DEM BATTUTI MA CONTENTI: DA ABRUZZO E SARDEGNA SEGNALI POSITIVI
IL “MODELLO ZINGARETTI” PUO’ CRESCERE… IN SARDEGNA IL PD PRIMO PARTITO
Non c’è quel testa a testa immaginato dagli exit polls, che ieri sera hanno regalato una notte di speranza ai dirigenti del Pd, come non succedeva ormai da tanto tempo.
E comunque i numeri che lentamente affluiscono dall’altra sponda del Tirreno rappresentano la conferma che esiste un embrione di centrosinistra e che su questo progetto si può lavorare per tornare a essere competitivi.
Progetto che poi — e forse non è un caso — coincide con quello immaginato da Nicola Zingaretti, quel modello inclusivo, aperto a esperienze civiche, che torna a guardare a sinistra e che punta senza mezzi termini a riconquistare gli elettori delusi dal (si spera) temporaneo innamoramento per i Cinquestelle. Massimo Zedda ne è stato un interprete perfetto e tutti nel Pd gliene danno atto.
Rispetto a quanto successo in Abruzzo, poi, c’è una novità non di poco conto.
In Sardegna, il Partito democratico nei parziali risulta essere il primo partito, per il contemporaneo tonfo del M5S e la redistribuzione di voti nel centrodestra, che ha fatto scendere Fi a vantaggio della Lega di Salvini, che comunque non fa il botto tanto atteso.
Se il centrosinistra, allargato a Leu, guadagna circa 15 punti rispetto alle politiche dello scorso anno, il Pd resta sugli stessi numeri, senza considerare le liste civiche alleate, infarcite di candidati dem a tutti gli effetti.
Insomma, non è detto che una coalizione allargata finisca necessariamente con il penalizzare il risultato di lista del partito “aggregatore”, anzi può funzionare da moltiplicatore.
Soprattutto, se a trainare c’è un candidato forte e innovativo, rispetto alla stagione precedente. È la tesi che Zingaretti sostiene con più forza, che affonda le radici nelle regionali da lui vinte nel Lazio lo scorso anno, in controtendenza rispetto alla contemporanea catastrofe del suo partito alle politiche.
Non stupisce quindi che dalle parti del candidato favorito per le primarie di domenica prossima trapeli un certo ottimismo per il futuro.
E si ritiene già una vittoria il fatto stesso di aver “convertito” alla necessità di alleanze larghe una buona parte degli ex sostenitori della vocazione maggioritaria a tutti i costi. Se non il turborenziano Giachetti, quanto meno Martina (che di Renzi fu il vicesegretario) ormai ne parla apertamente.
Poco importa che il candidato alla presidenza in Sardegna non fosse del Pd, che quello abruzzese abbia fatto di tutto per mostrarsi autonomo e che in Basilicata si sia dovuto pescare un professionista sconosciuto alla politica, per ricompattare la coalizione in vista delle regionali del 24 marzo.
Così come lasciano il tempo che trovano le polemiche sui big tenuti lontani in campagna elettorale. “Ancora non c’è un segretario in carica — ripete Zingaretti ai suoi — quando ci sarà , potremo lavorare meglio ai confini, le caratteristiche e i candidati della coalizione”.
Per il momento, i segnali importanti sono il ritorno di fatto a un bipolarismo destra-sinistra e la ricostituzione di un blocco di forze, che segna la fine definitiva di quello che il Governatore del Lazio chiama il “partito borioso” della stagione renziana.
“Sinistra e destra esistono ancora”, ha twittato Andrea Orlando, tra i principali sostenitori di Zingaretti: “Dobbiamo saper far vivere la sinistra in questo tempo nuovo, l’indignazione per le ingiustizie e la speranza per cambiare”.
E gli fa eco il cinguettio del leader di Mdp, Roberto Speranza: “C’è ancora tanto terreno da recuperare e tanta fiducia da riconquistare. Ma anche dalla Sardegna arriva un segnale incoraggiante di ripartenza. È sempre più urgente offrire un’alternativa credibile agli italiani”.
Chi conosce meglio il territorio sardo fa notare come il centrosinistra abbia subito una pesante frenata in una roccaforte storica come Sassari.
Mentre a Cagliari, città di cui è ancora sindaco, Zedda stacca solo di poco l’avversario Solinas. Ma sono dati che, visti in controluce, dimostrano come le preferenze per la coalizione siano state raccolte anche nei piccoli centri, che erano stati facile terreno di conquista per i Cinquestelle alle ultime politiche. È un ulteriore segnale della fluidità dell’elettorato e di come il centrosinistra possa tornare a essere in breve tempo un’alternativa credibile.
Certo, le elezioni europee sono dietro l’angolo, il vento di destra soffia ancora impetuoso ed è troppo presto per dare per spacciati i Cinquestelle.
Ma adesso, almeno, c’è una strada da percorrere.
(da “Huffingtonpost”)
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