CONDANNA A DELL’UTRI, IL PDL SI SPACCA: PER I GIOVANI E I FINIANI I CONDANNATI PER MAFIA DEVONO STARE FUORI DAL PARTITO
MENTRE I VERTICI ESULTANO PER LA RIDUZIONE DELLA PENA A SETTE ANNI, BERLUSCONI ORDINA: “STATE ZITTI, POSSIAMO SOLO PERDERE CONSENSI”…IN SICILIA I GIOVANI PDL: “IL NOSTRO EROE E’ BORSELLINO, NON MANGANO”…IL FINIANO GRANATA: “C’E’ POCO DA ESULTARE, I CONDANNATI PER MAFIA NON DEVONO FARE POLITICA”
Marcello Dell’Utri voleva l’assoluzione che aspettava da 14 anni, l’accusa una condanna storica: alla fine i giudici hanno emesso una condanna a metà . Condanna ridotta da 9 a 7 anni per aver avuto rapporti con la mafia, portandola nel salotto buono della finanza e nella villa di Arcore, ma solo fino al 1992.
Dopo quindi nessun patto con Cosa Nostra, nessun connubio tra mafia e politica, da cui sarebbe sorta Forza Italia.
Si torna agli anni Settanta quando Dell’Utri, grazie al suo amico Tanino Cinà , comincia a frequentare personaggi di prima fila della gerarchia mafiosa, come Stefano Bontade e Mimmo Teresi.
E quello che ancor oggi si ostina a definire “eroe”, Vittorio Mangano, installatosi nelle vesti di stalliere nella villa di Berlusconi.
Sono gli anni dell’ascesa impreditoriale del Cavaliere, tra investimenti immobiliari e nel campo delle Tv commerciali: Dell’Utri era a capo di Publitalia, società di emanazione Fininvest per la raccolta pubblicitaria.
Per tutelare glli interessi di Berlusconi in Sicilia (Tv e Standa), occorreva avere un referente con amicizie mafiose: Marcello Dell’Utri, con le sue entrature, era la persona giusta per offrire garanzie alla criminalità mafiosa.
Questo in sintesi conferma la sentenza.
Dell’Utri teneva contatti con le varie “famiglie”, mediava, incontrava.
Queste relazioni si sono interrotte nel 1992, dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, dicono i giudici: nessun patto con la mafia e nessuna trattativa per la discesa in campo di Forza Italia, come invece sosteneva l’accusa che aveva chiesto un inasprimento della pena.
La Corte ha in pratica tracciato un confine netto tra il prima e il dopo: fino al 1992 conferma delle frequentazioni mafiose di Dell’Utri, dopo nessun patto con la mafia.
Ora cosa accadrà ?
Se la condanna fosse confermata in Cassazione, il senatore finirebbe in carcere almeno due anni.
Ma c’è il rischio/speranza della prescrizione: se la Cassazione non dovesse pronunciarsi entro il 2012, a 20 anni dall’ultimo reato, la sentenza finirebbe in archivio.
Resta il problema politico, grande come un macigno.
L’esito della sentenza è stata infatti accolta con entusiasmo dai falchi del Pdl al grido “E’ crollato il teorema del patto Cosa Nostra- Forza Italia”.
Ma dal Brasile è lo stesso premier a mostrare di non gradire questi festeggiamenti di fronte a una condanna a 7 anni e ordina ai suoi: “Tutti zitti, possiamo solo perdere consensi”.
Chi non tace sono invece i giovani piediellini siciliani che, a sorpresa, rompono l’unanimismo di facciata.
Mauro La Mantia, trentenne segretario siciliano di Azione Giovani, sostiene “l’esigenza di avviare una profonda riflessione all’interno del partito dopo questa condanna, gravissima per un uomo politico. Noi non ci uniamo al coro di solidarietà per i politici condannati: vorremmo sentire da Dell’Utri che il suo eroe è Paolo Borsellino e non Mangano”.
Mentre su La Mantia arrivano dal Pdl accuse di “popilismo giustizialista”, ci pensa il finiano Fabio Granata, vicepresidente della Comissione Antimafia, a caricare la posta: “Mangano è un mafioso, non un eroe” e conclude: “I condannati per mafia non devono fare politica”.
Tantomeno nel Pdl.
E Filippo Rossi, direttore di FareFuturo, fondazione vicina a Fini, si dichiara orgoglioso di aver invitato Roberto Saviano a inaugurare stasera il festival culturale di Viterbo.
Nel Pdl il dissenso al centralismo monocratico è ormai palese.
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