina, ha lanciato un gran rimprovero a tecnici e amministratori locali, perché il piano per spendere i venti milioni appena arrivati da Roma è parecchio indietro. Solo il 17,1 per cento delle opere è stato completato; mentre il 30,1 per cento è in «corso di ultimazione».
Il governatore Schifani ha messo le mani avanti: «Noi abbiamo reperito ingenti risorse sia nazionali che regionali, adesso tocca a voi».
(da la Repubblica)
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