COMMISSIONI, VINCE BERLUSCONI: NITTO PALMA ALLA GIUSTIZIA
PROBABILI LA BINDI ALL’ANTIMAFIA, FAVA AL COPASIR E FICO ALLA VIGILANZA RAI
Berlusconi era partito puntando ancora più in alto: «Voglio la Giustizia e le Comunicazioni». Le due caselle chiave per tutelare gli interessi suoi e delle sue aziende.
I nomi portati ieri mattina al tavolo della trattativa dai due capigruppo Pdl, Brunetta e Schifani, erano quelli di Paolo Romani alla commissione Lavori pubblici e telecomunicazioni e, appunto, Nitto Palma alla Giustizia.
«Impossibile», hanno spiegato Zanda e Speranza. «Inaccettabili», hanno insistito.
«Con il voto segreto c’è il rischio che i nostri li impallinino unendosi ai grillini», hanno provato ad argomentare. Nulla da fare.
In contatto con via dell’Umiltà e Arcore, Brunetta e Schifani hanno puntato i piedi: «O Romani o Nitto Palma, almeno uno dei due dovete darcelo».
Tutto il pomeriggio è andato avanti così, con telefonate e incontri per provare a superare questo stallo.
Alla fine, a malincuore, il Pd ha ceduto su Nitto Palma, il braccio destro di Alfredo Biondi a via Arenula all’epoca del decreto “salvaladri” nel 1994.
Convinto da Cesare Previti a lanciarsi in politica. In cambio la presidenza della commissione Giustizia della Camera andrà alla fioroniana Donatella Ferranti.
E a palazzo Madama l’ex ministro Paolo Romani, altra bestia nera del Pd perchè considerato la “longa manus” del Cavaliere, dovrà rinunciare alla presidenza della commissione Lavori Pubblici e Tlc.
Al suo posto andrà Altero Matteoli, ex An con estimatori anche a sinistra.
L’indicazione di Donatella Ferranti alla Giustizia comporta inoltre il “sacrificio” di Beppe Fioroni, visto che il manuale Cencelli del Pd non prevede due presidenze per la sua area.
E Fioroni, in corsa per la Scuola o la Salute, fa un passo indietro: «Con il mio gesto – si sfoga in serata con un amico – ho salvato un minimo di decenza a un partito che non sempre ce l’ha».
Risolta la grana principale, il resto delle presidenze sta andando in buca senza troppi scossoni. L’unico scoglio nella maggioranza sono i montiani, che reclamano due presidenze alla Camera e due al Senato.
Ma Pdl e Pd sono concordi nel dargliene una soltanto.
Quanto alle commissioni più importanti, lo schema dovrebbe essere questo: alla Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro, alla Camera Francesco Sisto (vicino a Raffaele Fitto, la soffia al Pd Gianclaudio Bressa); la Esteri a palazzo Madama vede in arrivo Pier Ferdinando Casini, a Montecitorio l’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto; per la commissione Bilancio, il senatore Pdl Antonio Azzolini farà da contraltare alla Camera al lettiano Francesco Boccia; new entry alle Attività produttive di palazzo Madama dovrebbe essere l’ex vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti, eletto con il Pd. Il suo dirimpettaio dovrebbe essere Daniele Capezzone, ma si parla dell’ex portavoce del Pdl anche come presidente della Finanze.
Chi rischia di restare a bocca asciutta è il Centro democratico, che aspirava a una presidenza di area economica per Bruno Tabacci.
Anche i socialisti di Nencini non sono contemplati per le presidenze.
Al Lavoro andranno il senatore Maurizio Sacconi del Pdl e il deputato Cesare Damiano (Pd, vicino alla Cgil); alla Cultura il senatore renziano Andrea Marcucci e l’ex ministro Maria Stella Gelmini.
Quanto alle Bicamerali, che non saranno decise oggi, avanza la candidatura di Rosy Bindi per l’Antimafia, di Claudio Fava per il Copasir e del grillino Roberto Fico per la vigilanza Rai.
I 5stelle, scrive l’Agi, avrebbero avanzato la richiesta di una vicepresidenza per ogni commissione.
Si è continuato a discutere ieri anche della Convenzione per le riforme, incagliata sullo scoglio della presidenza a Berlusconi.
Un macigno davvero impossibile da superare per il Pd. Per questo la Convenzione starebbe finendo nell’archivio dei sogni impossibili, fallita ancora prima di cominciare.
Un indizio ulteriore che sia questa la strada è arrivato dal nome – quello di Anna Finocchiaro – scelto dal Pd per guidare la commissione affari costituzionali di palazzo Madama.
Una candidatura forte (sarebbe dovuta essere eletta presidente del Senato) per la commissione che dovrà iniziare il dibattito sulla riforma della Costituzione.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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