DAVANTI AI COSTRUTTORI IL CAVALIERE COSTRETTO A CHIEDERE L’APPLAUSO
“COSTRUIREMO LE NEW TOWN, SARO’ RICORDATO COME FANFANI PER IL PIANO CASA”… POI IL SOLITO APPELLO A NON VOTARE I PICCOLI PARTITI
«A questo punto mi aspettavo almeno un applauso». Sono trascorsi quaranta minuti dall’inizio del profluvio di Silvio Berlusconi davanti alla platea degli imprenditori del mattone, nella sede Ance di Roma.
Neanche un applauso, finchè a quel punto le prime due file occupate dallo staff del Cavaliere, da deputati e senatori come Lorenzin e Malan e da qualche imprenditore amico, si scioglie di un plauso riparatorio.
La platea resterà molto tiepida per l’intera ora del solito intervento fiume, in una sala che nel 2008 – raccontano i dirigenti di via Guattani – era gremita perfino fuori e per riempire la quale ieri hanno dovuto chiamare dipendenti e funzionari dell’Associazione ai piani superiori. Almeno per coprire i posti a sedere.
Tant’è, l’ex premier, alla fine, si rifiuta di sottoscrivere il «patto» che il presidente dei costruttori Paolo Buzzetti gli sottopone, come farà nei prossimi giorni con Monti e gli altri leader.
«Faremo un nuovo incontro dopo, firmerò da ministro dell’Economia, non credo sia serio farlo ora» taglia corto lui alquanto indispettito.
Un nervosismo che nasce anche dalla consapevolezza che lo «shock» Imu non sembra aver sfondato nei sondaggi come si aspettava.
Anche se a Palazzo Grazioli restano in attesa soprattutto del sondaggio Euromedia, tra qualche ora.
E dire che il Cavaliere ce la mette tutta per imbonire i suoi «colleghi », come li definisce più volte nel suo intervento.
Per altro con i cavalli di battaglia di questa campagna. «In quattro anni arriveremo alla riduzione dell’Irap», «Costruiremo le new town, sogno di essere ricordato per il piano casa come Fanfani», «Non faremo pagare l’Imu sugli immobili invenduti e i magazzini», «Restituiremo l’Imu e rilanceremo l’economia».
I vertici dell’Ance confesseranno all’uscita la loro delusione, non solo perchè lo staff del leader Pdl alla fine ha preferito evitare le domande e per la mancata firma del patto, ma anche per quella tirata sulle new town alle quali l’associazione costruttori ha dichiarato guerra da tempo, invocando piuttosto «riqualificazione delle città e rinascita dei centri storici».
Nessuno però aveva informato l’ospite.
Che intanto vola via per prepararsi al faccia a faccia di cinque minuti in serata con Mentana.
Ma già in mattinata, a Radio 24, aveva attaccato i competitor Monti e Bersani, rei di aver «confessato apertamente l’inciucio», si era detto contrario alle nozze gay «per religione e per tradizione, i tempi non sono maturi», ma favorevole alla «regolarizzazione delle coppie di fatto». Ma l’appuntamento clou è appunto alle 20 al Tg La7. Botta e risposta acceso.
Il Cavaliere: «Non mi chiamerò più Berlusconi se nel primo consiglio dei ministri non aboliremo e restituiremo l’Imu». Mentana: «E come si chiamerà ?» Lui: «Giulio Cesare».
Con che soldi la restituirete? «C’è una canea di cialtroni che dice stupidaggini, possibilissimo trovare quattro miliardi una tantum».
Farà un blind trust per le sue aziende? «Mai pensato, una legge sul conflitto di interessi c’è già e funziona».
Se vince sarà premier? «No, farò il ministro dell’Economia».
Lei attacca Monti ma ha approvato tutti i suoi provvedimenti, Imu compresa.
«Noi siamo stati formalmente in maggioranza, ma sostanzialmente all’opposizione».
A scatenare tuttavia la rivolta degli alleati di Fratelli d’Italia è l’ennesimo appello di Berlusconi a «non votare i piccoli partiti», scandito fin dal mattino.
Meloni, La Russa, Crosetto chiedono un chiarimento al capo.
In privato tempestano di telefonate di protesta Angelino Alfano, accusano il Pdl di «fuoco amico».
Nera la Meloni: «Le dichiarazioni di Berlusconi cominciano a essere di cattivo gusto».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply