COSA VUOL DIRE NON AVERE UNA CLASSE DIRIGENTE ALL’ALTEZZA: GIORGIA MELONI VUOLE SPEDIRE RAFFAELE FITTO A FARE IL COMMISSARIO EUROPEO (E’ L’UNICO CHE PARLA INGLESE) MA NON SA COME SOSTITUIRLO
L’IPOTESI E’ SPACCHETTARE LE DELEGHE ORA NELLE MANI DI FITTO CON IL RISCHIO DI UN VALZER DI SOTTOSEGRETARI (E DI SCASSARE LA MACCHINA CHE SOVRINTENDE ALLA MESSA A TERRA DEL PNRR, GIA’ IN RITARDO)
La nomina a commissario europeo di Raffaele Fitto contiene un paradosso. Di fatto l’unico uomo fidato della premier che passerebbe senza patemi l’esame dei parlamentari, aprirebbe al tempo stesso dei problemi a Roma. Per sostituirlo serve un politico (di Fratelli d’Italia) e non si trova.
Un tecnico, infatti, saprebbe gestire la complicata macchina del Pnrr, che il ministro crede di aver ormai indirizzato, ma si troverebbe in difficoltà nel caso, assai probabile, di conflitti con gli enti locali. Fitto aveva pensato alla promozione del suo capo di gabinetto Ermenegilda Siniscalchi. L’idea però ha raccolto più d’una perplessità nel governo: «Ma ci parla lei con Emiliano e De Luca?».
Niente rimpasto, è la parola d’ordine, eppure qualche ritocco potrebbe arrivare presto.
La probabile sostituzione del ministro agli Affari europei è un nodo che si sta aggrovigliando. A quel ministero, in teoria senza portafoglio, è stata assegnata una quantità enorme di deleghe: Sud, Coesione e Pnrr e, appunto, i rapporti con l’Ue.
Il ministro in sostanza è prigioniero, almeno per ora, di tutte queste materie. Per un Fitto che se ne va quindi servirebbero almeno tre figure da coinvolgere. Il fatto che il problema non sia di poco conto lo dimostrano le parole di un ministro che di solito le misura con attenzione, come Luca Ciriani: «Semmai ci fosse la necessità di aggiustamenti, mi sento solo di garantire che non saranno traumatici». […] La premier è ancora convinta che quella dell’attuale ministro degli Affari europei sia l’unica scelta forte se si vuole ottenere il “portafoglio di peso”, priorità assoluta nei negoziati in corso a Bruxelles, che entreranno nel vivo la prossima settimana.
Il punto che Meloni ha indicato sin dall’inizio è quello di evitare un rimpasto che la costringerebbe a salire al Quirinale e che aprirebbe vertenze complesse anche con gli alleati. Per evitare di mettere mano alla squadra in questa fase (prima che il caso giudiziario di Daniela Santanché costringa a farlo), bisogna tenere le deleghe all’interno di Palazzo Chigi, spacchettandole, tenendo per sé gli Affari europei almeno per qualche tempo e assegnando il Pnrr al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano
L’ex magistrato, però, secondo fonti di Fratelli d’Italia, ha fatto presente alla premier che il compito sarebbe troppo gravoso, viste le materie di cui Mantovano già si occupa, a cominciare da quelle sui servizi segreti, come dimostra la sua presenza ieri a fianco di Meloni nel corso dell’audizione al Copasir. Il rifiuto, ben motivato, del sottosegretario ha complicato i piani della premier.
Anche l’altro sottosegretario alla presidenza, Giovanbattista Fazzolari, ha in carico troppi dossier (compreso quello della comunicazione) per prendere sulle spalle il più corposo di tutti. Al tempo stesso Fitto ha avvisato che spacchettare eccessivamente il suo ministero rischierebbe di far saltare tutti i meccanismi ormai oleati da due anni.
La questione della sostituzione di Fitto, come detto, non farà scattare nelle intenzioni di Meloni un rimpasto, ma un ritocco alla squadra potrebbe riguardare il secondo livello, ovvero i sottosegretari. A Palazzo Chigi sottolineano come ci siano due caselle ancora da occupare. Due membri del governo, che si sono dimessi per questioni giudiziarie, Augusta Montaruli e Vittorio Sgarbi, non sono stati mai rimpiazzati. I due “buchi” potrebbero far comodo in questa situazione. Anche se ci sono due ministeri che più di tutti hanno richiesto dei nuovi innesti: l’Economia e i Rapporti con il Parlamento.
In via XX settembre potrebbe finire la deputata pugliese Ylenja Lucaselli, mentre più complesso appare l’approdo di Sara Kelany, fedelissima di Fazzolari, nella squadra di Ciriani. Un posto potrebbe arrivare anche per altri esponenti di FdI, a cominciare da Marco Osnato, presidente della commissione Finanze della Camera. La questione però più urgente resta quella del Pnrr. Altri nomi finiti sul tavolo della premier sono quelli di Galeazzo Bignami (attuale sottosegretario ai Trasporti) e quello della stessa Lucaselli.
Per le altre deleghe, Sud e Affari europei, esistono le candidature di Nello Musumeci (che attualmente dirige il dicastero del Mare) e quella del viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli. Ma entrambi i nomi stanno trovando resistenze all’interno del partito. In particolare, Cirielli, che pure ha portato in dote un numero consistente di voti alle Europee, viene considerato troppo disinvolto nell’uscire dalla linea del partito
(da la Stampa)
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