DELUSIONE NEL DIRETTORIO M5S: “SCELTE DELLA RAGGI FATTE PER DISPERAZIONE”
“VIRGINIA NON HA PIU’ SCUSE”… SOLO DI MAIO E DI BATTISTA PLAUDONO PER CONVENIENZA
A nomine annunciate, l’effetto è stato prima di sorpresa, poi di disappunto.
La fronda ortodossa del M5S, la più critica verso l’operato di Virginia Raggi, rappresentata all’interno del direttorio da Roberto Fico, Carlo Sibilica e Carla Ruocco, è costretta a inghiottire in silenzio le scelte della sindaca di Roma.
Il rispetto che devono a Beppe Grillo, che ha chiesto di non commentare i fatti di Roma, li costringe a non rilasciare dichiarazioni.
Non vogliono e non possono, perchè ora è tempo di ricucire, o almeno provare a farlo. Le uniche parole sono quelle, abbastanza freddine, concordate giorni fa e che riflettono la linea dettata dal capo politico e dallo staff della Casaleggio: «Sono scelte di Virginia, la responsabilità è sua».
Parole che, però, lette in controluce rivelano l’isolamento di Raggi nel Movimento.
I vertici non vogliono più immischiarsi, perchè non vogliono essere travolti da eventuali fallimenti a Roma.
Anche Ruocco, nelle ultime settimane esplicita nei j’accuse a Raggi, si limita a confidare a chi le ha parlato che «è un bene che la sindaca abbia finalmente trovato gli assessori, adesso non ha più scuse».
Gli unici due a lasciare apertamente un margine di credito a Raggi sono non a caso Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, i membri del direttorio blindati dall’asse saldato con Grillo e Davide Casaleggio e rilanciati dal palco di Italia a 5 Stelle. Andrea Mazzillo e Massimo Colomban «sono persone che ha scelto Virginia, spero siano quelle giuste e facciano il bene della città ».
Nel gioco delle parti è Di Battista a dare forza a Raggi, confermandole «la massima fiducia», seguito da Di Maio che sembra apprezzare soprattutto il nome di Colomban: «Ho avuto modo di conoscerlo. È un grande segnale offrire a un imprenditore del Veneto che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo la sfida del risanamento delle Partecipate di Roma».
Peccato però che non la pensino allo stesso modo gli altri esponenti dell’organo di governo del M5S e gran parte degli attivisti romani che hanno invaso di commenti chat e social network nelle ultime ore.
Dopo un mese di attesa e il triplice pasticcio di un assessore – Marcello Minenna, che se ne va sbattendo la porta, un altro, Raffaele De Dominicis, costretto a lasciare dopo 24 ore, e l’ultimo che si sfila per non farsi impallinare dalle faide interne al M5S – le aspettative erano altre.
«La sensazione – ragiona un membro del direttorio che chiede l’anonimato – è di scelte fatte per emergenza, quasi per disperazione»
Non piacciono i profili, le competenze «non del tutto adeguate» alla gigantesca prova di Roma.
Non piace che Raggi abbia rivendicato di aver puntato «su due militanti qualificati», andando contro tutta la storia recente del Movimento.
Sono nomine che hanno il sapore dello spoils system tanto caro ai vecchi partiti e tanto criticato dal M5S che aveva annunciato solo nomi di prestigio, esperti, tecnici, scelti in base al curriculum. Così non è stato.
Colomban conferma la partecipazione diretta della Casaleggio nel casting della giunta. Amico di Gianroberto, è a capo della Confapri, un’associazione di imprenditori che raduna nel suo Think Thank alcuni grillini come Vito Crimi e il veneto Davide Borrelli, a sua volta braccio destro di Casaleggio Jr nell’associazione Rousseau. Inoltre, nel 2010 è stato candidato con una lista a sostegno dell’attuale governatore leghista Luca Zaia.
«E poi cosa ne sa un imprenditore veneto di società partecipate romane?» si chiede un altro membro del direttorio.
Non va meglio per Mazzillo. Anzi: «Tutto questo tempo e alla fine fai una scelta che sa di ripiego? Uno che si è candidato prima con Marchini, poi con il Pd, infine con noi, nascondendoci che era stato con Veltroni?».
Anche sui suoi titoli c’è grande scetticismo ai vertici del M5S e tra i parlamentari: «Stiamo parlando della città con un debito di 13 miliardi. E pensare che avevamo Minenna…».
Oggi Di Maio, Ruocco, Fico e Sibilia si incontreranno, senza Di Battista, a Mirandola, in occasione dell’inaugurazione di una palestra distrutta dal sisma e ricostruita grazie a 420mila euro avanzati dalla campagna elettorale del 2013.
Sono le prove generali di una fragile pacificazione.
A sorpresa, potrebbe spuntare anche Grillo. Per la foto di famiglia: il patriarca e i suoi figli che sorridono ai flash con le fauci pronte ad azzannarsi a vicenda.
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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