COSA DOVEVA FARE L’ITALIA SE NON AVESSE UN GOVERNO COMPLICE DEI CRIMINALI LIBICI: PRENDERE A MITRAGLIATE LA GUARDIA COSTIERA LIBICA
A 73 MIGLIA DALLA COSTA SI E’ IN ACQUE INTERNAZIONALI….NON ESISTE UNA SAR LIBICA, L’IMO, ENTE INTERNAZIONALE PREPOSTO, NON HA MAI RATIFICATO L’AUTOINVESTITURA DELLA LIBIA A SFORARE IN ACQUE INTERNAZIONALI… L’ITALIA HA VIOLATO LA LEGGE PER COMPIACERE DEI CRIMINALI
Una delle questioni più spinose che si sta riaccendendo rispetto ai soccorsi nel Mediterraneo centrale riguarda la zona di ricerca e soccorso (Sar) affidata alla guardia costiera libica. Dal 2013 le operazioni nelle acque internazionali di fronte alle coste libiche erano state affidate alla guardia costiera italiana in seguito all’operazione Mare nostrum, ma dalla scorsa estate le autorità italiane vogliono che il coordinamento torni in mano ai guardiacoste libici.
La guardia costiera libica nell’agosto del 2017 ha reclamato la sua sovranità sulle acque internazionali e ha chiesto l’attribuzione della propria zona Sar alle autorità marittime internazionali.
Questa autorizzazione non gli è stata mai concessa.
Tuttavia in un comunicato il 16 marzo 2018 la guardia costiera italiana per la prima volta afferma che i soccorsi avvenuti il 15 marzo erano sotto il coordinamento di Tripoli e implicitamente critica la condotta dell’organizzazione umanitaria che ha rifiutato di riconsegnare alla Libia i migranti appena salvati.
Le autorità marittime internazionali non hanno concesso ai libici la giurisdizione su quel tratto di mare. “Anche in ragione della mancanza di adeguati requisiti per essere riconosciuta dall’International maritime organisation (Imo) si deve ritenere che un’area Sar libica non esista”, scrive l’Asgi in un comunicato.
“Non sussistendo la responsabilità di alcuno stato sull’area del mar libico a sud di quella maltese e confinante con le acque territoriali della Libia, la prima centrale contattata ha la responsabilità giuridica di attivarsi per salvare le barche dei migranti e dei rifugiati in pericolo e per condurli in un porto sicuro”, conclude l’Asgi.
(da agenzie)
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