DECRETO ALBANIA BIS, CONTINUA LA TRAGICA FARSA: VERSO I CPR DI SHENGJIN E GJADER, COSI’ I COSTI SALIRANNO ANCORA
POTRANNO FINIRE IN ALBANIA GLI STRANIERI IN ATTESA DI RIMPATRIO, MA POI DOVRANNO RITORNARE IN ITALIA
Il decreto Albania cambia. E Shengjin e Gjader diventano centri di permanenza e rimpatrio. Dopo gli annunci durati quasi un mese il piano del ministro degli Interni Matteo Piantedosi approda al consiglio dei ministri. Grazie a un vuoto normativo del Testo Unico dell’Immigrazione e della direttiva rimpatri Ue, il nuovo provvedimento fatto di due soli articoli nei due centri potranno essere trasferiti tutti gli stranieri che approdano sulle nostre coste senza avere i requisiti. E dunque sono in attesa di rimpatrio.
Il governo Meloni porta in Cdm anche una stretta sulla concessione della cittadinanza per ius sanguinis (che ora sarà possibile ottenere per non più di due generazioni). E la tutela legale per i poliziotti coinvolti in inchieste per l’uso di armi durante il servizio.
Cosa cambia a Shengjin e Gjader
La premier Giorgia Meloni prova a far ripartire il suo progetto dopo lo stallo dei tribunali. E lo fa decidendo di trasferire in Albania chi è in attesa del provvedimento di espulsione perché gli è stato già negato il diritto di asilo. Ora quindi nelle strutture finiranno anche migranti che non provengono da paesi sicuri.
Il decreto modificherà la legge di recepimento del protocollo Italia-Albania firmato da Meloni con Edi Rama a Roma. Ma secondo Piantedosi si tratta di una «prossima riattivazione almeno per una componente delle funzioni di quel centro, che è già esistente: quella di centro per i rimpatri. In attesa, di qui a poche settimane o pochi mesi, di una decisione della Corte di giustizia europea. Che noi non vediamo come
sia possibile che non sia in linea con le posizioni italiane». Adesso nel centro si potrà rimanere fermi fino a 18 mesi. In attesa che i paesi d’origine accettino il loro ritorno a casa.
Il problema dei costi
Per il quale, fa notare oggi Repubblica, c’è un problema di costi. Visto che non ci sono nuove intese con il governo, il rientro dovrà avvenire da territorio italiano. Quindi, per esempio, gli immigrati irregolari oggi trattenuti al Cpr di Ponte Galeria, potranno finire in Albania mentre vanno avanti le pratiche di espulsione. Ma per il rimpatri effettivo dovranno essere riportati in Italia. Prima di partire per il loro paese. Mediamente il 50% dei migranti trattenuti nei Cpr viene rimpatriato.
Per questo è facile prevedere un nuovo via vai di mezzi dall’Italia all’Albania con un ulteriore aggravio di costi. La prassi prevede infatti che ogni immigrato trattenuto debba essere scortato da due poliziotti. Ci sono comunque anche dubbi giuridici. È vero che i return hub in Paesi terzi saranno previsti (non prima del 2027) dal nuovo regolamento europeo. Ma oggi non è previsto da nessuna norma il trasferimento in un un Paese che non è né quello di origine né quello di transito.
La tutela legale dei poliziotti
Poi c’è la tutela legale dei poliziotti sotto indagine per atti commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Anche qui ci vorrà un decreto che prevede spese legali a carico dello Stato e un possibile risarcimento ex post.
(da agenzie)
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