COSA PENSANO GLI ITALIANI DELL’EUROPA: L’ULTIMO SONDAGGIO SVELA LE OPINIONI SULL’UE
FIDUCIA NELLA COLLABORAZIONE EUROPEA, MA MENO OTTIMISMO SUL FUTURO PERSONALE
Quando si parla di Europa, le opinioni si dividono spesso tra entusiasmo e scetticismo. Ma cosa pensano davvero i cittadini? Per capirlo, ogni anno il Parlamento europeo commissiona una serie di sondaggi, l’Eurobarometro, che raccoglie le opinioni dei cittadini dei 27 Paesi membri su temi che riguardano l’Unione e il suo ruolo nel mondo. L’edizione invernale del 2025 fotografa un momento delicato: tra instabilità internazionale, cambiamenti climatici, sfide tecnologiche e crisi economiche, l’Unione Europea è chiamata a rafforzare la propria voce e la propria capacità di azione. Ma cosa si aspettano le persone? Dove vedono i punti di forza dell’UE? Dove, invece, notano delle mancanze?Guardare ai risultati italiani permette di cogliere un sentimento diffuso: un misto di realismo, aspettativa, ma anche distanza. Il confronto con la media europea è utile per capire non solo cosa pensiamo noi, ma anche come ci collochiamo nel contesto più ampio dei popoli europei.
Il ruolo dell’UE nel mondo: cresce l’importanza, ma l’Italia resta prudente
Alla domanda su come cambierà il ruolo dell’Unione Europea nel mondo nei prossimi anni, il 44% degli europei risponde che sarà “più importante”. Anche in Italia questa visione è condivisa (43%), ma affiancata da una maggiore prudenza e incertezza: una percentuale significativa di italiani (5%) dichiara di non avere un’opinione, contro il 3% della media europea. Questo piccolo scarto può sembrare marginale, ma racconta qualcosa di più profondo: una distanza emotiva o forse una mancanza di riferimenti concreti. In Italia si percepisce un certo scollamento tra l’istituzione “Europa” e la vita quotidiana; è come se molti cittadini faticassero a riconoscere il ruolo dell’UE nei grandi scenari internazionali, o comunque non lo sentissero del tutto vicino
Difesa e sicurezza: fiducia nell’UE, ma con qualche riserva
In uno scenario globale sempre più instabile, il tema della sicurezza è tornato prepotentemente al centro del dibattito. E qui l’Unione Europea viene vista come un attore importante. Il 66% degli europei crede che l’UE abbia un ruolo fondamentale nella protezione dalle crisi internazionali e dalle minacce alla sicurezza. Anche in Italia questo giudizio è condiviso dal 63% dei cittadini. Ma, ancora una volta, l’adesione italiana sembra più contenuta, più fredda. Non c’è infatti un netto rifiuto, ma nemmeno un’adesione convinta. È come se l’Unione fosse vista più come una necessità pratica che come un progetto politico sentito. Un ombrello utile, dunque, ma non sempre affidabile.
Su cosa dovrebbe concentrarsi l’UE? Le priorità di italiani ed europei
Agli intervistati è stato chiesto poi cosa dovrebbe fare l’UE per contare di più a livello globale. Le risposte mostrano una certa coerenza tra i diversi Paesi: la competitività economica e industriale è indicata come una delle priorità principali (32% in Italia, 34% in Europa). In un contesto dove le grandi potenze, Cina, Stati Uniti, India, si contendono la leadership economica, rafforzare l’industria europea appare una scelta quasi obbligata. Ma accanto alla crescita economica, emergono anche nuove urgenze: in Italia, ad esempio, il 36% dei cittadini ritiene fondamentale investire nella difesa e nella sicurezza comune, una percentuale superiore alla media europea (31%). Anche l’indipendenza energetica è vista come strategica: il 33% degli italiani la indica come priorità, contro il 27% degli europei. Non è un caso: la guerra in Ucraina e il caro bollette hanno reso evidente quanto l’energia sia una questione non solo economica, ma geopolitica.
C’è poi un’attenzione italiana verso la sicurezza alimentare (25%) che supera quella della media europea (23%). Un segnale che riflette, forse, la centralità della filiera agroalimentare nel nostro Paese, ma anche una maggiore preoccupazione per la stabilità e la qualità dell’alimentazione.
Un’Europa più unita? Gli italiani dicono sì
L’idea poi che l’Unione Europea debba essere più coesa raccoglie consensi ovunque: l’89% degli europei, e l’88% degli italiani, è convinto che gli Stati membri debbano collaborare più strettamente per affrontare le sfide globali. È uno dei dati più chiari e trasversali del sondaggio: l’unità, dunque, non è solo auspicata, è sentita come necessaria.
Ma l’Italia si distingue anche per un’altra convinzione: per funzionare davvero, l’Unione ha bisogno di più strumenti e più risorse. Lo pensa l’82% degli italiani, contro il 76% della media UE. Questo dato riflette forse una certa frustrazione: l’idea che l’Europa “potrebbe fare di più”, ma non le viene concesso il potere necessario.
Le vere preoccupazioni dei cittadini: inflazione, lavoro, povertà
Quando si passa dalle strategie globali ai bisogni quotidiani, le risposte diventano ancora più indicative. Gli italiani indicano con forza tre priorità:
Il costo della vita, spinto dall’inflazione, è la prima preoccupazione (43%).
Segue il lavoro, che in Italia preoccupa molto di più rispetto alla media europea (37% contro 29%).
Terza, ma non meno importante, è la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (31%).
Qui si vede bene come le priorità siano tangibili, quotidiane, legate alla qualità della vita reale. E si nota anche un maggiore interesse per temi come l’aiuto allo sviluppo e l’uguaglianza di genere, che in Italia ricevono un’attenzione leggermente superiore rispetto alla media europea. In controtendenza, invece, il tema della migrazione: per il 22% degli europei è una priorità, in Italia lo è solo per il 13%. Un dato che va interpretato con attenzione: più che disinteresse, potrebbe indicare un assestamento del dibattito dopo anni di emergenze percepite.
Il futuro personale? Gli italiani ci credono poco
Infine, il dato forse più amaro: solo l’11% degli italiani pensa che il proprio tenore di vita migliorerà nei prossimi cinque anni. È una delle percentuali più basse in Europa: la maggioranza (76%) pensa che non cambierà nulla, mentre un altro 11% si aspetta un peggioramento. Non si tratta necessariamente di pessimismo, ma piuttosto di una visione stanca e forse disillusa. Come se il cambiamento positivo fosse visto come qualcosa di raro, quasi improbabile.
(da Fanpage)
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