COSA PROMETTERÀ GIORGIA MELONI A TRUMP? IL TYCOON CHIEDE PIÙ ACQUISTI DI GAS E ARMI AMERICANE, LO STOP AL GREEN DEAL E UN INNALZAMENTO DELLA SPESA IN DIFESA: MA L’ITALIA, TERRA DI PUTINIANI E CON I CONTI DISASTRATI, NON SI PUÒ PERMETTERE DI INVESTIRE NEMMENO IL 2% DEL PIL, FIGURARSI IL 5 CHE CHIEDE IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO
COSA FARÀ LA DUCETTA, CHE HA SEMPRE SOSTENUTO LA WEB TAX CONTRO I CATTIVONI EX LIBERAL-DEM DELLA SILICON VALLEY, SE TRUMP LE CHIEDERÀ DI OPPORSI A BRUXELLES? LE AUTO, IL FREE SPEECH, LA CINA E LE BASI USA IN ITALIA: COSA BALLA, E TRABALLA, SUL TAVOLO DEL VIAGGIO DI GIOVEDÌ
Accade spesso che le intenzioni di Giorgia Meloni emergano dalle parole di Antonio Tajani. «L’obiettivo – ha spiegato ieri da Osaka, in Giappone, il ministro degli Esteri e vicepremier – è arrivare a zero dazi e a creare un grande mercato dell’Occidente, un mercato libero Usa ed Europa», che – Tajani non lo dice così dritto – tenga lontana la Cina.
Se questo è il traguardo, secondo il ministro, «l’Ue potrà contare sul sostegno di Meloni, che non va da Donald Trump per trattare cose particolari a favore dell’Italia né per far venire meno l’Unione europea».
E allora capiamo di più come si potrebbe articolare e su quali punti questo tanto atteso bilaterale che andrà in scena alla Casa Bianca tra Trump e Meloni giovedì 17 aprile, concentrandoci su cosa interessa al primo e cosa la seconda potrà portare al tavolo dei negoziati con l’Europa nei lunghi 90 giorni che il presidente Usa ha concesso Bruxelles.
Trump vuole che l’Europa compri più energia dagli Stati Uniti, più gas liquido da trasportare fino al Vecchio Contenente. È una partita strategica che si gioca sull’abbandono a metà della dipendenza dalla Russia, avviato dopo l’invasione dell’Ucraina del 2022.
L’Italia è uno dei mercati dove il tycoon è convinto di poter avere più chance. Primo perché molto dipendente dall’import di energia (con diversificazione di approvvigionamento estesa soprattutto ad Algeria e Azerbajan). Secondo, perché sullo sfondo di ogni trattativa con gli Usa resta la stabilizzazione del Mediterraneo e della Libia, un’arma in più in mano al negoziatore americano
Trump non vuole più sentir parlare del 2% del Pil destinato alle spese militari: quello è un obiettivo vecchio. Ora pretende molto di più dagli alleati e molto probabilmente al vertice Nato di fine giungo a L’Aja si chiuderà con un compromesso al 3, 5%.
L’Italia si trova nelle condizioni peggiori: lontana dal raggiungere il primo obiettivo e con un peso finanziario che le impedisce di puntare più in alto. Meloni darà garanzie sul 2% e nel governo non si esclude che entro l’anno l’asticella salirà al 2, 25%. La premier cercherà l’indulgenza di Trump promettendo una sponda solida sull’estensione delle risorse del piano di riarmo europeo all’industria militare americana, a partire da quelle già
strutturate in joint venture. Una filiera euro-atlantica che nei fatti esiste già.
È l’ossessione di Trump da sempre: nel mercato europeo ci sono poche automobili americane, nel mercato Usa troppe europee. Il tycoon ha soprattutto la Germania nel mirino […] La battaglia riaperta da Meloni contro il Green Deal, il grande piano di norme per la transizione energetica e ambientale varata dalla precedente Commissione europea, è un messaggio di disponibilità inviato a Trump.
Il Green Deal è considerato forse il principale ostacolo per rivitalizzare le chance di una vera concorrenza di Europa e Usa con i produttori made in Cina di auto elettriche. Nonostante le tariffe imposte a Pechino a fine 2024, i modelli cinesi avanzano e conquistano gli europei, e agli occhi di Meloni non si facilita un riequilibrio se si mantengono le scadenze ristrette per l’addio delle auto a combustione
(da La Stampa)
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